Non
Perché la sinodalità
Perché
dobbiamo fare una Chiesa sinodale, come mai s'era fatto prima?
Siccome il Papa ci ha detto che dobbiamo essere sinodali, allora si dà per superata la questione del perché lo si debba essere. Si deve perché l'ha detto il Papa.
Naturalmente, però questo non basta veramente a motivarci. Si vorrebbe capire meglio, al di là di ciò che dice il Papa, perché vivere la fede in modo sinodale sarebbe meglio di come si fa ora, che sinodali non si è certamente, al di fuori di certe associazioni ecclesiali, come ad esempio l'Azione cattolica.
Sinodalitá significa co-decisione e corresponsabilità. La materia della sinodalitá, che è fondamentalmente un metodo, una procedura, è il fare Chiesa, quindi il vivere la fede collettivamente. È un modo più intenso per farlo.
Per i più la Chiesa è la messa, in certe occasioni. Ci si va un po' con lo stesso atteggiamento con cui si va al cinema, da spettatori, o, se si è coinvolti in misura maggiore, con quello delle comparse nel cinema, che stanno dove le si mette, fanno ciò che si dice loro di fare, compreso il recitare delle battute come da copione. La messa suscita ancora emozioni e di quelle, in fondo, si vive. Le parocchie, poi, offrono vari servizi utili, organizzano cerimonie, collaborano alla formazione etica dei più giovani, e aiutano quelli che sono in difficoltà, anche solo con un consiglio. Tutto fa capo ai preti, che sono gli unici a ad avere il quadro complessivo di ciò che si fa, i veri registi delle attività, perché le altre persone stanno a ricasco loro.
Le persone, poi, vanno in chiesa se ne hanno voglia, seguono le raccomandazioni dei preti finché le condividono, e non ne condividono gran parte, ma non si pongono un problema di coerenza. Del resto anche i preti non si aspettano dalla gente coerenza, sanno come va il mondo. Va come è sempre andato, e oggi non va peggio che nel passato, anzi.
Così stando le cose, si è prodotto questo: la vita religiosa è diventata molto meno utile di un tempo, nel quale manifestarsi religiosi rientrava nel buon costume perché c'era una maggiore integrazione tra poteri pubblici civili e religiosi. Questo, a mia memoria, accadde fino a tutti gli scorsi anni '70.
Insomma, la gente fa molto meno riferimento alla religione per orientarsi nella vita, fondamentalmente perché gli orientamenti predicati dai pulpiti e che la riguardano si sono fatti insostenibili. Fanno riferimento a norme che non rispondono più alle necessità della società di riferimento. E non parlo della fantasiosa teologia dogmatica, che i più non intendono proprio, ma, ad esempio, di molte parti del pensiero sociale, una materia che invecchia presto, perché molto sensibile ai mutamenti delle società di riferimento. Progressivamente se ne è voluta fare una dottrina, in particolare addirittura una parte della teologia morale, e di conseguenza lo si è assoggetto alle decisioni dell'obsoleta autocrazia che, sulla carta almeno, ci regge e governa. Questo l'ha spento.
C'è sicuramente un problema di legittimazione sostanziale della gerarchia, posto che non ve n'è dal punto di vista formale, in quanto il diritto canonico, produzione della stessa gerarchia, le offre una copertura completa. Insomma, si predica dai pulpiti, ma la predicazione lascia il tempo che trova.
Di fronte, ad esempio, a un questione con rilevantissimi profili di etica religiosa come la guerra che si combatte ferocemente in Europa orientale tra popolazioni ancora cristianizzate in misura sicuramente maggiore che in Europa occidentale, quella dottrina appare piuttosto in insoddisfacente, ispirata come sembra ad un certo cerchiobottismo, non spingendosi ad affrontare il tema della doverosità dell'obiezione di coscienza, quale la si predica invece in materia di interruzione volontaria della gravidanza medicalizzata, e quindi del rifiuto dell'ordine di mobilitazione impartito dai governi in guerra. Lo stesso può dirsi in ordine ai problemi sociali e ambientali creati da capitalismo globale. Poiché la predicazione sociale non soddisfa, allora la gente fa da sè.
Da qui l'irrilevanza dell'azione sociale ispirata ai valori evangelici, che in Italia in passato fu invece importantissima per lo sviluppo della nostra nuova Repubblica democratica e dell'Unione Europea.
Che fare, allora?
Si è pensato di dar voce alla gente, che però da decenni si è abituata a fare come ho detto, e, tutto sommato, non ha nemmeno capito bene come si potrebbe fare diversamente, perché in passato è sempre stata dissuasa dal farlo.
C'è ancora chi potrebbe desiderare di partecipare di più? Vincendo anche le resistenze ostinate di clero e religiosi, che preferirebbero chiudere il discorso al più presto confinandolo nell'interiorità spirituale delle singole persone.
Non lo so.
Di fatto, finora il cosiddetto cammino sinodale ha coinvolto un'infima minoranza.
Le persone più anziane, che sono una quota sempre maggiore dei praticanti, non mi pare che desiderino complicazioni e si informano poco. L'età di mezzo ha troppo da fare per altre cose, famiglie e lavoro, per aggiungere anche questo. I più giovani sono troppo poco acculturati alla religione per poter essere attivi. Ne consegue che certamente possiamo abbandonare l'idea di sviluppare in tempi brevi una sinodalitá popolare di massa. Bisognerà programmare tempi molto lunghi e far forza su esperienze inizialmente limitate, nelle quali della sinodalitá si inizi a fare tirocinio e che poi agiscano da catalizzatrici.
Sempre che, ad un certo punto, non ci capiti addosso un papa reazionario, che demolisca tutto.
Dobbiamo ragionare se avendo più voce nelle cose della Chiesa la situazione potrebbe migliorare. Sicuramente potrebbe accadere su un tema centrale come la questione femminile. Oggi la nostra Chiesa è ancora preda di un patriarcalismo desolante, che poi produce atteggiamenti crudeli contro le donne. Un tirocinio di sinodalitá nel quale si tentasse di superare le discriminazioni di genere potrebbe essere utile e interessante, contribuendo a dare una prima risposta concreta alla domanda sul perché della sinodalitá.
Mario Ardigò- Azione cattolica in San Clemente papa- Roma, Monte Sacro, Valli