Papismo mediatico
Su La Repubblica di ieri hanno pubblicato il risultato di un’indagine demoscopica dalla quale risulta che gli italiani hanno molta più fiducia nel Papa che nella Chiesa. È più o meno quello che accadde regnante papa Giovanni Paolo 2º, ma il divario è più pronunciato. Sotto il papa Benedetto 16º la situazione nel 2009 si invertì. Dal 2003 la fiducia degli italiani nella Chiesa è costantemente calata.
Papa Francesco ha spazi su giornali e televisioni che nessun altro Papa ha mai avuto, anche in quelli che un tempo avevano orientamento laicista. Probabilmente la statistica che lo riguarda ci parla del suo impatto mediatico. Le saghe delle famiglie regnanti attirano sempre le emozioni della gente, lo abbiamo visto recentemente con la dinastia regnante inglese. Quando si diventa un personaggio contano molto certi aspetti dell’indole individuale legati anche alla cultura di origine. Sotto questo profilo l’argentino suscita più simpatia dell’alemanno, che ci pare complessivamente più freddo. E l’essere un personaggio rende più emotivamente accessibili al popolo delle istituzioni, specialmente nelle fasi della loro demitizzazione. Come fu osservato al tempo di Giovanni Paolo 2º, la popolarità del Papa non significa però che le persone ne condividano gli insegnamenti.
Che significa fiducia, il parametro secondo il quale è stato organizzato il sondaggio?
Probabilmente l’inchiesta sul Papa ne misura la popolarità, mentre quella sulla Chiesa descrive l’affidamento che se ne ha nel bisogno, nei casi avversi della vita e in quelli lieti, corrispondenti alle feste liturgiche e agli eventi più importanti della vita, nascita, matrimonio, morte. Probabilmente nelle note alla relazione statistica se ne parla, ma non è stato riportato nell’articolo.
A chi si pensa quando si parla della Chiesa? Il Papa ne fa parte e, anzi, tra i cattolici ne è un elemento centrale. Probabilmente, quando si chiede della Chiesa, vengono in mente la parrocchia, i propri preti di prossimità e la gente che vediamo frequentare la chiesa vicino a noi. Tutto questo è reale, c’è effettivamente per noi. La relazione con un Papa è per la massima parte immaginaria ed emotiva, perché lui è uno solo e noi siamo tanti. Insomma, si preferisce la fantasia alla realtà di gente a noi accessibile e che proclama buone intenzioni, alla sequela di colui che passava risanando i sofferenti.
È una forma di papismo superficiale e mediatico, praticato da coloro che in genere hanno perso dimestichezza con la vita religiosa. Questo lo distingue dal papismo di un tempo, manifestato da gente religiosa.
È un papismo che ha iniziato a svilupparsi durante il regno del papa Giovanni Paolo 2º e che non ha precedenti storici. Si pensò per quella via di rimediare alla perdita di credibilità della religione.
Fino al regno del papa Pio 12° il movimento di masse intorno al Papato fu a base sacrale, intorno all'istituzione, non alla persona del papa regnante. I papi avevano personalità marcatamente ieratica, e si presentavano distanti dalla gente, come il Cielo rispetto alla Terra. La situazione cominciò a cambiare con il papa Giovanni 23°, detto "il Papa buono", nel senso di più vicino alla gente, sia nell'esprimersi che con gli atteggiamenti. Questo modo di considerare il Papa si intensificò negli ultimi anni del regno del papa Paolo 6° ed esplose, divenendo strumento di potere, con il papa Giovanni Paolo 2°, in un'epoca di ripresa dell'accentramento assolutistico intorno al Papato. La persona fisica del regnante divenne molto importante e venne resa accessibile dai mezzi di comunicaizone di massa. Il papa Benedetto 16° riprese le consuetudini del passato, ma ormai la sacralizzazione del Papato non aveva più presa e non funzionò, ed egli poi si mostrò insofferente verso le consuetudini populiste del suo predecessore. Il suo ambiente di riferimento era quello dei professori universitari di teologia dogmatica e fondamentale. Lì, tra i suoi pari, si trovava a suo agio.
Con la sinodalità si vorrebbe correggere la situazione del papismo mediatico, ma paradossalmente il processo è sorretto praticamente solo dalla volontà del Papa regnante, nel generale scetticismo degli altri vescovi, del clero e dei religiosi, e nell'inconsapevolezza della gran parte della rimanente gente di fede. Sarà mai possibile superare quel Papismo per ordine del Papa?
La Chiesa siamo tutti noi, ma sembra che la gente non conti veramente su di noi. Probabilmente ci conosce meno di una volta o, quando ci conosce, non ci ama. Perché?
La religione non è fatta principalmente di devozioni e norme etiche, come anche di idee sul divino, ma dalle persone che la praticano collettivamente e da come si comportano in società. E' stato scritto che si diffonde come un incendio, di persona in persona. Ma questo ormai accade raramente.
A parte il mito mediatico del Papa non sembra esserci molto altro, anche se in realtà c'è. La severa disciplina interiore che anima il Papa come ogni altra persona che confida nel vangelo non risalta, e, se conosciuta, spaventa. Al dunque, però, nei casi gravi della vita, è proprio essa che serve e caratterizza la persona religiosa.
Il papismo mediatico copre certe nostre insufficienze nell'affrontare la società intorno a noi. Dovremmo essere capaci di incidervi di più, collettivamente, perché è un compito che non è alla portata delle singole persona e nemmeno di gruppi limitati.
Non è che dal vangelo ci vengano molti aiuti pratici, degli esempi concreti, perché il Maestro non si trovò mai, mentre era tra noi, a organizzare le masse. Esse gravitavano intorno a lui, ma, dopo aver udito ciò che insegnava e aver visto ciò che faceva, tutti in gran parte se ne tornavano a casa propria, non rimanevano in contatto. Va detto che nemmeno la nostra lunga storia ecclesiale ci dà spunti validi per l'oggi: contiene troppa violenza. Non è che non si sia provato ad essere migliori, ma i risultati furono quelli che furono. Ce ne siamo sbrigativamente dichiarati pentiti durante il Grande Giubileo dell'Anno 2000, nella Giornata del Perdono, ma può bastare? Si può così cancellare le brutture di secoli di orrori? Comunque rimane valida la via della purificazione della memoria per la quale ci guidò il papa Giovanni Paolo 2°, non tanto consenziente l'allora cardinale Ratzinger.
Così, l'unica via è essere creativi. Cercando innanzi tutti di capire realisticamente la società e il tempo in cui ci troviamo a vivere. Per farlo dobbiamo lavorare insieme, perché anche questo è un compito troppo grande per una singola persona o per gruppi limitati. Questa è, appunto, la sinodalità.
Non è che non si debba voler bene al Papa. "Anch'io voglio bene al Papa" fu un libretto scritto da Primo Mazzolari nel 1942, durante tempi tutto sommato molto più difficili di oggi. Veniva criticato per l sue critiche alla Chiesa del papa Pio 12°, che stava appena allora iniziando a liberarsi dal disonorevole compromesso raggiunto una decina d'anni prima con il fascismo mussoliniano. Un Papa ha certamente bisogno di essere sorretto: papa Francesco lo dice sempre. Ma dobbiamo anche imparare a fare la nostra parte con le altre persone, anche loro hanno bisogno di essere sorrette. Cominciando ad essere sinodali, cioè partecipando di più e in modo responsabile, lo si può iniziare a fare.
Perché allora si fa tanta fatica a radunare persone intorno a questo impegno?
Il papismo mediatico, a differenza di quello sacrale precedente, è stato altamente deresponsabilizzante.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli