Tradizione e storia
Definiamo tradizione gli usi, i costumi e le idee sulla società e sul mondo intorno che abbiamo ricevuto dalle generazioni precedenti. Si tramandano elementi culturali. Ne riceviamo anche da chi ci è intorno, e allora si parla di contaminazione o di ibridazione. Nella nostra lingua tradizione ha un connotato positivo, mentre contaminazione e ibridazione uno negativo. Eppure si tratta sempre di un ricevere. Quando una cultura viene imposta a gruppi che ne manifestavano una diversa si parla di assimilazione culturale. I cristianesimi furono storicamente potenti fattori di assimilazione culturale. Tuttavia sopravvissero solo grazie alla loro capacità di subire ibridazioni. Ma ricevettero anche la tradizione giudaica dell’orrore per la contaminazione culturale e quella, propria dell’antica società romana, del grande valore attribuito alla cultura degli avi, quindi alla tradizione. E quest’ultimo fu senz’altro, però, un fenomeno di ibridazione culturale. Importantissima poi fu l’assimilazione dei cristianesimi delle origini nella cultura ellenistica, tanto che vi fu chi, tra i teologi, sostenne che nacquero veramente ad Atene. Così come l’ibridazione delle teologie cristiane con la cultura giuridica romanistica e il suo metodo. L’evoluzione dei processi di tradizione, ibridazione e assimilazione è narrata dalla storia delle civiltà e delle società che le espressero. Essa è basata su fonti ritenute degne di fede: documenti di vario genere, tradizioni orali, riti, opere d’arte, reperti archeologici epaleoantropologici.
Nella nostra religione si dà molta importanza alla tradizione degli antichi per capire come essere cristiani. Gli elementi culturali rilevanti a quel fine vengono presentati come un deposito che ogni generazione deve tramandare a quelle successive il più possibile intatto. I più, però, apprendono di questa tradizione di fede dalla predicazione del Magistero e ne ignorano la storia. Questo perché la storia non rientra di solito nella formazione religiosa di base, benché la si insegni fin dalla scuola primaria. Non vi rientra perché la si ritiene fonte di confusione per la gente. Infatti essa parla anche dei processi di ibridazione e di assimilazione culturale che riguardarono la nostra fede. Ma anche di tradizioni religiose che ci giungono da molto più lontano e da molto prima di come ci piacerebbe pensare.
Leggendo un trattato di storia delle religioni possiamo facilmente accorgerci di una certa aria di famiglia che gira tra noi e culture molto più antiche dei nostri cristianesimi e che noi con molta supponenza spesso classifichiamo tra quelle pagane, in tal modo sbrigativamente denigrandole.
Ora ci si propone di essere sinodali, vale a dire di vivere la Chiesa in modo più partecipato, consapevole e responsabile. Questo inevitabilmente manifesterà il nostro pluralismo: la fede non viene accolta dalle persone senza che esse le diano un proprio apporto, che finisce per confluire nella tradizione.
Il peso di questi apporti è divenuto notevolissimo nei due millenni della nostra storia religiosa, ed è pura fantasia immaginare che si stia vivendo la religione come nei primi decenni dopo la Resurrezione. Invano si è storicamente cercato di bloccare, anche mediante una violenza stragista su larga scala dei quali i più non mi pare abbiano consapevolezza piena, quei processi evolutivi.
Mi pare vano cercare di rimandare indietro la storia e di vivere come i primi tempi. A volte degli apporti a cui mi sono riferito si parla come di incrostazioni, quindi di sporcizia rimasta attaccata al deposito di fede, deturpandolo, ma se si cercasse di rimuoverle tutte, temo che rimarrebbe veramente poco. Dovremmo anche privarci del greco dei Vangeli: dei detti in aramaico del Maestro, che parlava appunto quella lingua e non il greco né il latino, ci sono state tramandate solo poche parole.
Tuttavia, se pensassimo di poter essere cristiani totalmente a modo nostro, non dando nessun credito alla tradizione, scopriremmo ad un certo punto di non esserlo più. Infatti l’essere cristiano non l’abbiamo inventato noi e senza collegarsi al passato perde il suo senso.
Dobbiamo quindi farci carico della tradizione, anzi della Tradizione, vale a dire di quegli elementi culturali ricevuti da chi ci ha preceduto e che contengono l’essenziale. Se ci proponiamo di essere sinodali, significa che non possiamo continuare ad appoggiarci solo sul Magistero, sicché senza il suo metaforico vincastro ci si senta liberi di uscirsene con qualsiasi enormità che ci venga in mente. Dobbiamo approfondire. E farlo con metodo e rigore.
Dicono che lo Spirito ci fa intuire la verità. Sarà… A me non è tanto evidente.
Certe volte sento spararle grosse in religione. Così la sinodalità diviene impossibile. Ognuno se ne va dietro le sue fantasie.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli