Vigilia di Pentecoste
Pentecoste mi ha sempre molto coinvolto. Non
per come di solito viene spiegata. E’ il ricordo di un nuovo inizio e, insieme,
l’insegnamento sapienziale che un nuovo inizio può, e anzi deve, realmente accadere nella nostra vita.
Quando venne il giorno della Pentecoste, i
credenti erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo. All’improvviso si
sentì un rumore dal cielo, come quando tira un forte vento, e riempì tutta la
casa dove si trovavano. Allora videro qualcosa di simile a lingue di fuoco
che si separavano e si posavano sopra ciascuno di loro. Tutti furono
riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue, come
lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi.
A
Gerusalemme c’erano Ebrei, uomini molto religiosi, venuti da tutte le parti del
mondo. Appena si sentì quel rumore, si radunò una gran folla e non
sapevano che cosa pensare. Ciascuno infatti li sentiva parlare nella propria
lingua. Erano pieni di meraviglia e di stupore e dicevano: «Questi uomini
che parlano non sono tutti Galilei? Come mai allora ciascuno di noi li
sente parlare nella sua lingua nativa? Noi apparteniamo a popoli diversi:
Parti, Medi e Elamiti. Alcuni di noi vengono dalla Mesopotamia, dalla Giudea e
dalla Cappadòcia, dal Ponto e dall’Asia, dalla Frigia e dalla Panfilia,
dall’Egitto e dalla Cirenaica, da Creta e dall’Arabia. C’è gente che viene
perfino da Roma: alcuni sono nati ebrei, altri invece si sono convertiti
alla religione ebraica. Eppure tutti li sentiamo annunziare, ciascuno nella sua
lingua, le grandi cose che Dio ha fatto».
Dagli Atti degli apostoli, capitolo 2, versetti
1-10 – At 2,2-10 - Versione TILC – Traduzione interconfessionale in lingua
corrente
Una volta faticosamente liberata dalle desolanti catene mitologiche e
concettuali con cui la teologia dei secoli passati l’ha strumentalizzata, la
nostra fede è quello: una Pentecoste. Fa ardere il cuore. Un linguaggio
universale. Un’esperienza collettiva, che si raggiunge quando ci si riunisce insieme e che è capace di radunare. Nell’ebraismo
Pentecoste celebra il dono della Legge: per i cristiani è tutt’altro. Spesso si
sottovaluta la distanza tra i due culti. Condividono solo un importante
patrimonio culturale.
Pentecoste non è avere le traveggole. Il dubbio può sorgere. Ne parla il seguito del brano
neotestamentario che ho sopra trascritto:
Se ne stavano lì pieni di meraviglia e non
sapevano che cosa pensare. Dicevano gli uni agli altri: «Che significato avrà
tutto questo?». Altri invece ridevano e dicevano: «Sono completamente
ubriachi».
[At 2, 12-13]
In effetti certe esperienze religiose
si manifestano con un’emotività stralunata che non lascia ben sperare. Per
certi guru la religione dovrebbe
essere un’esperienza paranormale: su questo si basa la religiosità dei santuari
e delle persone miracolanti. Niente di nuovo: è qualcosa che c’è sempre stata e
che è testimoniata fin da quando l’umanità è stata capace di lasciare
narrazioni di sé. Non è caratteristica dei cristiani.
L’effetto di Pentecoste è collettivo:
ἦσαν δὲ προσκαρτεροῦντες τῇ διδαχῇ τῶν ἀποστόλων
καὶ τῇ ⸀κοινωνίᾳ, τῇ κλάσει τοῦ ἄρτου καὶ ταῖς προσευχαῖς. [ si legge:
èsan de proskarterùntes te didaché ton apostòlon kai te coinonìa te plàsei tu artu dai tàis
proseucàis] [At 2, 42]
ἦσαν stavano δὲ dunque προσκαρτεροῦντες continuando sempre a
praticare τῇ διδαχῇ l’insegnamento τῶν ἀποστόλων degli apostoli καὶ τῇ ⸀κοινωνίᾳ e lo stare insieme da compagni, τῇ κλάσει la frazione τοῦ ἄρτου
del pane καὶ e ταῖς προσευχαῖς.la preghiera
TILC
traduce: Essi ascoltavano con assiduità l’insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla
Cena del Signore e pregavano insieme. – CEI 2008 traduce: Erano perseveranti
nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e
nelle preghiere. – Diodati traduce: Essi erano perseveranti
nel seguire l’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nel rompere il pane
e nelle preghiere
Si tratta in definitiva di un nuovo modo di
stare insieme, da compagni – koinonòi
da koiné, che significa unione, anche nel senso di lingua
o cultura comune. E i primi cristiani impegnati nella predicazione si
chiamavano tra loro koinonòi.
Naturalmente le scienze bibliche hanno
trovato nel brano che ho citato moltissimi altri significati rilevanti in
religione e ci si sono costruite su molte varianti teologiche.
Al contrario di quello che di solito si pensa,
la nostra religione ha espresso sofisticate culture, cercando di dare una
risposta a tutti i problemi della vita, da quelli più semplici a quelli più
complessi. Per molti, tuttavia, essa viene vissuta sempre a livello bambinesco,
anche perché non di rado l’istruzione religiosa che si è avuta da molto piccoli è l’unica della vita.
A
Pentecoste, tuttavia, non venne infusa dall’alto una sapienza o una dottrina. Piuttosto
sembra che si sia avuta conferma di un’idea che era al centro dell’insegnamento
del Maestro: la possibilità reale e insieme l’esigenza della conversione da un
modo di vivere ad un altro, senza che si fosse condannati a vivere quello di
prima, e il dono dello Spirito Santo [ἁγίοs santo πνεύματος spirito - agìos pnèumatos].
L’effetto è la koinonìa, il
vivere insieme da compagni, quindi da persone che condividono una
cultura, un impegno, una missione verso il mondo intorno (non semplicemente il vivere
insieme pacificamente). La cultura e
la lingua comuni sono quelle dell’agàpe, della solidale e amorevole sollecitudine.
La missione è quella di trasformare tutte le società intorno secondo quel modo
di convivenza. Per alcuni è troppo poco, senza l’immaginifico teismo delle
teologie del passato, in realtà, mentre è piuttosto semplice per i dotti
costruire una qualche fantasiosa teologia con cui tiranneggiare i semplici,
rendere reale l’agàpe, sebbene alla portata di tutti, dotti e semplici, è molto più arduo costruire, tessendo legami
buoni tra le persone, perché richiede la conversione.
Tutto questo viene utile nel travagliato
processo sinodale in cui siamo (o dovremmo sentirci) impegnati, con scarso
frutto almeno per ora, a ciò che posso constatare.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli