Note
sulla formazione alla politica
Il
recente incontro sulla vocazione alla politica del cristiano tenuto su
piattaforma Zoom dal MEIC Lazio
mi dà l’opportunità di sviluppare alcune riflessioni sul tema.
Va precisato che politica è il governo delle società umane. Fin dall’antichità,
è stato osservato che una delle principali caratteristiche degli esseri umani è
di formare delle società con un governo. Quest’ultimo è una forma di
collaborazione sociale che può essere considerata come un risultato dell’evoluzione
e dà importanti vantaggi. E’ strettamente collegata al manifestarsi di una cultura,
intesa come concezioni, narrazioni, tecnologie e costumi condivisi e a ciò che
viene definito mentalizzazione, che è la capacità di intuire e capire il
pensiero altrui.
Il governo si esprime anche in comandi, ma non
è solo il comandare. Perché funzioni è necessaria una legittimazione sociale
che è un fenomeno culturale e che quindi
necessita di condivisione. Questo al contrario di quanto avviene tra gli altri
animali sociali, dove il comando si fonda essenzialmente sulla forza. La supremazia
basata sulla forza si impone sugli altri, le società umane, invece, richiedono il
governo. Questa richiesta è, appunto, ciò che intendiamo con vocazione alla
politica. La risposta individuale dipende da molti fattori, in parte dipendenti
dalla psicologia personale, in parte culturali e in parte legati alle
caratteristiche proprie della società che richiede il governo. La risposta può
essere individuale, ma il governo della società di riferimento è sempre un risultato
collettivo, in primo luogo culturale. E’ del tutto ragionevole, quindi, pensare
alla formazione della politica come ad un’attività da praticare in gruppo, in
una comunità.
Tra i fattori ambientali che condizionano la
risposta alla vocazione alla politica vi è la posizione in cui la persona è
collocata nella stratificazione sociale corrente: non è la stessa cosa essere
inseriti in un gruppo dominante o in uno dominato. Ogni gruppo esprime
interessi propri e, nel perseguirli, si scontra con altri gruppi per farli
prevalere conquistando il governo della società. I gruppi dominati possono
accettare di legittimare un governo espressione di interessi contrastanti con i propri se,
comunque, trova un proprio tornaconto. In genere la legittimazione al governo è
frutto di complesse transazioni, in cui giocano un ruolo importante anche
elementi mitici e il sacro. Quest’ultimo è utilizzato per rendere stabile la
legittimazione di governo.
Il governo di una società è un risultato
continuamente mutevole, in base alle dinamiche tra gli strati sociali che nella
società di riferimento si scontrano e cercano transazioni o di abbattere gli
avversari. In alcune epoche storiche questa mutevolezza è più sensibile e noi
ci troviamo, appunto, in una di esse.
La fede cristiana è stata storicamente il
principale elemento mitico di sacralizzazione nelle società politiche europee. Questo
spiega le efferate lotte in cui è stata implicata, producendo varianti
religiose orientate politicamente. E’ il fenomeno per cui si è anche avuta una
commistione tra linguaggio religioso e linguaggio politico ricordata dal
relatore, durante il recente incontro del MEIC laziale.
Le teologie cristiane sono state quindi
impiegate per costruire mitologie adeguate agli obiettivi politici di riferimento,
tra i quali, nella Chiesa cattolica, hanno avuto particolare rilevanza quelli
del Papato romano.
Nell’ultimo incontro del MEIC laziale si è un
po’ sottovalutato il rilievo politico del Papato romano, in particolare in
Italia e nella costruzione dell'unita nazionale Esso è stato uno dei più pervicaci ed efferati antagonisti prima dell’unità
nazionale e poi dello sviluppo democratico in Italia, cambiando orientamento
solo a partire dal 1929, con il magistero del papa Eugenio Pacelli. I vertici
di tale orientamento si ebbero nel 1848, quando il papa Mastai Ferretti invocò
l’intervento straniero per demolire la mazziniana Repubblica Romana, e i francesi inviarono il feroce generale
Oudinot che massacrò la guardia civica e i civili, e nella seconda metà degli scorsi
anni Venti, con le intese politiche con il fascismo mussoliniano che portarono
ai Patti Lateranensi, del 1929. L’intransigentismo antidemocratico promosso dal Papato a
partire dalla metà dell’Ottocento e fino al 1939 fu una tragedia italiana, alla quale i cattolici democratici riuscirono
solo in parte a porre rimedio.
Nell’ultimo incontro si è lamentata la divisione
anche in ambito religioso tra una Destra, un Centro e una Sinistra. La fede
reclamerebbe infatti unità. Tuttavia le divisioni, anche in religione, hanno un
senso se corrispondono a fratture
politiche: la religione ne è, allora, solo il rivestimento mitico. E’ illusorio
pensare di articolare una transazione politica di pacificazione solo su base di fede,
teologica. L’intesa politica, sempre possibile, deve precedere ed è appunto a
farne fare tirocinio che dovrebbe puntare la formazione alla politica, che non
vi è ragione di costruire in modo diverso in ambienti religiosi o in ambienti
non religiosi.
Sicuramente in base al vangelo sono state
costruite anche teologie pacificanti, non quelle però che esortano ad obbedire
ad un qualche gerarca qualunque cosa ordini – Gesù certamente non fu un modello
di obbedienza ai gerarchi della società in cui viveva -, bensì quelle che
comandano di vivere in modo solidale, sollecito, misericordioso, facendo spazio
agli altri, nello spirito di colui che serve. Storicamente queste teologie non
prevalsero salvo che, in parte, da metà Ottocento, tra gli europei e gli stati
di colonizzazione europea, in concomitanza con l’affermarsi delle democrazie
contemporanee.
Il fondamento di queste ultime non risiede nel
principio maggioritario, ma nel principio supremo che nessun potere possa
essere illimitato. Questo perché ogni potere illimitato tende fatalmente a
degenerare. La democrazia si presenta quindi come un sistema di limiti e questi
ultimi sono basati su valori, vale a dire orientamenti privilegiati di forza comunitaria, che sono variati molto nel tempo. Le democrazie di tipo europeo
avanzate sono quelle che storicamente inglobano più valori nei limiti ai poteri
sociali, compresi importanti diritti
sociali, come quello alla dignità del lavoro, alla salute, alla salubrità dell’ambiente
naturale.
Va sottolineato che il Papato romano, in quanto,
almeno sulla carta, potere illimitato, è costituzionalmente antidemocratico, e
questo fu sempre un grosso problema per i cattolici democratici. La scelta
religiosa deliberata dall’Azione
Cattolica alla fine degli anni Sessanta, di solito spiegata come concentrazione
dell’associazione sulla formazione religiosa, si presentò in realtà come un
processo di liberazione dall’influenza politica antidemocratica del Papato romano.
Da quel momento l’associazione si definì anche palestra di democrazia, invece che strumento politico di massa del Papato quale era stata pensata alle origini, nel 1906.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli