Nuovi inizi
Pentecoste ci ricorda gli inizi delle nostre Chiese. A
differenza di ora, non c’era una tradizione di cui tener conto. Oggi
costituisce un grosso problema sulla via della rinascita.
La storia di quegli inizi non appare completa e contiene molti elementi
che gli storici dicono “congetturali”: si pensa che sia andata in un certo
modo, ma non è sicuro. I buchi sono stati tappati dalla teologia.
Il passaggio dall’originario ambiente palestinese, dove si parlava
aramaico e si intendeva l’ebraico, a quello ellenistico, in cui si parlava
greco, non è del tutto chiaro. Fu
sostanzialmente un nuovo inizio. Paolo veniva da Tarso, in Cilicia, nel
meridione dell’antica Asia minore, che alla sua epoca era ancora una città
ellenistica. Fu un elemento di raccordo tra l’antico giudaismo e la cultura
ellenistica. Tutto il resto è assai problematico. Ebbe sicuramente molta
importanza l’ambiente ellenistico che c’era in Antiochia di Siria. E’ in larga
parte congetturale l’identità degli autori dei Vangeli, degli Atti degli
apostoli, delle lettere neotestamentarie non attribuite a Paolo e
dell’Apocalisse. Così come si sa poco di come fossero organizzate le prime koinonìe
– comunità che facevano riferimento al vangelo di Gesù di Nazaret. Notizie
più affidabili cominciano ad aversi verso la metà del Primo secolo. Un
personaggio molto importante di quest’epoca fu Ignazio vescovo di Antiochia,
uno dei primi fautori conosciuti dell’episcopato detto “monarchico”, in cui
tutti i poteri erano accentrati in una sola persona. A lui sono attribuite
sette lettere scritte in greco,
una indirizzata ai Romani. Un’altra figura molto importante di quei
tempi fu il nostro Clemente, papa a Roma dall’88 al 97. A lui è attribuita una lettera
ai Corinzi, scritta in greco.
Poi ci fu l’inculturazione nelle società latine, sotto molti aspetti un
ulteriore nuovo inizio. Tra greci
e latini vi fu storicamente sempre un certo attrito,
che ancor’oggi si manifesta tra la Chiesa di Roma, latina e quella
governata dal patriarcato di Mosca, erede alla lontana dei greci.
Nuovi inizi furono le inculturazioni dei cristianesimi spagnoli,
portoghesi e inglesi, che furono alla base della diffusione planetaria della
nostra fede, mentre grandi teologie si svilupparono nelle culture francesi e
germaniche, molto coinvolte nelle vicende italiane e in quelle del papato
romano. Fino a metà Ottocento la lingua delle scienze rimase il latino e questa
fu anche una delle lingue principali della teologia in Occidente.
E ora a che punto siamo?
Siamo nel mezzo di un ulteriore nuovo inizio. Questo anche se non
è veramente nuovo nel senso di recente. Risale agli scorsi
anni Cinquanta, quindi ha più o meno la mia età. A quell’epoca cominciò a
finire l’egemonia dei cristianesimi veicolati dagli europei. Ogni cristianesimo
ha sempre fatto riferimento a un ambiente sociale, e anche ad un sistema di
potere, e allora l’assetto del mondo iniziò a cambiare.
Ma c’è ancora necessità di cristianesimo, in particolare nella nostra
società? Questo è il punto.
La tradizione schiaccia i cristianesimi che oggi pratichiamo in forme obsolete
che li rendono in gran parte inutili. Non si sa più che farne, se non per
abbellire certe feste della vita. E’ ciò che accade a certi chiesoni del centro
cittadino di Roma.
D’altra parte si constata che, staccandosi dalla tradizione, poi
prendono piede certe fantasiose costruzioni religiose che appaiono inutili in altro
senso. Deve esserci sempre un limite all’immaginazione, per mantenere un
qualche collegamento con la realtà, senza il quale la religione diventa solo
sogno.
Il processo sinodale che siamo chiamati a vivere è un modo per organizzare
il cambiamento in modo che rimanga utile, praticabile. Però vi sono difficoltà
a coinvolgervi le persone, lo sperimentiamo bene. Anche perché i più hanno
perso dimestichezza con la cultura religiosa.
Quindi si riesce ad ottenere qualche risultato prevalentemente animando piccoli circoli di coetanei, con una qualche acculturazione religiosa
di base. Del resto, nei tempi più antichi i cristianesimi partirono proprio da questo.
Ottenere risultati su larga scala richiederà molto più tempo. E se nel
frattempo tutto ciò che c’è finisse per dissolversi? Non sarebbe meglio
puntellare il processo sfruttando il sacro, come s’è fatto nei secoli
passati? Sarebbe certamente possibile, ma disonesto, immorale. Storicamente il
sacro è stato un rivestimento rigido che ha incatenato l’essenziale dei
cristianesimo, vale a dire il vangelo. E la sinodalità significa anche desacralizzare
il potere religioso, per farlo
condiviso.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli