Sapienza sinodale pratica
Dicono che lo Spirito continui ad
aleggiare su di noi, ma rimango scettico quando lo si vuole veder manifestato
in un certo evento, persona, gruppo, perché sono ben poco propenso alla
mitizzazione e di tutto e in tutti vedo anche quello che non va: nella mia vita
non mi è mai capitato di riconoscere la perfezione. Così è anche per le
questioni della nuova sinodalità ecclesiale che il Papa vorrebbe porre come criterio
di riforma ecclesiale. Certo, mettervi di mezzo lo Spirito ci rincuorerebbe un
po’, perché una cosa del genere non è mai esistita nella Chiesa cattolica, la
nostra Chiesa. Già questo insospettisce coloro che sono abituati ad adottare
come criterio di verità ciò che si è fatto sempre e dovunque e da tutti
fin dai tempi antichi. La storia ecclesiastica è molto complessa e ne sono
state scritte opere molto impegnative: sarebbe presuntuoso da parte mia ritenere
di conoscerla se non superficialmente. Ma da ciò che so ricavo questo: mai nella travagliata storia della Chiese
cristiane, non solo la nostra, si è creduto e fatto sempre, dovunque e da
tutti nello stesso modo: altrimenti non sarebbe stata necessaria l’incredibile
violenza politica che fu usata nei secoli per silenziare e massacrare i
dissenzienti. Non c’è da scandalizzarsi in questo, perché le Chiese cristiane
sono società umane fatte di esseri umani e le società umane funzionano ancora così, e gli eventi sconvolgenti in Ucraina lo
manifestano chiaramente di questi tempi. Possiamo essa diversi? E’ questa la
principale convinzione della nostra fede. La sinodalità che ci viene proposta è
un metodo per tentare di diventarlo.
L’antica teologia sui Sinodi, che ci viene
riproposta anche ora, era convinta che l’accordo manifestasse l’azione dello
Spirito.
Scrive Giuseppe Ruggieri nel suo contributo “Per una Chiesa sinodale”,
in Sinodalità. Istruzioni per l’uso, EDB 2021:
Ciò che fa la specificità
di un autentico concilio (sia esso di alcune Chiese o di tutta la
Chiesa) non è in primo luogo la sua «infallibilità» (giacché
essa non è un dato a priori, ma derivato e storicamente secondario), ma
l’effettiva presenza del Cristo e del suo Spirito. Questa presenza ha come
effetto suo proprio, e ultimamente rilevante, l’accordo. E’ l’accordo ciò che
permette di parlare di una presenza dello Spirito e, conseguentemente, di un
permanere nella verità, di una sua indefettibilità. Ovviamente, così posti i
termini, entra a far parte di un concilio, e della sua repraesentatio Christi
che ne costituisce il nocciolo forte, la sua capacità di suscitare consenso.
Dunque, se non c’è accordo, non c’è neanche lo
Spirito? I teologi, come Ruggieri, ne sono convinti, e non posso contraddirli,
perché non ho la loro competenza sulla materia né mi sono state date
particolari manifestazioni dello Spirito. Osservo che talvolta di fatto l’accordo
non è possibile, perché le posizioni sono troppo distanti e un cedimento si presenta come poco
virtuoso. Se consideriamo le narrazioni della vita del Maestro, certo egli non
cercò a tutti i costi l’accordo con i teologi e i sacerdoti del Tempio di
Gerusalemme del suo tempo, né con le autorità romane. Per queste ultime era un
agitatore sociale.
In certe condizioni è meglio non forzare su un accordo, ma continuare
a vedersi, a frequentarsi, in attesa che, conoscendosi meglio, aumenti la
fiducia reciproca, ciò che però può anche non accadere. E, certo, personalmente
non ritengo, allo stato, indispensabile raggiungere un accordo, fosse anche sinodale,
con certi orientamenti correnti nella nostra Chiesa, le cose non sono ancora
mature, ma, nello spirito dell’agàpe evangelica questo non significa che ci si
debba ignorare o combattere. E’ possibile organizzare procedure per cui ci si
possa avvicinare e anche collaborare in ciò in cui è possibile. Comunque ci si sia
divisi, condividiamo comunque molte convinzioni, non possiamo considerarci
degli estranei. Ad esempio la frazione del pane è sempre possibile: mangiare
insieme. Non ci dovrebbero essere interdetti rituali tra noi, comunque la
pensiamo. E, invece, purtroppo, talvolta ci sono.
Lascio i teologi con i loro immaginifici concetti e cerco di capire la
realtà in cui vivo. Non è che se sono in disaccordo con un’altra persona,
quella sia contro lo Spirito. E lo stesso rivendico per me. L’accordo, il
consenso non sono frutto di una sorta di magia soprannaturale, per cui
invocando lo Spirito secondo le nostre belle liturgie, poi effettivamente si
appianino le divergenze. Certo, poi a cose fatte può essere bello sacralizzare
l’accordo, lo si faceva già prima che iniziassero le nostre Chiese: troviamo
procedure simili anche nell’Antico Testamento, ma anche praticamente in tutte
le antiche religioni ed anche in quelle contemporanee, comprese quelle
primitive. Ma questo va fatto dopo.
Nella concezione clericale corrente è
tutto più semplice. Il Papa e i vescovi danno la linea (quando riescono a
mettersi d’accordo) e noi saremmo spirituali aderendo. Questo, però, non ha nulla
a che fare con la sinodalità, che è codecisione. Di fatto su molti temi il
popolo cristiano di confessione cattolica si determina diversamente da come dettano
Papa e vescovi, e questo è tanto evidente che non mi sento obbligato a
dimostrarlo. Questo fare diversamente insieme è una decisione sinodale, anche se non ci si è
riuniti in una qualche assemblea consacrata da una liturgia. Di fatto ciò non è
emerso nella striminzita fase di ascolto che si è inscenata in Italia, per dovere d’ufficio,
perché così ha voluto il Papa. Di solito si citano i temi riproduttivi, ma non
sono essi al centro della divergenze, anche se clero e religiosi sono
particolarmente sensibili su di essi. Del resto su di essi c’è sempre stata una
marcata differenza tra ciò che veniva predicato e ciò che veniva praticato: sempre,
dovunque, da tutti. Tanto che, intorno all’anno Mille e fino al Cinquecento,
vi vennero coinvolti anche gli stessi Papi, alcuni dei quali, per i costumi sessuali
dissoluti utilizzati anche a fini di potere politico, vennero detti pornocrati.
No, la questione centrale è la dignità delle persone di fede, pesantemente
umiliate e discriminate da un’organizzazione ecclesiastica che non può
ragionevolmente ricondursi alla volontà del Maestro e che le riduce a semplice gregge.
Naturalmente la gente non ci sta, soprattutto in una società avanzata come quella
italiana, con un alto livello di istruzione popolare, e vorrebbe avere voce,
partecipare realmente, non rimanere semplice platea. A volte ciò accade, ma non
nelle istituzioni che pretendono di esprimere una forma di governo: Santa
Sede, altri episcopati, parrocchie. Le persone laiche hanno la possibilità di
essere assoldate nella burocrazia ecclesiastica, in particolare da consulenti, ma solo finché accettano di
rimanere sottomesse alla obsoleta gerarchia feudale che le domina. Altrimenti
vengono escluse, emarginate, con una spietatezza e pervicacia che non è
cambiata dal triste passato. Questo significa che non hanno alcun vero diritto di partecipazione
Inutile attendersi che questa situazione cambi con una riforma
complessiva guidata dall’alto. L’esperienza dei tentativi di dare attuazione ai
deliberati del Concilio Vaticano 2° lo dimostra chiaramente. Fino al regno di
papa Francesco si stava addirittura regredendo, restaurando ciò che c’era prima, e ora
tutto dipende da un Papa che si è fatto molto anziano, con ciò che ne consegue.
Radicare processi sinodali effettivi è però
possibile lavorando nella base e nelle periferie: l’intuizione del Papa sulla
base della sua esperienza in America Latina è valida. E’ cosa che si è già
fatta e che può essere ripetuta. Bisogna, però, lavorarci sopra insieme con una
certa costanza, incontrarsi, e cercare di estendere gli incontri ad altre
cerchie, senza scoraggiarsi per i rifiuti. Certo, se in una parrocchia come la
nostra questo movimento fosse guidato da un organismo creato appositamente per
la partecipazione come il Consiglio pastorale parrocchiale, sarebbe molto
meglio. E, invece, no. Si è estinto e non lo si vuole recuperare. Troppi forti
i contrasti che erano emersi al suo interno. Di fronte alla realtà, la fiducia nello Spirito pare di fatto vacillare. Finché se ne chiacchiera e la si sogna emoziona:
ma quando si pone mano per cercare di praticare in concreto atteggiamenti spirituali ci si demoralizza presto. Non incontrandosi,
però, si diffida sempre più gli uni degli altri. I fondamentalismi e integralismi
si inaspriscono, e la reazione ad essi anche. Ci si abitua a fare ciascuno per
sé: il contrario della sinodalità.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli