Il lato umano della sinodalità
La nostra teologia normativa sulla Chiesa, quella a cui si deve aderire, da un lato mi pare povera, dall’altro disumana. La considero dall’esterno, da non teologo, naturalmente, ma ne parlo, appunto, perché è normativa e si impone a tutti. È costruita intorno ad antiche mitologie, dalle quali vengono tratte certe conseguenze. Sono queste ultime ad essere disumane. I teologi che si occupano di quella materia, tanto importante per il governo delle Chiese, comunque, più o meno tutti, vanno per la loro strada e non si ascoltano che tra loro, e naturalmente soggiacciono ai voleri della gerarchia ecclesiastica, altrimenti sono guai seri per loro. Dall’alto vengono linee guida e parole d’ordine e loro ci si applicano. Adesso è stata ordinata la sinodalità.
È un paradosso che si ragioni di sinodalità per ordine gerarchico. Questo perché se c’è un sistema gerarchico non ci può essere vera sinodalità, almeno se esso non si faccia un po’ da parte, cosa che oggi non si avverte. Comunque per la sinodalità è un'opportunità.
Non riconosco le comunità di fede in cui sono sempre vissuto nell’immagine di Chiesa che ne danno i teologi specializzati in questa materia. Ma, forse, mi si potrebbe obiettare, è perché la gente che va in chiesa non fa la Chiesa come si dovrebbe, e dovrebbe farsi come dicono i teologi. A me pare che proprio non ci si riesca ad essere Chiesa come la teologia consiglia, non è per esseri umani, e quando ci si prova ad esserlo si appare tristi, rigidi, cattivi, perché costretti in una forzata uniformità di vita che è povera, ma non della povertà che libera, quella scelta da Francesco d’Assisi nel rifiutare la condizione e i beni di famiglia, bensì come quella che si vive in carcere, che consiste nella privazione della vita vera.
Nella sinodalità dovrebbe innanzi tutto emergere la nostra umanità, che, certo, ci fa essere in disaccordo spesso, ma anche ci dà le risorse per continuare comunque a cooperare in qualche cosa e, a volte, per superare le divisioni.
Del resto è proprio quello che accadde nei primi anni dopo la morte del Maestro, come scrivono gli storici del cristianesimo delle origini.
Al catechismo per i più piccoli, che per molti rimane l’unico della vita, ci narrano superficialmente della Chiesa come se fin dagli inizi fosse stata quella di adesso. Per dei bambini può ancora andare, ma non più, ad esempio, per i ragazzi che si preparano per la Cresima, e tanto meno per gente più avanti negli anni.
Alle origini non c’era quasi nulla di ciò che adesso caratterizza la nostra Chiesa, compresa la teologia. Ma le persone erano più o meno come adesso, e infatti iniziarono subito a dividersi. In particolare tra ebrei palestinesi, che parlavano aramaico come Gesù, ed ebrei che parlavano il greco, e che venivano da fuori, come Paolo, che era nato in Asia minore. Culturalmente noi discendiamo prevalentemente dai secondi, ma pensiamo il divino rifacendoci alle concezioni degli antichi israeliti, che abbiamo profondamente assimilato. Come furono risolte le divisioni? In realtà non si arrivò mai a risolverle del tutto. Le lettere del Nuovo Testamento attribuite a Paolo di Tarso stanno a dimostrarlo. E si prosegui così fino ad oggi, nonostante la convinzione che lo Spirito avesse continuato ad aleggiare. Ogni fazione, ogni autorità costituita, ogni aspirante riformatore pensava di averlo dalla propria parte e i dissenzienti venivano demonizzati. Tuttavia, l’idea di sinodalità come oggi la vagheggiamo nasce proprio da quella esperienza storica, dalla constatazione dei tanti apporti che alla nostra fede sono venuti e per i quali ciò che oggi crediamo reca le tracce delle moltitudini di gente di fede che ci hanno preceduti. Nonostante le divisioni abbiamo imparato, attraverso i secoli, a convivere nella fede comune. È vero che abbiamo continuato a dividerci, combatterci, anche ammazzarci, ma, anche, abbiamo continuato pervicacemente a cercarci per costruire una qualche pace. Questo è molto umano. È maturata così una cosa nuova, che prima non c’era, per la quale, proprio perché nuova, non abbiamo veramente molto da imparare dal passato. L’unità però non è costruita a partire dalla mitologia teologica, che, come ogni mitologia può avere una sua verità, ma dalla pratica della nostra concreta e reale umanità, che, quando finalmente decide di ripudiare la propria animalesca violenza, il tremendo lascito della natura che ci circonda e di cui siamo fatti, è capace di agàpe, la convivenza solidale, sollecita, misericordiosa, benevola, quella senza la quale non riusciremo a sopravvivere in otto miliardi e oltre sul pianeta.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma Monte Sacro, Valli