La pazienza della
relazione
Paradossalmente, è più semplice progettare in grande
che realizzare in piccola scala. Questo perché nel primo caso le particolarità,
quelle che rendono ogni situazione diversa dall’altra, vengono tralasciate,
come quando si guarda una città da molto lontano, e allora non si vedono le
persone che l’abitano. Nell’altro caso le specificità emergono, salvo che ci si accontenti di relazioni molto superficiali e veloci, come quando si passa dal
giornalaio e si compra il quotidiano. Eppure, anche in questo caso, dopo poco
si viene riconosciuti, segno che si va costituendo un rapporto personale.
Nella
progettazione sociale è bene lasciare
sempre molto tempo al tirocinio del nuovo, per vedere come va. Tenendo conto
che cambiare le persone è molto difficile, richiede molto tempo e impegno.
Questo è vero anche in religione. Non ci si illuda del contrario.
In particolare,
la vera evangelizzazione si fa lavorando sulle e con le persone, che vanno
prese una per una, con tanta pazienza. L’evangelizzazione, nella mia esperienza,
corre attraverso le relazioni forti della vita, ad esempio quella tra genitori
e figli. Ed anche, ad esempio, attraverso le amicizie più significative. Questo
spiega perché la cristianizzazione delle società europee richiese tanta, ed efferata,
violenza politica. Non c’era tempo per fare diversamente e della
cristianizzazione si aveva bisogno perché la religione era divenuta parte dell’ideologia
politica che reggeva le società. Il potere politico era stato sacralizzato.
Ai tempi nostri questa sacralizzazione non serve più, almeno in Europa
occidentale, per cui anche le strutture religiose, in particolare quelle volte
all’evangelizzazione, si vanno modificando. La proposta di una riforma in senso
sinodale va in questo senso.
Del resto la fede religiosa è ancora importante
nella vita personale e comunitaria, anche se non è più utilizzata per decidere
chi è un buon cittadino e chi non lo è. Uno degli scopi dell’evangelizzazione è
spiegare il perché sia così importante.
Definiamo vangelo
un modo di vivere caratterizzato da un certo generale ottimismo. Si tratta
di cosa che va sperimentata, prima di essere descritta, perché altrimenti non c’è
nulla da descrivere. Qualche persona, probabilmente, sarà delusa nel sentirne
parlare così, perché abituata ad una certa cornice soprannaturale. Eppure chi
ha un’esperienza di vita un po’ più lunga facilmente si rende conto che non è
poi cosa da poco, anche messa così.
Io non ho mai
avuto esperienze soprannaturali e, probabilmente, al punto in cui sono non ne
avrò più. Del resto non le ho mai cercate, anche perché so bene che lasciano il
tempo che trovano. Una persona le può sempre attribuire ad una propria fisiologia
alterata. A traveggole. Non a caso dopo l’esperienza di Pentecoste i discepoli vennero
scambiati per gente ubriaca. Tuttavia, anche così, senza effetti speciali
diciamo così, sono rimasto una persona religiosa. In che cosa si esprime la mia religiosità? Non tanto nei riti, ad esempio, che spesso mi annoiano. Piuttosto, appunto, in un
modo di vivere le relazioni forti in cui sono coinvolto. E poi nell’accostarmi
spesso alla Bibbia, che è il modo in cui entro in contatto con le generazioni
religiose che mi hanno preceduto. Su base biblica metto in questione il modo in
cui vivo quelle relazioni. E, naturalmente, in questo è molto importante quel
complesso di libri che viene definito Nuovo Testamento e che origina dall’esperienza
di vita delle prime comunità cristiane. Poiché da ragazzo ho fatto il liceo classico
e ho studiato un po’ di greco antico, riesco a comprendere i testi del Nuovo
Testamento che furono scritti in quella lingua e che sono letteratura piuttosto
semplice, almeno da intendere parola per parola. Se si mira al senso profondo è
tutt’altra cosa.
Quando
parliamo di riforma sinodale della nostra Chiesa e, in quest’ambito, della
nostra parrocchia, dobbiamo tener conto che non si tratta di riorganizzare un’azienda
o un servizio, cosa che sappiamo fare piuttosto bene in genere, ma di
modificare le nostre più profonde relazioni, quelle dalle quali traiamo il
senso della vita, facendolo su base di ispirazione biblica. Questo complica le
cose, ma le rende anche più appassionanti.
In ogni campo
si tratta di restaurare o di costituire amicizie. L’amicizia è tendenzialmente
totalizzante, tanto che non se ne possono avere molte, ciò va oltre la
possibilità della nostra fisiologia. L’antropologo Robin Dunbar, sulla base di
molti esperimenti sociali, ha stimato in sole cinque le amicizie forti che possiamo intrattenere contemporaneamente.
Ma le persone che sono legate alla nostra stessa fede, in qualche modo, sono veramente molte di più, oltre due miliardi
sembra. Una gran parte di esse sono cattoliche. Come si fa, allora, a farsele
amiche? Per pensare a questo facciamo riferimento a potenze spirituali, al
soprannaturale, ne parliamo nelle preghiere, nella liturgia. In effetti
funziona, come sa bene chiunque l’abbia praticato. Il vangelo è un modo di
vivere in cui si amplia molto l’attitudine all’amicizia.
Certo, poi,
quando si cerca di cambiare qualcosa nel modo in cui, ad esempio, facciamo
parrocchia ecco che ci si scontra, si hanno idee diverse, e si finisce con il diffidare
gli uni degli altri. E’ del tutto normale, perché si parte sempre da un livello
maggiore di inimicizia per cercare di ovviarvi. Ci si accosta e si litiga, ma
più si rimane vicini, più si impara ad andare d’accordo. Questo accade, su
scala molto maggiore, anche quando due culture si mischiano, per migrazioni o
invasioni. L’Italia e la nostra Chiesa ne sono stati un laboratorio molto
interessante. Nella nostra religione possiamo avvertire tracce di molte culture
che hanno imparato a coesistere, a partire da riti. Ad esempio, quando, a proposito
del Papa, parliamo di Pontefice massimo, ecco che usiamo il titolo del
capo del maggior collegio sacerdotale dell’antichità romana, poi passato agli imperatori
romani.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa -
Roma, Monte Sacro, Valli