La religione del tortellino
Oggi a Bologna si celebra la festa del santo
patrono, San Petronio, al quale è dedicata una grande basilica nel centro della
città. Un comitato civico ha organizzato in Piazza Maggiore, di fronte a quella
chiesona, la distribuzione di tortellini, una tipo di pasta ripiena tipica
di quelle parti. La ricetta della tradizione contiene anche carne di maiale. Ne
verrà però distribuita anche una versione con carne di pollo,
per chi osserva il divieto religioso di mangiare carne di maiale. E’ stata
chiamata tortellino dell’accoglienza. Alcuni sono
insorti, vedendovi un’offesa alla tradizione, addirittura alla tradizione
cristiana. Hanno protestato con l’Arcivescovo, di recente nominato e uomo di
dialogo tra le culture, pensando che a lui risalisse quell’idea. Invece non era
così, ma saputo del fatto ha dichiarato di approvarla. Ieri sul Corriere della
Sera in un articolo di fondo si è criticata questa posizione della Chiesa,
osservando che nella vicenda si era manifestata (addirittura!) una sfida
epocale e che si stava confondendo l’universale
con l’indistinto. In sintesi: se perdiamo il tortellino con il
maiale, dove andrà a finire la nostra religione? Quindi mi pare che da
questo discorso derivi che per distinguersi anche dal punto di vista cristiano
occorra mantenere solo il tortellino
con la carne di maiale e ripudiare l’eretico tortellino dell’accoglienza con il ripieno di pollo.
Lo ricordo spesso: qualche anno fa l’allora
arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi disse che, se si esclude la fede
cristiana, a tenere insieme gli italiani c’è solo la pastasciutta. Chissà come
avrebbe preso questa idea del tortellino cristiano che mette insieme
fede a pastasciutta?
Di che
è fatta la nostra fede? Non di ricette e divieti alimentari.
E’ curioso che a caratterizzarla si pensi che vi possa essere un ripieno
con la carne di maiale, che il Maestro
sicuramente mai mangiò, perché ci viene presentato come un ebreo osservante e
tra le trasgressioni che gli vennero imputate non vi è quella di averne
mangiato.
Molto presto si presentò il problema, molto serio nella cultura del
cristianesimo delle origini, se si dovessero rispettare le prescrizioni
alimentari rituali ebraiche. Alla fine, si decise di non imporle a coloro che
non provenivano dall’ebraismo, senza però assolutamente condannare gli altri
che invece le osservavano. Ecco che, così, ai bolognesi, come a molti altri non
ebrei di stirpe, divenne lecito mangiare carne di maiale. Il principio applicato nel corso di quello che viene
considerato il primo Concilio fu che non si devono creare inutili difficoltà rituali a
coloro che si convertono.
Ecco, in Atti degli
Apostoli 15, 1-21, il resoconto di quella decisione.
[1] Ora alcuni, venuti dalla Giudea,
insegnavano ai fratelli questa dottrina: "Se non vi fate circoncidere
secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi".
[2] Poiché Paolo e Barnaba si opponevano
risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo
e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli
anziani per tale questione.
[3] Essi dunque, scortati per un tratto dalla
comunità, attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando la conversione dei
pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.
[4] Giunti poi a Gerusalemme, furono
ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò
che Dio aveva compiuto per mezzo loro.
[5] Ma si alzarono alcuni della setta dei
farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e
ordinar loro di osservare la legge di Mosè.
[6] Allora si riunirono gli apostoli e gli
anziani per esaminare questo problema.
[7] Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e
disse:
"Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha
fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola
del vangelo e venissero alla fede.
[8] E Dio, che conosce i cuori, ha reso
testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a
noi;
[9] e non ha fatto nessuna discriminazione tra
noi e loro, purificandone i cuori con la fede. [10] Or dunque, perché
continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i
nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare?
[11] Noi crediamo che per la grazia del Signore
Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro".
[12] Tutta l'assemblea tacque e stettero
ad ascoltare Barnaba e Paolo che riferivano quanti miracoli e prodigi Dio aveva
compiuto tra i pagani per mezzo loro.
[13] Quand'essi ebbero finito di parlare,
Giacomo aggiunse:
[14] "Fratelli, ascoltatemi. Simone ha
riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo
per consacrarlo al suo nome.
[15] Con questo si
accordano le parole dei profeti, come sta scritto:
[16] Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la
tenda di Davide che era caduta; ne riparerò le rovine
e la
rialzerò,
[17] perché anche gli altri uomini cerchino il
Signore
e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio
nome,
[18] dice il Signore che fa queste cose da lui
conosciute dall'eternità.
[19] Per questo io ritengo che non si debba
importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani,[20] ma solo si
ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli
animali soffocati e dal sangue.
[21] Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi
lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe".
[testo dal sito vatican.va]
L’idea
è che la parola del vangelo è rivolta a tutti e che non si debba discriminare
chi l’ascolta imponendogli inutili prescrizioni rituali che non trovano
fondamento nella sua cultura di origine. Ma che
chi le segue perché invece vi rientrano e se ne sente per questo legato possa
farlo. Al centro dell’esperienza
cristiana vi è l'agàpe, il lieto convito a cui tutti, nessuno escluso,
sono chiamati e ammessi. Il cuore della nostra liturgia è una Cena.
Storicamente i cristianesimi spesso non sono stati fedeli a questo
orientamento, che risale alle origini, è attestato dalle loro Scritture sacre e
dunque è molto autorevole. Ai tempi nostri distaccarsene viene considerato peccaminoso,
si cerca di non prendere cattivi esempi da quel passato di infedeltà e di
pentirsene se ci si ricade.
Insomma,
al dunque, dal punto di vista della fede cristiana, il tortellino con il
ripieno di maiale vale quanto quello con il ripieno di carne di pollo: l’importante
è che ci si ritrovi a mangiarne da amici e che nessuno sia escluso, che ce ne
sia per tutti. Questo è agàpe, effettivamente
caratteristica della nostra fede. Il problema religioso dei nostri tempi è che,
per vari motivi, e principalmente per paura della gente nuova che sta arrivando
tra noi, non la sopportiamo più e così
vorremmo discriminare, ad esempio tra fedeli al tortellino con la carne di
maiale e gli altri, per sentirci in questo modo più tradizionalmente sicuri. Molti dei nuovi arrivati osservano le
prescrizioni islamiche e non mangiano carne di maiale, come gli ebrei che però
oggi non ci fanno più paura. Brandendo religiosamente il tortellino con il
ripieno di carne di maiale pensiamo di tracciare un confine invalicabile tra
noi e gli altri ai quali è vietato. Beh,
sapete che vi dico? Come cristiano ripudio la religione del tortellino, anche se come bolognese sono affezionato
al tortellino per quello che è, un po’ di pasta e un ripieno che per me hanno
il sapore di casa. Detta così, religione
del tortellino, suona come una scemenza, e, in effetti, se ci si crede
veramente, mi pare che lo sia. Il tortellino con la carne di maiale non è un articolo
di fede, non rientra nell’essenziale, e
se diventasse uno strumento di discriminazione bisognerebbe abbandonarlo.
Come cristiano sono anche orgoglioso che,
dinanzi a una bella decisione di accoglienza e agàpe come quella del tortellino
accogliente, si sia subito pensato al nuovo Arcivescovo, anche prima di
sapere bene chi l’avesse presa, e non era stato lui. E’ la prova che esiste
ancora nella mia città di origine una grande autorità della nostra Chiesa
basata su ciò che è veramente essenziale. Una città tradizionalmente dotta, Bologna, sede dell’Alma
mater studiorum, la feconda madre degli
studi, la sua università, la prima in Europa: questo tributo di autorità è
quindi ancora più importante.
Mario Ardigò – Azione Cattolica
in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli