Note per un tirocinio
di democrazia 4
Una teologia cattolica sulla democrazia, e quindi una
corrispondente catechesi, è tutta da scrivere. Questo ostacola i processi di formazione, assimilazione e tirocinio alla democrazia tra le gente di fede. La nostra
gerarchia del clero, che governa la teologia cattolica tracciandone i limiti (angusti
dopo l’imposizione del Catechismo della Chiesa cattolica come legge della
nostra Chiesa e non solo come sussidio per la formazione), l’ha sempre
sbrigativamente classificata tra le cose
temporali, vale a dire della storia civile delle società, e in questo senso dei tempi storici e perciò temporali, quindi in qualche
modo volgari, nel senso di proprie
del popolo ( volgo, dal latino vulgus, che significa popolo), e di un popolo sottomesso eticamente e religiosamente al potere
religioso clericale, e pertanto cose meno significative e caratterizzanti in materia di fede. Quindi più
che altro un problema di governo che bisogna in qualche modo
affrontare, per mantenere organizzate e quindi funzionali le società, ma che è
in genere indifferente rispetto alla fede, salvo che incida su alcuni
principi non negoziabili, tra i quali
naturalmente i privilegi economici e giuridici riservati alla gerarchia
religiosa, al clero e agli istituti di vita consacrata, ai loro beni e interessi, e quelli in materia di vita della famiglia, che stanno alla base del
potere del clero di base sulla gente, mantenendola sostanzialmente sempre in
uno stato di difetto che impone di ricorrere alla clemenza religiosa.
La democrazia viene quindi ancora vista come un quadro di regole civili che garantiscono la
sottomissione ad autorità civili, di solito sbrigativamente indicate come “i governanti”, al quale si
contrappongono i valori, che
sarebbero invece propri della religione, e in particolare della nostra. I valori dovrebbero comunque influire, in quando sovraordinati, sul quelle regole mediante il magistero della
gerarchia, che, in questo modo, trattando di valori, avrebbe anche la possibilità di influire sulle regole, e, per quella via, indirettamente, sul governo delle società. Anche governi politici non
democratici hanno però le proprie regole, che servono a mantenere un ordine sociale autoritario secondo il volere degli autocrati al comando, ma, nella nostra ideologia religiosa,
purché non contrastino con i valori formulati dalla gerarchia, non si pongono
obiezioni, e, come si dice, e purtroppo lo si è deciso anche nell’ultimo
Concilio,
«[…]il Concilio non esprime alcuna opzione in
favore né della monarchia, né della democrazia o di un altro ordinamento dello
Stato.»
[dall’intervento
tenuto dal card. Walter Kasper il 29-9-19 Scuola di formazione e cultura
politica organizzata nel monastero
di Camaldoli dalla rivista il Regno e dalla comunità monastica.]
così ragionando, se ne è indifferenti.
Questa proclamata indifferenza portò, ad esempio, ai
disonorevoli Concordati del Papato con l’Italia dominata dal fascismo
mussoliniano (1929) e con la Germania ormai dominata dal nazismo hitleriano
(1933) e a una serie lunghissima di altri disonorevoli compromessi con altri
regimi non democratici, ad esempio con la Spagna dominata dal franchismo e con regimi non democratici dell’America Latina.
Di questo non si è ancora arrivati veramente a pentirsi, non se ne è trattato nella Giornata del perdono [cioè della nostra richiesta di perdono] celebrata durante il Grande Giubileo dell'Anno 2000. Concepire l'indifferenza della fede verso la politica non una virtù ma una colpa, e una colpa molto grave.
Quella è l’impostazione che la
gerarchia cattolica stabilì e impose sul problema della democrazia quando,
verso metà Ottocento, decise di attenuare il durissimo conflitto ideologico
verso di essa, vista come espressione di superbia demoniaca e di dissoluzione
dei valori della fede.
Una volta però che si arrivi a
riconoscere, come ha fatto il 29-9-19 il card. Kasper a Camaldoli nell’intervento che ho citato, che invece la democrazia vive di valori, addirittura di valori che, come stati storicamente interpretati e praticati, hanno radici cristiane, sebbene la nostra Chiesa a lungo l'abbia tragicamente voluto disconoscere, e, in
più, che, per funzionare come democrazia, ha necessità che di tali valori sia
convinta la stragrande maggioranza della popolazione
[W.Kasper cit.], quella posizione va rivista,
arrivando alla conquista culturale di definire la democrazia, nella sua
versione piena di valori umanitari con radici cristiane, l’unica forma di governo politico compatibile con i
valori di fede. Perché, invece, qualsiasi autocrazia non democratica nega quei valori, negando in particolare la pari dignità delle persone umane e realizzando una forma di esercizio di potere che è il contrario del servizio, ma che, anzi, asservisce.
Senza di questo è inutile parlare di voler fare, anche in
religione, una formazione alla democrazia, per riscoprire certe sue radici nella nostra fede con la "presenza pastorale e dalla missione della Chiesa" [W.Kasper, cit.]. E quella formazione è necessaria,
perché, una volta affermata l’importanza dei valori per la democrazia, quindi
anche dei valori religiosi quali sue radici, occorre istruire i laici, che fino ad ora sono stati in genere autodidatti quando invece non del tutto informati o addirittura puramente e semplicemente ignoranti (essendo abituati a considerare la democrazia addirittura come peccaminosa), e in
particolare tutti i laici, non solo le punte di alta
professionalità, a mediare valori
e democrazia nelle questioni temporali, vale a dire nella loro storia.
Si
tratta di un lavoro spinoso per la gerarchia perché essa stessa non è
organizzata democraticamente e, una volta riconosciuto che la democrazia vive di valori, non vi sono più ragioni per
contrastare pervicacemente, a tutti i livelli, un’evoluzione democratica della
nostra Chiesa.
Non si dovrebbe più, ad esempio, essere
orgogliosi nel proclamare “La Chiesa non
è una democrazia”. Essa, in realtà, quando agisce nella storia cercando di influire sulla costruzione e governo delle società, dovrebbe essere anche una democrazia, perché solo così lo può fare lecitamente dal punto dei valori, pur essendo, naturalmente, anche altro, non potendo quindi essere ridotta solo a una democrazia. Non vedo, ad esempio, nessuna valida ragione per la quale una parrocchia non dovrebbe essere governata democraticamente, una volta organizzata una formazione adeguata per preparare i fedeli a parteciparvi, senza che rimangano come ora più che altro dei figuranti, elementi accessori che ci sono come potrebbero non esservi, al massimo consulenti, nulla di più, senza alcuna facoltà di iniziativa propria, nemmeno nelle faccende infime.
Mario Ardigò
- Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli