Fede e propaganda
ecclesiastica
Un tempo
la gran parte degli sforzi della predicazione veniva spesa nella polizia morale
in appoggio all’idea di buon costume corrente. Vi era infatti una forte
integrazione tra il sistema di potere politico e quello del potere religioso. Ai
tempi nostri, invece, l’impegno prevalente è quello per la propaganda
ecclesiastica, per inculcare l’idea che l’importante è rimanere dentro
questa Chiesa così com’è, perché il resto verrà perdonato.
Insomma, ci sarebbe uno scambio, una transazione, una reciproca
accettazione passando sopra le cose che non vanno: si verrebbe accettati con
tutti i propri difetti se si accetta la Chiesa così com’è, con i suoi.
Al centro di questa concezione c’è, così, il perdono, vale a dire
l’accettarsi così come si è. Questa fu la base teologica della
sconfessione delle teologie della liberazione latino americane, che,
invece, le società, in esse comprese la Chiesa, non le accettavano così
com’erano e proponevano l’impegno per cambiarle come valore religioso.
La posizione del Papato dal Cinquecento in
poi, nella sua progressiva deriva assolutista, era che le società dovessero
cambiare per diventare un ambiente più ospitale verso la sua organizzazione
ecclesiastica, ma che la Chiesa in sé non dovesse proporsi di cambiare, ma di
tramandarsi cosi com’era diventata storicamente. Questo perché le altre società
erano radicate nel temporale, inteso come ciò che muta nel tempo,
mentre la Chiesa, nel suo aspetto sacro, quindi legato al soprannaturale, è una
realtà eterna.
Questa posizione che ho estremamente
sintetizzato era quella sostenuta in teologia anche da Joseph Ratzinger. Erano nuovi
gli argomenti da lui spesi a suo sostegno, perché non era tanto al sacro che ci si
appellava, ma alla razionalità, sfidando sul suo campo il principale nemico
sorto nella modernità, l’Illuminismo. Tuttavia quell’argomento teologico
era sostanzialmente illuminista. E’ in linea con l’ordinamento politico
governato dai filosofi tratteggiato dall’antico filosofo greco Platone, vissuto
ad Atene tra il Quinto e il Quarto secolo dell’era antica. Non a caso viene
ricordato il detto del Ratzinger secondo il quale il cristianesimo originò
da Atene.
Su
queste basi Joseph Ratzinger, dall’inizio del suo servizio romano nel 1981,
tentò di riportare la Chiesa più vicina a com’era stata fino agli anni
Cinquanta, prima del Concilio Vaticano 2º, nella convinzione che le novità che
si erano prodotte dopo la stessero destabilizzando, utilizzando strumenti di
polizia politica contro teologi e aggregazioni ecclesiali. La contraddizione fu
che, in questo modo, appunto, non si accettava la Chiesa così com’era.
Quella razionalità seleziona le proprie fonti
in modo da precostituire il risultato voluto, vale a dire, riportare la Chiesa
ad una certa stagione del passato. Non accetta il metodo storico critico nell’esegesi
biblica se non conforta i suoi postulati e, sostanzialmente, tiene conto principalmente della
teologia dogmatica sulla cui base, in un processo che ebbe il suo culmine alla
metà del 19° secolo, regnante il papa Pio 9°, l’ultimo vero Papa-Re, venne
costruito l’assolutismo papale come specchio di uno analogo soprannaturale e,
quindi, sacro, come tale immutabile.
L’Illuminismo è stato ed è la bestia nera anche di quello che il prof. Loris Zanatta, dell’Università di Bologna, ha chiamato populismo gesuita, nel suo Il populismo gesuita: Peron, Fidel, Bergoglio, Laterza 2020, anche in e-book. I latino-americani vedono, non a torto, l’Illuminismo rappresentato nella politica e nelle istituzioni di governo del liberalismo statunitense. Il buon popolo fedele sarebbe oppresso e traviato da quel liberalismo di marca illuminista che lo vorrebbe staccare dalla Chiesa e, in particolare, dai vescovi, verso i quali tenderebbe per intuito soprannaturale. Anche in questa concezione l’adesione alla Chiesa è essenziale, ma, rispetto al razionalismo del Ratzinger, si sostiene che la gerarchia dovrebbe mettersi in ascolto del buon popolo che, condotto dai pastori però anche lì condurrebbe tenendoli tra sé. Da qui l’immagine del vescovo in mezzo e non davanti alla gente. I processi sinodali iniziati nell’autunno del 2021 sono condotti secondo questa teologia/ideologia che ha il problema di avere impostazione anti-democratica, ritenendo, così come i populismi di altro orientamenti, in particolare di quelli fascisti e del socialismo rivoluzionario. la democrazia un imbroglio borghese ai danni della povera gente. Infatti, a dispetto del principio democratico di maggioranza, l’esperienza storica insegna che dove le masse votano liberamente paradossalmente e inesorabilmente finiscono per mandare o conservare al potere i ceti privilegiati responsabili delle loro sofferenze.
Anche
in questo populismo la propaganda religiosa è molto sensibile, ad esempio dove
sostiene che la Chiesa non è una ONG, vale a dire una organizzazione
caritativa benefica su base volontaristica, per ciò che di sacro ha in
sé. Per questo l’importante è rimanervi adesi.
È facilmente dimostrabile che la razionalità, nella realtà come può essere osservata (che non coincide con quella immaginata dai teologi). non è appannaggio popolare, ma in fondo nemmeno dei sapienti, perché, come ci
dicono oggi le scienze cognitive, la nostra è un mente emotiva, e quindi
capiamo emotivamente, non solo mediante processi razionali, che servono
solo a consentire la comunicazione del pensiero. Che la gente, le popolazioni,
anche quelle più o meno acculturate alla nostra fede, manifesti effettivamente un intuito
innato per scegliere la via giusta,
in particolare quella che la porta nella Chiesa e ve la mantiene adesa, non mi
è particolarmente evidente. Ad un giudizio realistico, neanche la gerarchia appare
dotata di quella virtù, avendo la quale, ad esempio, il papa Pio 11° non si
sarebbe reso colpevole del disonorevole compromesso con il fascismo
mussoliniano del 1929, del quale ora, per ragioni di interesse, perché se ne ricavò un
bel po’ di soldi e la cittadella vaticana oltre ad altri privilegi, il Papato
non si riesce pubblicamente a pentire, come del fatto di aver definito il Mussolini, la sua controparte in quei patti, l' "Uomo della Provvidenza", benché probabilmente la ragione glielo consigli.
Dunque, che fare?
Un bel
problema.
Un altro è costituito in Italia dal fatto che, benché il Papa regnante sia sostanzialmente
un populista del tipo latino-americano, i vescovi da lui scelti negli anni del
suo regno per cambiare le cose in Italia, vengono dal cattolicesimo democratico
italiano, e quindi sanno bene come coniugare fede e democrazia popolari, quindi hanno più fiducia nella democrazia, benché non siano ancora autorizzati ad andare per quella strada. La
nostra Repubblica democratica, che ora sembra subire una triste eclissi nel
disinteresse popolare (altra prova che quel famoso intuito non è particolarmente
evidente), è stata fondata in gran parte proprio su quella cultura cristiana democratica, così come il
processo di unificazione continentale europea, che ora i populismi fascisti
dell’Europa orientale mettono in grave rischio, riportandoci sotto la schiavitù
della guerra.
Si tratta di questioni di cui tener conto
nei processi sinodali che si è voluto avviare e che, in qualche modo, procedono,
con risultati finora tutto sommato mediocri, nonostante il trionfalismo della
propaganda ecclesiastica.
E’ consigliabile cercare di raggiungere una
certa consapevolezza storica, per cui, ogni persona di fede che voglia cooperare
nel sinodalismo in corso, dovrebbe tenere accanto alla Bibbia, un testo affidabile
di storia della Chiesa (ve ne sono ormai molti e per tutti i livelli di
conoscenza) e, almeno, i testi di storia delle scuole secondarie di primo grado
(le medie), che gran parte delle persone di fede italiane dovrebbero
aver frequentato, salvo quelle più anziane, trattandosi di istruzione
obbligatoria fin dal 1962. E’ anche consigliabile non lasciarsi trasportare,
nei processi sinodali, da una ecclesialità estatica, altrimenti detta carismatica,
ma di usare la testa, vale a dire la ragionevolezza. E, infine, non disprezzare
l’altra gente, chiudendosi in una spiritualità solipsistica, vale a dire
pensarsi come popolo. In questo modo Ratzinger e Bergoglio vengono recuperati.
Infine occorre rendersi conto che i processi sinodali servono anche a cambiare
la Chiesa portandola in avanti, per renderla capace di cambiare il mondo, non
indietro per difendersene. Così com’è la nostra Chiesa proprio non va, e
ciascuna persona, in fondo, deve ammetterlo, se accetta di essere sincera con
se stessa. Ma il cambiamento richiede di assimilare una sapienza collettiva che
deve essere costruita pazientemente e che, per essere collettiva e sapienza,
deve essere anche democratica, quindi rispettare la dignità delle altre persone e ammettere un dialogo libero, il che comporta di rendere limitati e sindacabili tutti i poteri pubblici, anche ecclesiastici. In questo modo li si potrà
esercitare nello spirito di servizio secondo il comando evangelico.
Mario Ardigò - Azione
Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli