Giornata della vita
Oggi si celebra la Giornata della vita.
I fondamentalisti vorrebbero farne la Giornata della colpevolizzazione della donna. Ce l’hanno con le donne che decidono di interrompere volontariamente la loro gravidanza.
Si abortisce per processi fisiologici naturali, infortuni, violenza altrui e poi anche per decisione propria, perché non si è pronte, non si hanno soldi a sufficienza, si è troppo stanche, si vive in un ambiente sfavorevole o si sa già che la vita del nuovo nato sarà per problemi fisiologici solo sofferenza e solitudine. Accade di essere gravide senza averlo voluto: dipende dalla fisiologia naturale. La predicazione condanna chi non si affida al caso nella genitorialitá e chi, sfavorita dalla sorte, cerca di porvi rimedio. Lo fa criminalizzando non solo la donna, ma tutte le persone che l’aiutano, anche se lo fanno nell’esercizio professionale, in modo da tutelare la salute della donna e secondo quello che prevedono le leggi dello stato.
Strumento di questa crudele strategia è l’enciclica Della vita umana – Humanae vitae, deliberata in solitudine, contro il parere dei suoi stessi esperti e di gran parte dell’episcopato, dal papa Paolo 6º nel 1968. Per il metodo seguito nella decisione, assolutamente non sinodale, quel documento legislativo è stato visto come la prima manifestazione del tentativo di bloccare gli sviluppi del processo di attuazione dei principi in materia di organizzazione ecclesiale deliberati durante il Concilio Vaticano 2º, da poco concluso.
Secondo questo modo di pensare la donna sarebbe condannata alla e dalla gravidanza, perché così ha voluto la natura, che in questo viene vista come manifestazione della volontà superna (mentre in altri campi la si condanna e si vorrebbe correggerla).
A ben vedere, però, non è la vita in questione, vale a dire ciò che interessa, ma la posizione sociale della donna, che si vorrebbe organizzata intorno alla riproduzione, portatrice di quel particolare genio,per cui in definitiva le competerebbe, per natura, la cura e non il comando. Vi si può vedere la triste manifestazione di tendenze che in modi ancora più efferati travagliano il mondo femminile, come nell’Iran contemporaneo, e che trovano un antecedente culturale nell’antropologia biblica, Vangeli a parte. Quest’ultimo inciso è necessario perché, come segnalano i biblisti del Nuovo Testamento, i Vangeli ci narrano di donne molto più libere, in particolare di quelle, anche sposate, che seguivano il Maestro.
Che non sia la vita che interessa è dimostrato dal fatto che noi cristiani siamo stati storicamente stragisti, quindi spregiatori delle vite di tutti coloro che ci si opponevano anche solo per difendere il proprio, e proprio in nome della fede. I Papi si distinsero in questo, arrivando personalmente ad indire guerre feroci nel Medioevo e poi benedicendo l’invasione genocida delle Americhe da parte delle potenze Europee, e molte altre guerre di questo tipo.
Le principali cause di offesa alla vita derivano dalla politica, della quale le guerre sono strumento, e dall’economia, non dalla malvagità delle persone singole, e tantomeno da decisioni che in genere sono solo il tentativo di non soccombere a un triste e doloroso servaggio sociale, come quelle delle donne che rinunciano alla gravidanza.
Nei confronti di politica ed economia, però, di solito siamo meno ardimentosi che nel caricare la croce sulle donne. Cerchiamo di arrabattarci senza esserne travolti. E anche la gerarchia ecclesiastica assume atteggiamenti diplomatici nello logica del male minore o del bene in concreto possibile, che non perdona alle donne e a chi le aiuta in certe cose. Contro costoro c’è la scomunica inesorabile, senza distinguere caso per caso; per chi ordina le guerre e chi conduce l’economia che getta nella disperazione le famiglie e conseguentemente deprime la propensione alla genitorialitá e quindi la natalità, no. Che succederebbe se si fosse più duri, se si parlasse più chiaro? Non si potrebbe così suscitare una reazione avversa che potrebbe mettere in questione la nostra sicurezza? Su queste basi si vorrebbe cercare di giustificare i disonorevoli silenzi del papa Pio 12º sulla Shoà, della quale era stato puntualmente informato.
Invece con le donne è stato, fino a non molto tempo fa, diverso. Le si è potute diffamare, sottomettere ed emarginare impunemente. E loro sempre in chiesa, devote. Fino a poco tempo fa. Ora, però, le indagini statistiche ci dicono che le più giovani ci stanno lasciando in massa.
Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli