Popolo e popoli -3-
Questo schema è molto sensibile negli scritti
biblici attribuiti agli antichi profeti degli israeliti. Il Popolo pecca e allora viene punito, ma per amore ne viene salvato un piccolo resto, dal
quale poi si sviluppa rinnovato e allora le promesse che gli erano state fatte
vengono adempiute. È lo schema di una storia della salvezza.
Il peccato ha due dimensioni: l’ingiustizia
nelle relazioni sociali all’interno e la contaminazione, assumendo
usi e costumi di altri popoli e mischiandosi con loro, verso l’esterno.
Nella prima viene in rilievo principalmente l’aspetto personale, la
violazione del principio di fraternità, nella seconda quello collettivo,
l’adulterio del Popolo contro il suo Dio.
I cristiani delle origini, formatisi
nell’antico giudaismo, si concepirono inizialmente come un resto dell’antico
Popolo destinatario delle promesse del suo Dio, specialmente dopo
la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dell’invasore romano, al
termine di una lunga fase di resistenza armata, vissuta anche come una
catastrofe culturale e religiosa nel giudaismo di allora. Ma il giudaismo
tuttavia non finì: ho letto che la
proporzione degli ebrei di allora rispetto alle altre popolazioni dell’impero
era molto maggiore di oggi ed essi si erano fortemente radicati nei territori
di quella diaspora, sorretti dalla cultura religiosa dell’antico
fariseismo, culla dell’ebraismo contemporaneo, quello dei saggi e della civiltà
del Talmud. Dalla constatazione di questo fatto scaturì fondamentalmente la
separazione dei cristianesimi come terzo popolo, tra i giudei, il Làos
[parola greca che significa popolo-stirpe e che nella versione greca
della Bibbia degli israeliti veniva riservata al popolo dei giudei, il Popolo, con centro culturale e religioso nel Tempio
di Gerusalemme], e gli èthne, gli altri popoli non giudei (di
solito traduciamo in italiano i pagani, con senso dispregiativo di burini,
incolti, ma non era questo il senso in cui la si utilizzava nel giudaismo
ellenistico). Il termine Làos, da cui l’italiano laico, venne
mantenuto anche nell’uso delle comunità di cristiani nelle quali v’erano anche credenti
non provenienti dal giudaismo, che erano quelle di cultura ellenistica. È da
esse che si svilupparono i cristianesimi delle origini che, in processo storico
ancora per molti aspetti misterioso, inculturarono l’antichità classica
greco-romana. Ne è prova il fatto che gli scritti neotestamentari, derivanti da
tradizioni orali, furono tramandati nel greco antico.
Quindi: due Popoli-Làos, tra i
quali si manifestò presto una profonda inimicizia testimoniata anche dagli
scritti di coloro che vengono considerati i Padri della nostra Chiesa, che
la espressero con parole violentissime, che oggi in genere vengono ripudiate
tra i cattolici, ma non da molto, fondamentalmente dal Concilio Vaticano 2º. Di
quale Popolo-Làos Dio era dio? Il
decreto Nostra Aetate (si legge “nostra etàte”) – Nel nostro
tempo) tratta la questione
che però è ancora aperta ai nostri giorni, ad
esempio nella polemica assai aspra che divide i seguaci del pensiero teologico
di Joseph Ratzinger e quello del movimento di riforma sinodale avviato da papa
Francesco.
Il tema è complicato dal fatto che in alcuni scritti neotestamentari, in particolare nella Lettera
ai Romani attribuita a Paolo di Tarso, un giudeo proveniente dal fariseismo
vivo nella diaspora ellenistica in Asia
Minore, proprio da una delle regioni dell’attuale Turchia colpite dal
catastrofico terremoto di qualche giorno fa, e nella Lettera agli ebrei, si
insegna che le promesse fatte all’antico popolo israelitico non sono state
revocate.
Leggiamo ad esempio nella Lettera
ai Romani, capitolo 11, versetti 28 e 29:
«Quanto
al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di
Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio
sono irrevocabili!» [versione
in italiano CEI 2008].
La pubblicazione sulla rivista Communio (4, 2018) di una riflessione
del papa Benedetto XVI datata 10 dicembre 2015 intitolata Anmerkungen zum Traktat «De Judeis» (Annotazioni sul trattato «De Judeis») proprio sul quei versetti sopra citati, aprì un’aspra polemica
sul senso da attribuire alla Dichiarazione conciliare Nostra aetate. Ratzinger,
nel rifiutare la tesi della sostituzione del popolo ebraico con quello
cristiano, dichiara senza pentimento, espressione che giudica più appropriata
di quella “irrevocabili”, doni e chiamata di Israele, pur se l’antica alleanza con quel popolo si è evoluta nella “nuova alleanza nel sangue di Cristo, ossia nel
suo amore che vince la morte, dona al patto una configurazione nuova ed eterna” [leggi anche http://www.settimananews.it/ecumenismo-dialogo/benedetto-xvi-ebraismo-e-cristianesimo/ . Sullo sfondo di questo
dibattito vi è la questione se il popolo dello Stato di Israele contemporaneo
sia da identificarsi con l’antico Popolo di Dio che fu tratto in salvo
dall’Egitto e introdotto in Palestina come terra promessa e che quindi, con la
costituzione di quello Stato, sarebbe stato nuovamente salvato dagli èthne, dalla dispersione tra gli
altri popoli del mondo, e ricollocato in questa
terra dal Dio del giudaismo antico e dell’ebraismo contemporaneo, sua
evoluzione culturale e religiosa.
Quando si tratta di Popolo nel contesto di tale questione teologica molto importante, si pensa al popolo come a un tutt’uno, in una unità organica nella quale diventano indistinguibile le singole persone e i gruppi più limitati.
Così è
anche quando, affrontando la questione della riforma sinodale della nostra
Chiesa innescata da papa Francesco nel 2021, si parla di ascolto del Popolo di
Dio, o quando si parla di quel particolare intuito nel credere nel modo giusto
definito con l’espressione sensus fidei, che significa appunto quello [se ne è
trattato estesamente nel documento della Commissione teologica internazionale
“Il sensus fidei nella vita della Chiesa”, del 2014 https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20140610_sensus-fidei_it.html ]
Il
punto è che un popolo fatto così semplicemente non esiste nella realtà e come sono fatti realmente i popoli ci viene spiegato da antropologia e
sociologia.
Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma,Monte Sacro, Valli