Mitopoiesi in teologia
Tra
i principali scopi della teologia cristiana, in particolare tra i cattolici, vi
è quello di legittimare il governo ecclesiastico corrente.
Il principale strumento che impiega è la mitopoiesi,
vale a dire la costruzione di miti intorno ad esso.
Il mito è:
a)una narrazione semplificata;
b)destinata a dare senso all’esistente personale e
collettivo;
c)tendenzialmente totalizzante, vale a dire intesa a
spiegare tutto, integrando individuale, sociale e universale e l’intera
storia fin dalle origini;
d)resistente alle obiezioni;
e)in quanto sorretta da una figura che svolge il ruolo
di gigante, vale a dire una personalità eccezionale che si vuole esemplare
nel pensiero e nella sua vita, e che, come tale, si vuole indiscutibile.
Dal Medioevo è corrente l’idea che noi
vediamo più lontano degli antichi perché guardiamo stando sulle spalle di giganti,
appunto loro. Umberto Eco ci svolse sopra una bella conferenza, che trovate
pubblicata all’inizio del libro Sulle spalle dei giganti, La nave di Teseo
2017, anche in e-book.
In realtà non sempre guardiamo più lontano,
ma guardiamo cose diverse, perché nella natura e nella società tutto muta.
Tuttavia usiamo l’autorità dei giganti per accreditarci.
I biografi del filosofo e rivoluzionario
tedesco Karl Marx 1818-1883, artefice dei fondamenti culturali di un nuovo tipo
di comunismo, caratterizzato dalla sua pretesa di scientificità come viene
definita dalle cosiddette scienze dure, quelle della natura, hanno
osservato che la sua figura fu potentemente mitizzata dai suoi seguaci, e come
tale resa indiscutibile. Così sul suo pensiero si fondò un nuovo dogmatismo, che
nocque alla sua scientificità, per quanto il marxismo abbia dato un contributo
fondamentale alla costruzione come scienza della sociologia contemporanea. Il pensiero
di Karl Marx contiene un mito: quello della storia. Del resto non ebbe a
disposizione se non in piccola misura strumenti considerati essenziali nella
sociologia contemporanea, e anche nell’economia, come le indagini demoscopiche,
la statistica demografica ed economica, l’antropologia culturale basata su
osservazioni rigorose. Sulla base mitologica furono costruiti i partiti comunisti
come catalizzatori dei processi storici, con la funzione di
abbreviarne e facilitarne il corso.
Il Dodicesimo e il Tredicesimo secolo furono
un’epoca fondamentale per la costruzione del mito ecclesiologico secondo il quale
ancora oggi crediamo. Il Medioevo, che per noi ha il fascino e l’autorità
dell’antico, un mito che è legato all’idea che ciò che c’era nel tempo antico è
più attendibile perché più vicino alle origini e quindi, come tale, valido, per
sempre, fu in realtà, ci avvertono gli storici specialisti del settore, un’era
di rapidi e veloci cambiamenti.
In quegli anni visse Francesco d’Assisi, il
quale suscitò un potente movimento popolare che reagiva a due tendenze sociali
che si manifestavano con particolare vigore, sorrette dal movimento dei monaci,
in particolare di quelli benedettini
aggregati intorno alla galassia che faceva capo all’abazia di Cluny, in Francia:
la costruzione di un Papato romano imperiale, che rivendicava la
supremazia su ogni altra autorità politica europea, e la costruzione della
teologia come scienza universitaria, con il compito principale di legittimare
quel processo politico.
Francesco era in tutto un uomo del Medioevo.
Credeva che la natura, in cui si era immersi, fosse manifestazione dell’ordine
divino e che l’unico modo di vivere in società fosse di adeguarvisi. Un modo naturale
di essere cristiani, che sembrava
poter fare a meno di gerarchi e della loro cultura di corte. Agli inizi fu in
rotta di collisione con quel processo di politica ecclesiastica di cui dicevo.
Egli predicava sulla base di una sua
interpretazione personale del vangelo e non era un uomo dotto. Non era nemmeno
prete. Dalla sua epoca progressivamente
la predicazione fu riservata ai preti dotti, sotto minaccia di gravissime
sanzioni per chi non lo accettava.
Sopravvisse perché accettò l’autorità del
Papato e lasciò la guida dell’Ordine che egli aveva contribuito a
istituzionalizzare. Pretese dal Papato e cercò di imporre ai suoi frati il suo
esempio, vietando loro la cultura.
Eppure prestissimo quei frati divennero
protagonisti del dibattito culturale dell’epoca e lo rimasero fino ai nostri giorni.
Una delle più spettacolari manifestazioni di ciò fu la fondazione in Italia
dell’Università cattolica del Sacro Cuore, da parte del francescano Agostino Gemelli,
negli scorsi anni Venti del Novecento, giusto un secolo fa.
I dotti francescani costruirono poi il mito
di Francesco come alter Christus, un secondo Cristo, collegando il
nuovo all’antico e, anzi, al Fondamento, integrandolo in quello del Papato
imperiale. Se negli Stati Uniti d’America troviamo tante città che recano nel
nome l’impronta francescana, come Corpus Christi e San Antonio, in Texas, Los Angeles - Gli angeli e San Francisco - San
Francesco, in California, lo si deve all’alleanza tra Papato rinascimentale e
la Corona di Spagna, alla quale poi, nell’Ottocento, i rivoluzionari
statunitensi sottrassero quei territori.
Una sorte molto diversa ebbe il valdismo di Valdo
di Lione, coevo di Francesco, che aveva molti elementi comuni con il
movimento francescano. La differenza penso l’abbia fatta l’elemento mitologico,
che non riuscì ad essere integrato con i miti ecclesiastici che all’epoca
sorgevano.
Anche noi stiamo vivendo tempi di veloci
cambiamenti, in particolare nella nostra Chiesa.
Il processo di riforma sinodale voluto da
papa Francesco è potenzialmente rivoluzionario,
ma ancora non è sorretto da un mito adeguato.
Il passato sembra non soccorrere.
Il documento della Commissione teologica
internazionale “La sinodalità
nella vita e nella missione della Chiesa”, pubblicato nel 2018, attesta che
una sinodalità come quella tratteggiata dal Papa, sulla base dell’esperienza di
Chiesa dell’America Latina, non c’è mai stata nell’antichità. Qualcosa di
simile iniziò a manifestarsi nel Dodicesimo
secolo e poi esplose nel Sedicesimo.
Eppure ora se ne ha bisogno, perché
altrimenti non si va avanti, almeno in Europa.
E’ da questo bisogno che la teologia, come
sempre, partirà, anzi è già partita, per rintracciare nella cultura del passato
tutto ciò che serve per costruire un nuovo mito, cercando così di presentare
chi lo propugna e propone come seduto sulle spalle di giganti.
Fare a
meno di questo lavoro, come accade nelle scienze contemporanee, non è
possibile, perché le nostre società sono state, sono e sempre saranno costruite
su miti, e senza di esse non riusciamo più ad orientarci.
Ci sono stati e ci sono miti buoni e cattivi. Dipende dalla politica a cui
fanno riferimento.
Bisogna vedere i loro frutti, secondo
l’insegnamento evangelico. Constatare quanto fanno soffrire la gente. Ma questo
non basta per giudicarli. Bisogna anche evitare di esserne tiranneggiati nella
loro pretesa di assolutezza. Qui l’esercizio della ragionevolezza, nel dialogo
con le altre persone può aiutare.
Prendiamo ad esempio Francesco. Senz’altro il
suo mito ci è ancora caro, ma certamente in genere non seguiamo la sua pretesa
di fare a meno della cultura, e addirittura dei libri. E non siamo gente del
Medioevo: abbiamo imparato, mediante le scienze, a vedere la natura per quello che realmente è, a non
darle un connotato etico che le è estraneo. Perché la natura è crudele ed è
organizzata secondo la legge del più forte, secondo la quale le nostre società collasserebbero,
al loro interno e nei rapporti con le altre. La novità epocale contenuta nella
costruzione medievale di un Papato imperiale conteneva proprio l’idea di
organizzare società e rapporti internazionali in modo da liberarli dalla
schiavitù verso la violenza, mettendoli sotto l’egida di un delegato del Cielo,
un suo Vicario.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa
- Roma, Monte Sacro, Valli.