INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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lunedì 18 novembre 2019

Miei appunti dalla conferenza del prof. Giuseppe Pulcinelli, biblista presso l’Università Lateranense di Roma, sul tema Le Beatitudini, svolta nel quadro del ciclo di incontri del gruppo romano Uniroma Sapienza del MEIC - Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale sul Regno di Dio nella Cappella Universitaria dell’Università Sapienza di Roma, dalle ore 18 del 13 novembre 2019 [l'intero documento]


Miei appunti dalla conferenza del prof. Giuseppe Pulcinelli, biblista presso l’Università Lateranense di Roma, sul tema Le Beatitudini, svolta nel quadro del ciclo di incontri del gruppo romano Uniroma Sapienza del  MEIC - Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale sul Regno di Dio nella Cappella Universitaria dell’Università Sapienza di Roma, dalle ore 18 del 13 novembre 2019 [l'intero documento]

Mario Ardigò  - Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

1. Introduzione
Le Beatitudini sono inserite nel Discorso della Montagna, che nel Vangelo secondo Matteo si trova nei capitoli da 5 a 7.  Sono in genere poco conosciute dai fedeli. Vanno approfondite e ne va spiegata l’attualità per la nostra vita quotidiana.
 Il Discorso del Monte  è invece molto conosciuto in ambito culturale, anche tra i non cristiani. Tratta di una  giustizia superiore, contiene il Padre nostro, la regola di non giudicare  e la  regola d’oro (fare agli altri quello che si vorrebbe fosse fatto a se stessi). Ha quindi ad oggetto ciò che caratterizza il Regno di Dio e lo statuto del discepolo.
 Il brano evangelico delle Beatitudini  viene letto più volte nel corso dell’anno liturgico nella liturgia della Messa. Esso appare  imporre un’etica molto esigente. Come interpretarlo correttamente?  Si è detto da alcuni che l’etica del Regno di Dio va considerata come un’utopia. Secondo altri, la grazia dello Spirito Santo rende possibile vivere le Beatitudini,  metterle in pratica. 
 Di seguito uno schema per una Lectio Divina  sulle Beatitudini proposta all’inizio dell’incontro  Contiene anche il testo delle Beatitudini dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12, in italiano e in greco, e un confronto sinottico con il parallelo brano del Vangelo secondo Luca.




 La necessità di una corretta esegesi dei testi dei brani evangelici relativi alla Beatitudini deriva dalla consuetudine dell’antico ebraismo di usare espressioni iperboliche per colpire l’immaginazione, non necessariamente da prendere alla lettera (ad esempio il tagliare la mano e cavare l’occhio che danno scandalo).
  I destinatari dell’insegnamento evangelico sulle Beatitudini  erano coloro che avevano già aderito al Regno e che avevano un cammino di discepolato in corso. Si tratta un insegnamento esigente, perché rivolto a chi aveva già scelto Gesù come Maestro (ad esempio nella regola d’oro: “Fai quello che vorresti fosse fatto a te”),
  La struttura del brano del Vangelo secondo Matteo che contiene le Beatitudini, Mt 5,1-12), è innanzi tutto quella di una inclusione tra la 1° e l’8° Beatitudine, nelle quali si parla del Regno dei Cieli. Inoltre si possono distinguere due gruppi di insegnamenti, ciascuno con quattro Beatitudini.  Le prime quattro hanno struttura  antitetica tra categorie di persone alle quali manca qualcosa e l’azione di Dio per loro (ad esempio poveri Regno). Le altre quattro sono centrate sul fare, sono indicazioni operative per i discepoli.
  L’Introduzione  alle Beatitudini  è ridondante per segnalare l’importanza di ciò che segue, una grande solennità per indicare un insegnamento fondamentale:
“aperta la sua bocca / insegnava loro dicendo
   Nel Vangelo secondo Matteo il Discorso del Monte  viene presentato come svolto su un’altura, verosimilmente in Galilea, intorno a Cafarnao. Si è fatto un parallelo con il monte Sinai e con Mosè. In effetti in altre parti dei Vangeli vi sono accostamenti con la figura e la vicenda umana di Mosè, ad esempio nel racconto della fuga in Egitto di Maria e Giuseppe con Gesù da bambino. In sostanza la figura di Gesù viene presentata come quella di un Salvatore, un nuovo Mosè, e tuttavia molto di più di un condottiero di Israele. Va anche notato che Gesù dichiara di non voler sostituire la legge data a Mosé, ma di volerla valorizzare portandola a compimento. Gesù, per impartire l’insegnamento delle  Beatitudini  si mette a sedere, come usavano fare i maestri della sua epoca. Va notato, sul tema del modo in cui Gesù fu Maestro per i suoi discepoli, che nell’ebraismo della sua epoca erano i discepoli a cercare i loro maestri, mentre Gesù sceglie e chiama alla sequela i suoi discepoli.
  Destinatari dell’insegnamento del Discorso del Monte e delle Beatitudini  furono i suoi discepoli, ma anche le folle. Le Beatitudini  sono introdotte dall’espressione  insegnava loro: infatti Gesù, oltre a guarire  e a predicareinsegnava.

2. Il macarismo

Beati - makàrioi (in greco antico): nella seconda parte di ciascuna delle otto Beatitudini viene spiegato perché lo sono coloro che così sono chiamati. La parola del greco biblico makàrioi  traduce quella dell’antico ebraico ’ašrê. Quest’ultima viene usata nell’Antico Testamento nello stile letterario detto macarismo, che procede come nelle Beatitudini: ad esempio nel salmo n.1,1, 
«Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,/
non resta nella via dei peccatori /
e non siede in compagnia degli arroganti».
 Il macarismo  era un genere letterario piuttosto diffuso. Viene utilizzato una quarantina di volte nel Nuovo Testamento. Gesù lo fa, ad esempio,  in questo detto, che si trova nel Vangelo secondo Matteo 16,17: «E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».
 Nelle Beatitudini l’agente sottinteso è Dio, che realizza la Beatitudine. I destinatari della Beatitudini vengono indicati con un’espressione forte che significa “Felici quelli e soltanto quelli  che possono applicare a sé la Beatitudine”.

3.1 Prima Beatitudine
 
 Nella prima Beatitudine, nel testo del Vangelo secondo Matteo, sono  i “ptocòi to pnèumati” cioè i poveri nello spirito: si dice che di essi è  il Regno dei Cieli. Deve intendersi è o  sarà? L’unico significato accettabile è appunto “è”, perché il macarismo  è un riconoscimento di una realtà. Il destinatario della Beatitudine è già beato.
  Dal greco antico ptocòs deriva la parola italiana pitocco, che significa mendicante, accattone, un povero in senso materiale. Il termine greco traduceva quello ebraico anawìm che aveva un senso più esteso, e si riferiva anche ai deprivati, ai deprivati,  agli oppressi sociali, che non contano nulla. Descrive anche una persona curva davanti a Dio, il povero di Dio. L’oppresso innocente e giusto che si aspetta solo da Dio la salvezza. Nel Vangelo secondo Luca non c’è l’espressione  in spirito  e dunque ci si riferisce ai poveri in senso materiale.  Il to pnèuma - in spirito  del Vangelo secondo Luca indica una disposizione interiore: uno spirito contrassegnato dalla povertà, un atteggiamento interiore che è opera dello Spirito Santo e che porta a riconoscersi poveri davanti a Dio. Può vedersi un parallelo con l’elogio di Gesù dei bambini, che si riconoscono dipendenti dagli altri, vi si vede una virtù, quella dell’umiltà.
Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono.  Gesù però disse: "Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli". E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là. [Vangelo secondo Matteo 19,13-15]
   Coloro che si riconoscono umili  davanti a Dio sono nella giusta disposizione per ottenere da lui un dono: riconoscono la sovranità di Dio e allora Dio  si mette dalla loro parte.  Probabilmente la versione della prima Beatitudine  data da Gesù fu più vicina a quella narrata nel Vangelo secondo Luca, Matto l’arricchisce teologicamente.
 Si può vedere un parallelo in questo brano di Paolo nella prima lettera ai Corinzi [1Cor 1,26-31]:
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili.  Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.
 Dio ha fatto una scelta preferenziale - non esclusiva: sta dalla parte delle vittime e il cristiano deve scegliere ciò che Dio ha scelto. Si può osservare che certamente Dio non è  politically  correct.


3.2. Seconda Beatitudine

 La seconda Beatitudine  riguarda  i pentùntes - afflitti, una parola che nel greco evangelico è un participio e che indica chi piange nello sconforto, ad esempio perché il Regno di Dio  non è ancora in essere, ma anche per colpe personali. Nel libro di Isaia vi è un passo che riguarda la consolazione degli afflitti [Is, 61, 1-3]
Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l'anno di grazia del Signore,
il giorno di vendetta del nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti,
per dare agli afflitti di Sion
una corona invece della cenere,
olio di letizia invece dell'abito da lutto,
veste di lode invece di uno spirito mesto.
Essi si chiameranno querce di giustizia,
piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria.
[versione CEI 2008]
  Nel brano evangelico il verbo che introduce la seconda parte della Beatitudine  è al futuro paracletèsontai - saranno  consolati, perché la consolazione non è immediata, è invece attesa.

3.3. Terza Beatitudine

  La terza Beatitudine ha come destinatario i praèis - miti. Non è facile rendere in italiano il significato della parola del greco evangelico praèis:  povero, umile, non violento. Sono coloro che, in un contesto di prepotenza e violenza, affidano a Dio la loro causa. Gesù dice di se stesso di essere mie e umile di cuore. Dei miti  è detto che erediteranno la terra, quella in cui Dio avrà attuato la piena giustizia. La prima e la terza Beatitudine  sono espressione del medesimo ideale spirituale.  

3.4. Quarta Beatitudine

 La quarta Beatitudine  è rivolta ai peinòntes kai dipsòntes ten dikaiosùnen - agli affamati e assetatati di giustizia. Saranno saziati (nel Vangelo secondo Luca si aggiunge adesso).  Si tratta della fame e sete di Dio, di ascoltare la Parola di Dio, di nutrirsi della sua Sapienza. Non si tratta di giustizia in senso sociale  o nel senso di giustificazione davanti a Dio, come negli scritti di Paolo.  E’ giustizia in senso morale e corrisponde a santità. La sazietà promessa va intesa come realizzazione del Regno di Dio.

3.5. Quinta Beatitudine
 Riguarda gli eleèmones - misericordiosi sia in senso spirituale di pietà che in quello attivo di opera. Un esempio di questa misericordia può essere visto nella parabola evangelica del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37).
«Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". Costui rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso".  Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 
 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.  Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.  Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione.  Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui.  Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno".  Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?".  Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così".»
 L’atteggiamento misericordioso riguarda anche quello verso i peccatori e chi si offende.

3.6. Sesta Beatitudine
  E’ indirizzata ai kataròi te kardìa  - puri di cuore. Si veda anche nel libro dei Proverbi (Prov 22,11):
Chi ama la schiettezza del cuore
e la benevolenza sulle labbra, sarà amico del re.
il salmo 24:
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli,
chi non giura con inganno.
e il salmo 51
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
 L’idea di purezza  davanti a Dio deriva dall’ambito cultuale. Già i profeti però ammonivano contro un vuoto ritualismo.
 Quando, in ambito biblico, si parla di cuore, non si riferisca ai sentimenti o a un atteggiamento della volontà, ma alla sede della volontà, lì dove si prendono le decisioni.
 Il centro della spiritualità dell’ebraismo è
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
[De 5,4-5 - versione CEI 2008].
 Dei puri di cuore  è detto che vedranno Dio, la grande aspirazione dell’ebraismo. Dei santi è detto che vedono Dio.


3.7. Settima Beatitudine

 La settima Beatitudine  è indirizzata ai eirenopoiòi - i  facitori di pace. Non a chi è in pace, nell’animo, psicologicamente, ma chi fa  pace. Chi cerca di riconciliare le parti in conflitto, nel senso in cui se nel parla nella lettera di Giacomo
Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.[Gc 3,18 - versione CEI 2008]
Si anche Isaia 27, 1-5:
In quel giorno il Signore punirà
con la spada dura, grande e forte,
il Leviatàn, serpente guizzante,
il Leviatàn, serpente tortuoso,
e ucciderà il drago che sta nel mare.
 In quel giorno la vigna sarà deliziosa:
cantàtela!
Io, il Signore, ne sono il guardiano,
a ogni istante la irrigo;
per timore che la si danneggi,
ne ho cura notte e giorno.
  Io non sono in collera.
Vi fossero rovi e pruni,
muoverei loro guerra,
li brucerei tutti insieme. 
 Oppure si afferri alla mia protezione,
faccia la pace con me,
con me faccia la pace!
 Degli operatori di pace è detto che saranno chiamati Figli di Dio: hanno un rapporto di filiazione con il Dio della pace.
 E’ da segnalare che tutto il Discorso del monte, che comprende le Beatitudini, si sviluppa nell’ottica di paternità / figliolanza.

 3.8. Ottava Beatitudine
  E’ rivolta ai dediogmènoi èneken dikaiosùnes - perseguitati a causa della giustizia, vale subire violenza a dire a motivo dell’adesione a Cristo. La Beatitudine  viene collocata in una prospettiva escatologica del Regno dei Cieli,  che è la ricompensa promessa e anche la chiusura delle Beatitudini  nell’inclusione del Regno dei Cieli.


4.Conclusione

Destinatari delle Beatitudini sono coloro che vivono l’unione con Cristo nelle diverse situazioni della vita. Gesù le vive tutte. Sono manifestazioni di un amore preferenziale di Dio per coloro che le vivono.
  Come, però, si può essere felici in situazioni? Lo si può essere perché i destinatari delle Beatitudini  hanno Dio dalla loro parte. Dio si è schierato con loro, perché li ama profondamente. Essi appaiono il ritratto del suo Figlio diletto in cui si compiace.
  Nei poveri  vanno inclusi anche i peccatori (mai scandalizzarsi!), quelli che hanno più bisogno.
 Dell’amore preferenziale di Dio per i poveri si è trattato nella lettera apostolica Novo millennio Ineunte / All’inizio del nuovo Millennio diffusa nel 2001 dal papa Giovanni Paolo 2°:
49. […] Certo, non va dimenticato che nessuno può essere escluso dal nostro amore, dal momento che « con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo ». Ma stando alle inequivocabili parole del Vangelo, nella persona dei poveri c'è una sua presenza speciale, che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro. Attraverso tale opzione, si testimonia lo stile dell'amore di Dio, la sua provvidenza, la sua misericordia, e in qualche modo si seminano ancora nella storia quei semi del Regno di Dio che Gesù stesso pose nella sua vita terrena venendo incontro a quanti ricorrevano a lui per tutte le necessità spirituali e materiali.
 come di una presenza speciale  di Gesù in loro. Questa radicalità è il cuore del Vangelo.
 Le Beatitudini  sono state vissute concretamente da Gesù e dai santi che lo  hanno seguito. Occorre lasciarsi ispirare da loro.
  A differenza dei Comandamenti, che vietano certe condotte, le Beatitudini  prescrivono delle azioni, un fare.
  La santità però non consiste in uno sforzo della persona pia, una performance. Questa visione volontaristica non   è li Vangelo.
 I santi sono felici perché hanno trovato la perla  preziosa, il tesoro nascosto. La  Beatitudine  va intesa come santità.
  Con il Battesimo noni siamo già santi.
  Ad esempio, nella prima Beatitudine, si proclama beato  colui che è vuoto, perché Dio lo può riempire. Il primo beato  è il ladrone che, crocifisso sul Golgota accanto a Gesù, si affidò a lui con le parole “Ricordati di me!”. Gesù lo ammise in Paradiso.
«Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!".  L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena?  Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male".  E disse: "Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno".  Gli rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso".»
[Lc 23, 39-43 - Versione CEI 2008]
Non sono i nostri sforzi a renderci santi.
 La Parola di Dio opera anche se si parte da una sola Beatitudine: sarà poi Dio a prendere l’iniziativa.
  Si veda l’inizio delle lettere di Paolo ai Corinzi:  ai santi che sono a Corinto.
«Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla Chiesa di Dio che è a Corinto e a tutti i santi dell'intera Acaia:  grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.»
[2Cor, 1-2]
  Occorre cambiare mentalità: il cristianesimo non è una morale, la morale viene dopo ciò che Dio fa in noi. Gesù scandalizzava perché si mostrava amico dei peccatori. Dio va incontro a chi è debole.
  l’esortazione apostolica  Gaudete et Exsultate - Gioite ed esultate, diffusa da Papa Francesco nel 2018, inizia con parole tratte dalle Beatitudini  del Vangelo secondo Matteo.
 Occorre ricordarsi sempre che al centro della nostra fede c’è l’Incarnazione.