Ardigò Achille, “Notte in
sottopalco” / “Night in the under-stage”, in L’Appello/ The Appeal, 1-11-1945 / November 1, 1945
[nota biografica e storica: Achille Ardigò
(1921-2008), cristiano cattolico e cattolico democratico al seguito di Giuseppe
Dossetti, fu partigiano nella Bologna
occupata dall’armata tedesca guidata dai nazisti, al tempo in cui la città nell'Emilia fu sottoposta al dominio della fascista
Repubblica sociale mussoliniana detta
di
Salò, dal borgo sul lago di Garda dove avevano sede i suoi uffici di governo,
giornalista, politico nella Democrazia Cristiana, per la quale fu consigliere
comunale a Bologna e membro del Consiglio Nazionale, professore universitario
di sociologia a Bologna, dove gli è stato intitolato il Dipartimento di sociologia.
La guerra
partigiana di Resistenza iniziò in Italia nel settembre 1943, dopo l’arresto di
Benito Mussolini (25-7-1943) e l’armistizio del Regno d’Italia con gli Alleati
(8-9-43), e terminò nell’aprile 1945. Dal 25-7-1943 il Governo del Regno d’Italia
fu presieduto dal generale maresciallo d’Italia
Pietro Badoglio. La famiglia reale
Savoia e il Governo decisero di abbandonare Roma e di riparare a Brindisi il
9-9-1943, in Puglia, nell’Italia meridionale occupata dalle Forze degli
alleati: questa venne considerata una fuga disonorevole.
Bologna fu liberata dalle forze partigiane e
dalle Forze Alleate, il 21-4-1945; Milano, a seguito dell’insurrezione generale
proclamate dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, il 25-4-1945. Nel
Nord Italia la guerra continuò ancora per qualche giorno, nella ritirata delle
forze tedesche che continuò a fare morti
e feriti e distruzioni. La resa delle Forze armate tedesche in Italia e dalla Repubblica
sociale italiana fu firmata il 2-5-1945.
Nel febbraio
’44 si era nei mesi della più dura repressione politica dei nazisti e dei loro
alleati fascisti. Nella città operavano formazioni partigiane, come pure sui
monti intorno. Nell’estate di quell’anno, tra il 17 giugno e il 1 agosto, le
forze partigiane riuscirono a istituire e difendere, sulle montagne vicino alla
città di Modena, sull’Appennino emiliano, a Montefiorino ed alcuni altri paesi
vicino, una Repubblica democratica, che
precorse quella proclamata il 18 giugno
1946, all’esito del referendum istituzionale che si era svolto il precedente 2
giugno per decidere se l’Italia dovesse essere monarchia o repubblica.
Il brano che
trascrivo qui sotto è tratto da al
periodico settimanale L’Appello, diretto da Raimondo Manzini, pubblicato in
Bologna dal 1 novembre 1945. Una mia parente ne ha ritrovato e fotografato una
copia]
Mario Ardigò
[biographical and historical note: Achille Ardigò
(1921-2008), a Christian Catholic and democratic Catholic in the wake of
Giuseppe Dossetti, was a partisan in Bologna occupied by the German army led by
the Nazis, when the city in Emilia was subjected to the domain of the fascist Mussolini Social Republic
called of Salò, from the village on Lake Garda where its government offices,
journalist, politician in the Christian Democratic Party was based, for which
he was a town councilor in Bologna and a member of the National Council, a university
professor of sociology in Bologna, where the Sociology department is named after him.
The Resistance partisan war began in Italy in
September 1943, after the arrest of Benito Mussolini (25-7-1943) and the
armistice of the Kingdom of Italy with the Allies (8-9-43), and ended in April
1945. From 25-7-1943 the Government of the Kingdom of Italy was presided over
by the general Marshal of Italy Pietro Badoglio. The Savoy royal family and the
Government decided to leave Rome and to make up for Brindisi in 9-9-1943, in Puglia,
in southern Italy occupied by the Allied Forces: this was considered a
dishonorable escape.
Bologna was
liberated by the partisan forces and the Allied Forces, on 21.4.1945; Milan,
following the general uprising proclaimed by the National Liberation Committee
of Upper Italy, on 25.4.1945. In northern Italy the war continued for a few
more days, in the retreat of the German forces which continued to cause deaths
and injuries and destruction. The surrender of the German Armed Forces in Italy
and by the Italian Social Republic was signed on 2-5-1945.
In February
of the 1944, the Nazis and their fascist allies had the hardest political
repression. Partisan formations operated in the city, as well as on the
surrounding mountains. In the summer of that year, between June 17 and August
1, the partisan forces succeeded in establishing and defending, in the
mountains near the city of Modena, in the Emilian Apennines, in Montefiorino
and some other neighboring countries, a Democratic Republic , which preceded
the one proclaimed June 18, 1946, following the institutional referendum that
took place on June 2 to decide whether Italy should be a monarchy or a
republic.
The song I transcribe below is taken from
the weekly magazine L’Appello/ The Appeal,
directed by Raimondo Manzini, published in Bologna from November 1, 1945. A relative of mine has found
and photographed a copy of the publication]
Notte in sottopalco
di Achille Ardigò
[After the text in Italian, I public the
text in English. The translation was done with the help of Google Translator]
Pomeriggio d’un
giorno velato di pioggia del febbraio ’44. La solita tristezza della città in
attesa, mentre le granate scoppiano a tratti, lassù, fra quelle colline buie,
da cui sembra debbano sorgere d’un tratto e poi rovinare a valle le infrante
schiere dei barbari.
I nostri animi sono induriti e
chiusi, come in un pugno, contro l’insulto tirannico e contro il freddo.
Arrivano
certi momenti che occorre premere forte sulla bocca per non urlare… urlare
quelle parole di libertà e riscossa, che domani suoneranno false di nuova
retorica, ma che oggi ci fanno piangere di non letteraria ebbrezza. E intanto
lo sdegno s’appesantisce ogni giorno più, sopra quest’irti pensieri e nei
battiti di questo sangue malato di esasperazione.
E’ venuto
da me, improvvisamente, Roberto, il comandante del battaglione.
Le S.S. [Schutzstaffeln - Squadre
di sicurezza - corpo militare tedesco composto di volontari nazisti;
in Italia e altrove fu prevalentemente impiegato nella repressione politica] hanno
arrestato Egisto - mi ha detto con la sua calma meditata che i dolori e gli
entusiasmi non turbano. - Forse lo pedinavano da qualche giorno, dopo l’affare del «mitra».
- Temo ci
abbiano scoperti tutti, del centro; conviene cambiar aria, prima che sia troppo
tardi.
- Andremo da
Gianni.
Poche
parole di saluto in casa; dico alla mamma che mi porti da mangiare domani, in
piazza C., a mezzogiorno, e me ne vado prima di scorgere la commozione
contenuta e profonda di quel volto segnato da tutte le sofferenze. Mi turba il
pensiero d’apparire ai suoi occhi e al suo cuore, che sente i miei stessi
palpiti, qualcosa di romantico; no,
sono un povero diavolo che non sa neppure sparare un colpo di pistola. Porto
via il libri e i fogli proibiti, un
pezzo di pane e una mela, la stilografica piena e un po’ di carta bianca. caso
mai dovessi rimanere l0ontano a scrivere il nostro piccolo giornale di
battaglia «La Punta».
Si va per l’umile
strada, verso quartieri devastati dalle bombe, mentre ci penetra in corpo
qualcosa, che non sai se pioggia o nebbia, e mette un brivido sottile di
malinconia.
Coi nostri
passi cammina la sera, pallidi s’accendo in chiarori dei negozi e dei caffè e la
gente pare indugi con piacere nell’ultime vie luminose, prima di entrare in
periferia, senza illuminazione elettrica e senza vita.
- Sarà bene
prendere un punch, dato che stanotte
patiremo il freddo - dice Roberto.
Il calore
della bevanda risveglia in me zampilli di euforia estetica che sembra decisa a
non separarsi mai neppure dalle mie più scavate e disperate meditazioni. Mi
sento camminare, m’inquadro in una sequenza finale d’un film di rievocazioni
risorgimentali, godo della luce di un lampione che ci investe all’improvviso e
rende incerti i contorni delle persone vicine.
Intono, con
la voce interna, una sinfonia che accompagni il nostro passo trionfale, una
sinfonia sempre più ampia col motivo iniziale preso e rilanciato con forza
montante, faccio intervenire tutta l’orchestra, solenne ed eroicamente
tumultuosa, con le vibrazioni che si ripercuotono nel petto e sembra farlo
scoppiare.
Mi sovviene
dell’unico pezzo wagneriano che conosco.
Se dovessi
morire, vorrei morire così - penso- avvolto da questa commozione di grandezza
trasumana. Sono certo che allora pronuncerei una frase di quelle che restano,
che fanno epoca, che sono scritte nei libri delle elementari. Penso ancora che
se mi mettessero in qualche prigione, da solo, pregherei Iddio per avere, ogni
sera, questi attimi di fermento epico, per scrivere le pagine più ispirate
della mia opera nova su «L’avvenire della democrazia» - o forse mi contenterei
di fissare con mano tremante le parole d’una dolce lettera all’amico dell’anima.
«Ti scrivo
da una cella del carcere di …. tormentato dal freddo e dall’arida solitudine…».
***
Ma l’oscurità
della via, dove abita Gianni, si getta d’improvviso contro questo colpevole
fantasticare. Impreco all’evasione furtiva dei sentimenti svagati che sabotano ogni dolore; non voglio dimenticarmi di lui, della prima sera di carcerato del nostro
giovane amico, delle sue vere sofferenze.
Roberto si
preoccupa del perduto collegamento con la squadra di Egisto.
- Però, se
torna fuori gliene dico quattro…
- Non ha
mai voluto farmi conoscere uno dei suoi. Ora se ne accorge!
- gli sta bene, se la scampa…
Prima di
suonare da Gianni, al terzo piano d’una delle ultime case della via, ci
fermiamo ad una finestra della scala, che guarda, fra una selva di comignoli,
laggiù i nostri colli. Ci si accorge all’ora dell’insolito fracasso delle
granate. E’ un temporale di colpi, un sibilare rabbioso e più vicino che mai, e
poi scoppi, così forti che ci allagano il respiro.
- Hanno
iniziato l’attacco, - dico - potrebbe essere la volta buona.
- E’
probabile - mi risponde, piano, Roberto dopo aver fatto il conto delle batterie
in azione.
E rimane
lì, con le braccia sul davanzale, ad ascoltarsi il canto ritmico dei cannoni,
lui, allievo ufficiale di complemento che ricorda il suo «pezzo» di quando era
in Croazia [regione dei Balcani invasa dagli italiani durante la Seconda Guerra
Mondiale] con lo stesso amore con cui parla degli studi di medicina.
- Se mi
arruolo con gli Inglesi, torno in artiglieria…
Ci fanno
attendere Gianni nella sua stanza.
Roberto si
ferma a guardare la copertina d’un romanzo, dove un impiccato pende da un ferro
sporgente da un’alta casa.
Gli è
entrato in faccia un improvviso turbamento, così strano per lui, il più
coraggioso dei nostri. E’ come se avesse ricevuto uno di quei misteriosi
preannunci di morte, di cui spesso abbiamo discusso; ma è forse la pioggia, la
solita pioggia di fine inverno, che addensa tristezze in fondo all’anima.
***
Il saluto di
Gianni è un risveglio; contro la sicurezza del suo entusiasmo non c’è
malaugurio che tenga. Siamo venuti da lui per nasconderci. Egli è visibilmente
contento di questo; di offrirci ospitalità, finalmente, nel suo decantato
rifugio - «che neppure un reggimento di brigate nere [è la denominazione di un
reparto militare di volontari fascisti - nota mia] potrebbe scoprire». La «formidabile
organizzazione Gianni» si mette in moto.
Ci conduce
fuori; entriamo in un sentiero con attorno solo macerie e un ponticello
nebbioso. Apre la porta di una casa che
è invece il teatrino parrocchiale, tutto danneggiato, tutto danneggiato
dall’esplosioni. Ci conduce in palcoscenico, toglie alcune assi mobili al
centro e s’apre quella buca da cui sorgono, incerte terribili rappresentazioni
delle compagnie drammatiche della parrocchia, le anime in pena, avvolte nel
lenzuolo, o qualche fata - di quelle col cono in testa, che brilla per la
stagnola dorata - o la morte, fra vampate di magnesio.
Il
sottopalco non ha tuttavia fiamme e demoni ma tanta polvere e lana sporca
frammista a vetri rotti. Mi sembra d’iniziare
una di quelle audaci avventure di ragazzi, alla ricerca di un posto segreto per
il tesoro, fatto di spade, d’archi, di lance di legno. Gianni raccoglie la
lana, stacca due porte e le mette sopra di quella, come lenzuolo, come
lenzuolo, scompare ritorna con tante coperte, l’accompagna un nostro iscritto
del luogo, portando cuscini troppo belli, del piano troppo bianco, delle grosse
mele e del salamino di maiale autentico. Accediamo due candelotti da chiesa. L’amico
dalla splendida anima d’apostolo, se ne va con rimpianto. Restiamo noi tre,
sotto, a guardarci infantilmente felici. Si ricalano le assi sopra le teste.
Attimi di polvere e di soddisfazione: siamo soli. Spartite le provviste,
comincio a masticare il pane bianco e il salame vero, con la lentezza golosa
che rigusta i profumi e sapori da gran tempo scordati. Poi, ognuno si stende,
si ricopre, s’acqueta, sotto la legnosa volta. Riprendiamo a parlare, piano,
quasi qualcuno stesse in ascolto, per scoprirci. Gianni racconta come riuscì a non andare in
Germania.
preso che
veniva giù dalla «banda», con la rivoltella in tasca.
- Ci
condussero in un paese di qua dal Po. Prima di entrare alla visita, ho aperto l’«Imitazione
di Cristo». Il versetto parlava della fiducia in Dio. Ho avuto la certezza di
essere salvo. Il medico che visitava era un mio conoscente.
- Inabile,
n.3. Foglio di viaggio per il ritorno.
Quel
pomeriggio ho fatto più di 40 Km, a piedi, per tornare. Ne avrei fatti anche
80. Il Signore mi ha nelle sue mani.
Pensiamo
tutti e tre alle stesse cose, ai nostri compagni dell’Appennino, a quelli che
sono in prigione, a Zagnini che soffre a Mauthausen, ad Egisto, al nostro
movimento che vorremmo sempre puro e deciso
come oggi, ad Angelo.
Pensiamo
alle ingiustizie del mondo, alle colpe antiche e recenti dei ricchi; ad un
Cristianesimo d’avanguardia. Sento venirmi alla bocca amare parole di condanne
che domani lancerò sul volto dei ricchi insensibili che si dichiarano
cristiani.
Si muovono
i topi attorno a noi, ora che i candelotti sono spenti.
Mi nasce,
all’improvviso, il desiderio di piangere, su questo mondo così strano, sul
cuore mio giovane, che solo ora par comprenda la vita. Ho voglia di piangere,
come uno di quei bambini scalzi e abbandonati, che dormirono accanto a
Gavroche, nel ventre dell’elefante (1)
Achille
Ardigò
(1) Gavroche:
è un personaggio del romanzo I Miserabili
di Victor Hugo. E’ un monello di
strada.L’elefante a cui si accenna nell’articolo è un statua a
forma di elefante utilizzata da Gavroche come rifugio.
Night
in the under-stage
by Achille Ardigò
Afternoon
rain veiled in February of 1944. The usual sadness of the waiting city, while
the grenades burst at times, up there, among those dark hills, from which it
seems they should rise suddenly and then ruin downstream the broken ranks of
the barbarians.
Our souls are hardened and closed, as
in a fist, against the tyrannical insult and against the cold.
Certain moments arrive when it is necessary
to press hard on the mouth not to scream ... to shout those words of freedom
and liberation, which tomorrow will sound false of new rhetoric, but which
today make us cry of not literary intoxication. And in the meantime the
indignation gets more heavy every day, over these thoughts and in the beating
of this sick blood of exasperation.
Suddenly Roberto, the battalion
commander, came to me.
The S.S.
[Schutzstaffeln - Security teams - German military corps composed of Nazi
volunteers; in Italy and elsewhere he was mainly employed in political
repression] they arrested Aegisthus - he told me with his calm thought that the
pains and enthusiasms do not upset. - Perhaps they followed him for a few days,
after the "miter" affair.
- I'm afraid they all discovered us, from
the center; it's better to change the air before it's too late.
- We'll go to Gianni.
A few words of greeting at home; I say to my
mother that you bring me food tomorrow, in Piazza C., at noon, and I leave
before I see the contained and profound emotion of that face marked by all
suffering. I am troubled by the thought of appearing to his eyes and his heart,
which feels my own heartbeats, something romantic; no, I'm a poor devil who
can't even shoot a gunshot. I take away the banned books and sheets, a piece of
bread and an apple, the full fountain pen and a bit of white paper. in case you
ever have to stay away to write our little newspaper "La Punta / The Tip".
We go to the humble street, to
districts devastated by bombs, while something penetrates us, which you don't
know if it is rain or fog, and puts a subtle shudder of melancholy.
With our steps,
we walk in the evening, pale in the clarity of shops and cafes, and people seem
to linger with pleasure in the last luminous streets, before entering the
suburbs, without electric lighting and without life.
- It will be good to take a punch, since we
will suffer the cold tonight - says Roberto.
The heat of the drink awakens in me
spurts of aesthetic euphoria that seems determined never to be separated even
from my most desperate and desperate meditations. I feel myself walking, framed
in a final sequence of a movie of re-enactment re-enactments, I enjoy the light
of a lamppost that suddenly hits us and makes the contours of people close to
us uncertain.
With the
internal voice, I strike up a symphony that accompanies our triumphant step, an
ever wider symphony with the initial motif taken and raised with upright force,
I make the whole orchestra intervene, solemn and heroically tumultuous, with
the vibrations that affect the chest and seems to make it burst.
I remember the only Wagnerian piece I know.
If I were to die, I would like to die
like this - I think - wrapped in this emotion of transhuman greatness. I am
sure that then I would pronounce a sentence of those that remain, that make
epoch, that are written in the books of the elementary ones. I still think that
if they put me in some prison, alone, I would pray to God to have, every
evening, these moments of epic ferment, to write the most inspired pages of my
work on "The future of democracy" - or maybe I would be happy to fix
the words of a sweet letter to the soul's friend with a trembling hand.
"I'm
writing to you from a cell in the prison of ... tormented by cold and barren
solitude ... ».
***
But the darkness of the street, where
Gianni lives, suddenly throws itself against this guilty daydreaming. Imprecise
at the furtive evasion of distracted feelings that sabotage every pain; I don't
want to forget about him, about the first night of our young friend's prison,
his real sufferings.
Roberto worries about the lost
connection with Egisto's team.
- But if he comes back, I'll tell him
four ...
- He never wanted to introduce me to
one of his. Now you realize it!
- it suits him, if he survives...
Before playing at Gianni's, on
the third floor of one of the last houses in the street, we stop at a window on
the staircase, which looks down our hills from a forest of chimneys. One
notices at the time of the unusual grenade crash. It is a thunderstorm of
blows, an angry hissing and closer than ever, and then bursts, so strong that
they flood our breath.
They started the attack, - I say - it could be the
right time.
- It is probable - he answers, slowly,
Roberto after having done the count of the batteries in action.
And he remains there, with his arms on
the windowsill, listening to the rhythmic song of the cannons, he, an official
student of the piece that remembers his "artillery piece" of when he
was in Croazi a[Balkan region invaded by Italians during the Second World War] with
the same love with which he speaks about his medical studies.
- If I enlist with the English, I'll
be back in the artillery ...
They make us wait for Gianni in his
room.
Roberto stops to look at the cover of
a novel, where a hanged man hangs from an iron protruding from a high house.
A sudden upset came into his face, so
strange for him, the bravest of ours. It is as if he had received one of those
mysterious announcements of death, which we have often discussed; but it is
perhaps the rain, the usual rain at the end of winter, which thickens sadness
at the bottom of the soul.
***
Gianni's
greeting is a revival; against the security of his enthusiasm there is no ill
omen to take. We came to him to hide. He is visibly happy with this; to offer
us hospitality, finally, in his vaunted refuge - "that not even a regiment
of black brigades [is the name of a military unit of fascist volunteers - my
note] could discover". The "formidable organization of Gianni"
is set in motion.
Leads us out; we enter a path with only
rubble around and a foggy bridge. It opens the door of a house that is instead
the parochial theater, all damaged, all damaged by explosions. He takes us to
the stage, removes some moving axes in the center and opens the hole from which
they arise, uncertain terrible representations of the dramatic companies of the
parish, the souls in pain, wrapped in the sheet, or some fairy - of those with
the cone on their head, which shines with the golden foil - or death, between
magnesium flushes.
However, the
under-stage does not have flames and demons but a lot of dust and dirty wool
mixed with broken glass. I seem to start one of those daring adventures of
boys, looking for a secret place for the treasure, made of swords, bows, wooden
spears. Gianni picks up the wool, takes off two doors and puts them on top of
it, like a sheet, like a sheet, disappears and comes back with lots of blankets,
accompanied by one of our local writers, carrying cushions that are too
beautiful, too white, big apples and authentic pork sausage. We access two
church candles. The friend with the splendid soul of an apostle leaves with
regret. The three of us remain below, looking at each other childishly happy.
The boards are set above the heads. Moments of dust and satisfaction: we are
alone. Share the provisions, I begin to chew the white bread and the real
salami, with the greedy slowness that stokes the scents and flavors long
forgotten. Then, each one stretches out, covers himself, subdued, under the
woody vault. We continue to talk, slowly, almost as if someone were listening,
to discover us. Gianni tells how he managed not to go to Germany.
They had
caught him coming down from the "band", with the revolver in his
pocket.
- They took us to a village on the other
side of the Po. Before entering the visit, I opened the "Imitation of
Christ". The verse spoke of trust in God. I was certain that I was safe.
The doctor he was visiting was an acquaintance of mine.
- Disabled, No. 3 Return journey sheet.
That afternoon I did more than 40 km, on
foot, to return. I would have done 80 as well. The Lord has me in his hands.
We all think of the same things, our
comrades from the Apennines, those in prison, Zagnini who suffers at
Mauthausen, Egisto, our movement, which we would always like to have as pure
and resolute as today, to Angelo.
We think of
the injustices of the world, of the ancient and recent faults of the rich; to
an avant-garde Christianity. I feel myself coming to my mouth bitter words of
condemnations that tomorrow I will cast on the faces of the insensitive rich
who declare themselves Christians.
The mice move around us now that the
sticks are off.
Suddenly, the desire to cry is born to
me, on this world so strange, on my heart my young man, that only now he
understands life. I want to cry, like one of those barefoot and abandoned
children, who slept next to Gavroche, in the belly of the elephant (1)
Achille Ardigò
(1) Gavroche:
is a character in the novel I Miserabili by Victor Hugo. He is a street brat.
The elephant mentioned in the article is an elephant-shaped statue used by Gavroche
as a refuge.