OCTOGESIMA
ADVENIENS
80°
ANNIVERSARIO
DELL'ENCICLICA RERUM NOVARUM
-
OCTOGESIMA ADVENIENS
APOSTOLIC LETTER
OF POPE PAUL VI
In the eightieth anniversary of the
publication of the encyclical Rerum Novarum,
At the end of the text in Italian, you
can read the text in English published by the Holy See
INTRODUZIONE
1. L'80° anniversario della pubblicazione dell'enciclica Rerum novarum, il cui messaggio continua a
ispirare l'azione per la giustizia sociale, ci spinge a riprendere e a
prolungare l'insegnamento dei nostri predecessori, in risposta ai nuovi bisogni
di un mondo in trasformazione. La chiesa, infatti, cammina con l'umanità e ne
condivide la sorte nel corso della storia. Annunciando agli uomini la buona novella
dell'amore di Dio e della salvezza nel Cristo, essa illumina la loro attività
con la luce dell'evangelo, aiutandoli in tal modo a corrispondere al divino
disegno d'amore e a realizzare la pienezza delle loro aspirazioni.
Appello universale a maggiore giustizia
2. Con fiducia, noi vediamo lo Spirito del Signore continuare la
sua opera nel cuore degli uomini e radunare dovunque comunità cristiane
coscienti delle loro responsabilità nella società. In tutti i continenti, tra
tutte le razze, le nazioni, le culture, in mezzo ad ogni sorta di condizioni,
il Signore continua a suscitare autentici apostoli dell'evangelo.
Ci è stato dato di incontrarli, di ammirarli, di incoraggiarli
durante i nostri recenti viaggi. Abbiamo avvicinato le folle e ascoltato i loro
appelli, grida di miseria e di speranza al tempo stesso.
In queste circostanze, i gravi problemi del nostro tempo ci sono
apparsi con un nuovo rilievo, come particolari, certo, a ciascuna regione, ma
tuttavia comuni a una umanità che si interroga sul suo avvenire,
sull'orientamento e il significato dei mutamenti in corso. Differenze evidenti
sussistono nello sviluppo economico, culturale e politico delle nazioni:
accanto a regioni fortemente industrializzate, altre sono ancora allo stadio
agricolo; accanto a paesi che conoscono il benessere, altri lottano contro la
fame; accanto a popoli ad alto livello culturale, altri continuano a occuparsi
della eliminazione dell'analfabetismo. Da ogni parte sale un'aspirazione a
maggiore giustizia e si alza il desiderio di una pace meglio assicurata, in un
mutuo rispetto tra gli uomini e tra i popoli.
Diversità di situazioni dei cristiani
nel mondo
3. Certamente, molto diverse sono le situazioni in cui, volenti o
nolenti, i cristiani si trovano impegnati, a seconda dei paesi, dei sistemi
socio-politici, delle culture. In alcuni paesi essi sono ridotti al silenzio,
tenuti in sospetto e per così dire messi al margine della società, inquadrati
senza libertà in un sistema totalitario. Altrove essi rappresentano una debole
minoranza, la cui voce si fa difficilmente sentire. In altre nazioni, dove la
chiesa ha una situazione riconosciuta e talvolta in maniera ufficiale, essa
stessa si trova esposta ai contraccolpi della crisi che scuote la società, e
alcuni dei suoi membri sono tentati da soluzioni radicali e violente, nella
convinzione di poterne sperare uno sbocco più felice. Mentre certuni, senza
rendersi conto delle ingiustizie presenti, si sforzano di prolungare la
situazione esistente, altri si lasciano sedurre da ideologie rivoluzionarie,
che promettono, non senza illusione, un mondo definitivamente migliore.
4. Di fronte a situazioni tanto diverse, ci è difficile
pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. Del
resto non è questa la nostra ambizione e neppure la nostra missione. Spetta
alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese,
chiarirla alla luce delle parole immutabili dell'evangelo, attingere principi
di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell'insegnamento
sociale della chiesa, quale è stato elaborato nel corso della storia, e
particolarmente in questa èra industriale, a partire dalla data storica del
messaggio di Leone XIII «sulla condizione degli operai», di cui abbiamo l'onore
e la gioia di celebrare oggi l'anniversario. Spetta alle comunità cristiane
individuare, con l'assistenza dello Spirito Santo - in comunione coi vescovi
responsabili, e in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli
uomini di buona volontà -, le scelte e gli impegni che conviene prendere per
operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano
urgenti e necessarie in molti casi.
In questa ricerca dei cambiamenti da promuovere, i cristiani
dovranno innanzi tutto rinnovare la loro fiducia nella forza e nell'originalità
delle esigenze evangeliche. L'evangelo non è sorpassato per il fatto che è
stato annunciato, scritto e vissuto in un contesto socio-culturale differente.
La sua ispirazione, arricchita dall'esperienza vivente della tradizione
cristiana lungo i secoli, resta sempre nuova per la conversione degli uomini e
per il progresso della vita associata, senza che per questo si giunga a
utilizzarla a vantaggio di scelte temporali particolari, dimenticando il suo
messaggio universale ed eterno.(2)
Il messaggio specifico della chiesa
5. Nelle perturbazioni e incertezze dell'ora presente, la chiesa
ha un messaggio specifico da proclamare, un appoggio da offrire agli uomini nei
loro sforzi per prendere in mano e orientare il proprio avvenire. Dall'epoca in
cui la Rerum novarumdenunciava in maniera vigorosa
e categorica lo scandalo della condizione operaia nella nascente società
industriale, l'evoluzione storica ha fatto prendere coscienza di altre
dimensioni e di altre applicazioni della giustizia sociale, come già è stato
constatato dalla Quadragesimo anno(3) e dalla Mater et magistra.(4)
Il recente concilio, da parte sua, si è adoperato a rilevare tali
dimensioni e applicazioni, specialmente nella costituzione pastorale Gaudium et spes. Noi stessi abbiamo
prolungato questi orientamenti nell'enciclica Populorum progressio: «Oggi il fatto di
maggior rilievo, del quale ognuno deve prender coscienza, è che la questione
sociale ha acquistato dimensione mondiale».(5) «Una rinnovata presa di coscienza delle
esigenze del messaggio evangelico impone alla chiesa di mettersi al servizio
degli uomini, onde aiutarli a cogliere tutte le dimensioni di questo grave
problema e convincerli dell'urgenza di un'azione solidale in questa svolta
della storia dell'umanità».(6)
Questo dovere di cui noi abbiamo viva coscienza, ci spinge oggi a
proporre alcune riflessioni e suggerimenti, suscitati dall'ampiezza dei
problemi posti al mondo contemporaneo.
6. Toccherà del resto al prossimo sinodo dei vescovi studiare,
anch'esso, più da vicino e approfondire la missione della chiesa dinanzi alle
gravi questioni che solleva oggi la giustizia nel mondo. Ma l'anniversario
della Rerum novarum ci offre, ora,
l'occasione di confidare le nostre preoccupazioni e i nostri pensieri su questo
problema a lei, signor cardinale, nella sua qualità di presidente della
Commissione «Giustizia e pace» e del Consiglio dei laici.
In tale modo vogliamo anche incoraggiare questi organismi della
Santa Sede nella loro azione ecclesiale a servizio degli uomini.
Ampiezza dei mutamenti attuali
7. Il nostro scopo, senza peraltro dimenticare i problemi
permanenti già affrontati dai nostri predecessori, è di attirare l'attenzione
su alcune questioni, le quali, per la loro urgenza, la loro ampiezza e la loro
complessità, devono essere al centro delle preoccupazioni dei cristiani negli
anni prossimi, affinché, insieme con gli altri uomini, essi s'impegnino a
risolvere le nuove difficoltà che coinvolgono l'avvenire stesso dell'uomo.
Occorre collocare i problemi sociali posti dall'economia moderna - condizioni
umane di produzione, equità negli scambi dei beni e nella ripartizione delle
ricchezze, significato degli accresciuti bisogni di consumo, attribuzione delle
responsabilità - in un contesto più largo di nuova civiltà. Nei mutamenti
attuali, così profondi e così rapidi, l'uomo si scopre nuovo ogni giorno e si
interroga sul senso del proprio essere e della sua sopravvivenza collettiva.
Pur esitando a raccogliere le lezioni di un passato ch'egli giudica chiuso e
troppo diverso, ha nondimeno bisogno di rischiarare il proprio avvenire -
ch'egli sente tanto insicuro quanto mutevole - con la luce di verità
permanenti, eterne, che di certo lo superano, ma di cui può, se lo vuole,
trovare egli stesso le tracce (cf. 2 Cor 4, 17)
I.
NUOVI PROBLEMI SOCIALI
L'urbanesimo
8. Un fenomeno di grande importanza attira la nostra attenzione,
sia nei paesi industrializzati sia nelle nazioni in via di sviluppo:
l'urbanesimo. Dopo lunghi secoli, la civiltà agricola va declinando. Ma si
dedica sufficiente attenzione al buon ordinamento e al miglioramento della vita
dei rurali, la cui condizione economica di inferiorità e talvolta di miseria
provoca l'esodo verso i tristi ammassamenti delle periferie, dove non
troveranno né impiego né alloggio?
L'esodo permanente dalle campagne, la crescita dell'industria, la
continua spinta demografica, l'attrazione dei centri urbani conducono a
concentramenti di popolazione, dei quali a fatica si riesce a immaginare
l'ampiezza, tanto che già si parla di megalopoli, raggruppanti parecchie decine
di milioni di abitanti. Certo, ci sono delle città, la cui dimensione assicura
un migliore equilibrio della popolazione. In grado di offrire un'occupazione ai
rurali che si rendessero disponibili a seguito dei progressi dell'agricoltura,
esse permettono un buon ordinamento dell'ambiente umano, tale da evitare la
diffusione del proletariato e l'ammassamento dei grandi agglomerati.
9. La crescita smisurata delle città accompagna l'espansione
industriale, senza identificarsi con essa. Basata sulla ricerca tecnologica e
sulla trasformazione della natura, l'industrializzazione prosegue senza sosta
il suo cammino, dando prova di una creatività inesauribile. Mentre talune
imprese si sviluppano e si concentrano, altre si spengono o si spostano,
creando nuovi problemi sociali: disoccupazione professionale o regionale,
riqualificazione e mobilità delle persone, adattamento permanente dei
lavoratori, disparità di condizioni nei diversi settori dell'industria.
Utilizzando gli strumenti moderni della pubblicità, una competizione senza
limiti lancia instancabilmente nuovi prodotti e cerca di attirare il
consumatore, mentre i vecchi impianti industriali, ancora in grado di produrre,
diventano inutili. Mentre vasti strati di popolazione non riescono ancora a
soddisfare i loro bisogni primari, ci si sforza di crearne di superflui. Ci si
può allora chiedere, con ragione, se nonostante tutte le sue conquiste, l'uomo
non rivolga contro se stesso i risultati della sua attività. Dopo aver
affermato un necessario dominio sulla natura,(7) non diventa ora schiavo degli oggetti che
produce?
I cristiani nella città
10. La nascita di una civiltà urbana, che accompagna la crescita
della civiltà industriale, non è, infatti, una vera sfida alla saggezza
dell'uomo, alla sua capacità organizzativa, alla sua immaginazione rispetto al
futuro? Nel seno della società industriale, l'urbanesimo sconvolge i modi di
vita e le strutture abituali dell'esistenza: la famiglia, il vicinato, i quadri
stessi della comunità cristiana. L'uomo sperimenta una nuova solitudine, non di
fronte a una natura ostile, per dominare la quale ci sono voluti dei secoli, ma
nella folla anonima che lo circonda e in mezzo alla quale egli si sente come
straniero. Tappa indubbiamente irreversibile nello sviluppo delle società
umane, l'urbanesimo pone all'uomo difficili problemi: come dominarne la
crescita, regolarne l'organizzazione, ottenerne l'animazione per il bene di
tutti? In questa crescita disordinata nascono, infatti, nuovi proletariati.
Essi si installano nel cuore delle città, talora abbandonato dai ricchi; si
accampano nelle periferie, cintura di miseria che già assedia in una protesta
ancora silenziosa il lusso troppo sfacciato delle città consumistiche e sovente
scialacquatrici. Invece di favorire l'incontro fraterno e l'aiuto vicendevole,
la città sviluppa le discriminazioni e anche l'indifferenza; fomenta nuove
forme di sfruttamento e di dominio, dove certuni, speculando sulle necessità
degli altri, traggono profitti inammissibili. Dietro le facciate si celano
molte miserie, ignote anche ai più vicini; altre si ostentano dove intristisce
la dignità dell'uomo: delinquenza, criminalità, droga, erotismo.
11. Sono, in realtà, i più deboli le vittime delle condizioni di
vita disumanizzanti, che degradano le coscienze e nuocciono all'istituzione
familiare: la promiscuità degli alloggi popolari rende impossibile un minimo di
intimità; i giovani focolari attendono invano un'abitazione decente e a prezzo
accessibile, si demoralizzano e la loro unità può anche trovarsi compromessa; i
giovani fuggono da una casa troppo esigua e cercano nella strada delle
compensazioni e delle compagnie incontrollabili. È un grave dovere dei
responsabili cercare di dominare e di orientare questo processo.
È urgente ricostruire, a misura della strada, del quartiere, o del
grande agglomerato, il tessuto sociale in cui l'uomo possa soddisfare le
esigenze della sua personalità. Centri di interesse e di cultura devono essere
creati o sviluppati a livello di comunità e di parrocchie, in quelle diverse
forme di associazione, circoli ricreativi, luoghi di riunione, incontri
spirituali comunitari, in cui ciascuno, sottraendosi all'isolamento, ricreerà
dei rapporti fraterni.
12. Costruire oggi la città, luogo di esistenza degli uomini e
delle loro dilatate comunità, creare nuovi modi di contatto e di relazione,
intravedere un'applicazione originale della giustizia sociale, prendere la
responsabilità di questo avvenire collettivo che si annuncia difficile, è un
compito al quale i cristiani devono partecipare. Agli uomini ammassati in una
promiscuità urbana che diviene intollerabile, occorre portare un messaggio di
speranza, attraverso una fraternità vissuta e una giustizia concreta. Che i
cristiani, coscienti di questa nuova responsabilità, non perdano coraggio
davanti all'immensità della città senza volto, ma si ricordino del profeta
Giona, il quale percorse in lungo e in largo Ninive, la grande città, per
annunciarvi la buona novella della misericordia divina, sostenuto nella sua
debolezza dalla sola forza della parola di Dio onnipotente. Nella Bibbia,
invero, la città è sovente il luogo del peccato e dell'orgoglio: orgoglio di un
uomo che si sente abbastanza sicuro per costruire la sua vita senza Dio e persino
per affermarsi potente contro di lui. Ma essa è anche Gerusalemme, la città
santa, il luogo dell'incontro con Dio, la promessa della città che scende
dall'alto (cf. Ap 3, 12; 21, 2).
I giovani - Il posto della donna
13. Vita urbana e mutazione industriale mettono d'altronde in viva
luce delle questioni finora mal percepite. Quale sarà, per esempio, il posto
della donna e quello dei giovani in questo mondo in gestazione?
Dovunque si manifesta difficile il dialogo tra una gioventù
portatrice di aspirazioni e di rinnovamento, e anche di insicurezza per
l'avvenire, e le generazioni adulte. Chi non vede, in ciò, la presenza di una
fonte di gravi conflitti, di rotture, di atteggiamenti rinunciatari, anche in
seno alla famiglia, e il porsi di un problema sui metodi dell'autorità,
sull'educazione alla libertà, sulla trasmissione di valori e di credenze, che
tocca le radici profonde della società?
Parimenti, in molti paesi, è oggetto di ricerche e talvolta di
vive rivendicazioni uno statuto della donna che faccia cessare una
discriminazione effettiva e stabilisca dei rapporti di uguaglianza nei diritti
e il rispetto della sua dignità. Non parliamo di quella falsa uguaglianza che
negherebbe le distinzioni poste dal Creatore, e che sarebbe in contraddizione
con la funzione specifica, così fondamentale, della donna tanto al centro del
focolare come in seno alla società. Al contrario, l'evoluzione delle
legislazioni deve andare nel senso della protezione della vocazione propria
della donna stessa e, insieme, del riconoscimento della sua indipendenza in
quanto persona, dell'uguaglianza dei suoi diritti in ordine alla partecipazione
alla vita culturale, economica, sociale e politica.
I lavoratori
14. La chiesa lo ha riaffermato solennemente nell'ultimo concilio:
«La persona umana è e deve essere il principio, il soggetto e il fine di tutte
le istituzioni».(8) Ogni uomo ha diritto al lavoro, alla
possibilità di sviluppare le proprie qualità e la propria personalità
nell'esercizio della sua professione, a un'equa rimunerazione che permetta «a
lui e alla sua famiglia di condurre una vita degna sul piano materiale,
sociale, culturale e spirituale»,(9) all'assistenza in caso di bisogno per motivi
di malattia o di età.
Se, per la difesa di questi diritti, le società democratiche
accettano il principio del diritto sindacale, esse non sono, peraltro, sempre
aperte all'esercizio di tale diritto. Si deve ammettere la funzione importante
dei sindacati: essi hanno per scopo la rappresentanza delle diverse categorie
di lavoratori, la loro legittima collaborazione all'incremento economico della
società, lo sviluppo del senso delle loro responsabilità per la realizzazione
del bene comune. Tuttavia, la loro azione non è priva di difficoltà: qua e là
può manifestarsi la tentazione di approfittare di una posizione di forza per
imporre, segnatamente con lo sciopero - il cui diritto come ultimo mezzo di
difesa resta certamente riconosciuto -, delle condizioni troppo pesanti per
l'insieme dell'economia o del corpo sociale, o per voler rendere efficaci delle
rivendicazioni d'ordine direttamente politico. Quando si tratta, in
particolare, di pubblici servizi, necessari alla vita quotidiana di un'intera
comunità, bisognerà saper valutare il limite oltre il quale il torto causato
diventa inammissibile.
Le vittime dei mutamenti
15. Progressi sono già stati compiuti, per introdurre nei rapporti
umani una maggiore giustizia e una più ampia partecipazione alle
responsabilità. Ma in questo campo immenso, molto resta ancora da fare. Occorre
pertanto proseguire attivamente nella riflessione, nella ricerca, negli
esperimenti, sotto pena di restare in ritardo rispetto alle legittime
aspirazioni dei lavoratori, le quali si vanno maggiormente affermando, man mano
che si sviluppa la loro formazione, la coscienza della loro dignità, il vigore
delle loro organizzazioni.
L'egoismo e il dominio sono, tra gli uomini, tentazioni
permanenti. È pertanto necessario un discernimento sempre più avvertito per
cogliere alla radice le situazioni frutto d'ingiustizia e per instaurare
progressivamente una giustizia sempre meno imperfetta. Nei mutamenti
industriali, che reclamano un adattamento rapido e costante, coloro che vengono
a trovarsi colpiti saranno più numerosi e meno in grado di fare intendere le
proprie voci.
Verso questi nuovi «poveri» - minorati e disadattati, vecchi,
emarginati di origine diversa - si dirige l'attenzione della chiesa, per
riconoscerli, aiutarli, difendere il loro posto e la loro dignità in una
società indurita dalle competizioni e dall'attrattiva del successo.
Le discriminazioni
16. Nel numero delle vittime di situazioni d'ingiustizia
quantunque il fenomeno, purtroppo, non sia nuovo - si devono mettere coloro che
sono oggetto di discriminazione, di diritto o di fatto, a causa della loro razza,
della loro origine, del loro colore, della loro cultura, del loro sesso o della
loro religione.
La discriminazione razziale riveste in questo momento un carattere
di più forte attualità, a motivo della tensione che essa solleva tanto
all'interno di certi paesi quanto sul piano internazionale. Con ragione gli
uomini ritengono ingiustificabile e rifiutano come inammissibile la tendenza a
conservare o a introdurre una legislazione o dei comportamenti ispirati
sistematicamente ai pregiudizi razziali: i membri dell'umanità hanno la stessa
natura e, di conseguenza, la stessa dignità, con i medesimi diritti e doveri
fondamentali, e con identico destino soprannaturale. In seno ad una patria
comune, tutti devono essere uguali davanti alla legge, trovare uguale accesso
alla vita economica, culturale, civica, sociale, e beneficiare di un'equa
ripartizione della ricchezza nazionale.
Diritto all'emigrazione
17. Pensiamo altresì alla situazione precaria di un grande numero
di lavoratori emigrati, la cui condizione di stranieri rende ancor più
difficile, da parte dei medesimi, ogni rivendicazione sociale, nonostante la
loro reale partecipazione allo sforzo economico del paese che li accoglie. È
urgente che nei loro confronti si sappia superare un atteggiamento strettamente
nazionalistico, per creare uno statuto che riconosca un diritto
all'emigrazione, favorisca la loro integrazione, faciliti la loro promozione
professionale e consenta a essi l'accesso a un alloggio decente, dove,
occorrendo, possano essere raggiunti dalle loro famiglie.(10)
A questa categoria si aggiungono le popolazioni che, per trovare
lavoro, sottrarsi a una catastrofe o a un clima ostile, abbandonano le loro
regioni e si trovano sradicate presso altre genti.
È dovere di tutti, e specialmente dei cristiani (cf. Mt 25,
35), lavorare con energia per instaurare la fraternità universale, base
indispensabile di una giustizia autentica e condizione di una pace duratura:
«Non possiamo invocare Dio, Padre di tutti gli uomini, se rifiutiamo di
comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati a immagine
di Dio. La relazione dell'uomo con Dio Padre e quella dell'uomo con gli altri
uomini, suoi fratelli, sono tanto connesse che la Scrittura dice: "Chi non
ama, non conosce Dio" (1 Gv 4, 8)».(11)
Creare impieghi
18. Con la crescita demografica che si avverte soprattutto nelle
giovani nazioni, il numero di coloro che non riescono a trovar lavoro e sono
costretti alla miseria o al parassitismo, andrà aumentando nei prossimi anni, a
meno che un risveglio della coscienza umana non dia vita a un movimento
generale di solidarietà attraverso un'efficace politica di investimenti, di
organizzazione della produzione e della commerciabilità, come pure, del resto,
di formazione. Ci è nota l'attenzione dedicata a questi problemi nei consessi
internazionali, e vivamente auspichiamo che i loro membri non tardino a far
seguire alle proprie dichiarazioni un'azione concreta.
È inquietante constatare in questo campo una specie di fatalismo,
che s'impadronisce persino dei responsabili. Tale sentimento conduce talvolta a
soluzioni maltusiane, esaltate da un'attiva propaganda a favore della
contraccezione e dell'aborto. In simile critica situazione, occorre invece
affermare che la famiglia, senza la quale nessuna società può sussistere, ha
diritto a un'assistenza che le assicuri le condizioni di un sano sviluppo. «È
certo - dicevamo nella nostra enciclica Populorum progressio - che i poteri
pubblici, nell'ambito della loro competenza, possono intervenire, mediante la
diffusione di un'appropriata informazione e l'adozione di misure adeguate,
purché siano conformi alle esigenze della legge morale e rispettose della
giusta libertà della coppia: perché il diritto al matrimonio e alla
procreazione è un diritto inalienabile, senza del quale non si dà dignità
umana».(12)
19. In nessun'altra epoca come la nostra, l'appello
all'immaginazione sociale è stato così esplicito. Occorre dedicarvi sforzi di
inventiva e capitali altrettanto ingenti come quelli impiegati negli armamenti
o nelle imprese tecnologiche. Se l'uomo si lascia superare e non prevede in
tempo l'emergere delle nuove questioni sociali, queste diventeranno troppo
gravi perché se ne possa sperare una soluzione pacifica.
I mezzi di comunicazione sociale
20. Tra i principali mutamenti del nostro tempo, non vogliamo
dimenticare di sottolineare l'importanza crescente che assumono i mezzi di
comunicazione sociale e il loro influsso sulla trasformazione delle mentalità,
delle cognizioni, delle organizzazioni e della società stessa. Essi presentano
certamente degli aspetti positivi: per loro tramite, le informazioni di tutto
il mondo ci giungono quasi istantaneamente creando un contatto al di là delle
distanze ed elementi di unità tra gli uomini, e diventa altresì possibile una
più estesa diffusione della formazione e della cultura. Tuttavia, tali mezzi di
comunicazione sociale, per la loro stessa azione, costituiscono un nuovo
potere. Come allora non interrogarsi sui detentori reali di questo potere,
sugli scopi che essi perseguono e sui mezzi posti in opera, sulla
ripercussione, infine, della loro azione nei confronti dell'esercizio delle
libertà individuali, tanto nel settore politico e ideologico, come nella vita
sociale, economica e culturale? Gli uomini che detengono questo potere hanno
una grave responsabilità morale in rapporto alla verità delle informazioni che
essi devono diffondere, in rapporto ai bisogni e alle reazioni che fanno
sorgere, e ai valori che propongono. Di più, con la televisione si delinea un
modo originale di conoscenza e una nuova forma di civiltà: quella
dell'immagine.
Naturalmente i poteri pubblici non possono ignorare né la
crescente influenza dei mezzi di comunicazione sociale, né i vantaggi o i
rischi che il loro uso comporta per lo sviluppo e l'autentico progresso della
società civile.
Essi pertanto sono chiamati ad assolvere positivamente la loro
funzione di servizio al bene comune, dando il proprio incoraggiamento alle
iniziative costruttive e appoggiando i singoli cittadini e i gruppi nella loro
azione di difesa dei valori fondamentali della persona umana e della civile
convivenza. D'altro canto essi si adopereranno per evitare, mediante opportune
misure, che si propaghi quanto può intaccare il comune patrimonio dei valori
sui quali si fonda il genuino progresso della società.(13)
L'ambiente naturale
21. Mentre l'orizzonte dell'uomo si modifica, in tale modo,
tramite le immagini che sono scelte per lui, un'altra trasformazione si
avverte, conseguenza tanto drammatica quanto inattesa dell'attività umana.
L'uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento
sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta
vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l'ambiente materiale diventa una
minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo
totale; ma è il contesto umano, che l'uomo non padroneggia più, creandosi così
per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di
vaste dimensioni che riguarda l'intera famiglia umana.
A queste nuove prospettive il cristiano deve dedicare la sua
attenzione, per assumere, insieme con gli altri uomini, la responsabilità di un
destino diventato ormai comune.
II.
ASPIRAZIONI FONDAMENTALI
E CORRENTI DI IDEE
22. Al tempo stesso che il progresso scientifico e tecnico
continua a sconvolgere il paesaggio dell'uomo, i suoi modi di conoscenza, di
lavoro, di consumo e di relazione, una duplice aspirazione si esprime in questi
nuovi contesti, sempre più viva man mano che si sviluppano l'informazione e
l'educazione: aspirazione all'uguaglianza, aspirazione alla partecipazione: due
forme della dignità e della libertà dell'uomo.
Vantaggi e limiti dei riconoscimenti
giuridici
23. Per far calare nei fatti e nelle strutture questa duplice
aspirazione, dei progressi sono stati compiuti nell'enunciazione dei diritti
dell'uomo e nella ricerca di accordi internazionali per la loro applicazione.(14) Ciò nonostante, le inique discriminazioni -
etniche, culturali, religiose, politiche - rispuntano continuamente. Troppo
spesso, in realtà, i diritti dell'uomo restano ignorati, se non scherniti,
ovvero il loro rispetto è puramente formale. In parecchi casi, la legislazione
è in ritardo sulla realtà delle situazioni. Necessaria, essa è tuttavia
insufficiente a stabilire i veri rapporti di giustizia e di uguaglianza.
Nell'insegnamento della carità, l'evangelo ci inculca il rispetto privilegiato
dei poveri e della loro particolare situazione nella società: i più favoriti
devono rinunziare a certi loro diritti per mettere con più libertà i propri
beni a servizio degli altri. In effetti, se al di là delle norme giuridiche
manca un senso più profondo del rispetto e del servizio altrui, anche
l'uguaglianza davanti alla legge potrà servire di alibi a evidenti
discriminazioni, a sfruttamenti continuati, a disprezzi effettivi. Facendo
difetto una rinnovata educazione alla solidarietà, un'affermazione eccessiva di
uguaglianza può dar luogo a un individualismo dove ciascuno rivendica i propri
diritti, sottraendosi alla responsabilità del bene comune.
Chi non vede il contributo fondamentale, in questo campo, dello
spirito cristiano, il quale va incontro all'aspirazione dell'uomo a essere
amato? «L'amore dell'uomo, primo valore nell'ordine terreno», assicura le
condizioni della pace, sia sociale che internazionale, affermando la nostra
fraternità universale.(15)
La società politica
24. La duplice aspirazione all'uguaglianza e alla partecipazione è
diretta a promuovere un tipo di società democratica. Diversi modelli sono
proposti, taluni vengono esperimentati; ma nessuno soddisfa del tutto, e la
ricerca resta aperta tra le tendenze ideologiche e pragmatiche. Il cristiano ha
l'obbligo di partecipare a questa ricerca e all'organizzazione e alla vita
della società politica. In quanto essere sociale, l'uomo costruisce il suo
destino in una serie di raggruppamenti particolari che esigono, come loro
compimento e condizione necessaria del loro sviluppo, una società più vasta, di
carattere universale: la società politica. Ogni attività particolare deve
sistemarsi in questa società allargata, e assumere, con ciò stesso, la dimensione
del bene comune.(16) Ciò sottintende l'importanza dell'educazione
alla vita associata, dove, oltre l'informazione sui diritti di ciascuno, sia
messo in luce il loro necessario correlativo: il riconoscimento dei doveri nei
confronti degli altri. Il significato e la pratica del dovere sono condizionati
dal dominio di sé, come pure dall'accettazione delle responsabilità e dei
limiti posti all'esercizio della libertà dell'individuo o del gruppo.
25. L'azione politica - è necessario sottolineare che si tratta
innanzitutto di un'azione e non di una ideologia? - deve poggiare su un
progetto di società, coerente nei suoi mezzi concreti e nella sua ispirazione,
alimentata a una concezione totale della vocazione dello uomo e delle sue
diverse espressioni sociali. Non spetta né allo stato né a dei partiti
politici, che sarebbero chiusi su se stessi, tentare d'imporre un'ideologia,
con mezzi che sboccherebbero nella dittatura degli spiriti, la peggiore di
tutte. È compito dei raggruppamenti culturali e religiosi, nella libertà di
adesione ch'essi presuppongono, sviluppare nel corpo sociale, in maniera
disinteressata e per le vie loro proprie, queste convinzioni ultime sulla
natura, l'origine e il fine dell'uomo e della società.
A tale riguardo, è opportuno ricordare il principio proclamato dal
concilio Vaticano II: «La verità s'impone soltanto con la forza della stessa
verità che penetra nelle menti soavemente e insieme con vigore».(17)
Ideologie e libertà umana
26. Così il cristiano che vuol vivere la sua fede in un'azione
politica intesa come servizio, non può, senza contraddirsi, dare la propria
adesione a sistemi ideologici che si oppongono radicalmente o su punti
sostanziali alla sua fede e alla sua concezione dell'uomo: né all'ideologia marxista,
al suo materialismo ateo, alla sua dialettica di violenza e al modo con cui
essa riassorbe la libertà individuale nella collettività, negando insieme ogni
trascendenza all'uomo e alla sua storia, personale e collettiva; né
all'ideologia liberale che ritiene di esaltare la libertà individuale
sottraendola a ogni limite, stimolandola con la ricerca esclusiva
dell'interesse e del potere, e considerando la solidarietà sociale come
conseguenza più o meno automatica delle iniziative individuali e non già quale
scopo e criterio più vasto della validità dell'organizzazione sociale.
27. È necessario sottolineare l'ambiguità che può celarsi in ogni
ideologia sociale? Talora essa riduce l'azione, politica o sociale, a una
semplice applicazione di un'idea astratta, puramente teorica; talora è il
pensiero che diventa puro strumento al servizio dell'azione, quasi un semplice
mezzo di strategia. In ambedue i casi non è l'uomo che rischia di trovarsi
alienato? La fede cristiana si pone al di sopra e talvolta all'opposto delle
ideologie in quanto riconosce Dio, trascendente e creatore, che interpella, a
tutti i livelli della creazione, l'uomo quale essere responsabilmente libero.
28. Il pericolo sarebbe anche di aderire fondamentalmente a
un'ideologia che non ha alla base una dottrina vera e organica, di rifugiarvisi
come in una spiegazione ultima e sufficiente di tutto, costruendosi così un
nuovo idolo di cui si accetta, talvolta senza prenderne coscienza, il carattere
totalitario e coercitivo. Si pensa di trovare così una giustificazione alla
propria azione, anche violenta, un adeguamento a un desiderio generoso di
servizio; questo desiderio resta, ma si lascia assorbire da un'ideologia la
quale, anche se propone certe vie di liberazione per l'uomo, finisce in ultima
analisi per asservirlo.
29. Se oggi si è potuto parlare di un regresso delle ideologie,
ciò può indicare che è venuto un tempo favorevole a un'apertura verso la
trascendenza concreta del cristianesimo; ma può indicare anche uno slittamento
più accentuato verso un nuovo positivismo: la tecnica generalizzata come forma
dominante di attività, come modo assorbente di esistere, e magari come
linguaggio, senza che la questione del suo significato sia realmente posta.
I movimenti storici
30. Ma al di fuori di questo positivismo, che riduce l'uomo a una
sola dimensione - per quanto essa possa essere importante oggi - e che in tal
modo lo mutila, il cristiano nella sua azione si imbatte in movimenti storici
concreti usciti dalle ideologie e, per un verso, distinti da esse. Già il
nostro venerato predecessore Giovanni XXIII, nella Pacem in terris, mostra la possibilità di
operare una distinzione: «Non si possono identificare, scrive egli, false
dottrine filosofiche sulla natura, l'origine e il destino dell'universo e
dell'uomo, con movimenti storici e finalità economiche, sociali, culturali e
politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e
da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione. Giacché le dottrine, una
volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti
suddetti, agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi, non
possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a
mutamenti anche profondi. Inoltre chi può negare che in quei movimenti, nella
misura in cui sono conformi ai dettami della retta ragione e si fanno
interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, vi siano elementi
positivi e meritevoli di approvazione?».(18)
L'attività delle correnti socialiste
31. Oggi ci sono dei cristiani che si lasciano attirare dalle
correnti socialiste e dalle loro diverse evoluzioni. Essi cercano di
riconoscervi talune delle aspirazioni che portano in se stessi in nome della
loro fede. Si sentono inseriti in questo flusso storico, e vogliono svolgervi
un'azione. Ora, secondo i continenti e le culture, questa corrente storica
assume forme diverse sotto uno stesso vocabolo, anche se esso è stato e resta,
in molti casi, ispirato da ideologie incompatibili con la fede. Un attento discernimento
si impone. Troppo spesso i cristiani attratti dal socialismo tendono a
idealizzarlo in termini assai generici: volontà di giustizia, di solidarietà e
di uguaglianza. Essi rifiutano di riconoscere le costrizioni dei movimenti
storici socialisti, che rimangono condizionati dalle loro ideologie d'origine.
Tra i vari livelli a cui il socialismo si esprime - aspirazione generosa e
ricerca di una società più giusta, movimenti storici con organizzazione e scopo
politici, ideologia con pretesa di offrire una visione totale e autonoma
dell'uomo -, bisogna stabilire delle distinzioni, le quali guideranno le scelte
concrete. Tuttavia queste distinzioni non devono tendere a considerare i
menzionati livelli come completamente separati e indipendenti. Il legame concreto
che, secondo le circostanze, esiste fra essi deve essere lucidamente
individuato, e tale perspicacia permetterà ai cristiani di precisare il grado
di impegno possibile in questa direzione, una volta assicurati i valori,
soprattutto di libertà, di responsabilità e di apertura allo spirituale, che
garantiscono lo sviluppo integrale dell'uomo.
L'evoluzione storica del marxismo
32. Altri cristiani si chiedono anche se un'evoluzione storica del
marxismo non possa autorizzare taluni accostamenti concreti. Essi rilevano in
effetti un certo sblocco del marxismo, che finora si presentava come
un'ideologia unitaria, esplicativa della totalità dell'uomo e del mondo nel suo
processo di sviluppo, e dunque atea. Al di fuori del confronto ideologico che
separa ufficialmente i diversi sostenitori del marxismo-leninismo nella loro
rispettiva interpretazione del pensiero dei fondatori, e al di fuori delle
opposizioni aperte tra i sistemi politici che a tale pensiero si rifanno,
taluni stabiliscono distinzioni tra i diversi livelli a cui il marxismo si
esprime.
33. Per gli uni, il marxismo resta essenzialmente una prassi
attiva della lotta di classe. Esperimentando il vigore sempre presente e
incessantemente rinascente dei rapporti di dominio e di sfruttamento fra gli uomini,
essi riducono il marxismo soltanto a lotta, talvolta senz'altra prospettiva,
lotta che bisogna proseguire e anzi provocare in modo permanente. Per altri il
marxismo è prima di tutto l'esercizio collettivo del potere politico ed
economico sotto la direzione del partito unico, che si ritiene la sola
espressione e il solo garante del bene di tutti, negando agli individui e agli
altri gruppi qualsiasi possibilità di iniziativa e di scelta. A un terzo
livello, il marxismo, sia o no al potere, indica l'ideologia socialista che ha
per base il materialismo storico e la negazione di ogni trascendenza. Infine,
il marxismo si presenta sotto la forma più attenuata ma più seducente per lo
spirito moderno, di attività scientifica, di metodo rigoroso di analisi della
realtà sociale e politica, di legame razionale ed esperimentato dalla storia
tra la conoscenza teorica e la prassi della trasformazione rivoluzionaria.
Benché questo tipo di analisi metta in risalto certi aspetti della realtà a
danno di altri e li interpreti in funzione dell'ideologia, fornisce tuttavia a
certuni, con uno strumento di lavoro, una certezza preliminare all'azione,
accompagnata dalla pretesa di decifrare con metodo scientifico le spinte
dell'evoluzione sociale.
34. Se attraverso il marxismo, come è concretamente vissuto, si
possono distinguere questi diversi aspetti e le questioni che essi pongono alla
riflessione e all'azione dei cristiani, sarebbe illusorio e pericoloso giungere
a dimenticare l'intimo legame che tali aspetti radicalmente unisce, accettare
gli elementi dell'analisi marxista senza riconoscerne i rapporti con
l'ideologia, entrare nella prassi della lotta di classe e della sua
interpretazione marxista trascurando di avvertire il tipo di società
totalitaria e violenta alla quale questo processo conduce.
L'ideologia liberale
35. Dall'altra parte si assiste a un rinnovamento dell'ideologia
liberale. Questa corrente si afferma sia all'insegna dell'efficacia economica,
sia come difesa dell'individuo e contro le iniziative sempre più invadenti
delle organizzazioni e contro le tendenze totalitarie dei poteri politici.
Certamente l'iniziativa personale deve essere mantenuta e sviluppata. Ma i
cristiani che s'impegnano in questa direzione, non tendono, a loro volta, a
idealizzare il liberalismo, che diventa allora un'esaltazione della libertà?
Essi vorrebbero un nuovo modello, più adatto alle condizioni attuali, e
facilmente dimenticano che alla sua stessa radice il liberalismo filosofico è
un'affermazione erronea dell'autonomia dell'individuo nella sua attività, nelle
sue motivazioni, nell'esercizio della sua libertà. Ciò significa che anche
l'ideologia liberale esige da parte loro un attento discernimento.
Il discernimento cristiano
36. In questo rinnovato accostamento delle diverse ideologie, il
cristiano attingerà alle sorgenti della sua fede e nell'insegnamento della
chiesa i principi e i criteri opportuni per evitare di lasciarsi sedurre e poi
rinchiudere in un sistema, i cui limiti e il cui totalitarismo rischiano di
apparirgli troppo tardi se egli non li ravvisa nelle loro radici. Al di là di
ogni sistema, senza per questo omettere l'impegno concreto al servizio dei
fratelli, egli affermerà, al centro stesso delle sue opzioni, l'originalità
dell'apporto cristiano a vantaggio di una trasformazione positiva della
società.(19)
Rinascita delle utopie
37. Meglio si comprendono oggi i lati deboli delle ideologie
esaminando i sistemi concreti nei quali esse cercano di realizzarsi. Socialismo
burocratico, capitalismo tecnocratico, democrazia autoritaria manifestano la
difficoltà di risolvere il grande problema umano della convivenza nella
giustizia e nella uguaglianza. In realtà, come potrebbero essi sfuggire al
materialismo, all'egoismo o alla violenza che fatalmente li accompagnano? Da
dove viene la contestazione che nasce un po' ovunque, segno di un disagio
profondo, mentre si assiste alla rinascita di «utopie» che pretendono di
risolvere il problema politico delle società moderne con più efficacia delle
ideologie? Sarebbe pericoloso non ammetterlo: l'appello all'utopia è spesso un
comodo pretesto per chi vuole eludere i compiti concreti e rifugiarsi in un mondo
immaginario. Vivere in un futuro ipotetico rappresenta un facile alibi per
sottrarsi a responsabilità immediate. Bisogna però riconoscere che questa forma
di critica della società esistente stimola spesso l'immaginazione prospettica,
ad un tempo per percepire nel presente le possibilità ignorate che vi si
trovano iscritte e per orientare gli uomini verso un futuro nuovo; tramite la
fiducia che dà alle forze inventive dello spirito e del cuore umano essa
sostiene la dinamica sociale; e se non si nega a nessuna apertura, può anche
incontrarsi con il richiamo cristiano. Lo Spirito del Signore, che anima l'uomo
rinnovato nel Cristo, scompiglia senza posa gli orizzonti dove la sua
intelligenza ama trovare la propria sicurezza, e sposta i limiti dove si rinserrerebbe
volentieri la sua azione; egli è abitato da una forza che lo sollecita a
sorpassare ogni sistema e ogni ideologia. Nel cuore del mondo rimane il mistero
dell'uomo che si scopre figlio di Dio nel corso di un processo storico e
psicologico, nel quale lottano e si alternano costrizioni e libertà, pesantezza
del peccato e soffio dello Spirito.
Il dinamismo della fede cristiana trionfa allora sui gretti
calcoli dell'egoismo. Animato dalla potenza dello Spirito di Gesù Cristo,
salvatore degli uomini, e sostenuto dalla speranza, il cristiano s'impegna
nella costruzione di una città umana, pacifica, giusta e fraterna, che sia
un'offerta gradita a Dio. In effetti «l'attesa di una terra nuova non deve
indebolire ma piuttosto stimolare l'impegno di coltivare la terra presente
nella quale cresce quel corpo della nuova famiglia umana che già riesce ad
offrire una certa prefigurazione del mondo futuro».(20)
L'interrogativo delle scienze sull'uomo
38. In questo mondo dominato dal mutamento scientifico e tecnico,
che rischia di trascinarlo verso un nuovo positivismo, sorge un altro dubbio
ancora più essenziale. Ecco che l'uomo, dopo essersi applicato a sottomettere
razionalmente la natura, si trova come imprigionato egli stesso nella morsa
della sua razionalità; a sua volta diventa oggetto di scienza. Le «scienze
sull'uomo» hanno raggiunto oggi uno slancio significativo. Da una parte esse
sottopongono a un esame critico e radicale le cognizioni finora accettate dal
momento che queste cominciano ad apparire o troppo empiriche o troppo teoriche.
D'altra parte, la necessità metodologica e l'«a priori» ideologico le conducono
troppo spesso a isolare, nella moltitudine delle situazioni, qualche
comportamento umano per darne una spiegazione che pretende di essere globale, o
almeno una interpretazione che si vorrebbe totalizzante a partire da un punto
di vista puramente quantitativo o fenomenologico. Questa riduzione scientifica
tradisce una pericolosa pretesa. Privilegiare così tale aspetto dell'analisi,
significa mutilare l'uomo e, sotto le apparenze di un processo scientifico,
rendersi incapaci di comprenderlo nella sua totalità.
39. Non bisogna essere meno attenti all'azione che le scienze
sull'uomo possono provocare dando origine all'elaborazione di modelli sociali
da imporre poi come tipi di condotta scientificamente provati. L'uomo può
diventare allora oggetto di manipolazioni che orientano i suoi desideri e i
suoi bisogni, che modificano i suoi comportamenti e persino il suo sistema di
valori. Nessun dubbio che in ciò c'è un grave pericolo per la società di domani
e per l'uomo medesimo. Se tutti sono d'accordo nella costruzione di una nuova
società posta al servizio degli uomini, ancora bisogna sapere di quale uomo si
tratta.
40. Il sospetto delle scienze sull'uomo colpisce il cristiano più
degli altri, ma non lo trova disarmato. Qui va rintracciato, e noi lo scrivemmo
già nella Populorum progressio, l'apporto specifico
della chiesa alle civiltà: «In comunione con le migliori aspirazioni degli
uomini e soffrendo di vederle insoddisfatte, la chiesa desidera aiutarle a
raggiungere la loro piena fioritura, e a questo fine offre loro ciò che
possiede in proprio: una visione globale dell'uomo e dell'umanità».(21) Dovrebbe allora la chiesa contestare le
scienze sull'uomo nel loro cammino e denunciare la loro pretesa? Come per le
scienze della natura, la chiesa confida in questa ricerca e invita i cristiani
a esservi attivamente presenti.(22) Sollecitati dalla stessa esigenza
scientifica e dal desiderio di conoscere meglio l'uomo, ma pure illuminati
dalla loro fede, i cristiani dedicati alle scienze sull'uomo instaureranno un
dialogo, che si preannunzia fruttuoso, fra la chiesa e questo nuovo campo di
scoperte. È evidente che ogni disciplina «scientifica» non potrà afferrare,
nella sua specificità, che un aspetto parziale, sia pur vero, dell'uomo; la
totalità e il significato le sfuggono. Ma all'interno di questi limiti, le
scienze sull'uomo assicurano una funzione positiva che la chiesa volentieri
riconosce. Esse possono dilatare le prospettive della libertà umana offrendo un
campo più largo di quello che i condizionamenti già calcolati lasciavano
prevedere. Potranno anche aiutare la morale sociale e cristiana, che vedrà
restringersi certamente il suo campo allorché si tratta di proporre certi
modelli sociali, mentre la sua funzione di critica e di superamento diventerà
più forte mostrando il carattere relativo dei comportamenti e dei valori che
tale società presentava come definitivi e inerenti alla natura stessa dell'uomo.
Condizione indispensabile e insieme insufficiente di una scoperta migliore
dell'umano, queste scienze sono un linguaggio sempre più complesso, ma che
dilata, più che non riempia, il mistero del cuore dell'uomo e non dà la
risposta completa e definitiva al desiderio che sale dalle profondità del suo
essere.
Ambiguità del progresso
41. Questa migliore conoscenza dell'uomo permette di meglio
criticare e mettere in luce una nozione fondamentale che sta alla base delle
società moderne, sia come spinta sia come misura e obiettivo: il progresso. A
partire dal secolo XIX le società occidentali e parecchie altre al loro
contatto hanno riposto la loro speranza in un progresso continuamente
rinnovato, indefinito. Questo progresso appariva loro come lo sforzo di liberazione
dell'uomo nei confronti delle necessità della natura e delle coartazioni
sociali; era la condizione e la misura della libertà umana! Diffuso dai mezzi
moderni d'informazione e dallo stimolo del sapere e di consumi più estesi, il
progresso diventa un'ideologia onnipresente. Tuttavia un dubbio nasce oggi sia
sul suo valore sia sulla sua riuscita. Che significa questa caccia inesorabile
d'un progresso che sfugge ogni volta che si è persuasi di averlo conquistato?
Non dominato, esso lascia insoddisfatti. Senza dubbio si sono denunziati, a
giusto titolo, i limiti e anche i danni d'una crescita economica puramente
quantitativa, e ci si auspica di raggiungere anche obiettivi di ordine
qualitativo. La qualità e la verità dei rapporti umani, il grado di partecipazione
e di responsabilità sono non meno significativi e importanti per il divenire
della società, che la quantità e la varietà dei beni prodotti e consumati.
Superando la tentazione di volere tutto misurare in termini di efficienza e di
mercato, in rapporti di forza e d'interessi, oggi l'uomo desidera sostituire
sempre più a questi criteri quantitativi l'intensità della comunicazione, la
diffusione del sapere e della cultura, il servizio reciproco, la concentrazione
per uno scopo comune. Non consiste il vero progresso nello sviluppo della
coscienza morale che condurrà l'uomo ad assumersi solidarietà allargate e ad
aprirsi liberamente agli altri e a Dio? Per un cristiano, il progresso si
imbatte necessariamente nel mistero escatologico della morte: la morte del
Cristo e la sua risurrezione, l'impulso dello Spirito del Signore aiutano
l'uomo a situare la sua libertà creatrice e riconoscente nella verità di ogni
progresso, nella sola speranza che non delude (cf. Rm 5, 5).
III.
I CRISTIANI DAVANTI AI NUOVI PROBLEMI
42. Davanti a tante nuove questioni, la chiesa fa uno sforzo di
riflessione per rispondere, nell'ambito che le è proprio, all'attesa degli
uomini. Se oggi i problemi appaiono inediti per la loro ampiezza e per la loro
urgenza, è forse l'uomo incapace di risolverli? Con tutta la sua dinamica
l'insegnamento sociale della chiesa accompagna gli uomini nella loro ricerca.
Se esso non interviene per autenticare una data struttura o per proporre un
modello prefabbricato, non si limita neppure a richiamare alcuni principi
generali: esso si sviluppa attraverso una riflessione condotta a contatto delle
situazioni mutevoli di questo mondo, sotto l'impulso dell'evangelo come fonte
di rinnovamento, allorché si accetta il suo messaggio nella sua totalità e
nelle sue esigenze. Si sviluppa altresì mediante la sensibilità propria della
chiesa, sensibilità rafforzata da una volontà disinteressata di servizio e
dall'attenzione ai più poveri. Attinge infine a una ricca esperienza secolare
che gli permette di assumere, nella continuità delle sue preoccupazioni
permanenti, l'innovazione ardita e creatrice, richiesta dalla presente
situazione del mondo.
Per una più grande giustizia
43. Resta ancora da instaurare una più grande giustizia nella
ripartizione dei beni, sia all'interno delle comunità nazionali sia sul piano
internazionale. Negli scambi mondiali, bisogna superare i rapporti di forza,
per giungere ad accordi fondati sulla comune utilità. I rapporti di forza,
infatti, non hanno mai garantito la giustizia in modo durevole e vero, anche se
in certi momenti l'alternarsi delle posizioni può spesso permettere di trovare
condizioni più facili di dialogo. L'uso della forza provoca l'intervento di
forze contrarie, donde un clima di lotte che sfociano in situazioni estreme di violenza
e in abusi.(23) Ma il dovere più importante della giustizia,
e noi l'abbiamo spesso affermato, è di consentire a ogni paese di promuovere il
proprio sviluppo nel quadro di una cooperazione esente da qualunque spirito di
dominio, economico e politico. Certamente è grande la complessità dei problemi
sollevati nell'intrecciarsi attuale delle interdipendenze; bisogna anche avere
il coraggio d'iniziare una revisione dei rapporti tra le nazioni (divisione
internazionale della produzione, struttura degli scambi, controllo dei
profitti, sistema monetario, senza dimenticare le azioni di solidarietà umana),
di mettere in questione i modelli di crescita delle nazioni ricche, di
trasformare le mentalità per aprirle alla priorità del dovere internazionale,
di rinnovare gli organismi internazionali in vista di una maggiore efficienza.
44. Sotto la spinta dei nuovi sistemi di produzione si fendono le
frontiere nazionali e si vedono apparire nuove potenze economiche, le imprese
multinazionali, che per la concentrazione e la flessibilità dei loro mezzi
possono applicare strategie autonome, in gran parte indipendenti dai poteri
politici nazionali, e perciò senza controllo dal punto di vista del bene
comune. Estendendo le loro attività, questi organismi privati possono condurre
a una nuova forma abusiva di dominio economico, sul piano sociale, culturale e
anche politico. La concentrazione eccessiva dei mezzi e dei poteri, già
denunciata da Pio XI in occasione del quarantesimo anniversario della Rerum novarum, prende concretamente un nuovo
volto.
Cambiamento dei cuori e delle strutture
45. Oggi gli uomini aspirano a liberarsi dal bisogno e dalla
dipendenza. Ma questa liberazione s'inizia con la libertà interiore che essi
devono recuperare dinanzi ai loro beni e ai loro poteri; essi mai vi
riusciranno se non tramite un amore che trascenda l'uomo, e, di conseguenza,
tramite un'effettiva disponibilità al servizio. Altrimenti, e lo si vede fin
troppo, anche le più rivoluzionarie ideologie otterranno soltanto un cambio di
padroni: insediati a loro volta al potere, i nuovi padroni si circondano di
privilegi, limitano le libertà e permettono che si instaurino altre forme di
ingiustizia.
Così, molti cominciano a interrogarsi sul modello stesso di
società. Nelle competizioni che le oppongono e le trascinano, l'ambizione di
numerose nazioni è d'impadronirsi della potenza tecnologica, economica,
militare; essa contrasta allora con l'assetto di strutture nelle quali il ritmo
del progresso sia regolato in funzione di una più grande giustizia, invece di
accentuare le disparità e di vivere in un clima di sfiducia e di lotta che
compromette continuamente la pace.
Significato cristiano dell'azione
politica
46. Non è forse qui che appare un limite radicale dell'economia?
L'attività economica, che è necessaria, può essere «sorgente di fraternità e
segno della Provvidenza»(24) se posta al servizio dell'uomo; essa è
l'occasione di scambi concreti tra gli uomini, di diritti riconosciuti, di
servizi resi, di dignità affermata nel lavoro. Terreno spesso di confronto e di
dominio, essa può instaurare dialoghi e favorire cooperazioni. Tuttavia essa
rischia di assorbire, se eccede, le forze e la libertà.(25) È la ragione per cui si palesa necessario il
passaggio dall'economia alla politica. È vero che sotto il termine «politica»
sono possibili molte confusioni che devono essere chiarite; ma ciascuno sente
che nel settore sociale ed economico, sia nazionale che internazionale,
l'ultima decisione spetta al potere politico.
Questo, in quanto è il vincolo naturale e necessario per
assicurare la coesione del corpo sociale, deve avere per scopo la realizzazione
del bene comune. Esso agisce, nel rispetto delle legittime libertà degli
individui, delle famiglie e dei gruppi sussidiari, al fine di creare,
efficacemente e a vantaggio di tutti, le condizioni richieste per raggiungere
il vero e completo bene dell'uomo, ivi compreso il suo fine spirituale. Esso si
muove nei limiti della sua competenza, che possono essere diversi secondo i
paesi e i popoli; e interviene sempre nella sollecitudine della giustizia e
della dedizione al bene comune, di cui ha la responsabilità ultima. Tuttavia
non elimina così il campo d'azione e le responsabilità degli individui e dei
corpi intermedi, onde questi concorrono alla realizzazione del bene comune. In
effetti, «l'oggetto di ogni intervento in materia è di porgere aiuto ai membri
del corpo sociale, non già di distruggerli o di assorbirli».(26) Conforme alla propria vocazione, il potere
politico deve sapersi disimpegnare dagli interessi particolari per considerare
attentamente la propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti,
superando anche i limiti nazionali. Prendere sul serio la politica nei suoi
diversi livelli - locale, regionale, nazionale e mondiale - significa affermare
il dovere dell'uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il
valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare
insieme il bene della città, della nazione, dell'umanità. La politica è una
maniera esigente - ma non è la sola - di vivere l'impegno cristiano al servizio
degli altri. Senza certamente risolvere ogni problema, essa si sforza di dare
soluzioni ai rapporti fra gli uomini. La sua sfera è larga e conglobante, ma
non esclusiva. Un atteggiamento invadente, tendente a farne un assoluto,
costituirebbe un grave pericolo. Pur riconoscendo l'autonomia della realtà politica,
i cristiani, sollecitati a entrare in questo campo di azione, si sforzeranno di
raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e l'evangelo e di dare, pur in
mezzo a un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della
serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli
uomini.
Ripartizione delle responsabilità
47. Il passaggio alla dimensione politica esprime anche una
richiesta attuale dell'uomo: una ripartizione più grande delle responsabilità e
delle decisioni. Tale legittima aspirazione diventa più manifesta man mano che
cresce il livello culturale e aumenta il senso della libertà, e l'uomo si rende
meglio conto che, in un mondo aperto su un avvenire insicuro, le scelte d'oggi
condizionano già la vita di domani. Nella Mater et magistra,(27) Giovanni XXIII sottolineava che l'accesso
alle responsabilità è un'esigenza fondamentale dell'uomo, un esercizio concreto
della sua libertà, una via per il suo sviluppo, e indicava come, nella vita
economica e in particolare nell'impresa, tale partecipazione alle
responsabilità debba essere assicurata.(28) Oggi la sfera è più vasta, estendendosi essa
al settore sociale e politico dove deve essere istituita e intensificata una
ragionevole partecipazione alle responsabilità e alle decisioni. Certo, le
scelte proposte alla decisione sono sempre più complesse; molteplici le
considerazioni da tener presenti, aleatoria la previsione delle conseguenze,
anche se scienze nuove cercano di illuminare la libertà in questi momenti
importanti. Tuttavia, sebbene talvolta si impongano dei limiti, questi ostacoli
non devono rallentare una più diffusa partecipazione al formarsi delle
decisioni, come alle stesse scelte e al loro tradursi in atto. Per creare un
contrappeso all'invadenza della tecnocrazia, occorre inventare forme di moderna
democrazia non soltanto dando a ciascun uomo la possibilità di essere informato
e di esprimersi, ma impegnandolo in una responsabilità comune. I gruppi umani
così si trasformano a poco a poco in comunità di partecipazione e di vita. La
libertà, che si afferma troppo spesso come rivendicazione di autonomia
opponendosi alla libertà altrui, si sviluppa così nella sua realtà umana più
profonda: impegnarsi e prodigarsi per costruire solidarietà attive e vissute.
Ma, per il cristiano, è perdendosi in Dio che lo libera, che l'uomo trova una
vera libertà, rinnovata nella morte e nella risurrezione di Gesù Cristo.
IV.
INVITO ALL'AZIONE
Necessità d'impegnarsi nell'azione
48. Nella sfera sociale la chiesa ha sempre voluto assicurare una
duplice funzione: illuminare gli spiriti per aiutarli a scoprire la verità e a
scegliere la via da seguire in mezzo alle differenti dottrine da cui il
cristiano è sollecitato; entrare nell'azione e diffondere, con una reale
preoccupazione di servizio e di efficienza, le energie dell'evangelo. Non è
forse per essere fedele a questa volontà che la chiesa ha inviato in missione
apostolica tra i lavoratori dei preti che, condividendo integralmente la
condizione operaia, ambiscono di esservi i testimoni della sollecitudine e
della ricerca della chiesa medesima?
È a tutti i cristiani che noi indirizziamo, di nuovo e in maniera
urgente, un invito all'azione. Nella Nostra enciclica sullo sviluppo dei
popoli, Noi insistevamo perché tutti si mettessero all'opera: «I laici devono
assumere come loro compito specifico il rinnovamento dell'ordine temporale. Se
l'ufficio della gerarchia è d'insegnare e di interpretare in modo autentico i
principi morali da seguire in questo campo, spetta a loro, attraverso la loro
libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive,
penetrare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le
strutture della loro comunità di vita».(29) Ciascuno esamini se stesso per vedere quello
che finora ha fatto e quello che deve fare. Non basta ricordare i principi,
affermare le intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire
denunce profetiche: queste parole non avranno peso reale se non sono
accompagnate in ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria
responsabilità e da un'azione effettiva. È troppo facile scaricare sugli altri
la responsabilità delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che
ciascuno vi partecipa e che è necessaria innanzi tutto la conversione
personale. Questa umiltà di fondo toglierà all'azione ogni durezza e ogni
settarismo ed eviterà altresì lo scoraggiamento di fronte a un compito che
appare smisurato. Il cristiano alimenta la propria speranza sapendo innanzi
tutto che il Signore è all'opera con noi nel mondo e che attraverso il suo
corpo che è la chiesa - e per essa in tutta l'umanità - prosegue la redenzione
compiuta sulla croce e che esplose in vittoria la mattina della risurrezione
(cf. Mt 28, 30; Fil 2, 8-11); sapendo ancora
che altri uomini sono all'opera per dar vita ad azioni convergenti di giustizia
e di pace; poiché dietro il velo dell'indifferenza c'è nel cuore di ogni uomo
una volontà di vita fraterna e una sete di giustizia e di pace che si devono
far fiorire.
49. In tal modo, nella diversità delle situazioni, delle funzioni,
delle organizzazioni, ciascuno deve precisare la propria responsabilità e
individuare, coscienziosamente, le azioni alle quali egli è chiamato a
partecipare. Coinvolto in correnti diverse dove accanto a legittime aspirazioni
s'insinuano orientamenti più ambigui, il cristiano deve operare una cernita
oculata ed evitare di impegnarsi in collaborazioni non controllate e contrarie
ai principi di un autentico umanesimo, sia pure in nome di solidarietà effettivamente
sentite. Se infatti egli desidera avere una funzione specifica, come cristiano
in conformità alla sua fede - funzione che gli stessi increduli attendono da
lui deve stare attento, nel suo impegno attivo, a elucidare le proprie
motivazioni, e a oltrepassare gli obiettivi perseguiti in una visione più
comprensiva, al fine di evitare il pericolo di particolarismi egoistici e di
totalitarismi oppressori.
Pluralismo delle opzioni
50. Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà
vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni
possibili. Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi.(30) La chiesa invita tutti i cristiani al
duplice compito d'animazione e d'innovazione per fare evolvere le strutture e
adattarle ai veri bisogni presenti. Ai cristiani che sembrano, a prima vista,
opporsi partendo da opzioni differenti, essa chiede uno sforzo di reciproca
comprensione per le posizioni e le motivazioni dell'altro; un esame leale dei
propri comportamenti e della loro rettitudine suggerirà a ciascuno un
atteggiamento di carità più profonda che, pur riconoscendo le differenze, crede
tuttavia alle possibilità di convergenza e di unità: «Ciò che unisce i fedeli
è, in effetti, più forte di ciò che li separa».(31)
È vero che molti, inseriti nelle strutture e nei condizionamenti
moderni, sono determinati dalle loro abitudini mentali, dalle loro funzioni,
quando non dalla tutela degli interessi materiali. Taluni risentono così
profondamente la solidarietà delle classi e delle culture, che giungono a
condividere senza riserve ogni giudizio e ogni opzione del loro ambiente
(cf. 1 Ts 5, 21). Ciascuno avrà cura di esaminare se stesso e
di fare spuntare quella vera libertà nel Cristo che apre all'universale in
mezzo alle condizioni più particolari.
51. Anche qui le organizzazioni cristiane, nelle loro forme
differenti, hanno ugualmente una responsabilità di azione collettiva. Senza
sostituirsi alle istituzioni della società civile, esse devono esprimere, a
loro modo e superando il loro particolarismo, le esigenze concrete della fede
cristiana in una trasformazione giusta, e quindi necessaria, della società.(32)
Oggi più che mai la parola di Dio non potrà essere annunciata e
ascoltata se a essa non si accompagna la testimonianza della potenza dello
Spirito Santo che opera nell'azione dei cristiani posta al servizio dei fratelli,
proprio su quei punti dove sono in gioco la loro esistenza e il loro avvenire.
52. Confidandole queste riflessioni, noi abbiamo certamente
coscienza, signor cardinale, di non aver toccato tutti i problemi sociali che
interessano oggi l'uomo di fede e gli uomini di buona volontà. Le recenti
dichiarazioni che Noi abbiamo fatto - alle quali si aggiunge il suo messaggio
in occasione del lancio del secondo decennio di sviluppo, concernente
soprattutto i doveri della collettività delle nazioni nella grave questione
dello sviluppo integrale e solidale dell'uomo - sono ancora presenti negli
spiriti. Noi rivolgiamo adesso le presenti considerazioni nell'intento di
fornire al Consiglio dei laici e alla Pontificia commissione «Giustizia e pace»
nuovi elementi, e, al tempo stesso, un incoraggiamento per proseguire nel loro
compito di «risvegliare il popolo di Dio a una piena intelligenza della sua
funzione nell'ora presente» e di «promuovere l'apostolato sul piano
internazionale».(33)
È con questi sentimenti che noi le impartiamo, signor cardinale,
la nostra benedizione apostolica.
Roma, presso San Pietro, 14 maggio
1971, anno VIII del Nostro pontificato.
PAOLO PP. VI
(1) PAULUS PP. VI, Epist. apost. Octogesima
adveniens octogesimo expleto anno ab editis Litteris Encyclicis e
verbis appellatis «Rerum Novarum», [Ad E.mum P.D. Mauricium S.R.E. Cardinalem
Roy, Consilii de Laicis atque Pontificiae Commissionis Studiosorum a «Iustitia
et Pace» praesidem],14 maii 1971: AAS 63(1971), pp. 401-441.
Introduzione: Appello universale a maggiore giustizia;
Diversità di situazioni dei cristiani nel mondo; Il messaggio specifico della
chiesa; Ampiezza dei mutamenti attuali. - I. Nuovi problemi
sociali: L'urbanesimo; I cristiani nella città; I giovani; Il posto
della donna; I lavoratori; Le vittime dei mutamenti; Le discriminazioni;
Diritto all'emigrazione; Creare impieghi I mezzi di comunicazione sociale;
L'ambiente naturale. - II. Aspirazioni fondamentali e correnti di
idee: Vantaggi e limiti dei riconoscimenti giuridici; La società
politica; Ideologie e libertà umana; I movimenti storici; L'attività delle
correnti socialiste; L'evoluzione storica del marxismo; L'ideologia liberale;
Il discernimento cristiano; Rinascita delle utopie; L'interrogativo delle scienze
sull'uomo; Ambiguità del progresso. - III. I cristiani davanti ai
nuovi problemi: Per una più grande giustizia; Cambiamento dei cuori e
delle strutture; Significato cristiano dell'azione politica; Ripartizione delle
responsabilità. - IV. Invito all'azione: Necessità
d'impegnarsi nell'azione; Pluralismo delle opzioni.
(2) Cf. CONC. VAT. II, Const.
past. Gaudium et spes, 10: AAS 58(1966), p.
1033; EV 1/1350s.
(3) AAS 23(1931),
p. 209ss; EE 5/679.
(4) AAS 53(1961),
p. 429; EE 7/336.
(5) Litt.
enc. Populorum progressio, 3: AAS 59(1967), p.
258; EE 7/932.
(6) Litt.
enc. Populorum progressio, 1: AAS 59(1967), p.
257; EE 7/930.
(7) Cf. Litt.
enc. Populorum progressio, 25: AAS 59(1967), pp. 269-270; EE 7/954.
(8) Const.
past. Gaudium et spes, 25: AAS 58(1966), p.
1045; EV 1/1396.
(9) Const. past. Gaudium
et spes, 67: AAS 58(1966), p. 1089; EV 1/1546.
(10) Cf. Litt.
enc. Populorum progressio, 69: AAS 59(1967), pp.
290-291; EE 7/998.
(11) CONC. VAT.
II, Decl. Nostra aetate, 5: AAS 58(1966), p.
743; EV 1/869.
(12) Litt.
enc. Populorum progressio, 37: AAS 59(1967), pp.
276; EE 7/966.
(13) Cf. CONC.
VAT. II, Decr. Inter mirifica, 12: AAS 56(1964),
p. 149; EV 1/163s.
(14) Cf. Litt.
enc. Pacem in terris: AAS 55(1963), p.
261ss; EE 7/555-562.
(15) Cf. Nuntium
ad universos homines, Calendis Ianuariis diem fovendae paci per totum terrarum
orbem dicatum celebraturos:AAS 63(1971), pp. 5-9.
(16) Cf. Const.
past. Gaudium et spes, 74: AAS 58(1966), pp.
1095-1096; EV 1/1567s.
(17) Decl. Dignitatis
humanae, 1: AAS 58(1966), p. 930; EV 1/1044.
(18) Litt.
enc. Pacem in terris: AAS 55(1963), p. 300; EE 7/699.
(19) Cf. Const.
past. Gaudium et spes, 11: AAS 58(1966), p.
1033; EV 1/1352.
(20) Const.
past. Gaudium et spes, 39: AAS 58(1966), p.
1057; EV 1/1440.
(21) Litt.
enc. Populorum progressio, 13: AAS 59(1967), pp.
264; EE 7/942.
(22) Cf. Const.
past. Gaudium et spes, 36: AAS 58(1966),
p.1054; EV 1/1431.
(23) Cf. Litt.
enc. Populorum progressio, 56ss: AAS 59(1967), pp.
285ss; EE 7/985ss.
(24) Cf. Litt.
enc. Populorum progressio, 86: AAS 59(1967), pp.
299; EE 7/1015.
(25) Cf. Const.
past. Gaudium et spes, 63: AAS 58(1966)
p.1085; EV 1/1535.
(26) Litt. enc. Quadragesimo anno: AAS 23(1931)
p. 203; EE 5/661; cf. Litt. enc. Mater et
magistra: AAS 53(1961), pp. 414,
428;EE 7/273.332s; Const. past. Gaudium et spes, 74,
75, 76: AAS 58(1966), pp. 1095-1100; EV 1/1567-1584.
(27) Litt,
enc. Mater et magistra: AAS 53(1961), pp.
420-422; EE 7/295ss.
(28) Cf. Const.
past. Gaudium et spes, 68, 75: AAS 58(1966),
pp.1089s,1097; EV 1/1548s.1573s.
(29) Litt.
enc. Populorum progressio, 81: AAS 59(1967), pp.
296-297; EE 7/1010.
(30) Cf. Const.
past. Gaudium et spes, 43: AAS 58(1966),
p.1061; EV 1/1454.
(31) Const.
past. Gaudium et spes, 93: AAS 58(1966), p.
1113; EV 1/1643.
(32) Cf. CONC.
VAT. II, Const. dogm. Lumen gentium, 31: AAS 57(1965),
pp. 37-38; EV 1/363; Decr. Apostolicam actuositatem,
5;AAS 58(1966), p. 842; EV 1/932.
(33) Litt. apost. motu proprio datae Catholicam
Christi Ecclesiam: AAS 59 (1967), p. 27 et p. 26; EV 2/959.958.
***********************************
OCTOGESIMA ADVENIENS
APOSTOLIC LETTER
OF POPE PAUL VI
To Cardinal Maurice Roy
President of the Council of the Laity and of the Pontifical Commission Justice
and Peace
On the Occasion of the Eightieth Anniversary of the Encyclical "Rerum
Novarum"
Venerable Brother,
1. The eightieth anniversary of the
publication of the encyclical Rerum Novarum, the message of which
continues to inspire action for social justice, prompts us to take up again and
to extend the teaching of our predecessors, in response to the new needs of a
changing world. The Church, in fact, travels forward with humanity and shares
its lot in the setting of history. At the same time that she announces to men
the Good News of God's love and of salvation in Christ she clarifies their
activity in the light of the Gospel and in this way helps them to correspond to
God's plan of love and to realize the fullness of their aspirations.
Universal appeal
2. It is with confidence that we see
the Spirit of the Lord pursuing his work in the hearts of men and in every
place gathering together Christian communities conscious of their
responsibilities in society. On all the continents, among all races, nations
and cultures, and under all conditions the Lord continues to raise up authentic
apostles of the Gospel.
We have had the opportunity to meet
these people, to admire them and to give them our encouragement in the course
of our recent journeys. We have gone into the crowds and have heard their
appeals, cries of distress and at the same time cries of hope. Under these
circumstances we have seen in a new perspective the grave problems of our time.
These problems of course are particular to each part of the world, but at the
same time they are common to all mankind, which is questioning itself about its
future and about the tendency and the meaning of the changes taking place.
Flagrant inequalities exist in the economic, cultural and political development
of the nations: while some regions are heavily industrialized, others are still
at the agricultural stage; while some countries enjoy prosperity, others are
struggling against starvation; while some peoples have a high standard of
culture, others are still engaged in eliminating illiteracy. From all sides
there rises a yearning for more justice and a desire for a better guaranteed
peace in mutual respect among individuals and peoples.
Diversity of situations
3. There is of course a wide diversity
among the situations in which Christians - willingly or unwillingly - find
themselves according to regions, socio-political systems and cultures. In some
places they are reduced to silence, regarded with suspicion and as it were kept
on the fringe of society, enclosed without freedom in a totalitarian system. In
other places they are a weak minority whose voice makes itself heard with
difficulty. In some other nations, where the Church sees her place recognized,
sometimes officially so, she too finds herself subjected to the repercussions
of the crisis which is unsettling society, some of her members are tempted by
radical and violent solutions from which they believe that they can expect a
happier outcome. While some people, unaware of present injustices, strive to
prolong the existing situations, others allow themselves to be beguiled by
revolutionary ideologies which promise them, not without delusion, a definitively
better world.
4. In the face of such widely varying
situations it is difficult for us to utter a unified message and to put forward
a solution which has universal validity. Such is not our ambition, nor is it
our mission. It is up to the Christian communities to analyze with objectivity
the situation which is proper to their own country, to shed on it the light of
the Gospel's unalterable words and to draw principles of reflection, norms of
judgment and directives for action from the social teaching of the Church. This
social teaching has been worked out in the course of history and notably, in
this industrial era, since the historic date of the message of Pope Leo XIII on
"the condition of the workers", and it is an honor and joy for us to
celebrate today the anniversary of that message. It is up to these Christian
communities, with the help of the Holy Spirit, in communion with the bishops
who hold responsibility and in dialogue with other Christian brethren and all
men of goodwill, to discern the options and commitments which are called for in
order to bring about the social, political and economic changes seen in many
cases to be urgently needed. In this search for the changes which should be
promoted, Christians must first of all renew their confidence in the
forcefulness and special character of the demands made by the Gospel. The
Gospel is not out-of-date because it was proclaimed, written and lived in a
different sociocultural context. Its inspiration, enriched by the living
experience of Christian tradition over the centuries, remains ever new for
converting men: end for advancing the life of society. It is not however to be
utilized for the profit of particular temporal options, to the neglect of its
universal and eternal message (1).
Specific message of the Church
5. Amid the disturbances and
uncertainties of the present hour, the Church has a specific message to
proclaim and a support to give to men in their efforts to take in hand and give
direction to their future. Since the period in which the encyclical Rerum
Novarum denounced in a forceful and imperative manner the scandal of the
condition of the workers in the nascent industrial society, historical
evolution has led to an awareness of other dimensions and other applications of
social justice. The encyclicals Quadragesimo Anno(2) and Mater et Magistra (3) already noted this fact. The recent Council
for its part took care to point them out, in particular in the Pastoral
Constitution Gaudium et Spes. We ourself have already continued
these lines of thought in our encyclical Populorum Progressio.
"Today", we said, "the principal fact that we must all recognize
is that the social question has become worldwide" (4). "A renewed consciousness of the demands
of the Gospel makes it the Church's duty to put herself at the service of all,
to help them grasp their serious problem in all its dimensions, and to convince
them that solidarity in action at this turning point in human history is a
matter of urgency" (5).
6. It will moreover be for the
forthcoming Synod of Bishops itself to study more closely and to examine in
greater detail the Church's mission in the face of grave issues raised today by
the question of justice in the world. But the anniversary of Rerum
Novarum, venerable brother, gives us the opportunity today to confide our
preoccupations and thoughts in the face of this problem to you as President of
the Pontifical Commission Justice and Peace and of the Council of Laity. In
this way it is also our wish to offer these bodies of the Holy See our
encouragement in their ecclesial activity in the service of men.
Extent of present-day changes
7. In so doing, our purpose- without
however forgetting the permanent problems already dealt with by our
predecessors-is to draw attention to a number of questions. These are questions
which because of their urgency, extent and complexity must in the years to come
take first place among the preoccupations of Christians, so that with other men
the latter may dedicate themselves to solving the new difficulties which put
the very future of man in jeopardy. It is necessary to situate the problems
created by the modern economy in the wider context of a new civilization. These
problems include human conditions of production, fairness in the exchange of
goods and in the division of wealth, the significance of the increased needs of
consumption and the sharing of responsibility. In the present changes, which
are so profound and so rapid, each day man discovers himself anew, and he
questions himself about the meaning of his own being and of his collective survival.
Reluctant to gather the lessons of a past that he considers over and done with
and too different from the present, man nevertheless needs to have light shed
upon his future - a future which he perceives to be as uncertain as it is
changing - by permanent eternal truths. These are truths which are certainly
greater than man but, if he so wills, he can himself find their traces (6).
New Social Problems
Urbanization
8. A major phenomenon draws our
attention, as much in the industrialized countries as in those which are
developing: urbanization.
After long centuries, agrarian
civilization is weakening. Is sufficient attention being devoted to the
arrangement and improvement of the life of the country people, whose inferior
and at times miserable economic situation provokes the flight to the unhappy
crowded conditions of the city outskirts, where neither employment nor housing
awaits them?
This unceasing flight from the land,
industrial growth, continual demographic expansion and the attraction of urban,
centers bring about concentrations of population, the extent of which is
difficult to imagine, for people are already speaking in terms of a
"megalopolis" grouping together tens of millions of persons. Of
course there exist medium-sized towns, the dimension of which ensures a better
balance in the population. While being able to offer employment to those that
progress in agriculture makes available, they permit an adjustment of the human
environment which better avoids the proletarianism and crowding of the great
built-up areas.
9. The inordinate growth of these
centers accompanies industrial expansion, without being identified with it.
Based on technological research and the transformation of nature,
industrialization constantly goes forward, giving proof of incessant
creativity. While certain enterprises develop and are concentrated, others die
or change their location. Thus new social problems are created: professional or
regional unemployment, redeployment and mobility of persons, permanent
adaptation of workers and disparity of conditions in the different branches of
industry. Unlimited competition utilizing the modern means of publicity
incessantly launches new products and tries to attract the consumer, while
earlier industrial installations which are still capable of functioning become
useless. While very large areas of the population are unable to satisfy their
primary needs, superfluous needs are ingeniously created. It can thus rightly
be asked if, in spite of all his conquests, man Is not turning back against
himself the results of his activity. Having rationally endeavored to control
nature, (7) is he not now becoming the slave of the
objects which he makes?
Christians in the City
10. Is not the rise of an urban
civilization which accompanies the advance of industrial civilization a true
challenge to the wisdom of man, to his capacity for organization and to his
farseeing imagination? Within industrial society urbanization up" sets
both the ways of life and the habitual structures of existence: the family, the
neighborhood, and the very framework of the Christian community. Man is
experiencing a new loneliness; it is not in the face of a hostile nature which
it has taken him centuries to subdue, but in an anonymous crowd which surrounds
him and in which he feels himself a stranger. Urbanization, undoubtedly an
irreversible stage in the development of human societies, confronts man with
difficult problems. How is he to master its growth, regulate its organization,
and successfully accomplish its animation for the good of all?
In this disordered growth, new
proletariats are born. They install themselves in the heart of the cities
sometimes abandoned by the rich; they dwell on the outskirts - which become a
belt of misery besieging in a still silent protest the luxury which blatantly
cries out from centers of consumption and waste. Instead of favoring fraternal
encounter and mutual aid, the city fosters discrimination and also
indifference. It lends itself to new forms of exploitation and of domination
whereby some people in speculating on the needs of others derive inadmissible
profits. Behind the facades much misery is hidden, unsuspected even by the
closest neighbors; other forms of misery spread where human dignity founders:
delinquency, criminality, abuse of drugs and eroticism.
11. It is in fact the weakest who are
the victims of dehumanizing living conditions, degrading for con science and
harmful for the family institution. The promiscuity of working people's housing
makes a minimum of intimacy impossible; young couples waiting in vain for a
decent dwelling at a price they can afford are demoralized and their union can
thereby even be endangered; youth escape from a home which is too confined and
seek in the streets compensations and companionships which cannot be
supervised. It is the grave duty of those responsible to strive to control this
process and to give it direction.
There is an urgent need to remake at
the level of the street, of the neighborhood or of the great agglomerative
dwellings the social fabric whereby man may be able to develop the needs of his
personality. Centers of special interest and of culture must be created or
developed at the community and parish levels with different forms of
associations, recreational centers, and spiritual and community gatherings
where the individual can escape from isolation and form anew fraternal
relationships.
12. To build up the city, the place
where men and their expanded communities exist, to create new modes of
neighborliness and relationships, to perceive an original application of social
justice and to undertake responsibility for this collective future, which is
foreseen as difficult, is a task in which Christians must share. To those who
are heaped up in an urban promiscuity which becomes intolerable it is necessary
to bring a message of hope. This can be done by brotherhood which is lived and
by concrete justice. Let Christians, conscious of this new responsibility, not
lose heart in view of the vast and faceless society; let them recall Jonah who
traversed Niniveh, the great city, to proclaim therein the good news of God's
mercy and was upheld in his weakness by the sole strength of the word of
Almighty God. In the Bible, the city is in fact often the place of sin and
pride-the pride of man who feels secure enough to be able to build his life
without God and even to affirm that he is powerful against God. But there is
also the example of Jerusalem, the Holy City, the place where God is
encountered, the promise of the city which comes from on high (8).
Youth
13. Urban life and industrial change
bring strongly to light questions which until now were poorly grasped. What
place, for example, in this world being brought to birth, should be given to
youth? Everywhere dialogue is proving to be difficult between youth, with its
aspirations, renewal and also insecurity for the future, and the adult
generations. It is obvious to all that here we have a source of serious
conflicts, division and opting out, even within the family, and a questioning
of modes of authority, education for freedom and the handing on of values and
beliefs, which strikes at the deep roots of society.
The role of women
Similarly, in many countries a charter
for women which would put an end to an actual discrimination and would
establish relationships of equality in rights and of respect for their dignity
is the object of study and at times of lively demands. We do not have in mind
that false equality which would deny the distinction with woman's proper role,
which is of such capital importance, at the heart of the family as well as
within society. Developments in legislation should on the contrary be directed
to protecting her proper vocation and at the same time recognizing her
independence as a person, and her equal rights to participate in cultural,
economic, social and political life.
Workers
14. As the Church solemnly reaffirmed
in the recent Council, "the beginning, the subject and the goal of all
social institutions is and must be the human person" (9). Every man has the right to work, to a chance
to develop his qualities and his personality in the exercise of his profession,
to equitable remuneration which will enable him and his family "to lead a
worthy life on the material, social, cultural and spiritual level" (10) and to assistance in case of need arising
from sickness or age.
Although for the defense of these
rights democratic societies accept today the principle of labor union rights,
they are not always open to their exercise. The important role of union
organizations must be admitted: their object is the representation of the
various categories of workers, their lawful collaboration in the economic
advance of society, and the development of the sense of their responsibility
for the realization of the common good. Their activity, however, is not without
its difficulties. Here and there the temptation can arise of profiting from a
position of force to impose, particularly by strikes - the right to which as a
final means of defense remains certainly recognized - conditions which are too
burdensome for the overall economy and for the social body, or to desire to
obtain in this way demands of a directly political nature. When it is a
question of public service, required for the life of an entire nation, it is
necessary to be able to assess the limit beyond which the harm caused to
society become inadmissible.
Victims of Changes
15. In short, progress has already been
made in introducing, in the area of human relationships, greater justice and
greater sharing of responsibilities. But in this immense field much remains to
be done. Further reflection, research and experimentation must be actively
pursued, unless one is to be late in meeting the legitimate aspirations of the
workers - aspirations which are being increasingly asserted according as their
education, their consciousness of their dignity and the strength of their
organizations increase.
Egoism and domination are permanent
temptations for men. Likewise an ever finer discernment is needed, in order to
strike at the roots of newly arising situations of injustice and to establish
progressively a justice which will be less and less imperfect. In industrial
change, which demands speedy and constant adaptation, those who will find
themselves injured will be more numerous and at a greater disadvantage from the
point of view of making their voices heard. The Church directs her attention to
those new "poor" - the handicapped and the maladjusted, the old,
different groups of those on the fringe of society, and so on - in order to
recognize them, help them; defend their place and dignity in a society hardened
by competition and the attraction of success.
Discrimination
16. Among the victims of situations of
injustice - unfortunately no new phenomenon - must be placed those who are
discriminated against, in law or in fact, on account of their race, origin,
color, culture, sex or religion.
Racial discrimination possesses at the
moment a character of very great relevance by reason of the tension which it
stirs up both within countries and on the international level. Men rightly
consider unjustifiable and reject as inadmissible the tendency to maintain or
introduce legislation or behavior systematically inspired by racialist
prejudice. The members of mankind share the same basic rights and duties, as
well as the same supernatural destiny. Within a country which belongs to each
one, all should be equal before the law, find equal admittance to economic,
cultural, civic and social life and benefit from a fair sharing of the nation's
riches.
Right to emigrate
17. We are thinking of the precarious
situation of a great number of emigrant workers whose condition as foreigners
makes it all the more difficult for them to make any sort of social
vindication, in spite of their real participation in the economic effort of the
country that receives them. It is urgently necessary for people to go beyond a
narrowly nationalist attitude in their regard and to give them a charter which
will assure them a right to emigrate, favor their integration, facilitate their
professional advancement and give them access to decent housing where, if such
is the case, their families can join them (11).
Linked to this category are the people
who, to find work, or to escape a disaster or a hostile climate, leave their
regions and find themselves without roots among other people.
It is everyone's duty, but especially
that of Christians (12), to work with energy for the establishment
of universal brotherhood, the indispensable basis for authentic justice and the
condition for enduring peace: "We cannot in truthfulness call upon that
God who is the Father of all if we refuse to act in a brotherly way toward
certain men, created to God's image. A man's relationship with God the Father
and his relationship with his brother men are so linked together that Scripture
says: 'He who does not love does not know God' (I Jn. 4, 8)"(13).
Creating Employment
18. With demographic growth, which is
particularly pronounced in the young nations, the number of those failing to
find work and driven to misery or parasitism will grow in the coming years
unless the conscience of man rouses itself and gives rise to a general movement
of solidarity through an effective policy of investment and of organization of
production and trade, as well as of education. We know the attention given to
these problems within international organizations, and it is our lively wish
that their members will not delay bringing their actions into line with their
declarations.
It is disquieting in this regard to
note a kind of fatalism which is gaining a hold even on people in positions of
responsibility. This feeling sometimes leads to Malthusian solutions inculcated
by active propaganda for contraception and abortion. In this critical
situation, it must on the contrary be affirmed that the family, without which
no society can stand, has a right to the assistance which will assure it of the
conditions for a healthy development. "It is certain", we said in our
encyclical Populorum Progressio, "that public authorities can
intervene, within the limit of their competence, by favoring the availability
of appropriate information and by adopting suitable measures, provided that
these be in conformity with the moral law and that they respect the rightful
freedom of married couples. Where the inalienable right to marriage and
procreation is lacking, human dignity has ceased to exists"(14).
19. In no other age has the appeal to
the imagination of society been so explicit. To this should be devoted
enterprises of invention and capital as important as those invested for
armaments or technological achievements. If man lets himself rush ahead without
foreseeing in good time the emergence of new social problems, they will become
too grave for a peaceful solution to be hoped for.
Media of social communication
20. Among the major changes of our
times, we do not wish to forget to emphasize the growing role being assumed by
the media of social communication and their influence on the transformation of
mentalities of knowledge, of organizations and of society itself. Certainly
they have many positive aspects. Thanks to them news from the entire world reaches
us practically in an instant, establishing contacts which supersede distances
and creating elements of unity among all men. A greater spread of education and
culture is becoming possible. Nevertheless, by their very action the media of
social communication are reaching the point of representing as it were a new
power. One cannot but ask about those who really hold this power, the aims that
they pursue and the means they use, and finally, about the effect of their
activity on the exercise of individual liberty, both in the political and
ideological spheres and in social, economic and cultural life. The men who hold
this power have a grave moral responsibility with respect to the truth of the
information that they spread, the needs and the reactions that they generate
and the values which they put forward. In the case of television, moreover,
what is coming into being is an original mode of knowledge
and a new civilization: that of the image.
Naturally, the public authorities
cannot ignore the growing power and influence of the media of social
communication and the advantages and risks which their use involves for the
civic community and for its development and real perfecting.
Consequently they are called upon to
perform their own positive function for the common good by encouraging every
constructive expression, by supporting individual citizens and groups in
defending the fundamental values of the person and of human society, and also
by taking suitable steps to prevent the spread of what would harm the common
heritage of values on which orderly civil progress is based (15).
The environment
21. While the horizon of man is thus
being modified according to the images that are chosen for him, another
transformation is making itself felt, one which is the dramatic and unexpected
consequence of human activity. Man is suddenly becoming aware that by an
ill-considered exploitation of nature he risks destroying it and becoming in
his turn the victim of this degradation. Not only is the material environment
becoming a permanent menace - pollution and refuse, new illness and absolute
destructive capacity - but the human framework is no longer under man's
control, thus creating an environment for tomorrow which may well be
intolerable. This is a wide-ranging social problem which concerns the entire
human family.
The Christian must turn to these new
perceptions in order to take on responsibility, together with the rest of men,
for a destiny which from now on is shared by all.
Fundamental Aspirations and Currents of
Ideas
22. While scientific and technological
progress continues to overturn man's surroundings, his patterns of knowledge,
work, consumption and relationships, two aspirations persistently make
themselves felt in these new contexts, and they grow stronger to the extent
that he becomes better informed and better educated: the aspiration to equality
and the aspiration to participation, two forms of man's dignity and freedom.
Advantages and limitations of juridical
recognition
23. Through the statement of the rights
of man and the seeking for international agreements for the application of
these rights, progress has been made towards inscribing these two aspirations
in deeds and structures (16). Nevertheless various forms of
discrimination continually reappear - ethnic cultural, religious, political and
so on. In fact, human rights are still too often disregarded, if not scoffed
at, or else they receive only formal recognition. In many cases legislation
does not keep up with real situations. Legislation is necessary, but it is not
sufficient for setting up true relationships of justice and equity. In teaching
us charity, the Gospel instructs us in the preferential respect due to the poor
and the special situation they have in society: the more fortunate should
renounce some of their rights so as to place their goods more generously at the
service of others. If, beyond legal rules, there is really no deeper feeling of
respect for and service to others, then even equality before the law can serve
as an alibi for flagrant discrimination, continued exploitation and actual
contempt. Without a renewed education in solidarity, an overemphasis of
equality can give rise to an individualism in which each one claims his own
rights without wishing to be answerable for the common good.
In this field, everyone sees the highly
important contribution of the Christian spirit, which moreover answers man's
yearning to be loved. "Love for man, the prime value of the earthly
order" ensures the conditions for peace, both social peace and
international peace, by affirming our universal brotherhood (17).
The political society
24. The two aspirations, to equality
and to participation, seek to promote a democratic type of society. Various
models are proposed, some are tried out, none of them gives complete
satisfaction, and the search goes on between ideological and pragmatic
tendencies. The Christian has the duty to take part in this search and in the
organization and life of political society. As a social being, man builds his
destiny within a series of particular groupings which demand, as their
completion and as a necessary condition for their development, a vaster
society, one of a universal character, the political society. All particular
activity must be placed within that wider society, and thereby it takes on the
dimension of the common good. (18)
This indicates the importance of
education for life in society, in which there are called to mind, not only
information on each one's rights, but also their necessary correlative: the
recognition of the duties of each one in regard to others. The sense. and
practice of duty are themselves conditioned by self-mastery and by the
acceptance of responsibility and of the limits placed upon the freedom of the
individual or of the group.
25. Political activity - need one
remark that we are dealing primarily with an activity, not an ideology? -
should be the projection of a plan of society which is consistent in its
concrete means and in its inspiration, and which springs from a complete
conception of man's vocation and of its differing social expressions. It is not
for the State or even for political parties, which would be closed unto
themselves, to try to impose an ideology by means that would lead to a
dictatorship over minds, the worst kind of all. It is for cultural and
religious groupings, in the freedom of acceptance which they presume, to
develop in the social body, disinterestedly and in their own ways, those
ultimate convictions on the nature, origin and end of man and society.
In this field, it is well to keep in
mind the principle proclaimed at the Second Vatican Council: "The truth
cannot impose itself except by virtue of its own truth, and it makes its
entrance into the mind at once quietly and with power" (19).
Ideologies and human liberty
26. Therefore the Christian who wishes
to live his faith in a political activity which he thinks of as service cannot
without contradicting himself adhere to ideological systems which radically or
substantially go against his faith and his concept of man. He cannot adhere to
the Marxist ideology, to its atheistic materialism, to its dialectic of
violence and to the way it absorbs individual freedom in the collectivity, at
the same time denying all transcendence to man and his personal and collective
history; nor can be adhere to the liberal ideology which believes it exalts
individual freedom by with drawing it from every limitation, by stimulating it
through exclusive seeking of interest and power, and by considering social
solidarities as more or less automatic consequences of individual initiatives,
not as an aim and a major criterion of the value of the social organization.
27. Is there need to stress the
possible ambiguity of every social ideology? Sometimes it leads political or
social activity to be simply the application of an abstract, purely theoretical
idea; at other times it is thought which becomes a mere instrument at the
service of activity as a simple means of a strategy.
In both cases is it not man that risks
finding himself alienated? The Christian faith is above and is sometimes
opposed to the ideologies, in that it recognizes God, who is transcendent and
the Creator, and who, through all the levels of creation, calls on man as
endowed with responsibility and freedom.
28. There would also be the danger of
giving adherence to an ideology which does not rest on a true and organic
doctrine, to take refuge in it as a final and sufficient explanation of
everything, and thus to build a new idol, accepting, at times without being
aware of doing so, its totalitarian and coercive character. And people imagine
they find in it a justification for their activity, even violent activity, and
an adequate response to a generous desire to serve. The desire remains but it
allows itself to be consumed by an ideology which, even if it suggests certain
paths to man's liberation, ends up by making him a slave.
29. It has been possible today to speak
of a retreat of ideologies. In this respect the present time may be favorable
for an openness to the concrete transcendence of Christianity. It may also be a
more accentuated sliding towards a new positivism: universalized technology as
the dominant form of activity, as the overwhelming pattern of existence, even
as a language, without the question of its meaning being really asked.
Historical movements
30. But outside of this positivism
which reduces man to a single dimension even if it be an important one today
and by so doing mutilates him, the Christian encounters in his activity
concrete historical movements sprung from ideologies and in part distinct from
them. Our venerated predecessor Pope John XXIII in Pacem in
Terris already showed that it is possible to make a distinction:
"Neither can false philosophical teachings regarding the nature, origin
and destiny of the universe and of man be identified with historical movements
that have economic, social. cultural or political ends, not even when these
movements have originated from those teachings and have drawn and still draw
inspiration therefrom. Because the teachings, once they are drawn up and
defined, remain always the same, while the movements, being concerned with
historical situations in constant evolution, cannot but be influenced by these
latter and cannot avoid, therefore, being subject to changes, even of a profound
nature. Besides, who can deny that those movements, in so far as they conform
to the dictates of right reason and are interpreters of the lawful aspirations
of the human person, contain elements that are positive and deserving of
approval?" (20).
Attraction of socialist currents
31. Some Christians are today attracted
by socialist currents and their various developments. They try to recognize
therein a certain number of aspirations which they carry within themselves in
the name of their faith. They feel that they are part of that historical
current and wish to play a part within it. Now this historical current takes
on, under the same name, different forms according to different continents and
cultures, even if it drew its inspiration, and still does in many cases, from
ideologies incompatible with faith. Careful judgment is called for. Too often
Christians attracted by socialism tend to idealize it in terms which, apart
from anything else, are very general: a will for justice, solidarity and
equality. They refuse to recognize the limitations of the historical socialist
movements, which remain conditioned by the ideologies from which they
originated. Distinctions must be made to guide concrete choices between the
various levels of expression of socialism: a generous aspiration and a seeking
for a more just society, historical movements with a political organization and
aim, and an ideology which claims to give a complete and self-sufficient
picture of man. Nevertheless, these distinctions must not lead one to consider
such levels as completely separate and independent. The concrete link which,
according to circumstances, exists between them must be clearly marked out.
This insight will enable Christians to see the degree of commitment possible
along these lines, while safeguarding the values, especially those of liberty,
responsibility and openness to the spiritual, which guarantee the integral
development of man.
Historical evolution of Marxism
32. Other Christians even ask whether
an historical development of Marxism might not authorize certain concrete
rapprochements. They note in fact a certain splintering of Marxism, which until
now showed itself to be a unitary ideology which explained in atheistic terms
the whole of man and the world since it did not go outside their development process.
Apart from the ideological confrontation officially separating the various
champions of Marxism-Leninism in their individual interpretations of the
thought of its founders, and apart from the open opposition between the
political systems which make use of its name today, some people lay down
distinctions between Marxism's various levels of expression.
33. For some, Marxism remains
essentially the active practice of class struggle. Experiencing the ever
present and continually renewed force of the relationships of domination and
exploitation among men, they reduce Marxism to no more than a struggle - at
times with no other purpose - to be pursued and even stirred up in permanent
fashion. For others, it is first and foremost the collective exercise of political
and economic power under the direction of a single party, which would be the
sole expression and guarantee of the welfare of all, and would deprive
individuals and other groups of any possibility of initiative and choice. At a
third level, Marxism' whether in power or not, is viewed as a socialist
ideology based on historical materialism and the denial of everything
transcendent. At other times, finally, it presents itself in a more attenuated
form, one also more attractive to the modern mind: as a scientific activity, as
a rigorous method of examining social and political reality, and as the
rational link, tested by history, between theoretical knowledge and the
practice of revolutionary transformation. Although this type of analysis gives
a privileged position to certain aspects of reality to the detriment of the
rest, and interprets them in the light of its ideology, it nevertheless
furnishes some people not only with a working tool but also a certitude
preliminary to action: the claim to decipher in a scientific manner the
mainsprings of the evolution of society.
34. While, through the concrete
existing form of Marxism, one can distinguish these various aspects and the
questions they pose for the reflection and activity of Christians, it would be
illusory and dangerous to reach a point of forgetting the intimate link which
radically binds them together, to accept the elements of Marxist analysis
without recognizing their relationships with ideology, and to enter into the
practice of class struggle and its Marxist interpretations, while failing to
note the kind of totalitarian and violent society to which this process leads.
The liberal ideology
35. On another side, we are witnessing
a renewal of the liberal ideology. This current asserts itself both in the name
of economic efficiency, and for the defense of the individual against the
increasingly overwhelming hold of organizations, and as a reaction against the
totalitarian tendencies of political powers. Certainly, personal initiative
must be maintained and developed. But do not Christians who take this path tend
to idealize liberalism in their turn, making it a proclamation in favor of
freedom? They would like a new model, more adapted to present-day conditions,
while easily forgetting that at the very root of philosophical liberalism is an
erroneous affirmation of the autonomy of the individual in his activity, his
motivation and the exercise of his liberty. Hence, the liberal ideology
likewise calls for careful discernment on their part.
Christian discernment
36. In this renewed encounter of the
various ideologies, the Christian will draw from the sources of his faith and
the Church's teaching the necessary principles and suitable criteria to avoid
permitting himself to be first attracted by and then imprisoned within a system
whose limitations and totalitarianism may well become evident to him too late,
if he does nor perceive them in their roots. Going beyond every system, without
however failing to commit himself concretely to serving his brothers, he will
assert, in the very midst of his options, the specific character of the
Christian contribution for a positive transformation of society (21).
Rebirth of utopias
37. Today moreover the weaknesses of
the ideologies are better perceived through the concrete systems in which they
are trying to affirm themselves. Bureaucratic socialism, technocratic
capitalism and authoritarian democracy are showing how difficult it is to solve
the great human problem of living together in justice and equality. How in fact
could they escape the materialism, egoism or constraint which inevitably go
with them? This is the source of a protest which is springing up more or less
everywhere, as a sign of a deep-seated sickness, while at the same time we are
witnessing the rebirth of what it is agreed to call "utopias". These
claim to resolve the political problem of modern societies better than the
ideologies. It would be dangerous to disregard this. The appeal to a utopia is
often a convenient excuse for those who wish to escape from concrete tasks in
order to take refuge in an imaginary world. To live in a hypothetical future is
a facile alibi for rejecting immediate responsibilities. But it must clearly be
recognized that this kind of criticism of existing society often provokes the
forward-looking imagination both to perceive in the present the disregarded
possibility hidden within it, and to direct itself towards a fresh future; it
thus sustains social dynamism by the confidence that it gives to the inventive
powers of the human mind and heart; and, if it refuses no overture, it can also
meet the Christian appeal. The Spirit of the Lord, who animates man renewed in
Christ, continually breaks down the horizons within which his understanding
likes to find security and the limits to which his activity would willingly
restrict itself; ;here dwells within him a power which urges him to go beyond every
system and every ideology. At the heart of the world there dwells the mystery
of man discovering himself to be God's son in the course of a historical and
psychological process in which constraint and freedom as well as the weight of
sin and the breath of the Spirit alternate and struggle for the upper hand.
The dynamism of Christian faith here
triumphs over the narrow calculations of egoism. Animated by the power of the
Spirit of Jesus Christ, the Savior of mankind, and upheld by hope, the
Christian involves himself in the building up of the human city, one that is to
be peaceful, just and fraternal and acceptable as an offering to God. (22) In fact, "the expectation of a new
earth must not weaken but rather stimulate our concern for cultivating this
one. For here grows the body of a new human family, a body which even now is
able to give some kind of foreshadowing of the new age" (23).
The questioning of the human sciences
38. In this world dominated by
scientific and technological change, which threatens to drag it towards a new
posivitism, another more fundamental doubt is raised. Having subdued nature by
using his reason, man now finds that he himself is as it were imprisoned within
his own rationality; he in turn becomes the object of science. The "human
sciences" are today enjoying a significant flowering. On the one hand they
are subjecting to critical and radical examination the hitherto accepted
knowledge about man, on the grounds that this knowledge seems either too empirical
or too theoretical. On the other hand, methodological necessity and ideological
presuppositions too often lead the human sciences to isolate, in the various
situations, certain aspects of man, and yet to give these an explanation which
claims to be complete or at least an interpretation which is meant to be
all-embracing from a purely quantitative or phenomenological point of view.
This scientific reduction betrays a dangerous presupposition. To give a
privileged position in this way to such an aspect of analysis is to mutilate
man and, under the pretext of a scientific procedure, to make it impossible to
understand man in his totality.
39. One must be no less attentive to
the action which the human sciences can instigate, giving rise to the
elaboration of models of society to be subsequently imposed on men as
scientifically tested types of behavior. Man can then become the object of manipulations
directing his desires and needs and modifying his behavior and even his system
of values. There is no doubt that there exists here a grave danger for the
societies of tomorrow and for man himself. For even if all agree to build a new
society at the service of men, it is still essential to know what sort of man
is in question.
Widening the horizons
40. Suspicion of the human sciences
affects the Christian more than others, but it does not find him disarmed. For,
as we ourself wrote in Populorum Progressio, it is here that there is found the
specific contribution of the Church to civilizations: "Sharing the noblest
aspirations of men and suffering when she sees them not satisfied, she wishes
to help them attain their full flowering, and that is why she offers men what
she possesses as her characteristic attribute: a global vision of man and of
the human race". (24) Should the Church in its turn contest the
proceedings of the human sciences, and condemn their pretentions? As in the
case of the natural sciences, the Church has confidence in this research also
and urges Christians to play an active part in it (25). Prompted by the same scientific demands and
the desire to know man better, but at the same time enlightened by their faith,
Christians who devote themselves to the human sciences will begin a dialogue
between the Church and this new field of discovery, a dialogue which promises
to be fruitful. Of course, each individual scientific discipline will be able,
in its own particular sphere, to grasp only a partial-yet true-aspect of man;
the complete picture and the full meaning will escape it. But within these
limits the human sciences give promise of a positive function that the Church
willingly recognizes. They can even widen the horizons of human liberty to a
greater extent than the conditioning circumstances perceived enable one to
foresee. They could thus assist Christian social morality, which no doubt will
see its field restricted when it comes to suggesting certain models of society,
while its function of making a critical judgment and taking an overall view
will be strengthened by its showing the relative character of the behavior and
values presented by such and such a society as definitive and inherent in the
very nature of man. These sciences are a condition at once indispensable and
inadequate for a better discovery of what is human. They are a language which
becomes more and more complex, yet one that deepens rather than solves the
mystery of the heart of man; nor does it provide the complete and definitive
answer to the desire which springs from his innermost being.
Ambiguous nature of progress
41. This better knowledge of man makes
it possible to pass a better critical judgment upon and to elucidate a
fundamental notion that remains at the basis of modern societies as their
motive, their measure and their goal: namely, progress. Since the nineteenth
century, western societies and, as a result, many others have put their hopes
in ceaselessly renewed and indefinite progress. They saw this progress as man's
effort to free himself in face of the demands of nature and of social
constraints; progress was the condition for and the yardstick of human freedom.
Progress, spread by the modern media of information and by the demand for wider
knowledge and greater consumption, has become an omnipresent ideology. Yet a
doubt arises today regarding both its value and its result What is the meaning
of this never-ending, breathless pursuit of a progress that always eludes one
just when one believes one has conquered it sufficiently in order to enjoy it
in peace? If it is not attained, it leaves one dissatisfied. Without doubt,
there has been just condemnation of the limits and even the misdeeds of a
merely quantitative economic growth; there is a desire to attain objectives of
a qualitative order also. The quality and the truth of human relations, the
degree of participation and of responsibility, are no less significant and
important for the future of society than the quantity and variety of the goods
produced and consumed.
Overcoming the temptation to wish to
measure everything in terms of efficiency and of trade, and in terms of the
interplay of forces and interests, man today wishes to replace these
quantitative criteria with the intensity of communication, the spread of
knowledge and culture, mutual service and a combining of efforts for a common
task. Is not genuine progress to be found in the development of moral
consciousness, which will lead man to exercise a wider solidarity and to open himself
freely to others and to God? For a Christian, progress necessarily comes up
against the eschatological mystery of death. The death of Christ and his
resurrection and the outpouring of the Spirit of the Lord help man to place his
freedom, in creativity and gratitude, within the context of the truth of all
progress and the only hope which does not deceive (26).
Christians Face to Face with These New
Problems
Dynamism of the Church's social
teaching
42. In the face of so many new
questions the Church makes an effort to reflect in order to give an answer, in
its own sphere, to men's expectations. If today the problems seem original in
their breadth and their urgency, is man without the means of solving them? It
is with all its dynamism that the social teaching of the Church accompanies men
in their search. If it does not intervene to authenticate a given structure or
to propose a ready-made model, it does not thereby limit itself to recalling
general principles. It develops through reflection applied to the changing
situations of this world, under the driving force of the Gospel as the source
of renewal when its message is accepted in its totality and with all its
demands. It also develops with the sensitivity proper to the Church which is
characterized by a disinterested will to serve and by attention to the poorest.
Finally, it draws upon its rich
experience of many centuries which enables it, while continuing its permanent
preoccupations, to undertake the daring and creative innovations which the
present state of the world requires.
For greater justice
43. There is a need to establish a
greater justice in the sharing of goods, both within national communities and
on the international level. In international exchanges there is a need to go
beyond relationships based on force, in order to arrive at agreements reached
with the good of all in mind. Relationships based on force have never in fact
established justice in a true and lasting manner, even if at certain times the
alteration of positions can often make it possible to find easier conditions
for dialogue. The use of force moreover leads to the setting in motion of
opposing forces, and from this springs a climate of struggle which opens the
way to situations of extreme violence and to abuses (27).
But, as we have often stated, the most
important duty in the realm of justice is to allow each country to promote its
own development, within the framework of a cooperation free from any spirit of
domination, whether economic or political. The complexity of the problems
raised is certainly great, in the present intertwining of mutual dependences.
Thus it is necessary to have the courage to undertake a revision of the
relationships between nations, whether it is a question of the international
division of production, the structure of exchanges, the control of profits, the
monetary system- without forgetting the actions of human solidarity - to
question the models of growth of the rich nations and change people's outlooks,
so that they may realize the prior call of international duty, and to renew
international organizations so that they may increase in effectiveness.
44. Under the driving force of new
systems of production, national frontiers are breaking down, and we can see new
economic powers emerging, the multinational enterprise, which by the
concentration and flexibility of their means can conduct autonomous strategies
which are largely independent of the national political powers and therefore
not subject to control from the point of view of the common good. By extending
their activities, these private organizations can lead to a new and abusive
form of economic domination on the social, cultural and even political level.
The excessive concentration of means and powers that Pope Pius XI already
condemned on the fortieth anniversary of Rerum Novarum is taking on a new and
very real image.
Change of attitudes and structures
45. Today men yearn to free themselves
from need and dependence. But this liberation starts with the interior freedom
that men must find again with regard to their goods and their powers; they will
never reach it except through a transcendent love for man, and, in consequence,
through a genuine readiness to serve. Otherwise, as one can see only too
clearly, the most revolutionary ideologies lead only to a change of masters;
once installed in power in their turn, these new masters surround themselves
with privileges, limit freedom and allow other forms of injustice to become
established.
Thus many people are reaching the point
of questioning the very model of society. The ambition of many nations, in the
competition that sets them in opposition and which carries them along, is to
attain technological, economic and military power. This ambition then stands in
the way of setting up structures in which the rhythm of progress would be
regulated with a view to greater justice, instead of accentuating inequalities
and living in a climate of distrust and struggle which would unceasingly
compromise peace.
Christian meaning of political activity
46. Is it not here that there appears a
radical limitation to economics? Economic activity is necessary and, if it is
at the service of man, it can be "a source of brotherhood and a sign of
Providence" (28). It is the occasion of concrete exchanges
between man, of rights recognized, of services rendered and of dignity affirmed
in work. Though it is often a field of confrontation and domination, it can
give rise to dialogue and foster cooperation. Yet it runs the risk of taking up
too much strength and freedom (29). This is why the need is felt to pass from
economics to politics. It is true that in the term "politics" many
confusions are possible and must be clarified, but each man feels that in the
social and economic field, both national and international, the ultimate
decision rests with political power.
Political power, which is the natural
and necessary link for ensuring the cohesion of the social body, must have as
its aim the achievement of the common good. While respecting the legitimate
liberties of individuals, families and subsidiary groups, it acts in such a way
as to create, effectively and for the well-being of all, the conditions
required for attaining man's true and complete good, including his spiritual
end. It acts within the limits of its competence, which can vary from people to
people and from country to country. It always intervenes with care for justice
and with devotion to the common good, for which: it holds final responsibility.
It does not, for all that, deprive individuals and intermediary bodies of the
field of activity and responsibility which are proper to them and which lead
them to collaborate in the attainment of this common good. In fact, "the
true aim of all social activity should be to help individual members of the
social body, but never to destroy or absorb them" (30). According to the vocation proper to is, the
political power must know how to stand aside from particular interests in order
to view its responsibility with regard to the good of all men, even going
beyond national limits. To take politics seriously at its different levels -
local, regional, national and worldwide - is to affirm the duty of man, of
every man, to recognize the concrete reality and the value of the freedom of
choice that is offered to him to seek to bring about both the good of the city
and of the nation and of mankind. Politics are a demanding manner - but not the
only one - of living the Christian commitment to the service of others. Without
of course solving every problem, it endeavors to apply solutions to the
relationships men have with one another. The domain of politics is wide and
comprehensive, but it is not exclusive. An attitude of encroachment which would
tend to set up politics as an absolute value would bring serious danger. While
recognizing the autonomy of the reality of politics, Christians who are invited
to take up political activity should try to make their choices consistent with
the Gospel and, in the framework of a legitimate plurality, to give both
personal collective witness to the seriousness of their faith by effective and
disinterested service of men.
Sharing in responsibility
47. The passing to the political
dimension also expresses a demand made by the man of today: a greater sharing
in responsibility and in decision-making. This legitimate aspiration becomes
more evident as the cultural level rises, as the sense of freedom develops and
as man becomes more aware of how, in a world facing an uncertain future, the
choices of today already condition the life of tomorrow. In Mater et
Magistra (31) Pope John XXIII stressed how much the
admittance to responsibility is a basic demand of man's nature, a concrete
exercise of his freedom and a path to his development, and he showed how, in
economic life and particularly in enterprise, this sharing in responsibilities
should be ensured.(32) Today the field is wider, and extends to the
social and political sphere in which a reasonable sharing in responsibility and
in decisions must be established and strengthened. Admittedly, it is true that
the choices proposed for a decision are more and more complex; the
considerations that must be borne in mind are numerous and foreseeing of the
consequences involves risk, even if new sciences strive to enlighten freedom at
these important moments. However, although limits are sometimes called for,
these obstacles must not slow down the giving of wider participation in working
out decisions, making choices and putting them into practice. In order to
counterbalance increasing technocracy, modern forms of democracy must be
devised, not only making it possible for each man to become informed and to
express himself, but also by involving him in a shared responsibility.
Thus human groups will gradually begin
to share and to live as communities. Thus freedom, which too often asserts
itself as a claim for autonomy by opposing the freedom of others, will develop
in its deepest human reality: to involve itself and to spend itself in building
up active and lived solidarity. But, for the Christian, it is by losing himself
in God who sets him free that man finds true freedom, renewed in the death and
resurrection of the Lord.
Call to Action
Need to become involved in action
48. In the social sphere, the Church
has always wished to assume a double function: first to enlighten minds in
order to assist them to discover the truth and to find the right path to follow
amid the different teachings that call for their attention; and secondly to
take part in action and to spread, with a real care for service and
effectiveness, the energies of the Gospel. Is it not in order to be faithful to
this desire that the Church has sent on an apostolic mission among the workers
priests who, by sharing fully the condition of the worker, are at that level
the witnesses to the Church's solicitude and seeking?
It is to all Christians that we address
a fresh and insistent call to action. In our encyclical on the Development of
Peoples we urged that all should set themselves to the task: "Laymen
should take up as their own proper task the renewal of the temporal order. If
the role of the hierarchy is to teach and to interpret authentically the norms
of morality to be followed in this matter, it belongs to the laity, without
waiting passively for orders and directives, to take the initiatives freely and
to infuse a Christian spirit into the mentality, customs, laws and structures
of the community in which they live" (33). Let each one examine himself, to see what
he has done up to now, and what he ought to do. It is not enough to recall
principles, state intentions, point to crying injustice and utter prophetic
denunciations; these words will lack real weight unless they are accompanied
for each individual by a livelier awareness of personal responsibility and by
effective action. It is too easy to throw back on others responsibility for
injustice, if at the same time one does not realize how each one shares in it
personally, and how personal conversion is needed first. This basic humility
will rid action of all inflexibility and sectarianism, it will also avoid
discouragement in the face of a task which seems limitless in size. The
Christian's hope comes primarily from the fact that he knows that the Lord is
working with us in the world, continuing in his Body which is the Church - and,
through the Church, in the whole of mankind - the Redemption which was
accomplished on the Cross and which burst forth in victory on the morning of
the Resurrection (34). This hope springs also from the fact that
the Christian knows that other men are at work, to undertake actions of justice
and peace working for the same ends. For beneath an outward appearance of indifference,
in the heart of every man there is a will to live in brotherhood and a thirst
for justice and peace, which is to be expanded.
Each one to determine
49. Thus, amid the diversity of
situations, functions and organizations, each one must determine, in his
conscience, the actions which he is called to share in. Surrounded by various
currents into which, besides legitimate aspirations, there insinuate themselves
more ambiguous tendencies, the Christian must make a wise and vigilant choice
and avoid involving himself in collaboration without conditions and contrary to
the principles of a true humanism, even in the name of a genuinely left
solidarity. If in fact he wishes to play a specific part as a Christian in
accordance with his faith - a part that unbelievers themselves expect of him -
he must take care in the midst of his active commitment to clarify his motives
and to rise above the objectives aimed at, by taking a more all-embracing view
which will avoid the danger of selfish particularism and oppressive
totalitarianism.
Pluralism of options
50. In concrete situations, and taking
account of solidarity in each person's life, one must recognize a legitimate
variety of possible options. The same Christian faith can lead to different
commitments (35). The Church invites all Christians to take
up a double task of inspiring and of innovating, in order to make structures
evolve, so as to adapt them to the real needs of today. From Christians who at
first sight seem to be in opposition, as a result of starting from differing
options, she asks an effort at mutual understanding of the other's positions
and motives; a loyal examination of one's behavior and its correctness will
suggest to each one an attitude of more profound charity which, while
recognizing the differences, believes nonetheless in the possibility of
convergence and unity. "The bonds which unite the faithful are mightier
than anything which divides them" (36).
It is true that man; people, in the
midst of modern structures and conditioning circumstances, are determined by
their habits of thought and their functions, even apart from the safeguarding
of material interests. Others feel so deeply the solidarity of classes and
cultures that they reach the point of sharing without reserve all the judgments
and options of their surroundings (37). Each one will take great care to examine
himself and to bring about that true freedom according to Christ which makes
one receptive to the universal in the very midst of the most particular
conditions.
"Awakening the People of God"
51. It is in this regard too that
Christian organizations, under their different forms, have a responsibility for
collective action. Without putting themselves in the place of the institutions
of civil society, they have to express, in their own way and rising above their
particular nature, the concrete demands of the Christian faith for a just, and
consequently necessary, transformation of society (38).
Today more than ever the World of God
will be unable to be proclaimed and heard unless it is accompanied by the
witness of the power of the Holy Spirit, working within the action of Christian
in the service of their brothers, at the points in which their existence and
their future are at stake.
52. In expressing these reflections to
you, venerable brother, we are of course aware that we have not dealt with all
the social problems that today face the man of faith and men of goodwill. Our
recent declarations - to which has been added your message of a short time ago
on the occasion of the launching of the Second Development Decade -
particularly concerning the duties of the community of nations in the serious
question of the integral and concerted development of man are still fresh in
people's minds. We address these present reflections to you with the aim of
offering to the Council of the Laity and the Pontifical Commission Justice and
Peace some fresh contributions, as well as an encouragement, for the pursuit of
their task of "awakening the People of the God to a full understanding of
its role at the present time" and of "promoting the apostolate on the
international level" (39).
It is with these sentiments, venerable
brother, that we impart to you our Apostolic Blessing.
From the Vatican, 14 May 1971.
PAUL VI
Endnotes
1) Gaudium et Spes, 10: AAS 58 (1966), p. 1033.
2) AAS 23 (1931), p. 209 ff.
3) AAS 53 (1961), p. 429.
4) 3: AAS 59 (1967), p. 258.
7) Populorum Progressio, 25: AAS 59 (1967), pp. 269-270.
9) Gaudium et Spes, 25: AAS 58 (1966), p. 1045.
11) Populorum Progressio, 69: AAS 59 (1967), pp. 290-291.
13) Nostra Aetate, 5: AAS 58 (1966), p. 743.
14) 37: AAS 59 (1967), p. 276.
15) Inter Mirifica,12: AAS 56 (1964), p. 149.
16) Cf. Pacem in Terris: AAS 55 (1963), p. 261 ff.
17) Cf. Message for the World Day of Peace, 1971: AAS 63 (1971), pp.
5-9.
18) Cf. Gaudium et Spes, 74: -AAS 58 (1966), pp. 1095-1096.
19) Dignitatis Humanae, 1: AAS 58 (1966), p. 930.
20) AAS 55 (1963), p. 300.
21) Cf. Gaudium et Spes, 11: AAS 58 (1966), p. 1033.
23) Gaudium et Spes, 39: AAS 58 (1966), p, 1057.
24) Populorum Progressio, 13: AAS 59 (1967), p. 264.
25) Cf. Gaudium et Spes, 36:- AAS 58 (1966), p. 1054.
27) Populorum Progressio, 56 95.: AAS 59 (1967), pp. 235 ff.
29) Gaudium et Spes, 63: AAS 58 (1966), p. 1085.
30) Quadragesimo Anno: AAS 23 (1931), p. 203, cf. Mater et Magistra:
AAS 53 (1961), pp. 414, 428; Gaudium et Spes, 74-76: AAS 58 (1966), pp.
1095-1100.
31) AAS 53 (19fil), pp. 420-422.
32) Gaudium et Spes, 68, 75: AAS 58 (1966), pp. 1089-1090 1097.
33) 81: AAS 59 (1967); pp. 296-297.
34) Cf. Mt 28:30; Phil 2:8-11.
35) Gaudium et Spes, 43: AAS 58 (1966), p. 1061.
38) Lumen Gentium, 31: AAS 57 (1965), pp. 37-38; Apostolicam
Actuositatem, 5: AAS 58 (1966), p. 842.
39) Catholicam Christi Ecclesiam, AAS 59 (1967), Pp. 27 and 26.