Bene pubblico e bene
comune - 9 -
Nella Chiesa cattolica, il Papato romano è diventato, nel Secondo
Millennio, la fonte principale del Magistero, vale a dire degli insegnamenti su
giusto modo di intendere e di vivere la fede religiosa cristiana. Questo è
stato possibile perché la Chiesa cattolica ha un sistema giuridico analogo a
quello di uno stato ed esso riconosce al Papa la posizione di monarca
assoluto e di Luogotenente del Cielo.
Questa sua posizione è stata costruita, con una serie di riforme religiose
durante tutto il Secondo Millennio della nostra era, fino alla decisione di riconoscergli la dote soprannaturale dell’infallibilità nelle questioni di fede
deliberata nel 1870 nel corso del Concilio Vaticano 1°.
Federandosi
con i sovrani civili europei il Papato ottenne che questa sua posizione nelle
questioni di fede diventasse legge anche degli stati e che chi dissentiva
venisse punito con le pene ordinariamente riservate ai delinquenti più
pericolosi, quindi con quelle che vengono chiamate pene criminali. La Riforma
protestante, dal Cinquecento, liberò parte degli europei da questa che
obiettivamente era una tirannia, costruendo una diversa organizzazione del
potere religioso e altri, diversi, accordi con i sovrani civili. Anche negli
stati che rimasero nel dominio di sovrani che avevano aderito alla Riforma la
libertà religiosa non fu assoluta e, innanzi tutto, fu limitato dal principio
che ciascuno dovesse seguire la religione del proprio sovrano, deliberato nel
1555, ad Augsburg - Augusta, in Baviera, oggi uno degli stati federati nella
Repubblica Federale di Germania, al termine di una lunga serie di conflitti
nell’Europa centrale. Quel trattato non impedì una lunga ripresa del conflitto
su base religiosa nel secolo seguente: le potenze europee vi posero fine
concludendo nel 1648 una serie di accordi in Vestfalia, nella parte nord
orientale della Repubblica Federale di Germania tra Renania e Sassonia, dai
quali sorse l’Europa moderna. Quegli accordi prevedevano una qualche tolleranza
verso le minoranze religiose, pur riaffermando il principio della religione di stato, vale a dire che la religione dello stato fosse quella del
suo sovrano. Il Papato romano rifiutò di sottoscriverli.
Dalla
fine del Settecento in Europa si svilupparono poi processi democratici che
progressivamente confinarono l’autorità assoluta del Papato all’ambito
religioso sfociando, dalla metà del Novecento, in particolare con la
deliberazione della Dichiarazione universale del Diritti dell’Uomo, deliberata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948,
nell’affermazione della piena libertà religiosa, che ebbe contrastata
attuazione, più ampia nei regimi liberali democratici espressi dagli europei o
a loro ispirati, molto minore nei regimi comunisti o assolutisti che seguivano
altre fedi religiose. Dagli anni Sessanta quei processi democratici investirono
la stessa Chiesa cattolica, a partire del Concilio Vaticano 2°, la grande
assemblea dei vescovi che si tenne a Roma tra il 1962 e il 1965 e che deliberò
importanti leggi di riforma religiosa, le quali hanno avuto contrastata e
parziale attuazione fino ai giorni nostri. In definitiva l’autorità sacrale, cioè derivata da quella divina,
riconosciuta al Papa è molto minore che nel passato e limitata sostanzialmente
ai dogmi di fede, ai principi fondamentali della fede, quasi tutti deliberati
però nel Primo Millennio quando l’autorità religiosa maggiore fu tra i
cristiani quella dell’imperatore greco-romano di Costantinopoli, in Grecia, che
convocò tutti i Concili ecumenici di quell’epoca storica. In particolare
questo riguarda la dottrina sociale, che inizialmente venne imposta ai fedeli
cattolici come obbligatoria con una forza assimilabile a quella dei dogmi della
fede, vincolante per l’autorità sacrale da cui proveniva, non per gli argomenti
che svolgeva. In realtà essa è influenzata dalla fede
mediante una serie di ragionamenti, di argomentazioni, che tengono conto della
realtà sociale di un determinato tempo storico, che evolve e quindi muta: i
principi della dottrina sociale sono quindi molto legati all’epoca in cui
vengono enunciati e infatti sono molto cambiati dalla fine dell’Ottocento,
quando si iniziò a diffonderli. Ad esempio ora comprendono molti valori
democratici e anche quello della democrazia politica come regime che meglio
esprime l’esigenza di riconoscimento della dignità umana. Nel complesso, questa
condizione dell’essere umano di non essere obbligato a subire l’imposizione dell’autorità
altrui senza poter argomentare, e argomentando difendendosi, come anche il
dovere di ogni autorità di argomentare le proprie decisioni, in modo che
possano essere liberamente discusse, e di non pretendere un potere assoluto,
cioè libero da qualsiasi limite, sia da quello temporale, come da quello di
altre autorità ed, infine, quello del consenso dei governati manifestato nelle
forme stabilite da una norma, rientrano nel principio della libertà di coscienza.
Ai tempi nostri in religione si ritiene che esso faccia parte del bene comune vale a dire dell'insieme di quelle condizioni della vita
sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere
la propria perfezione più pienamente e più speditamente (questa la definizione che si trova nella Costituzione
pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza -
Gaudium et spes del Concilio Vaticano 2°).
Ecco come
quel principio venne definito, quanto alla libertà religiosa, dalla Dichiarazione
sulla libertà religiosa La dignità umana - Dignitatis Humanae, del
Concilio Vaticano 2°:
Oggetto e fondamento della libertà religiosa
2. Questo Concilio Vaticano
dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il
contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla
coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia
potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro
la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità
ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata.
Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla
stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di
Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla
libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile
nell'ordinamento giuridico della società.
A motivo della loro dignità, tutti
gli esseri umani, in quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera
volontà e perciò investiti di personale responsabilità, sono dalla loro stessa
natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella
concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta
conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze. Ad un tale
obbligo, però, gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo
rispondente alla loro natura, se non godono della libertà psicologica e nello
stesso tempo dell'immunità dalla coercizione esterna. Il diritto alla libertà
religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma
sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche
in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad
essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a
giustizia, non può essere impedito.
Questo principio, che il
Papato contrastò fino al Novecento, quindi per quasi due millenni, trova
fondamento dottrinale nell’idea che gli esseri umani costituiscano un’unica
comunità fraterna. Essa fa parte del deposito originario di fede, risale
direttamente all’insegnamento del Fondatore e la troviamo espressa nella Dichiarazione
sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nel nostro tempo - Nostra Aetate, anch’essa
deliberata durante il Concilio Vaticano 2°:
Introduzione
1. Nel nostro tempo in cui il
genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce
l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione
la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di
promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in
primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li
spinge a vivere insieme il loro comune destino.
I vari popoli costituiscono infatti
una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare
l'intero genere umano su tutta la faccia della terra hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui
Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si
estendono a tutti finché gli eletti
saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le
genti cammineranno nella sua luce.
[…]
Fraternità universale
5. Non possiamo invocare Dio come
Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso
alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento
dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi
fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: « Chi non ama, non
conosce Dio » (1 Gv 4,8).
Viene dunque tolto il fondamento a
ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo,
discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne
promanano.
In conseguenza la Chiesa esecra,
come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini
e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione
sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei
santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, «
mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile,
per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini, affinché siano
realmente figli del Padre che è nei cieli.
Una parte importante del
lavoro di formazione religiosa, fin da quella di base per i più giovani,
dovrebbe essere quella di convincere le persone che effettivamente l’umanità
costituisce un’unica comunità. Di solito pensiamo alla comunità come fatta di
gente simile a noi nell’aspetto fisico, nella lingua, nella cultura, nelle
concezioni sociali e politiche, in alcune importanti tradizioni, tra le quali
quella religiosa. E anche se la genetica contemporanea ha dimostrato che quella
umana è un’unica specie e che condividiamo il 99,9% del genoma, le differenze
etniche e culturali tra le popolazioni umane, che rilevano quando si tratta di
pensarci come comunità, sono notevoli. La consapevolezza di una comune umanità,
e quindi di una comune dignità umana, è stata messa in questione, tra gli
europei, tutte le volte che sono venuti a contatto con popolazioni con
caratteristiche fisiche molto diverse da quelle degli europei. La
frequentazione più assidua ha prodotto poi la conquista culturale di quella
consapevolezza. Una fase spettacolare di questo progresso culturale si sta
producendo ai nostri giorni, nell’era della globalizzazione,
con l’immane sviluppo delle
relazioni sociali ed economiche e delle migrazioni. Dobbiamo attenderci che,
progredendo i tempi, quella consapevolezza si estenderà molto. Come è sempre
accaduto ci sono persone e gruppi che incontrano difficoltà in questa conquista
culturale e pensano ancora di poter dividere l’umanità con barriere fisiche,
culturali o giuridiche. Nell’Unione Europea di oggi vi sono formazioni
politiche che propongono di istituire, o meglio di ripristinare, tutte e tre
quelle forme di barriere. La questione è rilevante sotto vari aspetti: etico,
politico, economico, religioso. Dal punto di vista politico occorre tener conto
di questo: una volta stabilito che è possibile discriminare, è anche possibile
che la discriminazione si ritorca contro chi l’ha approvata. Infatti , i
rapporti di forza nella società mutano rapidamente e chi oggi discrimina,
trovandosi in una posizione di dominio, potrebbe un domani dover subire la
discriminazione di altre forze emergenti. Storicamente è accaduto e, dunque,
potrebbe accadere di nuovo. Dal punto di vista religioso, rifiutare l’idea dell’umanità
come un’unica comunità significa anche rifiutare l’idea cristiana di divinità
paterna e amorevole, secondo la quale recitiamo “Padre nostro!”. La teologia, però, non aiuta veramente, perché a
lungo ha argomentato, e ancora in alcune correnti argomenta, secondo il principio che le discriminazioni
siano volute dal Cielo, come le diverse facce che abbiamo. In realtà non è per
quella via che si può arrivare ad accettare di pensarsi come parte di un’unica
famiglia umana: la strada giusta, l’unica, è, per gli umani, quella di
conoscersi meglio, e conoscendosi meglio anche di comprendere il vantaggio di
collaborare pacificamente invece di cercare di ammazzare e di rapinare. Non
viene naturale, certo, perché la natura, quella che abbiamo ancora dentro come
eredità delle preistoriche belve da cui geneticamente discendiamo, funziona in
un modo diverso e in essa è la forza a prevalere. Però è proprio distaccandoci
da quelle dinamiche di natura che siamo divenuti i dominatori della Terra.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente Papa - Roma, Monte
Sacro, Valli
Public good and common
good - 9 -
In the Catholic Church, the Roman Papacy
became, in the Second Millennium, the main source of the Magisterium, that is
to say of the teachings on the right way to understand and live the Christian
religious faith. This was possible because the Catholic Church has a legal
system similar to that of a state and it recognizes the Pope as the absolute
monarch and Lieutenant of Heaven. This position was built, with a series of
religious reforms throughout the second millennium of our era, until the
decision to recognize him the supernatural dowry of infallibility in matters of
faith deliberated in 1870 during the 1st Vatican Council.
Federating
with the European civil sovereigns, the Papacy obtained that this position in
matters of faith became the law of states and that those who dissent were
punished with the penalties normally reserved for the most dangerous offenders,
then with what are called criminal penalties. The Protestant Reformation, from
the sixteenth century, freed part of the Europeans from this which was
objectively a tyranny, building a different organization of religious power and
other, different, agreements with civil sovereigns. Even in the states that
remained in the dominion of sovereigns who had joined the Reformation religious
freedom was not absolute and, first of all, it was limited by the principle
that each should follow the religion of his sovereign, decided in 1555, in
Augsburg - Augsburg, Bavaria , today one of the federated states in the Federal
Republic of Germany, at the end of a long series of conflicts in Central
Europe. That treaty did not prevent a long resumption of the conflict on
religious grounds in the following century: the European powers put an end to
it by concluding in 1648 a series of agreements in Westphalia, in the north-eastern
part of the Federal Republic of Germany between Rhineland and Saxony, from
which Modern Europe. Those agreements provided for some tolerance towards
religious minorities, while reaffirming the principle of state religion, namely
that the religion of the state was that of its sovereign. The Roman papacy
refused to sign them.
From the end of the eighteenth century in
Europe democratic processes developed that gradually confined the absolute
authority of the Papacy to the religious sphere, resulting in the mid-twentieth
century, in particular with the deliberation of the Universal Declaration of
Human Rights, approved by the General Assembly of the United Nations on 10
December 1948, in the affirmation of full religious freedom, which had opposed
implementation, broader in the liberal democratic regimes expressed by the
Europeans or inspired by them, much less in the communist or absolutist regimes
that followed other religious faiths. Since the 1960s, democratic processes
have invested in the Catholic Church itself, starting with the Second Vatican
Council, the great assembly of bishops held in Rome between 1962 and 1965, and
which deliberated important laws of religious reform, which were opposed and
partial implementation up to the present day. Ultimately, the sacral authority,
that is derived from the divine, recognized to the Pope is much less than in
the past and substantially limited to the dogmas of faith, to the fundamental
principles of faith, almost all but resolved in the First Millennium when the
major religious authority was among Christians, that of the Greek-Roman emperor
of Constantinople, in Greece, who summoned all the ecumenical councils of that
historical epoch. In particular this concerns the social doctrine, which was
initially imposed on the Catholic faithful as obligatory with a force similar
to that of the dogmas of the faith, binding on the sacral authority from which
it came, not for the arguments it carried out. In reality it is influenced by
faith through a series of reasonings, arguments, which take into account the
social reality of a given historical time, which evolves and therefore changes:
the principles of social doctrine are therefore very linked to the era in which
they are enunciated. and in fact they have changed a lot since the end of the
nineteenth century, when it began to spread them. For example, they now include
many democratic values and also that of political democracy as a regime that
best expresses the need for recognition of human dignity. On the whole, this
condition of the human being not to be obliged to suffer the imposition of the
authority of others without being able to argue, and arguing defending, as well
as the duty of every authority to argue their decisions, so that they can be
freely discussed , and not to claim an absolute power, that is free from any
limit, either from the temporal, as from that of other authorities and,
finally, that of the consent of the governed manifested in the forms
established by a rule, fall within the principle of freedom of conscience . In
our time in religion it is believed that it is part of the common good that is
to say the set of conditions of social life that allow both groups and
individual members to reach their perfection more fully and more quickly (this
is the definition that it is found in the Pastoral Constitution on the Church
in the contemporary world Joy and hope - Gaudium et spes of the Second Vatican
Council.
This
is how that principle was defined, as regards religious freedom, by the
Declaration on religious freedom Human dignity - Dignitatis Humanae, of the
Second Vatican Council:
2. This Vatican Council
declares that the human person has a right to religious freedom. This freedom
means that all men are to be immune from coercion on the part of individuals or
of social groups and of any human power, in such wise that no one is to be
forced to act in a manner contrary to his own beliefs, whether privately or
publicly, whether alone or in association with others, within due limits.
The council further declares that
the right to religious freedom has its foundation in the very dignity of the
human person as this dignity is known through the revealed word of God and by
reason itself.This right of the human person to religious freedom is to be
recognized in the constitutional law whereby society is governed and thus it is
to become a civil right.
It is in accordance with their
dignity as persons-that is, beings endowed with reason and free will and
therefore privileged to bear personal responsibility-that all men should be at
once impelled by nature and also bound by a moral obligation to seek the truth,
especially religious truth. They are also bound to adhere to the truth, once it
is known, and to order their whole lives in accord with the demands of truth.
However, men cannot discharge these obligations in a manner in keeping with
their own nature unless they enjoy immunity from external coercion as well as
psychological freedom. Therefore the right to religious freedom has its
foundation not in the subjective disposition of the person, but in his very nature.
In consequence, the right to this immunity continues to exist even in those who
do not live up to their obligation of seeking the truth and adhering to it and
the exercise of this right is not to be impeded, provided that just public
order be observed.
This
principle, which the Papacy opposed until the twentieth century, then for
almost two millennia, finds a doctrinal foundation in the idea that human
beings constitute a single fraternal community. It is part of the original
deposit of faith, goes back directly to the teaching of the Founder and we find
it expressed in the Declaration on the relations of the Church with
non-Christian religions In our time - Nostra Aetate, also deliberated during
the Second Vatican Council:
1. In our time, when day by
day mankind is being drawn closer together, and the ties between different
peoples are becoming stronger, the Church examines more closely her
relationship to non-Christian religions. In her task of promoting unity and love
among men, indeed among nations, she considers above all in this declaration
what men have in common and what draws them to fellowship.
One is the community of all
peoples, one their origin, for God made the whole human race to live over the
face of the earth). One also is their final goal, God. His providence, His
manifestations of goodness, His saving design extend to all men, until that
time when the elect will be united in the Holy City, the city ablaze with the
glory of God, where the nations will walk in His light.
[…]
5. We cannot truly call on
God, the Father of all, if we refuse to treat in a brotherly way any man,
created as he is in the image of God. Man's relation to God the Father and his
relation to men his brothers are so linked together that Scripture says: "He
who does not love does not know God" (1 John 4:8).
No foundation therefore remains for
any theory or practice that leads to discrimination between man and man or
people and people, so far as their human dignity and the rights flowing from it
are concerned.
The Church reproves, as foreign to
the mind of Christ, any discrimination against men or harassment of them
because of their race, color, condition of life, or religion. On the contrary,
following in the footsteps of the holy Apostles Peter and Paul, this sacred
synod ardently implores the Christian faithful to "maintain good
fellowship among the nations" (1 Peter 2:12), and, if possible, to live
for their part in peace with all men, so that they may truly be sons of the
Father who is in heaven.
An important part of the work of
religious formation, starting from the basic one for the youngest, should be to
convince people that actually humanity constitutes a single community. We
usually think of the community as made up of people similar to us in the
physical aspect, in language, in culture, in social and political conceptions,
in some important traditions, among which the religious one. And although
contemporary genetics has shown that the human is a single species and that we
share 99.9% of the genome, the ethnic and cultural differences between human
populations, which are felt when it comes to thinking about it as a community,
are noteworthy. The awareness of a common humanity, and therefore of a common
human dignity, has been called into question, among Europeans, whenever they
have come into contact with people with physical characteristics very different
from those of Europeans. The more assiduous attendance produced then the
cultural conquest of that awareness. A spectacular phase of this cultural
progress is taking place in our day, in the era of globalization, with the
immense development of social and economic relations and migration. We must
expect that, as the times progress, that awareness will extend a lot. As has
always happened there are people and groups who encounter difficulties in this
cultural achievement and still think they can divide humanity with physical,
cultural or legal barriers. In today's European Union there are political
formations that propose to establish, or rather to restore, all three forms of
barriers. The question is relevant in various aspects: ethical, political,
economic, religious. From a political point of view it is necessary to take
this into account: once it is established that it is possible to discriminate,
it is also possible that discrimination will reign against those who approved
it. In fact, the relations of force in society change rapidly and those who
today discriminate, being in a position of domination, could one day have to
suffer the discrimination of other emerging forces. Historically it happened
and, therefore, it could happen again. From the religious point of view,
rejecting the idea of humanity as a single community also means rejecting the
Christian idea of paternal and loving divinity, according to which we recite
"Our Father!". Theology,
however, does not really help, because it has long argued, and still in some
currents argues, according to the principle that discrimination is desired by
Heaven, like the different faces we have. In reality it is not by that way that
one can come to accept to think of himself as part of a single human family:
the right path, the only one, is for humans, to know each other better, and
knowing even better to understand the advantage of cooperating peacefully
instead of trying to kill and rob. It is not natural, of course, because
nature, that which we still have inside as inheritance of the prehistoric
beasts from which we genetically descend, works in a different way and in it is
force to prevail. But it is precisely detaching ourselves from those dynamics
of nature that we have become the rulers of the Earth.
Mario Ardigò - Catholic Action in San Clemente Papa - Rome, Monte
Sacro, Valli district