Bene pubblico e bene comune. Materiali per una riflessione di gruppo in
un laboratorio di azione sociale
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Public good and common good. Materials for group reflection in a social
action laboratory
Nota: dopo il testo italiano c’è la traduzione in
inglese, fatta con l’aiuto di Google Translator. Ho cercato di correggere, nei
limiti della mia conoscenza dell’inglese, alcune imprecisioni che la traduzione
automatica ancora inevitabilmente comporta. Ho sperimentato che anche con
queste imprecisioni la traduzione consente di farsi capire da coloro che
parlano inglese, nelle tante versioni nazionali del mondo, o che lo utilizzano
come seconda o terza lingua. E’ la funzione che anticamente svolse il greco.
Cercare di farsi capire da altri popoli corrisponde a una vocazione antica della
Chiesa di Roma, che è ancora attuale.
Note: after the
Italian text there is the translation in English, done with the help of Google
Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English,
some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have
experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be
understood by those who speak English, in the many national versions of the
world, or who use it as a second or third language. It is the function that in
ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples
corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still
current.
A cura di Mario Ardigò, membro dell'Azione Cattolica nella
parrocchia cattolica intitolata a San
Clemente papa, in Roma, quartiere Monte Sacro
- Valli
Curated by Mario Ardigò, member of Catholic Action in the
Catholic parish named after St. Clement Pope, in Rome, Monte Sacro - Valli
district
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Prologo
La
definizione del bene comune, secondo
la dottrina sociale cattolica è: “l'insieme
di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto
ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più
speditamente”, in
inglese “the sum of those conditions of
social life which allow social groups and their individual members relatively
thorough and ready access to their own fulfillment”. La troviamo nella Costituzione
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo / Pastoral
Constitution on the Church in the modern world La gioia
e la speranza - Gaudium et spes (paragrafo n.26), deliberata durante il
Concilio Vaticano 2°, l’assemblea dei vescovi del mondo col Papa che si è
svolta a Roma, nei palazzi del Vaticano, tra il 1962 e il 1965. Essa è solo un
orientamento, non spiega, in ogni singola situazione storica e sociale quali
beni della vita rientrino nel bene comune.
Il bene comune va quindi ricercato e individuato e poiché è comune,
vale a dire non individuale, va ricercato con un lavoro collettivo che
inizia col definire chi del bene comune debba essere considerato partecipe. La
dottrina sociale cattolica insegna una versione molto ampia del bene comune,
che deve estendersi all’intera umanità. Ragionare in questa prospettiva è una
grande conquista culturale. Di solito nell’educazione pubblica che viene data
negli stati del mondo si insegna a tener conto del bene pubblico che è ciò che
viene considerato buono e desiderabile in in quello stato e che richiede un
lavoro collettivo per essere ottenuto, come ad esempio la costruzione e
manutenzione delle strade pubbliche. Secondo la dottrina sociale quel bene pubblico
dovrebbe tendere al bene comune inteso nelle dimensione più vasta.
Nell’estate del 2018 una nave della Marina
militare italiana ha preso a bordo un centinaio di africani che erano stati
soccorsi nel Mar Mediterraneo, tra le coste libiche e quelle italiane. Il
Governo ha deciso di trattenerli a bordo per alcuni giorni, senza farli
sbarcare, in attesa di raggiungere accordi nell'Unone Europea per il loro
smistamento in altri stati europei. Nel Parlamento italiano, dall’inizio del
2019, si deve decidere se quella decisione sia stata presa per un interesse
pubblico tanto importante da consentire di sospendere temporaneamente i diritti
umani fondamentali di quegli stranieri e quindi
se chi la prese debba o non
debba essere sottoposto a un processo penale. E’ in questione il bene pubblico
nazionale italiano. Ma quale era, in quella situazione, il bene comune? Quegli stranieri dovevano essere considerati partecipi
del bene comune, anche se non erano né cittadini italiani né cittadini europei?
I vescovi italiani, che sono stati molto critici nei confronti della decisione
di tratteneri sulla nave militare, hanno ammonito che il bene comune era in comune anche con quegli stranieri. Nello stesso periodo problemi simili sono
stati affrontati anche in altri stati europei e negli Stati Uniti d’America,
insomma nell’Occidente più ricco del mondo, verso il quale migra gente che
proviene da stati meno ricchi o addirittura in condizioni di povertà.
In uno stato
democratico quelle decisioni non riguardano solo i Governi e i Parlamenti, ma
ogni cittadino che voglia prendere sul serio la propria cittadinanza. Le
questioni sul bene comune sono anche, per i fedeli cattolici, al centro degli impegni etici che derivano
dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica. Quindi bisogna rifletterci sopra
anche come lavoro specificamente religioso, in chiesa. Ma quando ci si
riunisce, qualche volta non si sa da dove cominciare. Ecco: gli scritti che
seguono possono servire come base di partenza per un laboratorio parrocchiale
di dottrina sociale, per cominciare a ricercare e definire, nella nostra
situazione storica e sociale, il bene comune. Posti a base di un incontro
settimanale, possono orientare la discussione per circa tre mesi. Un laboratorio di quel genere, che non
bisogna organizzare come una lezione, con un esperto che parla e gente che
ascolta passivamente, non dovrebbe avere più di una decina di partecipanti, per
consentire a ciascuno di esprimersi. Per
coinvolgere più persone, occorrerà costruire più laboratori. La loro
organizzazione interna dipenderà dall’età, cultura, interessi, indole, di chi vi
partecipa. In un gruppo di persone fino ai trent’anni probabilmente sarà utile
l’opera di un animatore. Le persone più anziane potrebbero essere in grado di
fare da sé.
Ricordate che la
dottrina sociale, nella concezione cattolica, non è solo istruzione e comando, ma serve a suscitare
un pensiero sociale, vale a dire orientamenti pubblici, e, soprattutto, un’azione
sociale, e anche specificamente politica. Serve a produrre cambiamenti nel
mondo, non solo nell’interiorità del fedele.
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Prologue
The definition of the common
good, according to the Catholic social doctrine is "the sum of those conditions of social life
which allow social groups and their individual members to be thorough and ready
to their own fulfillment". We find it in the Pastoral Constitution on
the Church in the modern world Joy and hope - Gaudium et spes (paragraph n.26),
deliberated during the Second Vatican
Council, the assembly of the bishops of the world with the Pope that took
place in Rome, in the palaces of the Vatican, between 1962 and 1965. It is only
an orientation, does not explain, in every single historical and social
situation which goods of life fall into the common good. The common good must
therefore be sought and identified and since it is common, that is to say not
individual, it must be sought with a collective work that begins by defining
who of the common good should be considered a participant. The Catholic social
doctrine teaches a very broad version of the common good, which must extend to
the whole of humanity. Thinking in this perspective is a great cultural
achievement. Usually in the public education that is given in the states of the
world it is taught to take into account the public good that is what is
considered good and desirable in that state and which requires a collective
work to be obtained, such as construction and maintenance of public roads.
According to the social doctrine that public good should tend towards the
common good understood in the larger dimensions.
In the summer of 2018 an Italian Navy ship
took on board a hundred Africans who had been rescued in the Mediterranean Sea,
between the Libyan and Italian coasts. The Government has decided to keep them
on board for a few days, without letting them disembark, waiting to reach
agreements in the European Union for their sorting in other European countries.
In the Italian Parliament, since the beginning of 2019, it has to be decided
whether that decision has been taken for a public interest so important as to
allow temporarily suspending the fundamental human rights of those foreigners
and therefore if those who take it should or should not be subjected to a
criminal trial. The Italian national public good is in question. But what was
the common good in that situation? Those foreigners had to be considered
participants in the common good, even if they were neither Italian citizens nor
European citizens? The Italian bishops, who were very critical of the decision
to hold on to the military ship, warned that the common good was in common also
with those foreigners. In the same period, similar problems have also been
faced in other European states and in the United States of America, in other
words in the richest West in the world, to which people who come from less
wealthy countries or even in conditions of poverty migrate.
In a democratic state those decisions are not just
about governments and parliaments, but every citizen who wants to take their
citizenship seriously. The questions on the common good are also, for the
Catholic faithful, at the center of the ethical commitments deriving from the
social doctrine of the Catholic Church. So we must also reflect on it as a
specifically religious work in church. But when we meet, sometimes we do not
know where to start. Here: the following writings can serve as a starting point
for a parish laboratory of social doctrine, to begin to research and define, in
our historical and social situation, the common good. Places based on a weekly
meeting can guide the discussion for about three months. A laboratory of that
kind, which should not be organized as a lesson, with an expert who speaks and
people who listen passively, should not have more than a dozen participants, to
allow everyone to express themselves. To involve more people, you will need to
build more laboratories. Their internal organization will depend on the age,
culture, interests, nature of those who participate in it. In a group of people
up to the age of thirty, the work of an animator will probably be useful. Older
people may be able to do it themselves.
Remember that the social doctrine, in the Catholic
conception, is not only instruction and command, but serves to arouse a social
thought, that is to say public orientations, and above all, a social action,
and also a specifically political one. It serves to produce changes in the
world, not just in the interior of the faithful.
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Prendere sul serio l’essere cittadini
Spesso prendiamo
troppo alla leggera l’essere cittadini.
Pensiamo che consista fondamentalmente nell’aver parte nella spartizione
dei beni di proprietà pubblica. Sotto quel profilo giudichiamo che governa. Pensiamo ingenuamente a chi governa come a una sorta di padre onnipotente e ai beni
pubblici come ad un’entità infinita. Ci sorprende quindi quando chi governa
lamenta di non avere risorse pubbliche sufficienti per fare ciò che vorrebbe
nell’interesse dei cittadini e si espone dei conti, cercando di far capire il
problema. Pensiamo subito che stia tentando di imbrogliarci profittando della
nostra credulità e distrazione. Se arriva poi qualcuno che ci dà ragione, siamo
portati a fidarci di lui e a mandarlo al potere al posto di quelli di prima.
Fino al Settecento
la gran parte degli stati europei erano in mano da autocrati, a dinastie
sovrane che consideravano i popoli caduti in loro dominio come loro proprietà e
pretendevano di tenerli totalmente in loro potere. L’economia correva senza che
se ne occupassero più di tanto, salvo che per prelevare, con i tributi, quanto
occorreva alle loro corti e alla difesa del loro potere. Certo, avevano anche
un programma di opere pubbliche, per far funzionare le città, per consentire
gli spostamenti tra una città e l’altra, per raggiungere le colonie lontane e
per edificare monumenti a sé stessi, come è anche, ad esempio, la basilica
vaticana, quel chiesone costruito a costo di provocare uno scisma e sul qual un
Papa ha fatto mettere un’iscrizione che dice sostanzialmente “L’ho fatto io!”. Battevano monete che nel Settecento cominciarono ad essere anche
pezzi di carta, il cui valore era garantito dagli Stati, mentre prima erano
pezzetti di metallo dei quali quelli che valevano di più avevano un valore
intrinseco, perché erano d’argento o d’oro. In linea generale i sovrani
autocrati potevano predare l’economia, nel loro interesse, con pochi limiti:
sotto questo punto di vista lo stato più avanzato era quello inglese, in cui
fin dal Duecento ne vennero posti e poi rafforzati dall’istituzione di un
Parlamento.
Dall’Ottocento, con
l’avviarsi in tutta Europa di processi democratici e con l’approvazione di costituzioni, di leggi fondamentali che
vincolavano anche le dinastie sovrane e trasformavano i consigli regi in veri e propri parlamenti, camere di
rappresentanti eletti con poteri non solo consultivi, i compiti degli Stati si
ampliarono e compresero anche il benessere pubblico, in un interesse collettivo
molto ampio. Questo rese molto più complessi gli interventi nell’economia e
molto più importante la tenuta di una contabilità ordinata. Infatti le risorse
necessarie per i nuovi compiti pubblici dovevano essere tratte dall’economia,
ma in modo e in misura tali da non causarne il crollo privandola delle risorse
per funzionare. In questo quadro prese sempre più importanza la questione sociale, vale
dire il rapporto tra chi organizzava le attività economiche e chi vi
collaborava alle sue dipendenze ricavandone di che vivere. Gli stati
cominciarono a ritenere che imporre una certa giustizia sociale rientrasse nei
loro compiti. Una manifestazione di questo orientamento fu l’inizio della
moderna dottrina sociale, con l’enciclica Le
Novità -Rerum novarum, diffusa
nel 1891 al papa Vincenzo Gioacchino Pecci -
Leone 13°. Con lo sviluppo dei
processi democratici e, in particolare, quando con l’ampliarsi del diritto di
voto, fino a comprendere tutti i cittadini maggiorenni, indipendentemente dal
loro sesso, ricchezza e istruzione, la
materia divenne di competenza politica delle masse, che vi possono incidere.
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Taking citizenship seriously
We often take the citizens too lightly. We think
it basically consists in having part of the division of public property. Under
that profile we judge that governs. We naively think of those who govern as a
sort of omnipotent father and public goods as an infinite entity. It therefore
surprises us when the ruler complains that he does not have sufficient public resources
to do what he would like in the interests of the citizens and exposes himself
to the accounts, trying to understand the problem. We immediately think that he
is trying to cheat by taking advantage of our gullibility and distraction. If
someone comes to give us reason, we are led to trust him and to send him to
power instead of those of the first.
Until the eighteenth century, most of the
European states were in the hands of autocrats, sovereign dynasties who
considered the peoples who had fallen into their dominion as their property and
claimed to keep them totally in their power. The economy ran without them
taking too much care, except to withdraw, with the taxes, what was necessary to
their courts and to defend their power. Of course, they also had a program of
public works, to make the city work, to allow the movement between one city and
the other, to reach the distant colonies and to build monuments to themselves,
as is also, for example, the basilica vaticana, that church built at the cost of
provoking a schism and on what a Pope has made an inscription that basically
says "I did it!". Beating coins that in the eighteenth century also
began to be pieces of paper, whose value was guaranteed by the States, while
before they were pieces of metal of which those that were worth more had an
intrinsic value, because they were silver or gold. In general, the autocratic
sovereigns could predict the economy, in their interest, with few limits: from
this point of view the most advanced state was the English one, in which since
the thirteenth century they were placed and then strengthened by the
institution of a Parliament .
From the nineteenth century, with the launching
of democratic processes throughout Europe and with the approval of
constitutions, fundamental laws that also bound the sovereign dynasties and
transformed royal councils into real parliaments, chambers of elected
representatives with powers not only consultative bodies, the tasks of the
States widened and they also included public welfare, in a very broad
collective interest. This made the interventions in the economy much more
complex and the maintenance of an ordered accounting much more important. In
fact, the resources necessary for new public tasks had to be drawn from the
economy, but in such a way that it did not cause its collapse depriving it of
resources to function. In this context the social question became more and more
important, that is to say the relationship between those who organized economic
activities and those who collaborated in their dependencies, obtaining what
they live from. The states began to believe that imposing a certain social
justice was part of their tasks. A manifestation of this orientation was the
beginning of modern social doctrine, with the encyclical Le Novelie -Rerum
novarum, published in 1891 by Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °. With
the development of democratic processes and, in particular, when the widening
of the right to vote, to include all adult citizens, regardless of their sex, wealth
and education, the subject became the political competence of the masses, who
can affect.
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-2-
Lo sviluppo di una cultura democratica in religione
Le dinastie sovrane
che furono egemoni in Europa fino all’inizio dell’Ottocento governavano nel
proprio interesse, ma avevano la necessità di un sistema di potere che,
coalizzandosi, mantenesse il controllo di tutta l’altra gente, indispensabile
per fare guerra e per produrre ciò che occorreva. La struttura di questo
sistema di potere fu fondamentalmente quella feudale, introdotta intorno
all’Ottavo secolo, in cui vi è gerarchia
di dinastie a ciascuna delle quali era attribuito il controllo di popolazione e
territorio in base a un patto con chi sta sopra e, sopra tutti, con la dinastia
sovrana, in quanto non riconosceva nessuno sopra di sé. I titoli nobiliari, che
ancora vengono tramandati ma in genere senza più significato politico o con
significato politico molto attenuato, definivano i vari gradi di quella catena
gerarchica: baroni, conti, marchesi, duca, arciduca, principi e simili. La
caratteristica fondamentale del sistema feudale, oltre che il patto di
sottomissione con i livelli superiori della gerarchia, era un’ampia autonomia
delle dinastie dominanti. Dal Seicento, con il formarsi degli stati moderni
coagulatisi interno a dinastie sovrane che andavano riducendo l’autonomia dei
feudatari, si andò formando un ceto di funzionari alle dirette dipendenze del
sovrano, strutturati in catene gerarchiche al cui vertice stavano ministri e
primi ministri di nomina regia. Con l’affermarsi dei processi democratici,
questa organizzazione amministrativa finì sotto il controllo dei parlamenti e
fu impiegata per i disegni di riforma sociale che si venivano sviluppando e, in
particolare, ai nuovi compiti che gli stati attribuivano a loro stessi.
Sfruttando le
opportunità offerte dai processi democratici, anche le masse di chi contava
meno in società e dei meno istruiti incolti ebbero voce: i loro interessi
vennero presi in considerazione. Si elevarono alla politica di governo mediante
i partiti politici di massa, che iniziarono a svilupparsi dalla fine
dell’Ottocento e che determinarono riforme legislative che disposero
l’allargamento degli aventi diritto al voto. In Italia fu fondamentale la
riforma elettorale del 1912, perché pose i presupposti per il superamento del
divieto di partecipare alla politica nazionale imposto dal Papato ai fedeli
italiani tra il 1964 e il 1974, in
polemica con il nazionalismo italiano, che finì per sopprimere lo Stato
pontificio, il piccolo regno dei Papi nell’Italia centrale con capitale Roma.
«Fu la Francia, nel 1848,
il primo Paese a concedere il suffragio universale a tutti i cittadini di sesso
maschile: e questo divenne l’obiettivo del movimento radicale e operaio nel 19°
sec., cui si aggiunse successivamente la richiesta del voto femminile. Con le
Costituzioni degli Stati contemporanei, fra il primo e il secondo dopoguerra, questo
obiettivo è stato raggiunto nella maggior parte dei sistemi politici nel mondo
(compresi i sistemi non competitivi): negli USA nel 1920, in Gran Bretagna nel
1928, in Germania nel 1945, in Francia nel 1946. In Italia il suffragio
universale è stato adottato progressivamente, in primo luogo con la riforma
elettorale Giolitti del 1912, che concedeva il voto a tutti i cittadini maschi
che avessero compiuto i 30 anni e a coloro che, avendo compiuto i 21 anni,
fossero in possesso di particolari requisiti. Nel dic. 1918 il diritto di voto
fu concesso indistintamente a tutti i cittadini maschi maggiorenni. Una prima
parziale estensione ai cittadini di sesso femminile fu operata nel 1925,
limitatamente alle elezioni amministrative, ma la soppressione del carattere
elettivo dei consigli comunali e provinciali impedì l’effettiva applicazione
della riforma. Soltanto nel 1945 fu accordato alle donne il diritto di voto,
esercitato per la prima volta in occasione delle elezioni della primavera del
1946. Un ulteriore allargamento del suffragio può essere considerato
l’abbassamento nel 1975 della soglia di maggiore età dai 21 ai 18 anni e la
conseguente inclusione nelle liste elettorali per la Camera dei deputati dei
giovani appartenenti a questa fascia di età.»
[dall’Enciclopedia Treccani
on line - voce Suffragio -
http://www.treccani.it/enciclopedia/suffragio_%28Dizionario-di-Storia%29/].
Il Papato rimase profondamente diffidente
verso i processi democratici fino al 2013, con l’inizio del regno di Jorge
Mario Bergoglio - papa Francesco e ciò nonostante la progressiva assimilazione
dell’ideologia democratica nella dottrina sociale, in particolare in un
processo tra il 1939 e il 1991, anno nel quale, con l’enciclica Centesimus Annus - Il centenario venne
definitivamente rimosso il sospetto di eresia che gravava sui processi
democratici dal 1901, quando, in definitiva, l’idea di una democrazia cristiana era stata scomunicata con l’enciclica Le gravi preoccupazione sui problemi sociali
- Graves de communi re del papa Vincenzo
Gioacchino Pecci - Leone 13°. Fondamentale in questa assimilazione della
democrazia fu l’Azione Cattolica, fondata nel 1906 in uno dei periodi più bui
della nostra storia religiosa, mentre infuriava la persecuzione
anti-modernista. Fondamentale nell’organizzazione dell’Azione Cattolica fu
l’azione e il pensiero di Giuseppe Toniolo (1845-1918), sociologo ed
economista, uno dei primi teorici, con lo scomunicato don Romolo Murri, di una democrazia cristiana. Il lavoro di
inculturazione della democrazia tra le masse dei cattolici svolto in Azione
Cattolica fu essenziale per sorreggere il lungo dominio politico, dal 1946 al
1994, del partito della Democrazia
Cristiana, fondato nel 1942 da Alcide De Gasperi e da altri esponenti del
Partito Popolare fondato da don Luigi Sturzo e disciolto da regime fascista di
Benito Mussolini, e da politici più giovani formatisi in Azione Cattolica alla
scuola di Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo 6°. La formazione di
quel partito conseguì ad una profonda svolta nella dottrina sociale,
manifestata con una serie di radiomessaggi papali diffusi tra il 1939 e il 1945
sotto l’autorità del papa Eugenio Pacelli - Pio 12° ma, si ritiene, elaborati
con l’opera fondamentale di Montini, all’epoca addetto alla Segreteria di
stato, il principale ministero di governo del Papato, a capo delle struttura
amministrativa della Chiesa cattolica. Questo lavoro di inculturazione della
democrazia nelle masse cattoliche svolto dall’Azione Cattolica fu ostacolato
oggettivamente durante il lungo regno di Karol Wojtyla - Giovanni Paolo 2°,
profondamente diffidente verso il dialogo intrattenuto storicamente, fin
dall’Ottocento, dai cattolici democratici italiani con il mondo socialista. Ora
c’è chi propone di rivitalizzare l’iniziativa politica democratica dei
cattolici, ma, per l’insufficienza dell’attività di formazione nei trent’anni
passati, ne mancano presupposti culturali e, innanzi tutto, la capacità di
dialogo democratico. Questo accade in un contesto sociale nel quale alcuni
correnti politiche vorrebbe nuovamente strumentalizzare la religione per
sacralizzare nuovamente le nazioni in
senso etnico e un potere nazionalista. Questa strategia ha scarsamente
attecchito in Italia, nell’epoca dello stato unitario, fondato nel 1861 per iniziativa
di una dinastia sovrana italiana, quella dei Savoia, che dal 1848 aveva aperto
a processi democratici parlamentari, per il fatto che il nostro nazionalismo si
è svolto prevalentemente contro gli
interessi politici del Papato, che intendeva mantenere un dominio politico
territoriale almeno sulla città di Roma (che infine riebbe, in un microstato di
quartiere, con l’istituzione, a seguito dei Patti Lateranensi conclusi nel 1920
con il Regno d’Italia dominato dal regime fascista mussoliniano, della Città
del Vaticano). Vi è anche da considerare l’acculturazione molto scarsa alla
religione del neo-nazionalismo italiano, il quale, in sostanza, cerca di
inventare una propria patina religiosa senza saper esprimersi religiosamente e,
soprattutto, senza voler veramente ragionare ed agire secondo i principi
religiosi. In questo contesto, infatti, la religione conta più che altro come
elemento caratterizzante, al pari della pastasciutta. Ma la dottrina sociale,
ad esempio in quella espressa nell’enciclica Laudato si’ del 2015, del
papa Francesco, propone un’influenza molto più significativa
nell’organizzazione della società e, innanzi tutto, il principio di agàpe, di unione fraterna universale, ripudiato da
ogni nazionalismo.
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The development of a democratic culture in religion
The sovereign
dynasties that were hegemonic in Europe until the beginning of the nineteenth
century ruled in their own interest, but they needed a system of power that, by
coalescing, maintained the control of all the other people, indispensable to
make war and to produce what was needed. The structure of this system of power
was basically the feudal one, introduced around the 8th century, in which there
is a hierarchy of dynasties to each of which the control of population and
territory was attributed on the basis of a pact with those who are above and
above all, with the sovereign dynasty, as he did not recognize anyone above
himself. The noble titles, which are still handed down but generally without
any political significance or with much weakened political significance,
defined the various degrees of that hierarchical chain: barons, counts,
marquises, duke, archduke, princes and the like. The fundamental characteristic
of the feudal system, as well as the submission pact with the higher levels of
the hierarchy, was a broad autonomy of the dominant dynasties. From the
seventeenth century, with the formation of modern states coagulated in
sovereign dynasties that were reducing the autonomy of the feudal lords, a
group of officials became directly dependent on the sovereign, structured in
hierarchical chains at the top of which were ministers and prime ministers of
nomination directed. With the emergence of democratic processes, this
administrative organization ended up under the control of the parliaments and
was used for the social reform designs that were being developed and, in
particular, for the new tasks that the states attributed to themselves.
Taking advantage of the opportunities offered by
democratic processes, even the masses of those who counted less in society and
the less educated fallow were voiced: their interests were taken into account.
They raised themselves to the politics of government through the mass political
parties, which began to develop at the end of the nineteenth century and which
led to legislative reforms that provided for the enlargement of those entitled
to vote. In Italy the electoral reform of 1912 was fundamental, because it laid
the foundations for overcoming the prohibition to participate in the national
policy imposed by the Papacy on Italian faithful between 1964 and 1974, in
controversy with Italian nationalism, which ended up suppressing the State
Pontifical, the small kingdom of the Popes in central Italy with capital Rome.
"It was France, in 1848, the first country to grant
universal suffrage to all male citizens: and this became the goal of the
radical and workers' movement in the 19th century, to which the request for
women's votes was added. . With the Constitutions of the contemporary States,
between the first and the second post-war period, this goal was achieved in
most political systems in the world (including non-competitive systems): in the
USA in 1920, in Great Britain in 1928, in Germany in 1945, in France in 1946.
In Italy universal suffrage was adopted progressively, first with the Giolitti
electoral reform of 1912, which granted the vote to all male citizens who
turned 30 and to those who, having completed the 21 years, were in possession
of special requirements. In December 1918 the right to vote was granted without
distinction to all adult males. A first partial extension to female citizens
was made in 1925, limited to administrative elections, but the suppression of
the elective character of municipal and provincial councils prevented the
effective application of the reform. Only in 1945 was granted to women the
right to vote, exercised for the first time in the spring elections of 1946. A
further enlargement of the suffrage the
lowering of the age threshold from the age of 21 to 18 can be considered, and
the consequent inclusion in the electoral lists for the Chamber of Deputies of
young people belonging to this age group ».
[from the Treccani Encyclopedia online - Suffragio entry -
http://www.treccani.it/enciclopedia/suffragio_%28Detico-di-Storia%29/].
The Papacy remained
deeply suspicious of democratic processes until 2013, with the beginning of the
reign of Jorge Mario Bergoglio - Pope Francis and this despite the progressive
assimilation of democratic ideology into social doctrine, particularly in a
trial between 1939 and 1991, the year in which, with the encyclical Centesimus
Annus - The centenary was definitively removed the suspicion of heresy that
weighed on the democratic processes since 1901, when, ultimately, the idea of
a Christian democracy had been excommunicated with the encyclical The grave
concern about social problems - Graves de communi re of pope Vincenzo
Gioacchino Pecci - Leone 13 °. Fundamental in this assimilation of democracy
was Catholic Action, founded in 1906 in one of the darkest periods of our
religious history, while the anti-modernist persecution was raging. Fundamental
in the organization of Catholic Action was the action and thought of Giuseppe
Toniolo (1845-1918), a sociologist and economist, one of the first
theoreticians, with the excommunicated don Romolo Murri, of a Christian
democracy. The work of inculturating democracy among the masses of Catholics
carried out in Catholic Action was essential to sustain the long political
domination, from 1946 to 1994, of the Christian Democratic party, founded in
1942 by Alcide De Gasperi and other exponents of the Popular Party founded by
Don Luigi Sturzo and dissolved by the fascist regime of Benito Mussolini, and
by younger politicians trained in Catholic Action at the school of Giovanni
Battista Montini, the future Pope Paul 6 °. The formation of that party
resulted in a profound change in the social doctrine, manifested with a series
of papal radio messages broadcast between 1939 and 1945 under the authority of
Pope Eugene Pacelli - Pius 12 ° but, it is believed, elaborated with the work
fundamental of Montini, at the time assigned to the Secretariat of State, the
main ministry of government of the Papacy, at the head of the administrative
structure of the Catholic Church. This work of inculturation of democracy among
the Catholic masses carried out by the Catholic Action was objectively impeded
during the long reign of Karol Wojtyla - John Paul II, deeply suspicious of the
dialogue maintained historically, since the nineteenth century, by Italian
democratic Catholics with the world socialist. Now there are those who propose
to revitalize the democratic political initiative of Catholics, but because of
the lack of training in the past thirty years, they lack cultural assumptions
and, above all, the capacity for democratic dialogue. This happens in a social
context in which some political currents would again want to exploit religion
to re-sacralize nations in an ethnic sense and a nationalist power. This
strategy has scarcely taken root in Italy, in the epoch of the unitary state,
founded in 1861 on the initiative of an Italian sovereign dynasty, that of the
Savoy, which from 1848 had opened to parliamentary democratic processes, due to
the fact that our nationalism took place predominantly against the political
interests of the Papacy, which intended to maintain a territorial political
domination at least on the city of Rome (which finally got back, in a
neighborhood microstate, with the institution, following the Lateran Pacts
concluded in 1920 with the Kingdom of Italy dominated by the Mussolini fascist
regime, of the Vatican City). There is also to consider the very poor
acculturation to the religion of Italian neo-nationalism, which, in essence,
tries to invent its own religious patina without being able to express itself
religiously and, above all, without really wanting to reason and act according
to religious principles. In this context, in fact, religion counts more than
anything else as a characterizing element, like pasta. But the social doctrine,
for example in the one expressed in the Encyclical Laudato si 'of 2015, by Pope
Francis, proposes a far more significant influence in the organization of
society and, above all, the principle of agape, of universal fraternal union,
repudiated by every nationalism.
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-3-
Il potere pubblico come servizio
Le dinastie sovrane
e i loro feudatari governavano nel proprio interesse e, innanzi tutto, per
espandere il proprio potere facendo guerra a vicini e lontani e per mantenere
splendide corti. La corte era l’ambiente sociale intorno al sovrano e alla sua
famiglia, dai quali provenivano i suoi principali consiglieri e collaboratori e
i suoi compagni di svaghi. All’interno delle corti scaturivano anche i
principali intrighi che minacciavano il potere della dinastia sovrana.
Quando, dal Seicento,
il potere delle dinastie sovrane fu organizzato negli stati, le organizzazioni
fortemente centralizzate con una vasta amministrazione pubblica che faceva capo
a ministri nominati dal sovrano, i capi di vari livelli di questo sistema
amministrativo governavano in nome del sovrano. Questa fu l’epoca in cui iniziò
una revisione del sistema giuridico esistente, imponendo leggi dello stato
riguardanti settori sempre più ampi della vita sociale, fino ad arrivare grandi
codificazioni dall’Ottocento, riducendo progressivamente
l’area disciplinata dalle consuetudini e dall’antico diritto romano,
rimaneggiato e rivisto a partire dal Medioevo.
Troviamo queste
dinamiche anche nell’amministrazione ecclesiastica. Essa è ancora oggi
caratterizzata da un’organizzazione di tipo feudale, che lega il Papa ai
vescovi con giurisdizione sul territorio, e un’amministrazione pontificia
articolata nella Curia Vaticana, il
sistema dei ministeri in Vaticano, e nelle Nunziature,
le ambasciate della Santa sede nel mondo. Il primo Codice di diritto canonico è
del 1917. Quello attualmente in vigore, varato per adeguare il diritto della Chiesa ai princìpi del Concilio
Vaticano 2°, è del 1983.
Con lo sviluppo dei
processi democratici, da metà Ottocento, le amministrazioni pubbliche finirono
sotto il controllo dei Parlamenti, che all’epoca erano composti dai
rappresentanti dei ceti dominanti negli stati. In alcuni Parlamenti, come in
quello del Regno d’Italia e quello Britannico, una della Camere, delle assemblee parlamentari, aveva la struttura di consiglio del Re, con membri per diritto
ereditario, o a motivo di certe funzioni svolte, o nominati dal sovrano: in
Italia questa Camera era il Senato, che dal 1948 divenne completamente elettivo
a parte cinque membri che sono nominati dal Presidente della Repubblica.
Con il passaggio
delle amministrazioni pubbliche nel potere dei Parlamenti, fu data una diversa
spiegazione al loro potere. Fu detto che agivano al servizio degli stati, e
questo anche se, negli stati monarchici, i provvedimenti ufficiali continuavano
ad essere intestati In nome del Re.
Il Trattato Lateranense, l’accordo, facente
parte dei Patti Lateranensi stipulati nel 1929 tra il Papato e il Regno
d’Italia che era sotto l’egemonia del fascismo di Benito Mussolini, e che,
regolando i rapporti tra le parti, riconobbe al Papato una condizione analoga a
quella di un Regno territoriale e istituì a Roma, sul colle Vaticano, nei
pressi del quartiere Borgo, la Città del Vaticano, come territorio attribuito
alla sovranità del Papa, è intestato In nome della Santissima Trinità e, nella
premessa dichiara:
«[…]dovendosi, per
assicurare alla Santa Sede l'assoluta e visibile indipendenza, garentirLe una
sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale; si è ravvisata la
necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano,
riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l'esclusiva ed
assoluta potestà e giurisdizione sovrana; Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI
e Sua Maestà Vittorio Emanuele III Re d'Italia, hanno risoluto di stipulare un
Trattato, nominando a tale effetto due Plenipotenziari, cioè per parte di Sua
Santità, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo
Segretario di Stato, e per parte di Sua Maestà, Sua Eccellenza il Signor
Cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo ; i quali,
scambiati i loro rispettivi pieni poteri e trovatili in buona e dovuta forma,
hanno convenuto negli Articoli seguenti: […]»
L’atto ha la struttura di un accordo
internazionale tra sovrani. Entrambi si dicono sottomessi alla divinità, della
quale però era considerato luogotenente il solo Pontefice, quale suo Vicario.
I Re d’Italia mettevano nelle premesse delle leggi dello stato che regnavano “per grazia di Dio e volontà della Nazione”,
ma non legiferavano in nome della divinità, ma in nome proprio. Nel Trattato Lateranense è il coinvolgimento del Vicario della divinità che consentì alla parti di dichiarare
di agire in nome della Santissima Trinità. La
differenza non è di poco conto. E’ fondata sulla concezione cristiana
dell’attività di governo come servizio, quindi di un potere esercitato
come funzione, non in nome proprio e nel proprio
esclusivo interesse, anche se svolta al massimo livello e quindi da chi non
riconosce sopra di sé alcuna potenza terrena e rivendica pertanto la sovranità. Nella teologia del potere
Papale come Vicario della divinità, il Papa governa in
nome della divinità, come suo
funzionario luogotenente, al suo
servizio. Ogni altro potere è riconosciuto in quanto sottomesso alla divinità,
ma non può governare in nome della
divinità. Questa concezione storicamente fondò, dall’Undicesimo secolo, la
pretesa del Papato di supremazia sui poteri sovrani
della Terra. La teologia evangelica
del governo come servizio non è però
perfettamente corrispondente a questa impostazione:
«25 […] I re
delle nazioni le signoreggiano, e coloro che esercitano autorità su di esse
sono chiamati benefattori. 26 Ma
con voi non sia così; anzi il più grande fra di voi sia come
il minore e chi governa come colui che serve. 27 Chi è infatti
più grande chi siede a tavola, o colui che serve? Non è forse
colui che siede a
tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve.» [Luca 22, 25-27 Versione
Nuova Diodati].
Nel quadro evangelico
chi governa non dovrebbe farlo né nel
proprio interesse né in nome di un sovrano più in alto, al modo del feudatario,
né come funzionario di tale sovrano. La misura del servizio di governo è la
necessità altrui.
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- 3 -
Public power as a service
The sovereign
dynasties and their feudal lords ruled in their own interest and, first of all,
to expand their power by waging war on neighbors and distant ones and to keep
splendid courts. The court was the social environment around the sovereign and
his family, from whom came his chief advisors and collaborators and his
companions of leisures. Within the courts also came the principal intrigues
that threatened the power of the sovereign dynasty.
When, from the seventeenth century, the power of the
sovereign dynasties was organized in the states, the highly centralized
organizations with a vast public administration that was headed by ministers
appointed by the sovereign, the heads of various levels of this administrative
system ruled in the name of the sovereign. This was the epoch in which a
revision of the existing juridical system began, imposing state laws concerning
ever wider sectors of social life, until great codifications arrived from the
nineteenth century, progressively reducing the area governed by customs and
ancient law. Roman, remodeled and revised from the Middle Ages.
We find these dynamics also in the
ecclesiastical administration. It is still today characterized by a feudal
organization, which links the Pope to the bishops with jurisdiction over the
territory, and a papal administration articulated in the Vatican Curia, the
system of ministries in the Vatican, and in the Nunciatures, the embassies of
the Holy See in the world. The first code of canon law dates back to 1917. The
current law, adopted to adapt the Church's right to the principles of the
Second Vatican Council, is dated 1983.
With the development of democratic processes,
from the mid-nineteenth century, public administrations came under the control
of the parliaments, which at the time were composed of representatives of the
ruling classes in the states. In some Parliaments, as in that of the Kingdom of
Italy and the British, one of the Chambers, the parliamentary assemblies, had
the structure of the King's council, with members by inheritance, or due to
certain functions performed, or appointed by the sovereign: in Italy this
Chamber was the Senate, which from 1948 became completely elective apart from
five members who are nominated by the President of the Republic.
With the passage of public administrations into
the power of parliaments, a different explanation was given to their power. It
was said that they acted in the service of the states, and this even if, in the
monarchical states, official measures continued to be registered in the name of
the King.
The Lateran Treaty,
the agreement, part of the Lateran Pacts stipulated in 1929 between the Papacy
and the Kingdom of Italy that was under the hegemony of the fascism of Benito
Mussolini, and that, by regulating the relations between the parties,
recognized the Papacy a condition analogous to that of a territorial Kingdom
and established in Rome, on the Vatican hill, near the Borgo district, the
Vatican City, as territory attributed to the sovereignty of the Pope, is headed
in the name of the Holy Trinity and, in the premise states:
«[...] having to guarantee absolute and visible independence
to the Holy See, to guarantee unquestionable sovereignty in the international
field; the necessity of constituting, with particular modalities, the City of
the Vatican, recognizing on the same to the Holy See the full ownership and the
exclusive and absolute power and sovereign jurisdiction; His Holiness the
Supreme Pontiff Pius XI and His Majesty Vittorio Emanuele III King of Italy,
have resolved to stipulate a treaty, appointing to such effect two
Plenipotentiaries, that is to say part of His Holiness His Most Reverend
Eminence Cardinal Pietro Gasparri, His Secretary of State, and for part of His
Majesty, His Excellency Mr. Cavaliere Benito Mussolini, Prime Minister and Head
of Government; who, exchanging their respective full powers and finding them in
good and due form, have agreed in the following Articles: [...] »
The act has the structure of an international
agreement between sovereigns. Both say they are submissive to the divinity, of
which the only Pontiff, as his Vicar, was considered a lieutenant. The kings of
Italy placed in the premises of the laws of the state that reigned "by the
grace of God and the will of the nation", but did not legislate in the
name of divinity, but in its own name. In the Lateran Treaty it is the
involvement of the Vicar of Divinity that allowed the parties to declare to act
in the name of the Most Holy Trinity. The difference is not trivial. It is
based on the Christian concept of government as a service, therefore of a power
exercised as a function, not in its own name and in its own exclusive interest,
even if carried out at the highest level and therefore by those who do not
recognize any earthly power above them. and therefore claims sovereignty. In
the theology of Papal power as Vicar of Divinity, the Pope governs in the name
of divinity, as his official lieutenant, in his service. Every other power is
recognized as subject to divinity, but can not govern in the name of divinity.
This conception historically founded, from the Eleventh Century, the pretension
of the Papacy of supremacy over the sovereign powers of the Earth. The
evangelical theology of government as a service, however, is not perfectly
consistent with this approach:
"25 [...] The kings of the nations dominate them, and
those who exercise authority over them are called benefactors. 26 But it's not
like that with you; indeed, the greatest among you both as the minor and those
who govern as the one who serves. 27 Who in fact is greater who sits at the
table, or who serves? Is not he the one sitting at the table? And yet I am
among you as one who serves. "[Luke 22, 25-27 New Diodati Version].
In the Gospel context, those who govern should not do
so either in their own interests, either in the name of a higher sovereign, in
the world of the feudal lord, or as an official of that sovereign. The measure
of government service is the need of others.
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-4-
La
nazione come costruzione sociale
Nel libro Nazioni e nazionalismi dal 1780
-Programma, mito, realtà (il libro, del1990, pubblicato nella Piccola
biblioteca Einaudi, è in commercio ad €19,0) lo storico inglese Eric
Hobsbawn (1917-2012) dimostra che il concetto contemporaneo di nazione è
totalmente costruito culturalmente e risale all’Ottocento, come elementi di
rafforzamento del potere degli stati sulle masse popolari. La nazione è
quello a cui pensiamo quando cerchiamo di farci un’idea dello stato in cui
ci è capitato, per nascita, sorte o scelta, di essere inclusi e,
pensando anche di farne parte o di poterne fare
parte, in modo da non essere semplicemente in potere altrui, la
immaginiamo grande, non nel senso di grossa, ma
di realtà collettiva con attributi positivi, derivanti dalla sua tradizione di
cultura e potenza, in modo di pensarci grandi pure noi.
Discendenza etnica, colore della pelle a altri aspetti somatici, lingua,
religione, capacità intellettuali, tecniche o artistiche, tradizioni
matrimoniali, di feste sociali, di abbigliamento, alimentari e culinarie: tutti
questi aspetti sono di volta in volta utilizzati per costruire una
nazione in uno stato, ma ad un esame analitico non sono veramente
tanto comuni, vale a dire diffusi nella
popolazione di riferimento, della quale si vuole fare un
popolo, da essere veramente caratterizzanti. Ciò che è caratterizzato è
anche definito, delimitato, e
mediante caratterizzazioni difficilmente si riescono a
rispettare con esattezza i confini della nazione che si vuole edificare, che
corrispondono a quelli degli stati di riferimento. In realtà negli stati
contemporanei vivono elementi caratterizzanti molto eterogenei, in particolare
con riferimento all’etnia, alla lingua, alle tradizioni locali e ad altri
elementi culturali, tanto che, come ricordo spesso, l’arcivescovo di Bologna
Giacomo Biffi (1928-2015) disse una volta che, se si esclude la religione,
l’unico elemento che unifica la nazione italiana è la
pastasciutta. In realtà però, in Italia, vivono diverse tradizioni religiose e
la pastasciutta non si fa e si cucina dappertutto nello stesso modo.
Possiamo trovarci d’accordo che, più ci si distanzia geograficamente più ci si
tende a distanziare culturalmente. Da questo però consegue che nelle regioni di
confine degli stati le differenze sfumano e in molti elementi culturali, ad
esempio nella lingua, si è più vicini a coloro che abitano dall’altra parte
della frontiera di quanto non lo si sia con quelli della capitale dello stato
di appartenenza.
Prendere consapevolezza che l’idea di nazione è
totalmente costruita culturalmente non deve spaventare o anche solo
demoralizzare. Significa solo che le nazioni sono opera nostra, sociale, non
nascono dalla terra come le zucchine, né dai nostri geni come la faccia che
abbiamo. Questo significa che non siamo condannati a
subire una nazione, ma possiamo modificarne le caratteristiche negli aspetti
che non vanno bene, che fanno soffrire la gente. Le nazioni nascono, e la
parola italiana nazione deriva dalla parola latina che
significava nascere, da un sistema di relazioni sociali, vale a
dire nel frequentarsi, parlarsi, cooperare, e anche nel piacersi e amarsi, per
cui troviamo nello scorrere dei tempi e nel succedersi delle generazioni le
ragioni per continuare a stare insieme e, anche, nel frequentare altri, per
includere altra gente. Questo è molto evidente in una nazione come
quella Italiana che è una costruzione sociale molto recente: risale agli inizi
dell’Ottocento. La nostra nazione nacque
unificandone altre che erano stanziate nella Penisola italiana e, così
costruendo, quest’ultima divenne progressivamente da semplice espressione
geografica, come nel 1847 la definì realisticamente il Cancelliere (Primo
ministro) Klemens von Metternich, prima sede territoriale di un stato unitario
e poi, in un progresso storico durato un centinaio d’anni, luogo in cui viveva
un popolo, vale a dire popolazioni che volevano condividere
una storia e cooperare in modo solidale per il benessere comune. In questo
lavoro di costruzione nazionale, ad un certo punto svolsero un ruolo
importantissimo il Papato romano e la Chiesa cattolica, partendo da posizioni
fortemente anti-nazionalistiche, tanto che ad un certo punto, nell’Ottocento,
alcuni dei più ferventi attivisti cattolici ricaddero, come quelli socialisti,
sotto il rigore delle leggi statali per la difesa della sicurezza dello stato e
venivano schedati dalla Questure tra i sovversivi. In particolare la svolta
storica si ebbe nel 1905, quando, con l’enciclica Il fermo proposito,
diffusa nel 1905 dal papa Giuseppe Sarto - Pio 10°, venne ordinata la
costituzione dell’Azione Cattolica, che in Italia avvenne l’anno seguente con
l’approvazione degli statuti della nuova organizzazione.
Nell’enciclica così si definiva il lavoro
di azione cattolica:
«[…]voi vedete, o Venerabili Fratelli, di quanto aiuto
tornano alla Chiesa quelle schiere elette di cattolici che si propongono
appunto di riunire insieme tutte le forze vive, a fine di combattere con ogni
mezzo giusto e legale la civiltà anticristiana, riparare per ogni modo i
disordini gravissimi che da quella derivano; ricondurre Gesù Cristo nella
famiglia, nella scuola, nella società; ristabilire il principio dell’autorità
umana come rappresentante di quella di Dio; prendere sommamente a cuore gli
interessi del popolo e particolarmente del ceto operaio ed agricolo, non solo
istillando nel cuore di tutti il principio religioso, unico vero fonte di
consolazione nelle angustie della vita, ma studiandosi di rasciugarne le
lacrime, di raddolcirne le pene, di migliorare la condizione economica con ben
condotti provvedimenti; adoperarsi quindi perché le pubbliche leggi siano
informate a giustizia, e si correggano o vadano soppresse quelle che alla
giustizia si oppongono: difendere infine e sostenere con animo veramente
cattolico i diritti di Dio in ogni cosa e quelli non meno sacri della Chiesa.
Il complesso di tutte queste opere sostenute e promosse in
gran parte dal laicato cattolico e variamente ideate a seconda dei bisogni
propri di ogni nazione e delle circostanze particolari in cui versa ogni paese,
è appunto quello che con termine più particolare e certo nobile assai suol
essere chiamato azione cattolica, ovvero azione dei cattolici. Essa in tutti i
tempi venne sempre in aiuto della Chiesa, e la Chiesa tale aiuto ha sempre
accolto favorevolmente e benedetto, sebbene a seconda dei tempi si sia
variamente esplicato.»
Scrisse Massimo D’Azeglio (1798-1866):
«[…] in gl'Italiani hanno voluto far un'Italia nuova, e loro
rimanere gl'Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali
che furono ab antico il loro retaggio; perché pensano a
riformare l'Italia, e nessuno s'accorge che per riuscirci bisogna, prima, che
riformare sé stesso; [...] Il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani
dotati d'alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il
polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani».
[Massimo D’Azeglio, I miei ricordi, 1867,
pubblicato poi da Einaudi; può essere letto sul WEB:
<http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t207.pdf>]
Bene, vedete che, ai tempi del nostro
nazionalismo ottocentesco, dal quale scaturì l’unità nazionale, si aveva ben
chiaro che la nazione era una costruzione sociale, per cui, conquistato con la
guerra uno stato che comprendeva geograficamente quasi tutta la Penisola,
occorreva fare gli italiani, vale a dire costruire una
cultura nazione. In questa costruzione fu ad un certo punto determinante il
cattolicesimo democratico, che è nient’altro che uno sviluppo politico della
dottrina sociale della Chiesa. La nostra Repubblica ne porta evidentissime le
tracce. E’ questa costruzione culturale che da una decina d’anni è
improvvisamente entrata in crisi, generando un’epoca con caratteristiche
realmente rivoluzionarie, anche se sembra che la gente non se ne renda bene
conto.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma,
Monte Sacro, Valli
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4 -
The
nation as a social construction
In the book Nations and nationalisms from 1780
-Program, myth, reality (the book, dated 1990, published in the small Einaudi
library, is on sale for € 19.0) the English historian Eric Hobsbawn (1917-2012)
shows that the contemporary concept of nation is totally built culturally and
dates back to the nineteenth century, as elements of strengthening the power of
states over the masses of the people. The nation is what we think of when we
try to get an idea of the state in which it happened, by birth, fate or
choice, to be included and, also thinking of being part of it or being part of
it, so as not to be simply in the power of others, we imagine it big, not in
the sense of big, but of collective reality with positive attributes, deriving
from its tradition of culture and power, in order to think of ourselves as
great as well. Ethnic descent, skin color to other somatic aspects, language,
religion, intellectual, technical or artistic skills, matrimonial traditions,
social feasts, clothing, food and culinary traditions: all these aspects are
from time to time used to build a nation in a state, but an analytical
examination, are not really so common, that is to say widespread in the
reference population, of which we want to make a people, to be truly
characterizing. What is characterized is also defined, delimited, and by means
of characterizations it is difficult to accurately respect the boundaries of
the nation to be built, which correspond to those of the states of reference.
In reality, in contemporary states there are very heterogeneous characterizing
elements, in particular with reference to ethnicity, language, local traditions
and other cultural elements, so much so that, as I often remember, the
archbishop of Bologna Giacomo Biffi (1928-2015) he once said that if religion
is excluded, the only element that unifies the Italian nation is pasta. In
reality, however, in Italy, different religious traditions live and pasta is
not made and cooked everywhere in the same way. We can agree that the more
geographically we distance ourselves the more we tend to distance ourselves
culturally. From this it follows that in the border regions of the states the
differences fade and in many cultural elements, for example in the language,
one is closer to those who live on the other side of the border than it is with
those in the capital of the state of belonging.
To be aware that the idea of nation is
totally constructed culturally must not scare or even demoralize. It only means
that nations are our work, social, they do not come from the earth like
zucchini, nor from our genes like the face we have. This means that we are not
condemned to suffer a nation, but we can change its characteristics in aspects
that are not good, that make people suffer. Nations are born, and the Italian
word nation derives from the Latin word that meant to be born, from a system of
social relations, that is to say, to frequent oneself, to talk, to cooperate,
and also to like and love each other, for which we find in the passing of time
and in the generations take over the reasons for continuing to be together and,
also, for attending others, to include other people. This is very evident in a
nation like the Italian one which is a very recent social construction: it
dates back to the early nineteenth century. Our nation was born by unifying
others that were allocated in the Italian peninsula and, thus building, the
latter gradually became a simple geographical expression, as in 1847 realistically
defined the Chancellor (Prime Minister) Klemens von Metternich, first
territorial seat of a unitary state and then, in a historical progress lasting
about a hundred years, a place where a people lived, that is to say populations
who wanted to share a history and cooperate in solidarity for the common
well-being. In this work of national construction, in a time the Roman Papacy
and the Catholic Church played a very important role, starting from strongly
anti-nationalist positions, so much so that in the nineteenth century some of
the most fervent Catholic activists fell back, like the socialist ones, under
the rigor of state laws for the defense of the security of the state and were
filed by the Questure among the subversives. In particular, the historical
turning point came in 1905, when, with the encyclical Il fermo proposito,
released in 1905 by the pope Giuseppe Sarto - Pio 10 °, the constitution of the
Catholic Action was ordered, which in Italy took place the following year. the
approval of the statutes of the new organization.
In this encyclical, the work of Catholic action
was defined as follows:
«[...] you see, Venerable Brothers, how much help back to
the Church those elected ranks of Catholics who propose to bring together all
the living forces, in order to fight with all right and legal means the
anti-Christian civilization, to repair for every way the very serious disorders
that derive from that; to bring Jesus Christ back into the family, into school,
into society; re-establish the principle of human authority as a representative
of that of God; take to heart the interests of the people and especially the
working class and agricultural, not only instilling in the heart of all the
religious principle, the only true source of consolation in the anguishes of
life, but studying to wipe away the tears, to soften the pains, improve the
economic condition with well-conducted provisions; to work to ensure that
public laws are brought to justice, and that those who oppose justice are
corrected or suppressed: to finally defend and support with a truly Catholic
mind the rights of God in everything and those no less sacred than the Church.
The complex of all these works supported and promoted in
large part by the Catholic laity and variously designed according to the needs
proper to each nation and the particular circumstances in which each country
is, is precisely what with a more particular and certainly noble term called
Catholic action, or action of Catholics. In all times it always came to the aid
of the Church, and the Church has always welcomed and blessed this help,
although according to the times it has been variously explained.»
Massimo D'Azeglio 1798-1866) wrote (:
"[...] in Italians they wanted to make a new Italy, and
they would remain the old Italians of before, with the beggars and the moral
miseries that were their ancient heritage; because they think of reforming
Italy, and no one realizes that in order to succeed, we must first reform
ourselves; [...] The first need of Italy is that they form Italians with high
and strong characters. And too much we go every day more towards the opposite
pole: Italy too much has been made, but Italians are not made ».
[Massimo D'Azeglio, My memories, 1867, then published by
Einaudi; can be read on the WEB:
<http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t207.pdf>]
Well, you see that, at the time of our
nineteenth-century nationalism, from which the national unity emerged, it was
clear that the nation was a social construction, so, conquered with the war a
state that geographically comprised almost the whole peninsula. to make
Italians, ie to build a nation culture. Democratic Catholicism, which is
nothing more than a political development of the social doctrine of the Church,
was decisive in this construction. Our Republic bears evident traces of it. And
'this cultural construction that for a decade has suddenly entered into crisis,
generating an era with truly revolutionary characteristics, although it seems
that people do not fully understand it.
Mario Ardigò - Catholic Action in San Clemente pope - Rome,
Monte Sacro, Valli
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5 -
Che
cosa intendiamo per bene comune
La politica, intesa
come agire politico, cioè il partecipare al governo della società in cui
si è immersi, deve essere appresa, non è innata. La capacità di agire in
politica non è nei nostri geni, come le nostre facce. La scuola dovrebbe
insegnarla, ma raramente lo fa. Prevalentemente insegna invece a chi obbedire,
come obbedire e perché obbedire. Questo accade anche in religione.
Fece scandalo Lorenzo Milani quando
scrisse che l’«obbedienza non è più una virtù, ma
la più subdola delle tentazioni». Negli anni ’80, in Italia, si capì il
problema e sorsero tante scuole di politica. Poi l’entusiasmo calò
progressivamente e ora siamo nella condizione che chi vuole imparare la
politica deve fare da sé. Fare da sé non significa però essere solo
autodidatti, ma prima di tutto cercare buoni maestri, in modo da non dovere
ripartire da capo in tutto, ma di raggiungere un livello di approfondimento
tale da potere prendere le decisioni appropriate. Questo significa fare auto-formazione. La si fa leggendo e
dialogando con altri che stanno apprendendo. Il dialogo serve a correggere
quello che non si è capito correttamente e a capire meglio e in modo più
approfondito. Il dialogo più produttivo è naturalmente con chi ne sa di più, ma
è utili anche quello tra pari, perché, dialogando, si allargano i punti di
vista. L’auto-formazione rientra nel profilo della persona colta. La persona
colta si distingue dall’esperto perché, a differenza di quest’ultimo, non sa
tutto ciò che occorre sapere in un certo ramo della conoscenza, perché non
rientra nella sua competenza specialistica, ma cerca di approfondire in maniera
sufficiente a capire le questioni. Per partecipare al governo della società, e
quindi per fare politica, occorre sforzarsi di essere persona
colte. Altrimenti si è semplicemente trascinati dagli altri o ci si adegua alla
corrente sociale prevalente, come fanno gli uccelli in uno stormo. Ma fare politica significa governare e quindi anche guidare. Se non lo si fa da persone colte si è guide
cieche.
Il dialogo è anche
una parte del tirocinio alla politica democratica, che è quella in cui al
governo della società partecipano tendenzialmente tutti, in condizione di pari
dignità e, e questo è molto importante, ognuno tiene conto della dignità e del
bene di ciascun altro. Ecco perché è
molto importante per una persona che voglia dedicarsi più intensamente alla
politica in ruoli di responsabilità pubblica conoscere meglio che può la gente
della società di riferimento, non solo le situazioni e le dinamiche sociali. Ho
scritto “meglio
che può” perché conoscere veramente tutti ci è impossibile, per i nostri
limiti cognitivi di specie derivanti dal funzionamento del nostro cervello e
dei nostri sensi. Eppure è molto evidente quando un politico mostra di
conoscere la sua gente e quando invece ne ha una immagine sterotipata, appena
abbozzata e dunque poco realistica. Ma è lo stesso anche per un capo religioso,
ad esempio per un vescovo e lo stesso Papa, i quali, secondo l’ordinamento
giuridico della nostra Chiesa hanno compiti propriamente di governo. Questa
serie di interventi che state leggendo sono inseriti un un’attività di autoformazione
di un piccolo gruppo di Azione cattolica,
che si riunisce in una parrocchia
della periferia nord orientale romana, nei pressi della riva destra del fiume
Aniene, il principale affluente del Tevere. Scrivo queste precisazioni
geografiche perché stiamo coinvolgendo molte persone che vivono lontano,
addirittura in altre nazioni o continenti. Questo risultato spettacolare è
permesso dalle possibilità di collegamento offerte dal WEB, dalla rete
internet. Scopriamo di avere problemi ed esigenze comuni con persone molto
lontane da noi nello spazio, ma vicine nella cultura di riferimento. Questo fa
capire come abbiano poco senso le politiche che voglio tagliare questi legami,
chiudendo di nuovo le persone in universi limitati. Come può un universo essere limitato? Avviene quando consideriamo
la società in cui viviamo un universo,
vale dire l’unico ambiente sociale che ci interessa, e decidiamo di ignorare ciò che è fuori.
Nella dottrina
sociale della Chiesa cattolica romana, vale a dire quel pensiero sociale che
viene diffuso dal Papato e dai vescovi come direttiva per l’azione politica e
sociale dei fedeli, ha molta importanza il concetto di bene comune, inteso come “l'insieme di quelle condizioni
della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di
raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”, in inglese “the sum of those conditions of social life which allow social groups
and their individual members relatively thorough and ready access to their own
fulfillment”. Questa definizione è scritta in una delle più importanti
leggi della Chiesa cattolica deliberate durante il Concilio Vaticano 2°, la
grande assemblea legislativa del Papa e dei vescovi del mondo, tenutasi a Roma,
nei palazzi del Vaticano, tra il 1962 e il 1965, la Costituzione sulla Chiesa
nel mondo contamporaneo / Pastoral Constitution
on the Church in the
modern world La gioia
e la speranza - Gaudium et spes (1)
Con la parola bene intendiamo anche una
risorsa a disposizione, ad esempio una cosa di cui disponiamo come proprietari
o ad altro titolo, e una finalità dell’azione, vale a dire ciò che è giusto.
Riteniamo che la nostra fede ci guidi verso il bene inteso come ciò che è
giusto fare. E che ci richieda di organizzare la società in modo da renderla un
ambiente collettivo che permetta la realizzazione del bene comune nel senso indicato dalla Costituzione che ho citato.
Per conseguire questo risultato è necessario che le risorse a disposizione di
una società siano utilizzate per conseguire questa finalità. In questo la
dottrina sociale si differenzia molto
dalle concezioni liberali perché non ritiene che, per realizzare la finalità pubblica del bene comune, debbano essere
utilizzate solo le risorse di proprietà pubblica, ma che anche le risorse di
proprietà privata debbano concorrere a quel risultato. Questa è una dottrina di
fede molto antica, che addirittura ha fondamento nelle Scritture sacre. In
passato questo concetto veniva descritto spiegando che la proprietà privata, il dominio dei singoli sulle risorse a loro
disposizione e in loro dominio, doveva avere anche una funzione sociale. Più di recente è stata
sviluppata una teoria giuridica detta dei beni
comuni, come l’aria, l’acqua, l’ambiente, il paesaggio, vale a dire di
quelle risorse, di proprietà pubblica e privata, dalle quali ciascuno tra un
vantaggio per la propria vita, anche se non le ha in proprio dominio.
L’architettura di una città, fatta di costruzioni di proprietà pubblica e di
proprietà privata delle quali solo una parte di quelle di proprietà pubblica
sono utilizzabili dai cittadini, contribuisce al benessere comune se è bella e
favorisce le relazioni sociali, altrimenti no, come accade in alcune desolate
periferie delle grandi città, dove si vive male. Una parte importante della
politica è la gestione delle risorse sociali per conseguire il bene comune, mediante beni di proprietà
pubblica, come quelli che appartengono allo stato o al municipio, beni di
proprietà privata e beni comuni. Questa parte della politica riguarda la
giustizia sociale ed è stata molto sviluppata dal secondo dopoguerra, vale a
dire dal 1945 ad oggi. L’importanza che le politiche di giustizia sociale hanno
avuto in alcuni degli stati contemporanei, in particolare nei maggiori e più
influenti stati dell’Occidente, a partire dagli Stati Uniti d’America, ha fatto
definire come stato del benessere -
Welfare state il modello di questa
organizzazione pubblica che non mira
solo a garantire diritti di libertà personale, la proprietà privata e la libertà
di produrre e commerciare, ma anche generalizzate buone condizioni di vita
sociale, e questo anche nei momenti sfavorevoli, come nella disoccupazione
involontaria, nella malattia o nella vecchiaia, o nei quali si è più deboli,
come nell’infanzia e adolescenza, quando si vive da donne in società fortemente
maschiliste o quando si giunge da rifugiati, fuggendo da situazioni di pericolo
negli stati dei quali si è cittadini.
La pace è, per la dottrina sociale contemporanea, una delle principali
finalità di bene comune. In essa rientra la sicurezza delle persone nelle zone
di frontiera, che si annulla tra gli stati in guerra ed è scarsa tra gli stati
in cui si creano attriti politici, per cui si chiudono a difesa come fanno i
ricci. Il magistero sociale del Papato e dei vescovi è da tempo fortemente
critico con gli stati /riccio. Tra questi vi è l’Italia di oggi. La sua
frontiera meridionale con la Libia e la Tunisia, che corre nel mare
Mediterraneo, è diventata particolarmente pericolosa per i migranti irregolari,
quelli che, venendo da situazioni di grave rischio personale, cercano di
raggiungere l’Europa via mare. Lo è diventata anche per le politiche nazionali
che hanno ridotto l’attività di soccorso in mare. In altre zone del mondo vi
sono problemi simili. Affrontare il problema da persone colte, nel senso che ho
sopra precisato, sembra difficile. Si è pensato di costruire un muro in mezzo
al mare, ma, è stato osservato, si è fatto in realtà un grande cimitero. Questo
risultato, per il quale nei mesi scorsi sono arrivati molti meno migranti
irregolari via mare dall’Africa, rientra, secondo alcune correnti politiche
italiane, nel bene pubblico, inteso come bene dello stato, ma anche nel bene
comune, come situazione di benessere sociale. Su questo tema il contrasto con
la dottrina sociale è frontale. Questo
dipende dalla diversa prospettiva che viene adottata. Quella della dottrina
sociale è realmente universale e tiene conto del bene comune di un’umanità più
vasta di quella della quale tengono conto quelli che ritengono di interesse
pubblico sigillare le frontiere. La
parola cattolico viene da una parola del greco antico che
significa universale. Questo è il
punto di vista della Chiesa perché è anche quello del Cielo: il fedele cattolico è spinto, nel lavoro di formazione religiosa,
a farlo proprio e ad agire in quella prospettiva.
(1) Dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes del
Concilio Vaticano 2°
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html
26. Promuovere il bene
comune.
Dall'interdipendenza sempre più stretta e piano piano estesa
al mondo intero deriva che il bene
comune - cioè l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono
tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione
più pienamente e più speditamente - oggi vieppiù diventa universale,
investendo diritti e doveri che riguardano l'intero genere umano.
Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle
legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell'intera
famiglia umana (47). Contemporaneamente cresce la coscienza dell'eminente
dignità della persona umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri
sono universali e inviolabili. Occorre perciò che sia reso accessibile all'uomo
tutto ciò di cui ha bisogno per condurre una vita veramente umana, come il vitto,
il vestito, l'abitazione, il diritto a scegliersi liberamente lo stato di vita
e a fondare una famiglia, il diritto all'educazione, al lavoro, alla
reputazione, al rispetto, alla necessaria informazione, alla possibilità di
agire secondo il retto dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della
vita privata e alla giusta libertà anche in campo religioso.
L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono sempre
lasciar prevalere il bene delle persone, poiché l'ordine delle cose deve essere
subordinato all'ordine delle persone e non l'inverso, secondo quanto suggerisce
il Signore stesso quando dice che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per
il sabato (48). Quell'ordine è da sviluppare sempre più, deve avere per base la
verità, realizzarsi nella giustizia, essere vivificato dall'amore, deve trovare
un equilibrio sempre più umano nella libertà (49).
Per raggiungere tale scopo bisogna lavorare al rinnovamento
della mentalità e intraprendere profondi mutamenti della società. Lo Spirito di
Dio, che con mirabile provvidenza dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia
della terra, è presente a questa evoluzione.
Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell'uomo
questa irrefrenabile esigenza di dignità.
(47) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et magistra: AAS 53 (1961), p. 417.
(48) Cf. Mc 2,27.
(49) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS 55 (1963), p. 266.
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-5-
What we mean by common good
Politics,
understood as political action, that is, participating in the governance of the
society in which we are immersed, must be learned, is not innate. The ability
to act in politics is not in our genes, like our faces. The school should teach
it, but rarely does it. Mainly teaches instead who to obey, how to obey and why
to obey. This also happens in religion.
Lorenzo Milani made a scandal when he
wrote that "obedience is no longer a virtue, but the most subtle of
temptations". In the 80s, in Italy, the problem was understood and so many
schools of politics arose. Then the enthusiasm gradually dropped and now we are
in the condition that those who want to learn politics must do themselves.
Doing so does not mean, however, being just self-taught, but first of all
looking for good teachers, so you do not have to start all over again, but to
reach a level of depth that can make appropriate decisions. This means doing
self-training. It is done by reading and dialoguing with others who are
learning. The dialogue serves to correct what has not been understood correctly
and to understand better and in greater depth. The most productive dialogue is
naturally with those who know more about it, but that between peers is also
useful, because, by dialoguing, the points of view are widened. Self-training
falls within the profile of the educated person. The educated person
distinguishes himself from the expert because, unlike the latter, he does not
know all that is needed in a certain branch of knowledge, because he does not
fall within his specialist competence, but seeks to deepen sufficiently to
understand the issues . In order to participate in the governance of society,
and therefore to do politics, it is necessary to strive to be a cultured
person. Otherwise it is simply dragged by others or adapts itself to the
prevailing social current, as birds do in a flock. But to do politics means to
govern and therefore also to drive. If you do not do it as a cultured person
you are blind driving.
Dialogue
is also a part of the training in democratic politics, which is one in which
the government of society tends to participate, in conditions of equal dignity
and, and this is very important, everyone takes into account the dignity and
the good of each other. This is why it is very important for a person who wants
to devote himself more intensely to politics in roles of public responsibility
to know better than the people of the society of reference, not just situations
and social dynamics. I wrote "better than it can" because to truly
know all of us is impossible, because of our cognitive limits of species
deriving from the functioning of our brain and our senses. Yet it is very
evident when a politician shows his people and when he has a sterotyped image,
just sketched and therefore unrealistic. But it is the same also for a religious
leader, for example for a bishop and the same Pope, who, according to the legal
system of our Church, have duties of proper government. This series of
interventions that you are reading included a self-training activity of a small
group of Catholic Action, which meets in a parish in the north-eastern suburbs
of Rome, near the right bank of the Aniene river, the main tributary of the
Tiber. I write these geographical details because we are involving many people
who live far away, even in other nations or continents. This spectacular result
is allowed by the connection possibilities offered by the WEB, by the Internet.
We discover that we have problems and common needs with people very far from us
in space, but close in the reference culture. This makes it clear how the
policies I want to cut these ties make little sense, closing people back into
limited universes. How can a universe be limited? It happens when we consider
the society in which we live a universe, that is to say, the only social
environment that interests us, and we decide to ignore what is outside.
In the
social doctrine of the Roman Catholic Church, that is to say, the social
thought that is spread by the papacy and by the bishops as a directive for the
political and social action of the faithful, the concept of the common good,
understood as "the whole of those conditions of social life that allow
both groups and individual members to achieve their own perfection more fully
and more quickly ", in English" the sum of those conditions of social
life which allow social groups and their individual members to be thorough and
ready access to their own fulfillment ". This definition is written in one
of the most important laws of the Catholic Church deliberated during the Second
Vatican Council, the great legislative assembly of the Pope and the bishops of
the world, held in Rome, in the Vatican buildings, between 1962 and 1965, the
Constitution on the Church in the world of contortion / Pastoral Constitution
on the Church in the modern world Joy and hope - Gaudium et spes (1)
With the word good we also mean a resource
available, for example something that we have as owners or other title, and a
purpose of the action, that is to say what is right. We believe that our faith
guides us towards the good understood as what is right to do. And that requires
us to organize society in order to make it a collective environment that allows
the realization of the common good in the sense indicated by the Constitution
that I mentioned. To achieve this result it is necessary that the resources
available to a company are used to achieve this purpose. In this the social
doctrine differs a lot from liberal conceptions because it does not believe
that, to realize the public purpose of the common good, only public resources
should be used, but that private resources must also contribute to that result.
This is a very old doctrine of faith, which even has its foundation in the
sacred Scriptures. In the past, this concept was described by explaining that
private property, the domination of individuals over the resources at their
disposal and in their domain, must also have a social function. More recently,
a juridical theory has been developed, known as common goods, such as air,
water, the environment, the landscape, that is to say those resources, public
and private property, from which each one has an advantage for his own life,
even if he does not have it in his own domain. The architecture of a city, made
up of public and private property constructions of which only a part of those
of public property can be used by citizens, contributes to the common welfare
if it is beautiful and favors social relations, otherwise not, as happens in
some desolate outskirts of the big cities, where you live badly. An important
part of politics is the management of social resources to achieve the common
good, through public property assets, such as those belonging to the state or
municipality, private property and common goods. This part of the policy
concerns social justice and has been greatly developed since World War II, that
is from 1945 to today. The importance that the policies of social justice have
had in some of the contemporary states, in particular in the major and most
influential states of the West, starting from the United States of America, has
defined as a state of wellbeing - Welfare state the model of this public
organization which is not only aimed at guaranteeing personal liberty rights,
private property and freedom to produce and trade, but also generalized good
conditions of social life, and this even in unfavorable moments, such as
involuntary unemployment, illness or in old age, or in which we are weaker, as
in childhood and adolescence, when we live as women in strongly sexist
societies or when we come from refugees, fleeing from situations of danger in
the states of which we are citizens.
For the contemporary social doctrine, peace is one
of the main goals of the common good. It includes the safety of people in the
border areas, which is annulled between the warring states and is scarce among
the states where political frictions are created, so they close to defense as
the hedgehogs do. The social teaching of the Papacy and the bishops has long
been highly critical of the states / hedgehog. Among these there is today's
Italy. Its southern border with Libya and Tunisia, which runs through the
Mediterranean Sea, has become particularly dangerous for irregular migrants,
those who, coming from situations of serious personal risk, try to reach Europe
by sea. It has also become for national policies that have reduced the rescue
activity at sea. In other areas of the world there are similar problems.
Addressing the problem by educated people, in the sense that I have specified
above, seems difficult. It was thought to build a wall in the middle of the
sea, but, it was observed, it was actually a large cemetery. This result, for
which in recent months many less irregular migrants arrived by sea from Africa,
falls, according to some Italian political trends, in the public good,
understood as good of the state, but also in the common good, as a social
welfare situation . On this theme the contrast with the social doctrine is
frontal. This depends on the different perspective that is adopted. That of the
social doctrine is truly universal and takes into account the common good of a
humanity broader than that of which those who consider it of public interest
seal the borders. The Catholic word comes from a word of ancient Greek which
means universal. This is the Church's point of view because it is also that of
Heaven: the faithful Catholic is pushed, in the work of religious formation, to
do it his own and to act in that perspective.
(1) ) From
the Pastoral Constitution on the Church in the Modern World Joy and Hope -
Gaudium et spes of the Second Vatican Council
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_en.html
26. Every day human interdependence grows more tightly drawn
and spreads by degrees over the whole world. As a result the common good, that is, the sum of those
conditions of social life which allow social groups and their individual
members relatively thorough and ready access to their own fulfillment,
today takes on an increasingly universal complexion and consequently involves
rights and duties with respect to the whole human race. Every social group must
take account of the needs and legitimate aspirations of other groups, and even
of the general welfare of the entire human family.(5)
At the same time, however, there is a growing awareness of
the exalted dignity proper to the human person, since he stands above all
things, and his rights and duties are universal and inviolable. Therefore,
there must be made available to all men everything necessary for leading a life
truly human, such as food, clothing, and shelter; the right to choose a state
of life freely and to found a family, the right to education, to employment, to
a good reputation, to respect, to appropriate information, to activity in
accord with the upright norm of one's own conscience, to protection of privacy
and rightful freedom even in matters religious.
Hence, the social order and its development must invariably
work to the benefit of the human person if the disposition of affairs is to be
subordinate to the personal realm and not contrariwise, as the Lord indicated
when He said that the Sabbath was made for man, and not man for the Sabbath.(6)
This social order requires constant improvement. It must be
founded on truth, built on justice and animated by love; in freedom it should
grow every day toward a more humane balance.(7) An improvement in attitudes and
abundant changes in society will have to take place if these objectives are to
be gained.
God's Spirit, Who with a marvelous providence directs the
unfolding of time and renews the face of the earth, is not absent from this
development. The ferment of the Gospel too has aroused and continues to arouse
in man's heart the irresistible requirements of his dignity.
5. Cf. John XXIII, encyclical letter Mater et Magistra: AAS
53 (1961) .
6. Cf. Mark 2:27.
7. Cf. John XXIII, encyclical letter Pacem in Terris:
AAS 55 (1963), p. 266.
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- 6 -
I
regimi e l’individuazione del bene pubblico
A che serve
l’organizzazione sociale? Alla gloria della dinastia sovrana? A impedire che ci
si estenui in continui conflitti? A realizzare opere e servizi ad uso
collettivo? A fare più ricca e potente la propria nazione, espandendone i
domini? A contrastare e correggere le dinamiche sociali che portano a
concentrazioni di risorse a danno dei più? A combattere la povertà? A
soccorrere gli indigenti? A diffondere una religione nazionale? Storicamente
tutti questi obiettivi sono stati utilizzati per giustificare sistemi di potere
politico, quindi quelle organizzazioni sociali che costituiscono lo scheletro
delle collettività più importanti, quelle che rivendicavano la sovranità, non
riconoscendo altri poteri sopra di sé. Si parte sempre dalla constatazione che
il disordine è pericoloso per la sopravvivenza sociale e individuale.
All’interno di ogni società agiscono, muovendosi ed entrando in contrasto,
altri gruppi e il fare ordine significa anzitutto ottenerne la sottomissione. Il
risultato è un regime, vale a dire un ordinamento politico attuato secondo una
gerarchia che dirige, a vari livelli di potere,
lo sviluppo della società che domina imponendole regole e dandole altre
direttive per l’azione collettiva. La storia politica dell’umanità è stata segnata dall’evoluzione,
dissoluzione, abbattimento, costituzione, scontro, tra regimi. Si è trattato di
un processo continuo: ogni costituzione è stata quindi preceduta da evoluzione,
dissoluzione o abbattimento. Come nella generazione biologica, ogni nuovo
regime porta tracce culturali del precedente, anche nel caso di regimi imposti
per invasione o colonizzazione. L’Italia in questo può essere considerata un
laboratorio politico molto interessante
avendo subito storicamente un gran numero di invasioni, con conseguenti
mutamenti di regimi politici. L’attuale Repubblica italiana nacque dalla
dissoluzione prima e poi anche dall’abbattimento del regime fascista
mussoliniano favorito da un’invasione militare durante la Seconda guerra mondiale
(1939-1945). Un esempio italiano di un regime politico sorto per invasione è
quello che dominò la parte nordorientale della Penisola sotto l’impero
d’Austria nell’Ottocento. Altro esempio
è quello del Meridione d’Italia dal Quattrocento al Settecento, epoca
nel corso delle quali quali le potenze che lo invasero, Spagna e Austria, vi
mantennero vice-re. I processi democratici contemporanei
consentono, con alcuni limiti,
l’evoluzione pacifica dei regimi in modo da adattarli agli assetti
sociali correnti. Ma ebbe carattere sostanzialmente pacifico la spettacolare
evoluzione verso regimi democratici di tipo liberale-occidentale che avvenne
molto rapidamente, dal 1989 ai primi anni ’90 nell’Europa Orientale dominata da
regimi comunisti di tipo sovietico. Nell’Italia di oggi è in corso una
evoluzione di regime che iniziò a
manifestarsi dal 2011, in conncomitanza con una grave recessione economica che,
originata dagli Stati Uniti d’America, coinvolse duramente l’Europa. Ogni
regime definisce i suoi obiettivi fondamentali, che dipendono dagli interessi
politici dei gruppi che sono riusciti a imporsi in società. Questi obiettivi
definiscono il bene pubblico, inteso
come finalità del regime. Il bene pubblico che hanno di mira le forze che
sorreggono in Italia l’evoluzione di regime è essenzialmente costituito
dall’intenzione di rendere meno gravosi i nostri obblighi verso l’Unione
Europea, continuando però a beneficiare di suoi aiuti, e di contrastare più
efficacemente lo spostamento in Italia di masse di indigenti, in gran parte
provenienti dall’Asia e dall’Africa attraverso le nostre frontiere meridionali.
Questo viene presentato come una rivendicazione di sovranità, nel senso di non
riconoscere al di sopra dell’Italia altre autorità o principi al di fuori di quello
dell’interesse nazionale, per cui la politica che ne deriva viene chiamata sovranismo. Non è facile, però, come lo
stato nel passato, individuare i gruppi
sociali emergenti, i corpi sociali che guidano l’evoluzione di regime. Questo
perché la politica di massa si fa sempre meno nei partiti politici e molto più
mediante reti sociali, nelle quali si agisce fondamentalmente da individui,
reagendo agli stimoli proposti da chi le reti controlla rimanendo dietro le
quinte, come il regista in uno spettacolo teatrale, che sembra svolgersi ad
iniziativa degli attori, mentre è appunto organizzato da una regia.
Stabilire quale sia
o debba essere il bene pubblico di riferimento è molto importante
nell’attività politica, e questo anche a livello di prossimità, nei gruppi in
cui più da vicino si svolge la personalità di ciascuno e dove cominciamo a
formarci un orientamento nelle cose sociali. La dottrina sociale è
sostanzialmente un complesso di principi e direttive proprio su quei temi. Ha
alla base un’etica religiosa, ma necessariamente tiene anche conto dello
sviluppo storico delle società e delle esigenze contemporanee. Questo significa
che le soluzioni politiche non discendono necessariamente da quell’etica, ma ne sono influenzate.
Storicamente sono possibili diverse opzioni e il successo dell’una o dell’altra
dipende in genere dalla capacità di coinvolgere larghi strati sociali, in modo
da accrescere il consenso intorno ad una scelta. Fino all’affermarsi dei
processi democratici, a fine Settecento, le masse contavano poco o nulla e del resto sapevano anche poco
perché erano incolte e si limitavano a prendere atto del potente di turno e ad
acclamarlo. Nessun processo di democrazia popolare può affermarsi se non vi è
un’elevazione del livello di istruzione delle masse: questo risultato fu
conseguito in Italia a partire dagli anni Cinquanta, anche se, a partire
dall’unità nazionale, conseguita nel 1861, si cercò almeno di fornire
un’istruzione elementare ai più giovani. Una della caratteristiche degli
orientamenti politici che sorreggono l’evoluzione di regime in corso è la poca
importanza che si dà alla formazione: si ritiene che ciascuno sia in grado di intuire quale sia il proprio interesse e
che questo sostanzialmente basti a definire il bene pubblico, così che basti un sondaggio a individuarlo. La linea
dell’Azione Cattolica, seguendo la dottrina sociale, è stata invece un’altra e
uno dei settori più importanti dell’attività associativa è sempre stato
storicamente quello della formazione sociale, e in particolare alla politica.
Questa linea è stata perseguita con particolare efficacia a partire dagli anni
Trenta sotto l’impulso di Giovanni Battista Montini, divenuto papa nel 1963 con
il nome di Paolo 6°, e portò, dopo la dissoluzione e abbattimento del regime
fascista mussoliniano, ad una lunga egemonia politica dei cattolico-democratici
italiani tra il 1946 e il 1994. Il regime repubblicano popolare democratico
costituito dal 1948 ne porta tracce evidenti.
L’importanza della
competenza, quindi della formazione adeguata, negli affari sociali è stata indicata nel discorso che il 9 febbraio
scorso papa Francesco ha tenuto ai dirigenti dell’Associazione Nazionale
Magistrati italiana:
«In un tempo nel quale così
spesso la verità viene contraffatta, e siamo quasi travolti da un vortice di
informazioni fugaci, è necessario che siate i primi ad affermare la superiorità
della realtà sull’idea (cfr Esortazione apostolica La gioia del Vangelo -Evangelii Gaudium, 233); infatti, «la realtà
semplicemente è, [mentre] l’idea si elabora» (nello stesso documento, 231). Il vostro impegno
nell’accertamento della realtà dei fatti, anche se reso più difficoltoso dalla
mole di lavoro che vi è affidata, sia quindi sempre puntuale, riportato con
accuratezza, basato su uno studio approfondito e su un continuo sforzo di
aggiornamento. Esso saprà avvalersi del dialogo con i diversi saperi
extra-giuridici, per comprendere meglio i cambiamenti in atto nella
società e nella vita delle persone, ed essere in grado di attuare con sapienza,
ove necessario, un’interpretazione evolutiva delle leggi, sulla base dei
principi fondamentali sanciti dalla Costituzione.»
Non basta, quindi, immaginare, per progettare il nuovo, ma occorre anche conoscere la realtà su cui si opera. Questo richiede un
lavoro di approfondimento collettivo e personale. Quello personale non basta,
perché si tratta di incidere su realtà collettive. Tenere conto solo del
proprio interesse è insufficiente, perché l’organizzazione sociale richiede di
comporre armonicamente interessi di moltudini e non è la stessa cosa
organizzare la propria famiglia o un parrocchia e strutturare e dirigere uno
stato.
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-6-
I
regimi e l’individuazione del bene pubblico
What is the purpose
of social organization? To the glory of the sovereign dynasty? To prevent it
from being extinguished in constant conflicts? To create works and services for
collective use? To make their nation richer and more powerful, expanding its
domains? To counteract and correct the social dynamics that lead to
concentrations of resources to the detriment of the most? To fight poverty? To
succor the indigent? To spread a national religion? Historically all these
objectives have been used to justify systems of political power, therefore
those social organizations that constitute the skeleton of the most important
collectives, those that claim sovereignty, not recognizing other powers above
themselves. We always start from the observation that disorder is dangerous for
social and individual survival. Within each society, other groups act, moving
and entering into conflict, and ordering means first of all to achieve
submission. The result is a regime, that is to say a political order implemented
according to a hierarchy that directs, at various levels of power, the
development of the dominating society by imposing rules and giving it other
directives for collective action. The political history of humanity has been
marked by evolution, dissolution, destruction, constitution, conflict, between
regimes. It was a continuous process: each constitution was therefore preceded
by evolution, dissolution or demolition. As in biological generation, each new
regime brings cultural traces of the previous one, even in the case of regimes
imposed by invasion or colonization. Italy in this can be considered a very
interesting political laboratory having historically suffered a large number of
invasions, with consequent changes in political regimes. The current Italian
Republic was born from the dissolution first and then also by the overthrow of
the fascist Mussolini regime, favored by a military invasion during the Second
World War (1939-1945). An Italian example of a political regime created by
invasion is the one that dominated the northeastern part of the Peninsula under
the Austrian Empire in the nineteenth century. Another example is that of the
South of Italy from the fifteenth to the eighteenth century, during which time
the powers that invaded him, Spain and Austria, kept you vice-king.
Contemporary democratic processes allow, with some limits, the peaceful
evolution of the regimes so as to adapt them to current social arrangements.
But the spectacular evolution towards democratic regimes of the liberal-western
type that occurred very rapidly, from 1989 to the early 90s in Eastern Europe
dominated by Soviet-type communist regimes, was essentially peaceful. In
today's Italy, a regime evolution is underway that began to emerge from 2011,
in conjunction with a severe economic recession which, originating from the
United States of America, severely affected Europe. Each regime defines its
fundamental objectives, which depend on the political interests of the groups
that have succeeded in establishing themselves in society. These objectives
define the public good, intended as the purpose of the regime. The public good
that targets the forces that support the evolution of the regime in Italy is
essentially the intention to make our obligations to the European Union less
burdensome, while continuing to benefit from its aid, and to fight more
effectively the shift in Italy of masses of the poor, mostly coming from Asia
and Africa through our southern borders. This is presented as a claim of
sovereignty, in the sense of not recognizing above Italy other authorities or
principles outside of the national interest, for which the resulting policy is
called sovereignism. It is not easy, however, like the state in the past, to
identify the emerging social groups, the social bodies that drive the evolution
of the regime. This is because mass politics becomes less and less in political
parties and much more through social networks, in which we act fundamentally as
individuals, reacting to the stimuli proposed by those who control networks
remaining behind the scenes, like the director in a theatrical show, that seems
to take place at the initiative of the actors, while it is precisely organized
by a director.
Establishing what is
or should be the public good of reference is very important in political
activity, and this also at the level of proximity, in the groups in which the
personality of each one takes place and where we begin to form an orientation
in social things . The social doctrine is basically a set of principles and
directives on precisely those issues. It is based on a religious ethic, but it
also takes into account the historical development of societies and
contemporary needs. This means that political solutions do not necessarily
derive from that ethics, but are influenced by them. Historically, different
options are possible and the success of one or the other depends in general on
the ability to involve large social strata, in order to increase the consensus
around a choice. Until the establishment of democratic processes, at the end of
the eighteenth century, the masses counted little or nothing, and besides they
knew very little because they were uncultivated and confined themselves to
taking note of the powerful person in charge and to acclaim him. No process of
popular democracy can be affirmed if there is no elevation in the level of
education of the masses: this result was achieved in Italy starting in the
1950s, even if, starting from the national unity, achieved in 1861, at least to
provide elementary education to younger people. One of the characteristics of
the political orientations that support the ongoing regime evolution is the
little importance given to training: it is believed that everyone is able to
understand what is their own interest and that this is basically sufficient to
define the public good, so that a survey is enough to identify it. The line of
Catholic Action, following the social doctrine, was instead another one and one
of the most important sectors of the associative activity has always
historically been that of social formation, and in particular to politics. This
line was pursued with particular effectiveness starting from the 1930s under
the impulse of Giovanni Battista Montini, who became Pope in 1963 under the
name of Paolo 6 °, and led, after the dissolution and demolition of the
Mussolini fascist regime, to a long political hegemony of Italian
Catholic-Democrats between 1946 and 1994. The popular democratic republican
regime established in 1948 bears evident traces.
The importance of
competence, therefore of adequate formation, in social affairs was indicated in
the speech that Pope Francis held to the leaders of the Italian National
Magistrates Association last February 9:
"In a time when so often the truth is counterfeited,
and we are almost overwhelmed by a whirlwind of fleeting information, it is
necessary that you be the first to affirm the superiority of reality on the
idea (cf. Apostolic Exhortation Joy of the Gospel -Evangelii Gaudium , 233); in
fact, "reality is simply, [while] the idea is elaborated" (in the
same document, 231). Your commitment to ascertaining the reality of the facts,
even if made more difficult by the amount of work entrusted to you, is
therefore always punctual, accurately reported, based on an in-depth study and
on a continuous updating effort. It will be able to make use of the dialogue
with the various extra-juridical knowledge, to better understand the changes
taking place in society and in people's lives, and be able to implement with
skill, where necessary, an evolutionary interpretation of the laws, on the
basis of fundamental principles enshrined in the Constitution. "
It is not enough, therefore, to imagine, to
design the new, but we also need to know the reality on which we operate. This
requires a collective and personal in-depth study. The personal one is not
enough, because it is about affecting collective realities. Taking into account
only one's own interest is insufficient, because the social organization
requires to harmoniously compose interests of multitudes and it is not the same
thing to organize one's family or a parish and to structure and direct a state.
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7 -
Europei
e Americani
Ad un lettore negli Stati Uniti d’America può forse sembrare
strano che in una parrocchia della periferia romana ci si occupi di politica di
governo e di politica internazionale. Dovrà però tenere conto che la politica
italiana è stata egemonizzata da un partito cattolico dal 1946 al 1994 e che
questo è stato reso possibile da un
capillare ed esteso lavoro di formazione alla politica che il Papato ha
organizzato a partire dal 1905. Ma già in precedenza, dalla metà
dell’Ottocento, le masse popolari italiane erano state organizzate, e
progressiasmente si erano manifestate
politicamente, seguendo fondamentalmente due ideologie, il socialismo e la
dottrina sociale della Chiesa cattolica, il sistema di principi di azione
sociale che si era formato in relazione dialettica con il socialismo. Fino agli
anni Venti del secolo scorso la dottrina sociale ebbe, come il socialismo,
carattere rivoluzionario rispetto al regime liberale democratico che dominava
nel Regno d’Italia. Alle pretese politiche del Papato, che rivendicava un
proprio regno territoriale sulla città di Roma, del quale era stato privato nel
1870 a seguito di conquista militare da parte del Regno d’Italia, si erano
aggiunti i propositi di riforma sociale, con finalità di giustizia sociale, espressi
dai movimenti del laicato cattolico italiano, complessivamente riassunti
nell’intenzione di stabilire una democrazia cristiana. Nel corso degli anni
Venti del Novecento il Papato, anche sotto la grande impressione prodotta dalla
rivoluzione sovietica in Russia, fortemente antireligiosa, giunse ad un’intesa
con il fascismo mussoliniano, stipulata formalmente nel 1929 con i Patti Lateranensi, dai quali il Papato
ebbe la Città del Vaticano, la minuscola entità territoriale indipendente sul
colle Vaticano a Roma, ingenti risarcimenti economici, forti garanzie di
libertà di azione religiosa per il Papa, i cardinali, i vescovi, i preti e i
religiosi, l’inserimento della religione cattolica tra le materie
dell’insegnamento pubblico di base, in cambio della cessazione della polemica
politica e della collaborazione dei laicato cattolico nelle nuove istituzioni
sociali introdotte in Italia dal fascismo: in questo consistette ciò che va
sotto il nome di conciliazione. Negli anni ’30, il Papato,
in quell’ottica, promosse la formazione di una nuova classe dirigente
cattolica, a partire dall’organizzazione degli universitari cattolica, fondata
alla fine dell’Ottocento, e ad una nuova formazione di Laureati Cattolici. Verso la fine degli anni Trenta il Papato entrò
in conflitto ideologico con il fascismo mussoliniano su tre temi: il razzismo biologico, di sangue,
con l’idea di razze superiori e di razze inferiori, tra le quali il popolo da
cui era nato il Maestro, le pretese di
accentrare totalmente la formazione culturale e ideologica, l’idea della guerra
come strumento di miglioramento della razza e della società italiane. Dopo l’entrata in
guerra dell’Italia, decisa da Mussolini, all’epoca capo del governo italiano,
nel 1940, il Papato l’anno seguente commissionò alla nuova classe dirigente
cattolica italiana, egemonizzata dai cattolico democratici di ideologia
demoratico cristiana, con una serie di radiomessaggi che ebbero il valore di
encicliche, la riforma dello stato, prevedendo con lungimiranza il disastro
bellico. Ed è appunto il partito della Democrazia Cristiana che, dopo aver
raccolto consensi politici maggioritari con l’attiva propaganda dell’Azione
Cattolica e per l’influsso determinante del voto femminile (le donne votarano
per la prima volta in Italia nel 1946 e ad esse l’Azione Cattolica aveva
dedicata un’intensa attività di formazione sociale), diede un contributo
determinante nell’approvazione di una nuova Costituzione repubblicana, in
sostituzione dello Statuto monarchico del Regno d’Italia, e diresse la politica
nazionale fino al 1994.
Certo la storia
italiana può sembrare strana vista dall’altra parte dell’Oceano, ma in
realtà è possibile che questo riguardi
l’intera storia europea. Ma è anche vero che gli europei, in genere, conoscono
poco l’America e prevalentemente attraverso film e sceneggiati televisivi
prodotto negli Stati Uniti. Si tratta, ormai, di due civilità diverse. Una
persona che conosce gli europei sicuramente molto meglio dei suoi connazionali
è l’attuale presidente statunitense Donald Trump, che ha sposato due europee
dell’Europa orientale, una di originaria cecoslovacca e l’altra slovena. Sposò la prima nel 1977,
quando la Cecoslovacchia era ancora dominata da un regime comunista di tipo
sovietico. Le cronache narrano che la conobbe negli Stati Uniti d’America, dove
la donna si era da poco trasferita, dal Canada dove era emigrata qualche anno
prima.
Negli Stati Uniti
d’America c’è gente di tante nazionalità, in Europa ci sono tante nazioni. Gli
statunitensi che vengono in Europa faticano a familiarizzarsi con questa
realtà. Ma è un’esperienza che riguarda un po’ tutti gli americani, le cui
culture nazionali possono ridursi a quattro: angloamericana, francoamericana,
spagnola e portoghese, a fronte delle
varie decine di culture nazionali europee.
Dal 1945 gli europei
hanno vissuto un lunghissimo periodo di pace, sia nella parte Occidentale che
in quella Orientale. Una nazione come gli Stati Uniti d’America, invece, non ha
mai finito di combattere. La pace è un valore molto importante in particolare
per gli europei occidentali, meno per gli altri europei. L’Unione europea,
l’entità che sta unificando i popoli europei a livello continentale, è stata
organizzata dagli europei occidentali. In questa costruzione politica a livello
continentale hanno avuto un ruolo molto importante i democratici cristiani. Con
l’allargamento dell’Unione Europea agli europei orientali questa impostazione
sta mutando, ma non sta portando ad un nuovo modello europeo, bensì alla dissoluzione
dell’Unione continentale e alla nuova formazione degli stati nazionali, che dal
Seicento avevano prodotto una serie continua di guerre, fino all’ultima,
catastrofica, la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Attualmente l’Unione
Europea comprende circa mezzo miliardo di persone e 28 stati, in gran parte
plurinazionali, ciascuno dei quali con una propria lingua nazionale, alcuni con
più lingue nazionali. Con la separazione della Gran Bretagna, programmata per
quest’anno, ce ne saranno circa sessanta milioni in meno.
Gli europei di
mezz’età in genere non si pensano ancora come Unione continentale, ma prevalentemente come nazione, i giovani
invece lo fanno, perché a loro sono stati offerte intense attività formative
che prevedono periodi più o meno lunghi in altti stati europei. In Europa ci
sono forti correnti migratorie interne: gli italiani che migrano in altri stati
europei sono tra i centocinquanta e i
duecentomila ogni anno, molti di più, ad esempio, degli stranieri asiatici e africani che
arrivano in Italia. Poiché l’età media degli europei si è alzata l’impostazione
per ora prevalente è quella nazionalista. Un nazionalista pensa di vivere nella
nazione migliore del mondo. Questa è più o meno l’idea che noi europei notiamo
negli statunitensi. I Latino Americani, che in Italia abbiamo cominciato a
conoscere meglio mediante con papa Francesco, che viene dall’Argentina, e i
Canadesi sembrano avere una visione più realistica. Gli statunitensi, ad
esempio, pensano a New York come ad una città bella, ed è invece, vista con gli
occhi degli europei, una città molto brutta, con molte cose belle dentro. Gli
europei, invece, sono in genere insoddisfatti delle loro città, per le cose
brutte che hanno dentro, ma in media vivono in città d’arte, molto belle, specialmente
quelle di medie dimensioni, come la mia Bologna, in Emilia Romagna, nel
centro-nord d’italia, e anche la stessa Roma, che è piccola rispetto a
metropoli come Parigi e Londra. In
Europa si vive bene: questo non sempre viene capito dagli statunitensi e, in
particolare, in una condizione di sicurazza sociale che nonh eguali nel mondo.
Questo dipende dagli elementi di socialismo che sono stati introdotti anche nei
sistemi sociali di impostazione capitalista. Ad esempio, in Italia le cure
sanitarie sono quasi completamente gratuite, e completamente gratuite per le
malattie più gravi. Non in ogni stato europeo è ancora così, ma l’Unione
Europea sta spingendo in quella direzione. Già oggi il cittadino europeo ha
diritto di accesso all’assistenza sanitaria pubblica in ogni stato europeo alle
stesse condizioni dei cittadini di quello stato. La cittadinanza europea, che
si sta arricchendo di tanti nuovi diritti, è stata introdotta nel 1992 ed è
stata la base fondamentale per l’integrazione degli stati dell’Europa orientale
che erano usciti dal dominio dei loro regimi comunisti. In Russia, ad esempio,
si è seguita un’altra strada, sotto l’influsso degli Stati Uniti d’America e il
risultato è quello di una civiltà molto distante da quella degli altri europei.
La realizzazione di
un sistema di sicurezza sociale universale, in particolare per le fasce di
popolazione meno ricche, è uno dei principali obiettivi politici indicati dalla
moderna dottrina sociale della Chiesa cattolica romana.
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-7-
Europeans
and Americans
It may perhaps seem
strange to a reader in the United States of America that in a parish on the
outskirts of Rome there is a policy of government and international politics.
However, it will have to take into account that Italian politics has been
hegemonized by a Catholic party from 1946 to 1994 and that this has been made
possible by a widespread and extensive work of training in politics that the
Papacy has organized since 1905. But previously From the mid-nineteenth
century, the Italian popular masses had been organized, and progressively had
manifested themselves politically, basically following two ideologies,
socialism and the social doctrine of the Catholic Church, the system of
principles of social action that was formed in relation dialectics with
socialism. Until the 1920s, social doctrine, like socialism, had a
revolutionary character compared to the liberal democratic regime that
dominated the Kingdom of Italy. To the political pretensions of the Papacy,
which claimed its own territorial kingdom over the city of Rome, of which it
had been deprived in 1870 following the military conquest by the Kingdom of
Italy, had been added the aims of social reform, with the purpose of justice
social, expressed by the movements of the Italian Catholic laity, summarized
overall in the intention to establish a Christian democracy. During the
twenties of the twentieth century the Papacy, even under the great impression
produced by the Soviet revolution in Russia, strongly anti-religious, came to
an agreement with Mussolini's fascism, formally stipulated in 1929 with the
Lateran Pacts, from which the Papacy had the Vatican City, the miniscule independent
territorial entity on the Vatican hill in Rome, huge economic reparations,
strong guarantees of freedom of religious action for the Pope, cardinals,
bishops, priests and religious, the insertion of the Catholic religion among
the subjects of basic public education, in exchange for the end of political
polemics and the collaboration of Catholic laity in the new social institutions
introduced in Italy by fascism: this consisted of what goes under the name of
conciliation. In the 1930s, the Papacy promoted the formation of a new Catholic
ruling class, starting from the organization of Catholic university students,
founded at the end of the nineteenth century, and a new formation of Catholic
graduates. Towards the end of the Thirties, the Papacy entered into an
ideological conflict with Mussolini's fascism on three themes: biological
racism, of blood, with the idea of superior races and inferior races, among
which the people from whom the Master was born. , the claims to totally
concentrate the cultural and ideological formation, the idea of war as an
instrument to improve the Italian race and society. After the entry into the
war of Italy, decided by Mussolini, then head of the Italian government, in
1940, the Papacy the following year commissioned the new Italian Catholic
ruling class, hegemonized by the democratic Catholics of Christian demo- cratic
ideology, with a series of radio messages that had the value of encyclicals,
the reform of the state, foreseeing with foresight the war disaster. And it is
precisely the Christian Democratic party that, after having gathered majority
political consensus with the active propaganda of the Catholic Action and for
the decisive influence of the female vote (the women voted for the first time
in Italy in 1946 and Catholic Action had dedicated an intense activity of social
formation), made a decisive contribution in the approval of a new republican
Constitution, replacing the monarchical Statute of the Kingdom of Italy, and
directed national politics until 1994.
Of course Italian
history may seem strange on the other side of the ocean, but in reality it is
possible that this concerns the whole of European history. But it is also true
that Europeans, in general, know little about America and mainly through film
and television productions produced in the United States. It is now a matter of
two different civilizations. A person who knows the Europeans certainly much
better than his compatriots is the current US president Donald Trump, who has
married two Europeans from Eastern Europe, one from Czechoslovak and the other
from Slovenia. He married the first in 1977, when Czechoslovakia was still
dominated by a Soviet-style communist regime. The chronicles tell that he met
her in the United States of America, where she had recently moved from Canada
where she had emigrated a few years earlier.
In the United States of America there are people
of many nationalities, in Europe there are many nations. Americans who come to
Europe are struggling to become familiar with this reality. But it is an
experience that affects a little 'all Americans, whose national cultures can be
reduced to four: Anglo American, French, Spanish and Portuguese, in the face of
the various dozens of European national cultures.
Since 1945 the
Europeans have lived a very long period of peace, both in the Western and in
the Eastern part. A nation like the United States of America, however, has
never finished fighting. Peace is a very important value especially for Western
Europeans, less for other Europeans. The European Union, the entity that is
unifying the European peoples on a continental level, was organized by Western
Europeans. Christian democrats played a very important role in this continental
political construction. With the enlargement of the European Union to Eastern
Europeans this approach is changing, but it is not leading to a new European
model, but to the dissolution of the continental union and the new formation of
national states, which had produced a continuous series of wars, until the
last, catastrophic, the Second World War (1939-1945). At present, the European
Union comprises about half a billion people and 28 states, mostly
multinationals, each with its own national language, some with more national
languages. With the separation of Great Britain, scheduled for this year, there
will be about sixty million less.
Middle-aged Europeans generally do not yet think of
themselves as a continental Union, but predominantly as a nation, young people
do so, because they have been offered intense training activities that involve
more or less long periods in high European states. In Europe there are strong
internal migratory flows: Italians who migrate to other European countries are
between one hundred and fifty and two hundred thousand each year, many more,
for example, of Asian and African foreigners arriving in Italy. Since the
average age of Europeans has risen, the prevailing setting for now is the
nationalist one. A nationalist thinks of living in the best country in the
world. This is more or less the idea that we Europeans see in the Americans.
The Latin Americans, which in Italy we began to know better through with Pope
Francis, who comes from Argentina, and the Canadians seem to have a more
realistic vision. The Americans, for example, think of New York as a beautiful
city, and instead, seen with the eyes of Europeans, a very ugly city, with many
beautiful things inside. Europeans, on the other hand, are generally
dissatisfied with their cities, for the bad things they have inside, but on
average they live in art cities, very beautiful, especially those of medium
size, like my Bologna, in Emilia Romagna, in center-north of Italy, and also
Rome itself, which is small compared to metropolises like Paris and London. In
Europe we live well: this is not always understood by the Americans and, in particular,
in a condition of social security that is not equal in the world. This depends
on the elements of socialism that have been introduced also in social systems
of capitalist approach. For example, in Italy health care is almost completely
free, and completely free for the most serious diseases. Not every European
state is still like this, but the European Union is pushing in that direction.
Even today, the European citizen has the right to access public health care in
every European state on the same conditions as the citizens of that state. The
European citizenship, which is enriching itself with so many new rights, was
introduced in 1992 and was the fundamental basis for the integration of the
Eastern European states that had emerged from the domination of their communist
regimes. In Russia, for example, another path followed, under the influence of
the United States of America and the result is that of a civilization far
removed from that of other Europeans.
The realization of a universal social security system,
especially for the less wealthy sections of the population, is one of the main
political objectives indicated by the modern social doctrine of the Roman
Catholic Church.
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- 8 -
Gli
europei sono altamente politicizzati
A partire dagli inizi del Novecento gli europei
furono altamente politicizzati: in particolare le masse popolari furono
coinvolte nelle lotte politiche in contesti istituzionali che, con l’estendersi
del suffragio universale maschile e in ambienti progressivamente permeati da
principi liberali e democratici, davano loro più opportunità di influire sul
governo della società. Questo processo fu favorito da tre fattori, che si erano
prodotti dalla seconda metà dell’Ottocento: l’estendersi dell’istruzione
elementare, l’azione politica dei socialismi europei, l’azione sociale ispirata
dalla fede religiosa di vari movimenti cristiani e, tra questi, della Chiesa
cattolica romana. In quest’ultima il Papato, nel 1870, era stato privato dal
nuovo stato unitario nazionale italiano, il Regno d’Italia costituito nel 1861
sulla base del precedente regno della dinastia Savoia con capitale a
Torino, del suo piccolo regno territoriale nel centro Italia, con
capitale Roma, denominato Stato della Chiesa, e aveva maturato
rivendicazioni politiche contro il Regno d’Italia per riaverlo. Nel complesso
esse vennero definite come Questione romana. In questo
contesto il Papato aveva attivato le masse italiane in uno scontro di
civiltà, presentando le sue rivendicazioni politiche non come quelle di un
monarca spodestato contro il monarca conquistatore, ma come quelle di un popolo
animato da costumi religiosi contro un regime dominato da una minoranza
irreligiosa. Dalla fine dell’Ottocento, per sollevare le masse, il Papato
romano aveva ripreso alcuni classici temi dell’ideologia socialista, centrati
sull’idea di una profonda riforma delle istituzioni politiche al fine di
realizzare la giustizia sociale, intesa come far partecipare i lavoratori delle
ricchezze prodotte, con il loro contributo determinante, in un contesto di
economia capitalistica: la materia era definita come questione sociale.L’Italia
è una piccola parte del mondo, ma per il Papato romano è stata molto importante
perché ha costituito per esso una specie di laboratorio politico. Non deve
stupire, quindi, la grande importanza che, in particolare a partire dalla metà
dell’Ottocento, si è data ai problemi italiani. Ma, è questo è molto
significativo per gli sviluppi storici successivi, questa azione politica del
Papato fu vivamente contrastata, nella seconda metà dell’Ottocento, anche in
Germania e Austria. Anche i socialisti organizzavano le masse sulla base della
questione sociale, che per essi non era però strumentale ad altre finalità
politiche, ma il centro del loro impegno. Il primo documento della dottrina
sociale cattolica moderna, l’enciclica Le novità - Rerum Novarum,
diffusa nel 1891 sotto l’autorità del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°,
propose come settori di impegno sociale per i cattolici diversi temi del
socialismo europeo di quegli anni, pur polemizzando con il socialismo per il
suo anticlericalismo e l’intenzione politica di realizzare la giustizia sociale
mediante una lotta della classe dei lavoratori dipendenti contro quella dei
capitalisti. L’ideologia sociale del Papato proponeva proponeva invece di
realizzare la pace sociale mediante una collaborazione volontaria tra le due
classi, nella quale i più ricchi facessero partecipare gli altri settori della
società al loro benessere. Nel giro di qualche decennio si capì però che si
trattava di una proposta irrealistica e l’azione sociale dei fedeli venne
riorganizzata anche dal punto di vista sindacale in un complesso di istituzioni
sociali che avevano anche compiti propriamente sindacali. Questo avvenne nel
1905, quando il Papato ordinò la costituzione di una nuova organizzazione
finalizza a realizzare la dottrina sociale, vale a dire l’Azione Cattolica.
L’Azione Cattolica fu il primo modello europeo di partito politico di massa, in
particolare dotato di un’organizzazione capillare di formazione e propaganda,
completa di case editrici e periodici, controllata da un centro
politico nazionale, con una struttura istituzionale rigida e gerarchica,
sostenuta da un ceto di animatori professionali, quali erano i sacerdoti
cattolici. Negli stessi anni il rivoluzionario russo socialista Vladimir Il'ič Ul'janov, detto Lenin, (1870-1924)
pensò a qualcosa di simile. Le organizzazioni di Azione Cattolica furono
fondamentali per far assimiliare nelle masse, dopo le iniziali resistenze del
Papato romano, i principi della democrazia liberale, arricchendoli
tuttavia di principi di giustizia sociale di derivazione socialista, secondo
un’ideologia di democrazia cristiana. Analogo processo
si produsse nelle organizzazioni socialiste europee, ma non in quelle russe che
finirono egemonizzate dalle correnti leniniste. Per rendere un’idea del
processo politico a cui mi sto riferendo, vorrei evidenziare che la storia
tedesca e italiana dal 1945 fu egemonizzata da partiti democratici cristiani e
socialisti, che l’Unione Europea si è costruita con il contributo determinante
di democratici cristiani e socialisti, che l’allargamento ad Oriente
dell’Unione Europea, inglobando circa cento milioni di nuovi cittadini europei,
si è fatto con il contributo determinante del democristiano Helmut Kohl, che la
democristiana tedesca Angela Merkel, formatasi nelle gioventù socialista della
Repubblica Democratica Tedesca, è riconsciuta come la principale statista
europea, che attualmente nel Parlamento europeo due dei maggiori gruppi sono
quelli di orientamento democristiano e socialista.
Originariamente l’azione politica suscitata dal
Papato era fortemente clericale e, anzi, papista. Doveva agire nell’interesse
del Papato, secondo i principi sociali da esso stabiliti e diffusi, nei limiti
di ciò che disponeva il Papato. L’idea di democrazia era
estranea all’originaria dottrina sociale, che vi vedeva fondamentalmente un focolaio
di indisciplina ideologica e sociale. Questo comportò addirittura, nel 1901,
una sconfessione dell’ideologia di democrazia cristiana, che
venne con l’enciclica Le gravi
preoccupazione sui problemi sociali - Graves de communi re del
papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°, lo stesso dell’enciclica Le
Novità - Rerum novarum. Comunque, quando fu organizzata l’Azione Cattolica
italina, a partire dai suoi statuti deliberati e approvati dal Papato nel 1906,
un ruolo determinante fu affidato all’economista e sociologo (1845-1918)
Giuseppe Toniolo, proclamato beato dalla Chiesa
cattolica nel 2012, uno dei principali teorici di una democrazia
cristiana. Il Papato romano diede poi il via libera alle correnti
politiche di democrazia cristiana a partire dal 1941, dopo il crollo delle
speranze che aveva riposto in Italia nel fascismo mussoliniano a partire dagli
anni Venti del Novecento. Nella costruzione dell’Europa dopo la fine della
Seconda Guerra Mondiale i democratici cristiani diedero un contributo originale
attingendo anche a fonti culturali esterne alla dottrina del Papato, ad esempio
alla filosofia del francese Jacques Maritain (1882-1993) e, in particolare, in
Italia, in dialogo fecondo con varie correnti del socialismo.
Questo processo di cultura politica
si sviluppò in una situazione nella quale il Papato romano andava
attestandosi su posizioni piuttosto reazionarie, durante il regno di Eugenio
Pacelli - Pio 12° (1939-1958). La dottrina sociale fu quindi trascinata, in
questo tempo, dal 1945 al 1962, dal pensiero sociale dei fedeli cattolici. La
situazione cambiò con il Concilio Vaticano 2° (1962-1965), durante
il dottrina sociale fu aggiornata, in particolare in materia di bene comune,
che venne riconfigurato come universale e
comprendente anche la pace a livello globale. Dalle origini dell’azione sociale
suscitata nell’Ottocento rimase la polemica costante con il nazionalismo, che
comportava di inglobare la fede religiosa negli elementi che caratterizzavano i
regimi politici che pretendevano di rappresentare tutti gli
appartenenti all’etnia prevalente in un certo territorio individuato come stato
nazionalwe in base a una sua storia particolare. Le religioni
cristiane europee avevano subito storicamente in misura più o meno
grande quel processo di nazionalizzazione, ad eccezione che in
Italia, per il fatto che l’unità nazionale si era fatta contro il
Papato romano e che quest’ultimo aveva mantenuto in Italia anche
dall’Ottocento, dopo il crollo delle antiche dinastie sovrane europee con le
quali si era federato, una notevole influenza politica. Nemmeno al fascismo
mussoliniano (1922-1945) riuscì veramente di suscitare un nazionalismo
italiano. La polemica di democristiani e socialisti europei contro il
nazionalismo fu molto importante nella costruzione della nuova Europa, che non
poteva riuscire mantenendo forti nazionalismi come nel passato. E portò anche a
disegnare le istituzioni europee in modo che non potessero fondare un nuovo
nazionalismo, europeo questa volta invece che regionale. In sostanza,
consapevoli dei problemi che aveva storicamente dato, non venne preso come
modello il tipo di organizzazione degli Stati Uniti d’America, basato su un
centro politico presidenziale molto forte, anche se moderato dai poteri di un
Parlamento che ha nel Senato una potente rappresentanza regionale.
L’Unione
Europea si è coalizzata in un quadro di cooperazione solidale di
autonomie regionali, che viene costantemente approfondito e allargato cercando
di creare legami economici e sociali a partire dal basso, invece che
organizzando i vertici politici. Questo fa apparire l’esperimento politico di
unificazione europea come un’organizzazione incompiuta, ed in un certo senso lo
è, ma esso ha prodotto due importanti risultati, vale a dire un lunghissimo periodo
di pace, che non ha avuto eguali nella storia europea, e forse mondiale,
e l’introduzione di elementi socialisti senza finire sotto egemonia
totalitaria. Nella Costituzione della Repubblica italiana questo è evidenziato
dalle norme secondo le quali la proprietà privata e l’impresa devono avere unafunzione
sociale. Più o meno in tutte le norme fondamentali degli stati dell’Unione
Europea troviamo principi simili e, dove mancano, in realtà quei
principi sono comunque seguiti in base a norme di livello inferiore. Sono
contenuti anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che
dal 2009 è legge dell’Unione Europea, in base a quanto deliberato dal Trattato
di Lisbona del 2007, in particolare negli articoli dal 27 al 38, sulla solidarietà. La pace e
la solidarietà sociale, in particolare mediante un esteso sistema
di sicurezza sociale, sono considerati tra i più imporanti beni
pubblici europei, vale a dire tra le più importanti finalità operative
degli stati dell’Unione Europea e dell’Unione Europea stessa. Sono considerati
anche parte del bene comune indicato dalla dottrina
sociale cattolica come finalità principale ed essenziale dell’azione politica.
Essi sono una recente conquista culturale europea, come anche nella dottrina
sociale cattolica. Risalgono fondamentalmente alla fine della Seconda Guerra
Mondiale. Non rientrano, ad esempio, tra i principi fondamentali di una grande
potenza democratica come gli Stati Uniti d’America, il cui Presidente, ad
esempio, non ha avuto recentemente difficoltà a definire come nemici gli
europei dell’Unione Europea e, in materia di solidarietà sociale, segue
principi effettivamente diversi da quelli europei. Quelle parole non sono state
prese sul serio in Europa, sono state ritenute come espressione di una polemica
elettorale, ad uso esclusivamente interno, ma certamente le politiche
statunitensi recenti, tutte centrate sulla realizzazione di un benessere
interno, in un mondo che in genere sta peggio, hanno avuto pesanti riflessi
anche in Europa, determinando una nuova crisi recessiva.
Di quell’atteggiamento politico
parla spesse papa Francesco, ad esempio lo ha fatto nel luglio 2015, durante un
discorso alle autorità civili boliviane:
«Ma dobbiamo stare in guardia, perché molto
facilmente ci abituiamo all'ambiente di inequità che ci circonda, che siamo
diventati insensibili alle sue manifestazioni. E così confondiamo, senza
accorgercene, il "bene comune" con il "benessere", e lì si
scivola, a poco a poco, e l’ideale del bene comune, poiché si va perdendo,
finisce nel benessere, specialmente quando siamo noi quelli che ne godiamo, e
non gli altri. Il benessere che fa riferimento solamente all’abbondanza
materiale tende ad essere egoista, tende a difendere gli interessi di parte, a
non pensare agli altri, e a cedere al richiamo del consumismo. Così inteso, il
benessere, invece di aiutare, è portatore di possibili conflitti e di
disgregazione sociale; affermatosi come prospettiva dominante, genera il male
della corruzione, che scoraggia e fa tanto danno. Il bene comune, invece, è
superiore alla somma dei singoli interessi; è un passaggio da ciò che “è meglio
per me” a ciò che “è meglio per tutti”, e comprende tutto ciò che dà coesione a
un popolo: obiettivi comuni, valori condivisi, ideali che aiutano ad alzare lo
sguardo al di là di orizzonti individuali.»
Per la verità, dalle notizie
che ci giungono dagli Stati Uniti d’America emerge che le politiche
dell’attuale amministrazione federale non hanno realmente conseguito il
risultato promesso di incrementare il benessere degli americani, intesi
come tutti gli statunitensi. Certo ci sono molti grandi ricchi, tra
i quali lo stesso Presidente statunitense, ma c’è molta miseria e una sistema
di sicurezza sociale che non è neanche lontanamente paragonabile a quelli
dell’Unione Europea. Chi sta male è classificato tra i perdenti e perdenti in
quanto pigri o incapaci, e quindi
viene ritenuto meritevole di essere perdente. Non notiamo un
approfondimento politico sulle cause sociali, strutturali, di tanta povertà in
uno degli stati più ricchi del mondo e delle crescenti diseguaglianze sociali.
Inoltre sembra che si voglia difendere quella grande ricchezza di una minoranza
della popolazione con politiche aggressive non solo contro gli storici
avversari, ma anche con gli storici alleati, insomma contro tutto il mondo.
Questo atteggiamento politico
diverge marcatamente da quello insegnato dalla dottrina sociale
cattolica contemporanea che lo considera, come spiegato da Papa nel discorso
che ho citato, fonte di possibili conflitti, di disgregazione
sociale e, se diventa prospettiva dominante, del male della
corruzione. Ma diverge indubbiamente anche da quello (ancora) dominante
nell’ideologia dell’Unione Europea, la quale, almeno fino ad oggi, ha saputo
tenere conto di un bene comune che andava al di là degli interessi
nazionalistici particolari degli stati membri, costruendo un bene
pubblico, inteso come finalità istituzionale, molto
più vasto.
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-8-
Europeans
are highly politicized
From the beginning of the twentieth century the Europeans
were highly politicized: in particular the popular masses were involved in
political struggles in institutional contexts which, with the extension of
universal male suffrage and in environments progressively permeated by liberal
and democratic principles, gave them more opportunities. to influence the
government of society. This process was favored by three factors, which had
been produced since the second half of the nineteenth century: the extension of
elementary education, the political action of European socialisms, social
action inspired by the religious faith of various Christian movements and,
among these, of the Roman Catholic Church. In the latter the Papacy, in 1870,
had been deprived of the new Italian national unitary state, the Kingdom of
Italy established in 1861 on the basis of the previous kingdom of the Savoy
dynasty with capital in Turin, of its small territorial kingdom in central
Italy, with capital Rome, called the State of the Church, and had developed
political claims against the Kingdom of Italy to get it back. On the whole they
were defined as a Roman question. In this context the Papacy had activated the
Italian masses in a clash of civilizations, presenting its political claims not
as those of a monarch dispossessed against the conquering monarch, but as those
of a people animated by religious customs against a regime dominated by a
minority irreligious. From the end of the nineteenth century, to raise the
masses, the Roman papacy had resumed some classic themes of socialist ideology,
centered on the idea of a profound reform of political institutions in order
to realize social justice, understood as involving the workers of riches
produced, with their decisive contribution, in a context of capitalist economy:
matter was defined as a social question. Italy is a small part of the world,
but for the Roman Papacy it was very important because it was a kind of political
laboratory for it. Therefore, the great importance that, especially since the
mid-nineteenth century, has given rise to Italian problems is not surprising.
But, this is very significant for the subsequent historical developments, this
political action of the Papacy was strongly opposed, in the second half of the
nineteenth century, also in Germany and Austria. Even the socialists organized
the masses on the basis of the social question, which for them was not however
instrumental to other political ends, but the center of their commitment. The
first document of modern Catholic social doctrine, the encyclical The Novelties
- Rerum Novarum, released in 1891 under the authority of Pope Vincenzo
Gioacchino Pecci - Leone 13 °, proposed as areas of social commitment for
Catholics different themes of European socialism of those years, while
polemizing with socialism for its anticlericalism and the political intention
to realize social justice through a struggle of the class of the salaried
workers against that of the capitalists. The social ideology of the Papacy
proposed instead of creating social peace through a voluntary collaboration
between the two classes, in which the richest involved the other sectors of
society to their welfare. Within a few decades, however, it was understood that
this was an unrealistic proposal and the social action of the faithful was
reorganized also from the union point of view in a group of social institutions
that also had duties that were strictly as trade union. This happened in 1905,
when the Papacy ordered the constitution of a new organization aimed at
realizing the social doctrine, that is to say the Catholic Action. The Catholic
Action was the first European model of a mass political party, in particular
endowed with a capillary organization of training and propaganda, complete with
publishing houses and periodicals, controlled by a national political center,
with a rigid and hierarchical institutional structure, supported by a class of
professional animators, such as Catholic priests. In the same years the Russian
socialist revolutionary Vladimir Il'ič Ulyanov, called Lenin, (1870-1924)
thought of something similar. The Catholic Action organizations were
instrumental in making the principles of liberal democracy assimilate to the
masses, after the initial resistance of the Roman Papacy, but enriching them
with principles of social justice of socialist derivation, according to an
ideology of Christian democracy. A similar process took place in the European
socialist organizations, but not in the Russian ones which ended by hegemony
from the Leninist currents. o give an idea of the political process to which I
am referring, I would like to point out that German and Italian history since
1945 was hegemonized by Christian and socialist democratic parties, which the
European Union has built with the decisive contribution of Christian and
socialist democrats. , that the enlargement to the East of the European Union,
incorporating about a hundred million new European citizens, was made with the
decisive contribution of the Christian Democrat Helmut Kohl, that the German
Christian Democrat Angela Merkel, formed in the socialist youth of the German
Democratic Republic, is Recognized as the leading European statesman, currently
two of the largest groups in the European Parliament are those of Christian
Democrat and Socialist orientation.
Originally the political action aroused by the Papacy
was strongly clerical and, indeed, papist. It had to act in the interests of
the Papacy, according to the social principles established and spread by it,
within the limits of what the Papacy had. The idea of democracy was foreign
to the original social doctrine, which basically saw an outbreak of ideological
and social indiscipline. In 1901 this also led to a defeat of the ideology of
Christian democracy, which came with the encyclical The serious concern about
social problems - Graves de communi king of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci -
Leo 13 °, the same as the encyclical Le Novel - Rerum novarum. However, when
the Italic Catholic Action was organized, starting from its statutes approved
and approved by the Papacy in 1906, a decisive role was entrusted to the
economist and sociologist (1845-1918) Giuseppe Toniolo, proclaimed blessed by
the Catholic Church in 2012, one of the main theorists of a Christian
democracy. The Roman papacy then gave the green light to the political currents
of Christian democracy starting from 1941, after the collapse of the hopes that
it had placed in Italy in Mussolini's fascism starting from the twenties of the
twentieth century. In the construction of Europe after the end of the Second
World War, Christian Democrats made an original contribution drawing on
cultural sources outside the doctrine of the Papacy, for example the philosophy
of the French Jacques Maritain (1882-1993) and, in particular, in Italy, in
fruitful dialogue with various currents of socialism.
This process of political culture developed in a
situation in which the Roman papacy was establishing itself on rather
reactionary positions during the reign of Eugenio Pacelli - Pius 12 ° (1939-1958).
The social doctrine was therefore dragged, in this time, from 1945 to 1962, by
the social thought of the Catholic faithful. The situation changed with the
Second Vatican Council (1962-1965), during the social doctrine it was updated,
particularly in the matter of the common good, which was reconfigured as
universal and also including peace at the global level. From the origins of
social action aroused in the nineteenth century remained the constant
controversy with nationalism, which involved incorporating religious faith in
the elements that characterized the political regimes that claimed to represent
all the members of the ethnic group prevailing in a certain territory
identified as a state nationalwe on the basis of a particular story. The European
Christian religions had historically suffered more or less the process of
nationalization, except in Italy, due to the fact that the national unity had
been made against the Roman Papacy and that the latter had maintained in Italy
also from the 'Nineteenth century, after the collapse of the ancient European
sovereign dynasties with which it had been federated, a considerable political
influence. Not even Mussolini's fascism (1922-1945) really succeeded in
provoking Italian nationalism. The polemic of Christian democrats and
socialists against nationalism was very important in the construction of the
new Europe, which could not succeed maintaining strong nationalisms as in the
past. And it also led to designing the European institutions so that they could
not found a new nationalism, European this time instead of regional. In
essence, aware of the problems that had historically given, was not taken as a
model the type of organization of the United States of America, based on a very
strong presidential political center, even if moderated by the powers of a
Parliament that has in the Senate a powerful regional representation.
The European Union has coalesced in a framework
of solidarity cooperation of regional autonomies, which is constantly deepened
and widened trying to create economic and social ties starting from the bottom,
rather than organizing the political summits. This makes the political
experiment of European unification appear as an unfinished organization, and in
a certain sense it is, but it has produced two important results, namely a very
long period of peace, which has had no equal in European history, and perhaps
worldwide, and the introduction of socialist elements without ending under
totalitarian hegemony. In the Constitution of the Italian Republic this is
evidenced by the rules according to which private property and the company must
have a social function. More or less in all the fundamental norms of the
European Union states we find similar principles and, where they are lacking, in
reality those principles are however followed according to lower level norms.
They are also contained in the Charter of Fundamental Rights of the European
Union, which since 2009 is the law of the European Union, on the basis of the
deliberations of the 2007 Lisbon Treaty, particularly in articles from 27 to
38, on solidarity. Peace and social solidarity, in particular through an
extensive social security system, are considered among the most important
European public goods, that is to say among the most important operational
goals of the states of the European Union and of the European Union itself.
They are also considered part of the common good indicated by the Catholic
social doctrine as the main and essential goal of political action. They are a
recent European cultural achievement, as well as in Catholic social doctrine.
They basically date back to the end of the Second World War. For example, they
are not among the fundamental principles of a great democratic power like the
United States of America, whose President, for example, has not recently had
difficulty in defining European Union Europeans as enemies. social solidarity,
follows principles that are actually different from those of Europe. Those
words were not taken seriously in Europe, were considered as an expression of
an electoral controversy, for internal use only, but certainly the recent US
policies, all centered on the realization of internal well-being, in a world
that generally is worse off , have also had heavy repercussions in Europe, resulting
in a new recessionary crisis.
Of that political attitude, Pope Francis often
speaks, for example he did so in July 2015, during a speech to the Bolivian
civil authorities:
"But we need to be on
the alert because it is very easy for us to become accustomed to the atmosphere
of inequality all around us, with the result that we take it for granted.
Without even being conscious of it, we confuse the “common good” with
“prosperity”, and so it goes, sliding bit by bit, and the ideal of the “common
good” gets lost, ending up in “prosperity”, especially when we are the ones who
enjoy that prosperity, and not the others. Prosperity understood only in terms
of material wealth has a tendency to become selfish; it tends to defend private
interests, to be unconcerned about others, and to give free rein to
consumerism. Understood in this way, prosperity, instead of helping, breeds
conflict and social disintegration; as it becomes more prevalent, it opens the
door to the evil of corruption, which brings so much discouragement and damage
in its wake. The common good, on the other hand, is much more than the sum of
individual interests. It moves from “what is best for me” to “what is best for
everyone”. It embraces everything which brings a people together: common purpose,
shared values, ideas which help us to look beyond our limited individual
horizons. "
In fact, from the news coming to us from the United
States of America, it emerges that the policies of the current federal
administration have not really achieved the promised result of increasing the
well-being of Americans, understood as all US citizens. Of course there are
many great richs, including the US President himself, but there is a lot of
poverty and a social security system that is not even remotely comparable to
those of the European Union. Those who are poor are classified among the
losers and losers because they are lazy or incapable, and therefore they
are considered worthy of being losers. We do not notice a political
deepening on the social, structural causes of so much poverty in one of the
richest states in the world and increasing social inequalities. It also seems
that we want to defend the great wealth of a minority of the population with
aggressive policies not only against the historical opponents, but also with
the allied historians, in short, against the whole world.
This political attitude diverges markedly from
the one taught by contemporary Catholic social doctrine which considers it, as
explained by Pope in the speech I have cited, a source of possible conflicts,
of social disintegration and, if it becomes dominant perspective, of the evil
of corruption. But it also undoubtedly diverges from that (still) dominant in
the ideology of the European Union, which, at least until today, has been able
to take account of a common good that went beyond the particular nationalistic
interests of the member states, building a good public, intended as an
institutional purpose, much broader.
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- 9 -
Evoluzione politica del
Papato romano
Nella Chiesa
cattolica, il Papato romano è diventato, nel Secondo Millennio, la fonte
principale del Magistero, vale a dire degli insegnamenti su giusto modo di
intendere e di vivere la fede religiosa cristiana. Questo è stato possibile
perché la Chiesa cattolica ha un sistema giuridico analogo a quello di uno
stato ed esso riconosce al Papa la posizione di monarca assoluto e di Luogotenente del Cielo. Questa sua posizione
è stata costruita, con una serie di riforme religiose durante tutto il Secondo
Millennio della nostra era, fino alla decisione di riconoscergli la dote
soprannaturale dell’infallibilità nelle questioni di fede deliberata nel 1870
nel corso del Concilio Vaticano 1°.
Federandosi con i
sovrani civili europei il Papato ottenne che questa sua posizione nelle
questioni di fede diventasse legge anche degli stati e che chi dissentiva
venisse punito con le pene ordinariamente riservate ai delinquenti più pericolosi,
quindi con quelle che vengono chiamate pene criminali. La Riforma protestante,
dal Cinquecento, liberò parte degli europei da questa che obiettivamente era
una tirannia, costruendo una diversa organizzazione del potere religioso e
altri, diversi, accordi con i sovrani civili. Anche negli stati che rimasero
nel dominio di sovrani che avevano aderito alla Riforma la libertà religiosa
non fu assoluta e, innanzi tutto, fu limitato dal principio che ciascuno
dovesse seguire la religione del proprio sovrano, deliberato nel 1555, ad
Augsburg - Augusta, in Baviera, oggi uno degli stati federati nella Repubblica
Federale di Germania, al termine di una lunga serie di conflitti nell’Europa
centrale. Quel trattato non impedì una lunga ripresa del conflitto su base
religiosa nel secolo seguente: le potenze europee vi posero fine concludendo
nel 1648 una serie di accordi in Vestfalia, nella parte nord orientale della
Repubblica Federale di Germania tra Renania e Sassonia, dai quali sorse
l’Europa moderna. Quegli accordi prevedevano una qualche tolleranza verso le
minoranze religiose, pur riaffermando il principio della religione di stato, vale a dire che la religione dello stato fosse quella del suo sovrano. Il Papato
romano rifiutò di sottoscriverli.
Dalla fine del
Settecento in Europa si svilupparono poi processi democratici che
progressivamente confinarono l’autorità assoluta del Papato all’ambito
religioso sfociando, dalla metà del Novecento, in particolare con la
deliberazione della Dichiarazione universale del Diritti dell’Uomo, deliberata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948,
nell’affermazione della piena libertà religiosa, che ebbe contrastata
attuazione, più ampia nei regimi liberali democratici espressi dagli europei o
a loro ispirati, molto minore nei regimi comunisti o assolutisti che seguivano
altre fedi religiose. Dagli anni Sessanta quei processi democratici investirono
la stessa Chiesa cattolica, a partire del Concilio Vaticano 2°, la grande
assemblea dei vescovi che si tenne a Roma tra il 1962 e il 1965 e che deliberò
importanti leggi di riforma religiosa,
le quali hanno avuto contrastata e parziale attuazione fino ai giorni nostri.
In definitiva l’autorità sacrale,
cioè derivata da quella divina, riconosciuta al Papa è molto minore che nel
passato e limitata sostanzialmente ai dogmi di fede, ai principi fondamentali
della fede, quasi tutti deliberati però nel Primo Millennio quando l’autorità
religiosa maggiore fu tra i cristiani quella dell’imperatore greco-romano di Costantinopoli,
in Grecia, che convocò tutti i Concili ecumenici di quell’epoca storica. In
particolare questo riguarda la dottrina sociale, che inizialmente venne imposta
ai fedeli cattolici come obbligatoria con una forza assimilabile a quella dei
dogmi della fede, vincolante per l’autorità sacrale da cui proveniva, non per
gli argomenti che svolgeva. In
realtà essa è influenzata dalla fede mediante una serie di ragionamenti, di
argomentazioni, che tengono conto della realtà sociale di un determinato tempo
storico, che evolve e quindi muta: i principi della dottrina sociale sono
quindi molto legati all’epoca in cui vengono enunciati e infatti sono molto
cambiati dalla fine dell’Ottocento, quando si iniziò a diffonderli. Ad esempio
ora comprendono molti valori democratici e anche quello della democrazia
politica come regime che meglio esprime l’esigenza di riconoscimento della
dignità umana. Nel complesso, questa condizione dell’essere umano di non essere
obbligato a subire l’imposizione dell’autorità altrui senza poter argomentare,
e argomentando difendendosi, come anche il dovere di ogni autorità di
argomentare le proprie decisioni, in modo che possano essere liberamente
discusse, e di non pretendere un potere assoluto, cioè libero da qualsiasi
limite, sia da quello temporale, come da quello di altre autorità ed, infine,
quello del consenso dei governati manifestato nelle forme stabilite da una
norma, rientrano nel principio della libertà di coscienza. Ai tempi nostri in
religione si ritiene che esso faccia parte del bene comune vale a dire dell'insieme di quelle condizioni della vita
sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere
la propria perfezione più pienamente e più speditamente (questa la
definizione che si trova nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes del Concilio
Vaticano 2°).
Ecco
come quel principio venne definito, quanto alla libertà religiosa, dalla
Dichiarazione sulla libertà religiosa La dignità umana - Dignitatis Humanae,
del Concilio Vaticano 2°:
Oggetto e fondamento
della libertà religiosa
2. Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana
ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che
gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli
individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in
materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia
impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o
pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il
diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della
persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa
ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere
riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della
società.
A motivo della loro dignità, tutti gli esseri umani, in
quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò
investiti di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura e per
obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la
religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta e ad
ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze. Ad un tale obbligo, però,
gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo rispondente alla loro
natura, se non godono della libertà psicologica e nello stesso tempo dell'immunità
dalla coercizione esterna. Il diritto alla libertà religiosa non si fonda
quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa
natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non
soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo
esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non
può essere impedito.
Questo principio, che il Papato contrastò fino
al Novecento, quindi per quasi due millenni, trova fondamento dottrinale
nell’idea che gli esseri umani costituiscano un’unica comunità fraterna. Essa
fa parte del deposito originario di fede, risale direttamente all’insegnamento
del Fondatore e la troviamo espressa nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa
con le religioni non cristiane Nel nostro
tempo - Nostra Aetate, anch’essa deliberata durante il Concilio Vaticano
2°:
Introduzione
1. Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di
giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli,
la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le
religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra
gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che
gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune
destino.
I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi
hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su
tutta la faccia della terra hanno anche
un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e
il disegno di salvezza si estendono a tutti
finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di
Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce.
[…]
Fraternità universale
5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli
uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini
che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e
quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi
che la Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8).
Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che
introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che
riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.
In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla
volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione
perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di
religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli
Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le
genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da
loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini, affinché siano realmente
figli del Padre che è nei cieli.
Una parte importante del lavoro di formazione
religiosa, fin da quella di base per i più giovani, dovrebbe essere quella di
convincere le persone che effettivamente l’umanità costituisce un’unica
comunità. Di solito pensiamo alla comunità come fatta di gente simile a noi
nell’aspetto fisico, nella lingua, nella cultura, nelle concezioni sociali e
politiche, in alcune importanti tradizioni, tra le quali quella religiosa. E
anche se la genetica contemporanea ha dimostrato che quella umana è un’unica
specie e che condividiamo il 99,9% del genoma, le differenze etniche e
culturali tra le popolazioni umane, che rilevano quando si tratta di pensarci
come comunità, sono notevoli. La consapevolezza di una comune umanità, e quindi
di una comune dignità umana, è stata messa in questione, tra gli europei, tutte
le volte che sono venuti a contatto con popolazioni con caratteristiche fisiche
molto diverse da quelle degli europei. La frequentazione più assidua ha
prodotto poi la conquista culturale di quella consapevolezza. Una fase
spettacolare di questo progresso culturale si sta producendo ai nostri giorni,
nell’era della globalizzazione, con l’immane sviluppo delle relazioni sociali
ed economiche e delle migrazioni. Dobbiamo attenderci che, progredendo i tempi,
quella consapevolezza si estenderà molto. Come è sempre accaduto ci sono
persone e gruppi che incontrano difficoltà in questa conquista culturale e
pensano ancora di poter dividere l’umanità con barriere fisiche, culturali o
giuridiche. Nell’Unione Europea di oggi vi sono formazioni politiche che
propongono di istituire, o meglio di ripristinare, tutte e tre quelle forme di
barriere. La questione è rilevante sotto vari aspetti: etico, politico,
economico, religioso. Dal punto di vista politico occorre tener conto di
questo: una volta stabilito che è possibile discriminare, è anche possibile che
la discriminazione si ritorca contro chi l’ha approvata. Infatti , i rapporti di
forza nella società mutano rapidamente e chi oggi discrimina, trovandosi in una
posizione di dominio, potrebbe un domani dover subire la discriminazione di
altre forze emergenti. Storicamente è accaduto e, dunque, potrebbe accadere di
nuovo. Dal punto di vista religioso, rifiutare l’idea dell’umanità come
un’unica comunità significa anche rifiutare l’idea cristiana di divinità
paterna e amorevole, secondo la quale recitiamo “Padre nostro!”. La teologia, però, non aiuta veramente, perché a
lungo ha argomentato, e ancora in alcune correnti argomenta, secondo il principio che le discriminazioni
siano volute dal Cielo, come le diverse facce che abbiamo. In realtà non è per
quella via che si può arrivare ad accettare di pensarsi come parte di un’unica
famiglia umana: la strada giusta, l’unica, è, per gli umani, quella di
conoscersi meglio, e conoscendosi meglio anche di comprendere il vantaggio di
collaborare pacificamente invece di cercare di ammazzare e di rapinare. Non
viene naturale, certo, perché la natura, quella che abbiamo ancora dentro come
eredità delle preistoriche belve da cui geneticamente discendiamo, funziona in
un modo diverso e in essa è la forza a prevalere. Però è proprio distaccandoci
da quelle dinamiche di natura che siamo divenuti i dominatori della Terra.
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- 9 -
Political evolution of the
Roman Papacy
In the Catholic
Church, the Roman Papacy became, in the Second Millennium, the main source of the
Magisterium, that is to say of the teachings on the right way to understand and
live the Christian religious faith. This was possible because the Catholic
Church has a legal system similar to that of a state and it recognizes the Pope
as the absolute monarch and Lieutenant of Heaven. This position was built, with
a series of religious reforms throughout the second millennium of our era,
until the decision to recognize him the supernatural dowry of infallibility in
matters of faith deliberated in 1870 during the 1st Vatican Council.
Federating with the European civil sovereigns,
the Papacy obtained that this position in matters of faith became the law of
states and that those who dissent were punished with the penalties normally
reserved for the most dangerous offenders, then with what are called criminal
penalties. The Protestant Reformation, from the sixteenth century, freed part
of the Europeans from this which was objectively a tyranny, building a
different organization of religious power and other, different, agreements with
civil sovereigns. Even in the states that remained in the dominion of
sovereigns who had joined the Reformation religious freedom was not absolute
and, first of all, it was limited by the principle that each should follow the
religion of his sovereign, decided in 1555, in Augsburg - Augsburg, Bavaria ,
today one of the federated states in the Federal Republic of Germany, at the
end of a long series of conflicts in Central Europe. That treaty did not
prevent a long resumption of the conflict on religious grounds in the following
century: the European powers put an end to it by concluding in 1648 a series of
agreements in Westphalia, in the north-eastern part of the Federal Republic of
Germany between Rhineland and Saxony, from which Modern Europe. Those
agreements provided for some tolerance towards religious minorities, while
reaffirming the principle of state religion, namely that the religion of the
state was that of its sovereign. The Roman papacy refused to sign them.
From the end of the
eighteenth century in Europe democratic processes developed that gradually
confined the absolute authority of the Papacy to the religious sphere,
resulting in the mid-twentieth century, in particular with the deliberation of
the Universal Declaration of Human Rights, approved by the General Assembly of
the United Nations on 10 December 1948, in the affirmation of full religious
freedom, which had opposed implementation, broader in the liberal democratic
regimes expressed by the Europeans or inspired by them, much less in the
communist or absolutist regimes that followed other religious faiths. Since the
1960s, democratic processes have invested in the Catholic Church itself,
starting with the Second Vatican Council, the great assembly of bishops held in
Rome between 1962 and 1965, and which deliberated important laws of religious
reform, which were opposed and partial implementation up to the present day.
Ultimately, the sacral authority, that is derived from the divine, recognized
to the Pope is much less than in the past and substantially limited to the
dogmas of faith, to the fundamental principles of faith, almost all but
resolved in the First Millennium when the major religious authority was among
Christians, that of the Greek-Roman emperor of Constantinople, in Greece, who
summoned all the ecumenical councils of that historical epoch. In particular
this concerns the social doctrine, which was initially imposed on the Catholic
faithful as obligatory with a force similar to that of the dogmas of the faith,
binding on the sacral authority from which it came, not for the arguments it
carried out. In reality it is influenced by faith through a series of
reasonings, arguments, which take into account the social reality of a given
historical time, which evolves and therefore changes: the principles of social
doctrine are therefore very linked to the era in which they are enunciated. and
in fact they have changed a lot since the end of the nineteenth century, when
it began to spread them. For example, they now include many democratic values
and also that of political democracy as a regime that best expresses the need
for recognition of human dignity. On the whole, this condition of the human
being not to be obliged to suffer the imposition of the authority of others
without being able to argue, and arguing defending, as well as the duty of
every authority to argue their decisions, so that they can be freely discussed
, and not to claim an absolute power, that is free from any limit, either from
the temporal, as from that of other authorities and, finally, that of the
consent of the governed manifested in the forms established by a rule, fall
within the principle of freedom of conscience . In our time in religion it is
believed that it is part of the common good that is to say the set of
conditions of social life that allow both groups and individual members to
reach their perfection more fully and more quickly (this is the definition that
it is found in the Pastoral Constitution on the Church in the contemporary
world Joy and hope - Gaudium et spes of the Second Vatican Council.
This is how that principle was defined, as
regards religious freedom, by the Declaration on religious freedom Human
dignity - Dignitatis Humanae, of the Second Vatican Council:
2. This Vatican Council declares that the human person has
a right to religious freedom. This freedom means that all men are to be immune
from coercion on the part of individuals or of social groups and of any human
power, in such wise that no one is to be forced to act in a manner contrary to
his own beliefs, whether privately or publicly, whether alone or in association
with others, within due limits.
The council further declares that the right to religious
freedom has its foundation in the very dignity of the human person as this
dignity is known through the revealed word of God and by reason itself.This
right of the human person to religious freedom is to be recognized in the
constitutional law whereby society is governed and thus it is to become a civil
right.
It is in accordance with their dignity as persons-that is,
beings endowed with reason and free will and therefore privileged to bear
personal responsibility-that all men should be at once impelled by nature and
also bound by a moral obligation to seek the truth, especially religious truth.
They are also bound to adhere to the truth, once it is known, and to order
their whole lives in accord with the demands of truth. However, men cannot
discharge these obligations in a manner in keeping with their own nature unless
they enjoy immunity from external coercion as well as psychological freedom.
Therefore the right to religious freedom has its foundation not in the
subjective disposition of the person, but in his very nature. In consequence,
the right to this immunity continues to exist even in those who do not live up
to their obligation of seeking the truth and adhering to it and the exercise of
this right is not to be impeded, provided that just public order be observed.
This principle, which the Papacy opposed until the twentieth
century, then for almost two millennia, finds a doctrinal foundation in the
idea that human beings constitute a single fraternal community. It is part of
the original deposit of faith, goes back directly to the teaching of the
Founder and we find it expressed in the Declaration on the relations of the
Church with non-Christian religions In our time - Nostra Aetate, also
deliberated during the Second Vatican Council:
1. In our time, when day by day mankind is being drawn
closer together, and the ties between different peoples are becoming stronger,
the Church examines more closely her relationship to non-Christian religions.
In her task of promoting unity and love among men, indeed among nations, she
considers above all in this declaration what men have in common and what draws
them to fellowship.
One is the community of all peoples, one their origin, for
God made the whole human race to live over the face of the earth). One also is
their final goal, God. His providence, His manifestations of goodness, His
saving design extend to all men, until that time when the elect will be united
in the Holy City, the city ablaze with the glory of God, where the nations will
walk in His light.
[…]
5. We cannot truly call on God, the Father of all, if we
refuse to treat in a brotherly way any man, created as he is in the image of
God. Man's relation to God the Father and his relation to men his brothers are
so linked together that Scripture says: "He who does not love does not
know God" (1 John 4:8).
No foundation therefore remains for any theory or practice
that leads to discrimination between man and man or people and people, so far
as their human dignity and the rights flowing from it are concerned.
The Church reproves, as foreign to the mind of Christ, any
discrimination against men or harassment of them because of their race, color,
condition of life, or religion. On the contrary, following in the footsteps of
the holy Apostles Peter and Paul, this sacred synod ardently implores the
Christian faithful to "maintain good fellowship among the nations" (1
Peter 2:12), and, if possible, to live for their part in peace with all men, so
that they may truly be sons of the Father who is in heaven.
An
important part of the work of religious formation, starting from the basic one
for the youngest, should be to convince people that actually humanity
constitutes a single community. We usually think of the community as made up of
people similar to us in the physical aspect, in language, in culture, in social
and political conceptions, in some important traditions, among which the
religious one. And although contemporary genetics has shown that the human is a
single species and that we share 99.9% of the genome, the ethnic and cultural
differences between human populations, which are felt when it comes to thinking
about it as a community, are noteworthy. The awareness of a common humanity,
and therefore of a common human dignity, has been called into question, among
Europeans, whenever they have come into contact with people with physical
characteristics very different from those of Europeans. The more assiduous
attendance produced then the cultural conquest of that awareness. A spectacular
phase of this cultural progress is taking place in our day, in the era of
globalization, with the immense development of social and economic relations
and migration. We must expect that, as the times progress, that awareness will
extend a lot. As has always happened there are people and groups who encounter
difficulties in this cultural achievement and still think they can divide
humanity with physical, cultural or legal barriers. In today's European Union
there are political formations that propose to establish, or rather to restore,
all three forms of barriers. The question is relevant in various aspects:
ethical, political, economic, religious. From a political point of view it is
necessary to take this into account: once it is established that it is possible
to discriminate, it is also possible that discrimination will reign against
those who approved it. In fact, the relations of force in society change
rapidly and those who today discriminate, being in a position of domination,
could one day have to suffer the discrimination of other emerging forces.
Historically it happened and, therefore, it could happen again. From the
religious point of view, rejecting the idea of humanity as a single community
also means rejecting the Christian idea of paternal and loving divinity,
according to which we recite "Our
Father!". Theology, however, does not really help, because it has long
argued, and still in some currents argues, according to the principle that
discrimination is desired by Heaven, like the different faces we have. In
reality it is not by that way that one can come to accept to think of himself
as part of a single human family: the right path, the only one, is for humans,
to know each other better, and knowing even better to understand the advantage
of cooperating peacefully instead of trying to kill and rob. It is not natural,
of course, because nature, that which we still have inside as inheritance of
the prehistoric beasts from which we genetically descend, works in a different
way and in it is force to prevail. But it is precisely detaching ourselves from
those dynamics of nature that we have become the rulers of the Earth.
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-10 -
Bene pubblico e bene
comune
Gli organi supremi
degli stati scelgono quale sia il bene pubblico. Negli stati democratici questa
scelta è influenzata dalle persone alle
quali è riconosciuto il diritto di voto. Nella scelta si tiene conto anche del
proprio benessere privato. Gli orientamenti etici possono influire in modo
maggiore o minore. Di solito chi esercita il potere supremo presenta le proprie
decisioni in tema di bene pubblico come eticamente giuste secondo l’etica di
riferimento. Questo permette di ottenere il conenso pubblico più facilmente.
Per questo motivo chi governa cerca di avere un qualche controllo sulle
convinzioni etiche dei governati e, innanzi tutto, sulle agenzie che diffondono
quelle convinzioni, ad esempio le chiese.
Secondo la dottrina
sociale cattolica il bene pubblico deve tendere al bene comune.
«12. Lo Stato, la cui ragion d’essere è l’attuazione del bene comune
nell’ordine temporale, non può rimanere assente dal mondo economico; deve esser
presente per promuovervi opportunamente la produzione di una sufficiente copia
di beni materiali, "l’uso dei quali è necessario per l’esercizio della
virtù", e per tutelare i diritti di tutti i cittadini, soprattutto dei più
deboli, quali sono gli operai, le donne, i fanciulli. È pure suo compito
indeclinabile quello di contribuire attivamente al miglioramento delle
condizioni di vita degli operai.»
[Dall’enciclica Madre e Maestra -
Mater et Magistr, 1961, del papa
Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23°]
e
«Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la
comunità civile sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire
una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della natura umana e
avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella quale tutti rechino
quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere
sempre meglio il bene comune (156).
Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi
istituzionali, una comunità politica.
La comunità politica esiste dunque in funzione di quel bene
comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che
costituisce la base originaria del suo diritto all'esistenza.
Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni
di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e
alle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione.»
[Dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo La gioia e la speranza -
Gaudium et spes, n.74, del Concilio Vaticano 2°]
Il
bene comune riguarda ciascuno e la collettività in cui è immerso. Comprende un
determinato livello di benessere e di sicurezza sociale per il singolo e la sua
famiglia, ma anche l’ambiente sociale e naturale in cui vive. Comprende la
solidarietà sociale, l’istruzione, un complesso di libertà personali tra le
quali la libertà di coscienza, la possibilità di ottenere un’informazione
affidabile su quanto accade e quindi, ai tempi nostri, la possibilità di
accedere alla rete telematica WEB senza essere predati da sistemi generatori di
notizie false, la bellezza, un tempo libero dalla fatica del lavoro, ma anche
un lavoro che sia retribuito in maniera sufficiente a condurre una vita sociale
libera e dignitosa e la possibilità di avere una casa per sé e per la propria
famiglia. Il bene comune non è tuttavia una finalità privata, ma collettiva. Quindi
nel definirlo bisogna tener conto anche
di quello degli altri e, nella visione della dottrina sociale cattolica, di tutti
gli altri, non solo di quelli che
vivono nella propria città, regione, stato, ma quello di tutti gli altri
abitanti della Terra, i quali, nella fede, consideriamo come parte di un’unica
famiglia, la famiglia umana. Questa è la giustizia
sociale universale, dalla quale ci attendiamo la pace, condizione che rientra
nel bene comune, perché tutti la desiderano e ne beneficiano, specialmente
quando vivono una situazione di guerra. E quando si decide di fare guerra si
confida di vincerla velocemente, ma questo non sempre accade. Un detto del
Maestro fa: «[…] perché tutti quelli che
mettono mano alla spada periranno di spada.» [Matteo 26,52].
Ognuno riesce ad ottenere il dominio su una
parte delle risorse della Terra, ne diventa quindi proprietario o comunque le
controlla in base ad altro potere che la società gli riconosce. Alcune di
queste risorse sono di proprietà pubblica e vengono impiegate per finalità
pubbliche. Dal punto di vista del bene comune, però, la distinzione tra
pubblico e privato è meno importante. Infatti la dottrina sociale, che ha
fondamenti molto antichi insegna che anche le risorse private devono essere
impiegate per realizzare il bene comune. Ad esempio leggiamo nell’enciclica Madre e Maestra - Mater et Magistra:
«11.
[…] la proprietà privata, anche dei beni strumentali, è un diritto naturale che
lo Stato non può sopprimere. Ad essa è intrinseca una funzione sociale, e però
è un diritto che va esercitato a vantaggio proprio e a bene degli altri.»
Ciascuno
tende ad aumentare le risorse che domina e così anche gli stati. In genere gli
stati si propongono, tra gli obiettivi del bene pubblico, di incrementare la
propria ricchezza e quella dei propri cittadini. Se però progettano di farlo
aggredendo altri stati questo è contario al bene comune, è eticamente malvagio,
dal punto di vista della dottrina sociale cattolica. Così anche se progettano
di farlo sfruttando, al loro interno, classi di persone sottomesse in una
condizione di inferiorità sociale, che siano schiavi, lavoratori pagati in
misura insufficiente in rapporto alla ricchezza che contribuiscono a produrre,
migranti che non godendo pienamente di diritti civili o non godendone affatto
hanno la peggio sul mercato del lavoro e partecipano della condizione dei
lavoratori sottopagati o addirittura degli schiavi o, infine, sono
semplicemente esclusi da tutto, ridotti nella condizione di scarti e a
sopravvivere frugando nelle immondizie altrui.
Non basta ad uno stato l’essere democratico
per ritenere che si sforzi di realizzare il bene comune. In democrazia in
genere prevalgono gli interessi di chi nella società ha più forza e controlla i
mezzi di informazione sociale, e perciò anche il consenso sociale: se non c’è
un sufficiente orientamento etico, espresso anche in norme che pongano dei
limiti all’avidità privata e pubblica e impongano obblighi di solidarietà
sociale, l’azione pubblica può orientarsi contro il bene comune. E il bene
comune da cui più facilmente gli stati cercano di esonerarsi è quello che
riguarda le persone che vivono in altri stati. Tuttavia queste politiche di
avidità ed egoismo degli stati finiscono per creare problemi alla sopravvivenza
di tutti in un mondo in cui è molto aumentata l’interdipendenza. Sul punto così
è stato argomentato nell’enclicica Laudato
si’, del 2015, diffusa sotto l’autorità del papa Jorge Mario Bergoglio - Francesco:
«164. Dalla
metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la
tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita
una casa comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che
le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo
colpiscono tutti, bensì, principalmente, fare in modo che le soluzioni siano
proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli
interessi di alcuni Paesi. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un
solo mondo, ad un progetto comune. Ma lo stesso ingegno
utilizzato per un enorme sviluppo tecnologico, non riesce a trovare forme
efficaci di gestione internazionale in ordine a risolvere le gravi difficoltà
ambientali e sociali. Per affrontare i problemi di fondo, che non possono essere
risolti da azioni di singoli Paesi, si rende indispensabile un consenso
mondiale che porti, ad esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e
diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a
incentivare una maggiore efficienza energetica, a promuovere una gestione più
adeguata delle risorse forestali e marine, ad assicurare a tutti l’accesso
all’acqua potabile.»
La dottrina sociale dà indicazioni etiche su
che cosa rientri nel bene comune, ma ciascuno è poi responsabile personalmente
delle scelte che si fanno in questa materia, a partire da come impiega ciò che
è di sua proprietà e da come controlla la propria avidità. In questo si è
liberi in coscienza, ma, in quanto liberi, appunto, responsabili, davanti a sé
stessi, ai propri concittadini, ma anche alla storia e al Cielo. Non basta, per
giustificarsi, sostenere di aver obbedito a un qualche gerarca.
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- 10 -
Public
good and common good
The supreme organs
of states choose what is the public good. In democratic states, this choice is
influenced by people to whom the right to vote is recognized. The choice also
takes account of one's private well-being. Ethical guidelines can influence
more or less. Usually those who exercise supreme power present their decisions
regarding the public good as ethically correct according to the reference
ethics. This allows to obtain public agreement more easily. For this reason, those
who govern seek to have some control over the ethical convictions of the
governed and, above all, on the agencies that spread those convictions, for
example the churches.
According to Catholic social doctrine, the
public good must strive for the common good.
«20. As for the State, its whole raison d'etre is the realization of the
common good in the temporal order. It cannot, therefore, hold aloof from
economic matters. On the contrary, it must do all in its power to promote the
production of a sufficient supply of material goods, "the use of which is
necessary for the practice of virtue." It has also the duty to protect the
rights of all its people, and particularly of its weaker members, the workers,
women and children. It can never be right for the State to shirk its obligation
of working actively for the betterment of the condition of the workingman.»
[From the encyclical Mother and Teacher - Mater et Magistr,
1961, by Pope Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23 °]
and
74. Men, families and the various groups which make up the civil
community are aware that they cannot achieve a truly human life by their own
unaided efforts. They see the need for a wider community, within which each one
makes his specific contribution every day toward an ever broader realization of
the common good.(1) For this purpose they set up a political community
according to various forms. The political community exists, consequently, for
the sake of the common good, in which it finds its full justification and
significance, and the source of its inherent legitimacy. Indeed, the common
good embraces the sum of those conditions of the social life whereby men,
families and associations more adequately and readily may attain their own
perfection.
[From the Pastoral Constitution on the Church in the Modern
World Joy and Hope - Gaudium et Spes, n.74, of the Second Vatican Council]
The common good
concerns everyone and the community in which it is immersed. It includes a
certain level of well-being and social security for the individual and his
family, but also the social and natural environment in which he lives. It
includes social solidarity, education, a complex of personal freedoms including
freedom of conscience, the possibility of obtaining reliable information on
what is happening and therefore, in our time, the possibility of accessing the
WEB telematic network without being predated by systems generating false news,
beauty, a time free from the toil of work, but also a job that is paid enough
to lead a free and dignified social life and the possibility of having a home
for himself and his own family. However, the common good is not a private, but
a collective purpose. So in defining it we must also take into account that of
others and, in the vision of Catholic social doctrine, of all others, not only
those who live in their city, region, state, but that of all the other
inhabitants of the Earth, the which, in faith, we consider as part of one
family, the human family. This is universal social justice, from which we
expect peace, a condition that belongs to the common good, because everyone
wants and benefits from it, especially when they live in a war situation. And
when you decide to make war you trust to win it quickly, but this does not
always happen. A saying of the Master makes: "[...] because all those who
put their hand to the sword will perish by the sword." [Matthew 26,52].
Everyone succeeds in obtaining dominion over a
part of the Earth's resources, thus becoming its owner or otherwise controlling
them on the basis of another power that society recognizes. Some of these
resources are publicly owned and are used for public purposes. From the point
of view of the common good, however, the distinction between public and private
is less important. In fact, the social doctrine, which has very ancient
foundations, teaches that private resources must also be used to realize the
common good. For example, we read in the encyclical Mother and Teacher - Mater
et Magistra:
«19.
[…] private ownership of property, including that of productive goods, is a
natural right which the State cannot suppress. But it naturally entails a
social obligation as well. It is a right which must be exercised not only for
one's own personal benefit but also for the benefit of others.»
Each tends to
increase the resources that it dominates and so also the states. Generally, the
states propose, among the objectives of the public good, to increase their
wealth and that of their citizens. But if they plan to do it by attacking other
states, this is contagious to the common good, it is ethically evil, from the
point of view of Catholic social doctrine. So even if they plan to do so by
exploiting, within them, classes of people subjected in a state of social
inferiority, who are slaves, workers paid insufficiently in relation to the
wealth they contribute to produce, migrants who do not fully enjoy civil rights
or not enjoying it at all have the worst on the labor market and participate in
the condition of underpaid workers or even slaves or, finally, are simply
excluded from everything, reduced to the condition of waste and survive by
rummaging in the rubbish of others.
Democratic being is not enough for a state to believe
that it strives to realize the common good. In general, the interests of those
who in society have more force and control the means of social information
prevail, and therefore also the social consensus: if there is not sufficient
ethical orientation, expressed also in norms that set limits to greed private
and public and impose obligations of social solidarity, public action can be
directed against the common good. And the common good from which states most
easily try to exonerate is that which concerns people living in other states.
However, these policies of state greed and selfishness end up creating problems
for the survival of all in a world where interdependence is greatly increased.
On this point he was argued in the encyclical Laudato si ', of 2015, published
under the authority of Pope Jorge Mario Bergoglio - Francesco:
«164.
Beginning in the middle of the last century and overcoming many difficulties,
there has been a growing conviction that our planet is a homeland and that
humanity is one people living in a common home. An interdependent world not
only makes us more conscious of the negative effects of certain lifestyles and
models of production and consumption which affect us all; more importantly, it
motivates us to ensure that solutions are proposed from a global perspective,
and not simply to defend the interests of a few countries. Interdependence
obliges us to think of one world with a common plan. Yet the same
ingenuity which has brought about enormous technological progress has so far
proved incapable of finding effective ways of dealing with grave environmental
and social problems worldwide. A global consensus is essential for confronting
the deeper problems, which cannot be resolved by unilateral actions on the part
of individual countries. Such a consensus could lead, for example, to planning
a sustainable and diversified agriculture, developing renewable and less
polluting forms of energy, encouraging a more efficient use of energy,
promoting a better management of marine and forest resources, and ensuring
universal access to drinking water.»
The
social doctrine gives ethical indications on what is part of the common good,
but each one is then personally responsible for the choices made in this
matter, starting from how he employs what is his property and how he controls
his own greed. In this we are free in conscience, but as free, indeed,
responsible, in front of themselves, to their fellow citizens, but also to
history and to Heaven. It is not enough, to justify himself, to claim to have
obeyed some hierarchy.
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-11 -
Le sofferenze sociali
dipendono da squilibri nell’ordinamento sociale che possono essere corretti,
sono fenomeni naturali come le tempeste atmosferiche e i terremoti
Negli passati
anni ’60 la dottrina sociale ha
raggiunto una convinzione: le sofferenze sociali dipendono da squilibri
nell’ordinamento sociale che possono essere corretti. Questo è il punto di
partenza di ogni tipo di socialismo moderno, che si basa sull’osservazione
realistica delle dinamiche sociali e non solo su moventi di tipo etico.
Leggiamo, ad esempio, nell’enciclica La
pace in terra - Pacem in terris diffusa nel 1961 sotto l’autorità del papa
Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23°:
«L’ordine negli esseri umani
3. Con l’ordine mirabile dell’universo continua a fare
stridente contrasto il disordine che regna tra gli esseri umani e tra i popoli;
quasicché i loro rapporti non possono essere regolati che per mezzo della
forza.
Sennonché il Creatore ha scolpito l’ordine anche nell’essere
degli uomini: ordine che la coscienza rivela e ingiunge perentoriamente di
seguire: "Essi mostrano scritta nei loro cuori l’opera della legge,
testimone la loro coscienza" (Rm 2,15). Del resto come
potrebbe essere diversamente? Ogni opera di Dio è pure un riflesso della sua
infinita sapienza: riflesso tanto più luminoso quanto più l’opera è posta in
alto nella scala delle perfezioni (Cf. Sal 18,8-11).
4. Una deviazione, nella quale si incorre spesso, sta nel fatto
che si ritiene di poter regolare i rapporti di convivenza tra gli esseri umani
e le rispettive comunità politiche con le stesse leggi che sono proprie delle
forze e degli elementi irrazionali di cui risulta l’universo; quando invece le
leggi con cui vanno regolati gli accennati rapporti sono di natura diversa, e
vanno cercate là dove Dio le ha scritte, cioè nella natura umana.
Sono quelle, infatti, le leggi che indicano chiaramente come
gli uomini devono regolare i loro vicendevoli rapporti nella convivenza; e come
vanno regolati i rapporti fra i cittadini e le pubbliche autorità all’interno
delle singole comunità politiche; come pure i rapporti fra le stesse comunità
politiche; e quelli fra le singole persone e le comunità politiche da una
parte, e dall’altra la comunità mondiale, la cui creazione oggi è urgentemente
reclamata dalle esigenze del bene comune universale.
L’ORDINE TRA
GLI ESSERI UMANI
Ogni essere umano è persona,
soggetto di diritti e di doveri
5. In una convivenza ordinata e feconda va posto come
fondamento il principio che ogni essere umano è persona cioè una natura dotata
di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri
che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura:
diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili.»
Questa
visione è molto differente da quella contenuta nel primo documento della
dottrina sociale moderna, l’enciclica Le
novità - Rerum novarum diffusa nel
1891 sotto l’autorità del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13:
1 - Necessità delle
ineguaglianze sociali e del lavoro faticoso
14. Si stabilisca dunque in primo luogo questo principio,
che si deve sopportare la condizione propria dell'umanità: togliere dal mondo
le disparità sociali, è cosa impossibile. Lo tentano, è vero, i socialisti, ma
ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile. Poiché la più grande
varietà esiste per natura tra gli uomini: non tutti posseggono lo stesso
ingegno, la stessa solerzia, non la sanità, non le forze in pari grado: e da
queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni
sociali. E ciò torna a vantaggio sia dei privati che del civile consorzio,
perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi, e
l'impulso principale, che muove gli uomini ad esercitare tali uffici, è la
disparità dello stato. Quanto al lavoro, l'uomo nello stato medesimo
d'innocenza non sarebbe rimasto inoperoso: se non che, quello che allora
avrebbe liberamente fatto la volontà a ricreazione dell'animo, lo impose poi,
ad espiazione del peccato, non senza fatica e molestia, la necessità, secondo
quell'oracolo divino: Sia maledetta la terra nel tuo lavoro; mangerai
di essa in fatica tutti i giorni della tua vita (Gen 3,17). Similmente
il dolore non mancherà mai sulla terra; perché aspre, dure, difficili a
sopportarsi sono le ree conseguenze del peccato, le quali, si voglia o no,
accompagnano l'uomo fino alla tomba. Patire e sopportare è dunque il retaggio
dell'uomo; e qualunque cosa si faccia e si tenti, non v'è forza né arte che
possa togliere del tutto le sofferenze del mondo. Coloro che dicono di poterlo
fare e promettono alle misere genti una vita scevra di dolore e di pene, tutta
pace e diletto, illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a
dolori più grandi di quelli attuali. La cosa migliore è guardare le cose umane
quali sono e nel medesimo tempo cercare altrove, come dicemmo, il rimedio ai
mali.
17. It must be
first of all recognized that the condition of things inherent in human affairs
must be borne with, for it is impossible to reduce civil society to one dead
level. Socialists may in that intent do their utmost, but all striving against
nature is in vain. There naturally exist among mankind manifold differences of
the most important kind; people differ in capacity, skill, health, strength;
and unequal fortune is a necessary result of unequal condition. Such unequality
is far from being disadvantageous either to individuals or to the community.
Social and public life can only be maintained by means of various kinds of
capacity for business and the playing of many parts; and each man, as a rule,
chooses the part which suits his own peculiar domestic condition. As regards
bodily labor, even had man never fallen from the state of innocence, he would
not have remained wholly idle; but that which would then have been his free
choice and his delight became afterwards compulsory, and the painful expiation
for his disobedience. "Cursed be the earth in thy work; in thy labor thou
shalt eat of it all the days of thy life."
18. In like
manner, the other pains and hardships of life will have no end or cessation on
earth; for the consequences of sin are bitter and hard to bear, and they must
accompany man so long as life lasts. To suffer and to endure, therefore, is the
lot of humanity; let them strive as they may, no strength and no artifice will
ever succeed in banishing from human life the ills and troubles which beset it.
If any there are who pretend differently - who hold out to a hard-pressed
people the boon of freedom from pain and trouble, an undisturbed repose, and
constant enjoyment - they delude the people and impose upon them, and their
lying promises will only one day bring forth evils worse than the present.
Nothing is more useful than to look upon the world as it really is, and at the
same time to seek elsewhere, as We have said, for the solace to its troubles.
L’ordine di idee dalla Pace in terra - Pacem in terris lo troviamo anche nella Dichiarazione di
indipendenza degli Stati Uniti D’America, il primo documento fondativo di una
democrazia moderna, deliberato il 4 luglio 1976:
When
in the Course of human events, it becomes necessary for one people to dissolve
the political bands which have connected them with another, and to assume among
the powers of the earth, the separate and equal station to which the Laws of
Nature and of Nature's God entitle them, a decent respect to the opinions of
mankind requires that they should declare the causes which impel them to the
separation.
Quando, nel corso degli umani eventi, diviene
necessario per un popolo sciogliere i legami politici con un altro popolo e di
assumere davanti ai poteri della terra la posizione distinta e paritaria che
gli spetta per Legge di Natura voluta da Dio, è necessario dichiarare
chiaramente all’umanità le cause che lo spingono alla separazione
We
hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they
are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these
are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.
Crediamo in queste verità che sono evidenti di
per sè stesse, che tutti gli uomini sono creati uguali, che sono dotati dal
loro Creatore con certi inalienabili diritti, e tra questi il diritto alla
Vita, alla Libertà e alla ricerca della Felicità
That to secure these rights,
Governments are instituted among Men, deriving their just powers from the
consent of the governed, --That whenever any Form of Government becomes
destructive of these ends, it is the Right of the People to alter or to abolish
it, and to institute new Government, laying its foundation on such principles
and organizing its powers in such form, as to them shall seem most likely to
effect their Safety and Happiness.
Per assicurare questi diritti sono
costituiti i Governi tra gli uomini. Essi derivano i loro legittimi poteri dal
consenso dei governati. Quando accada che un Governo minacci questo scopo, è
diritto de popolo di modificarlo o di abolirlo e di costituire un nuovo Governo
fondato su principi e con una organizzazione tali da garantire nel miglior modo
il Benessere e la Felicità.
Quella dichiarazione di indipendenza ebbe
carattere rivoluzionario, non riguardava solo la separazione dall’autorità
della monarchia inglese, ma un diverso ordine sociale. Allo stesso modo la
dottrina sociale ebbe fin dall’inizio, dal suo primo documento del 1891,
carattere rivoluzionario, perché proponeva una radicale riforma della società.
Essa, fino al regno di Karol Woytjla, fu sempre molto legata alla storia
italiana. Nacque in un tempo in cui il Papato era in dura polemica politica con
il nuovo Regno d’Italia, fondato nel 1861, dopo che una serie di guerre
iniziate nel 1848 aveva portato gran parte dell’Italia sotto il dominio della
monarchia dei Savoia, con capitale Torino, arrivando, nel 1870, ad abbattere lo
Stato della Chiesa, il piccolo regno territoriale del Papato nell’Italia
centrale, trasferendo a Roma la capitale del nuovo stato. Questo contrasto
apparve attenuarsi durante il regime fascista mussoliniano e sotto il regno del
papa Achille Ratti - Pio 11° (1922-1939), ma riprese su tre temi: la pretesa
fascista di monopolizzare l’educazione dei giovani, il razzismo antiebraico
basato sull’idea di un’inferiorità etnica degli ebrei, che veniva a colpire la
stessa figura del Fondatore e dei suoi primi seguaci, e il progetto
mussoliniano di partecipare alle guerre europee scatenate dalla Germania sotto
il dominio nazista. Tra il 1941 e il 1945 i cattolici democratici italiani che
si erano istruiti nelle organizzazioni dell’Azione Cattolica animarono una
rivoluzione politica e sociale contribuendo in maniera determinante a
organizzare un nuovo stato repubblicano democratico la cui costituzione entrò
in vigore nel 1948. Essa contiene tuttora i principi fondamentali di
organizzazione sociale e politica insegnati dalla dottrina sociale, insieme a
principi derivati dal liberalismo democratico e dal socialismo.
La dottrina sociale ha molto imparato dall’esperienza fatta
nell’Ottocento e nel Novecento e si è modificata secondo ciò che aveva
imparato. Ha ora una visione più lungimirante di molti dei politici che
governano il mondo. E, soprattutto, ha imparato questo: dal disordine sociale
causato dall’ingiustizia, vale a dire quando la gente è privata dei beni
indispensabili per sopravvivere e allora prende ad agitarsi seguendo chi sembra
poter produrre un’alternativa, non nasce la soluzione dei mali sociali, ma
derivano solo sofferenze ancora più acute, fino a quando viene raggiunto un
nuovo equilibrio che dia finalmente a ciascuno ciò che ha diritto di avere in
quanto essere umano. Questa appunto è la situazione sociale che stiamo vivendo
nell’Europa di oggi. L’agitazione sociale che la travaglia e la minaccia non
deriva dalle migrazioni dei non Europei, in paticolare dalle vicine Africa e
Asia, ma dal fatto che l’ordine sociale costruito a partire dagli anni Novanta
del secolo scorso dal capitalismo globalizzato ha impoverito larghe masse della
popolazione, favorendo minoranze sempre più ristrette, e ora è in pericolo la
sicurezza sociale di molta gente, che è quando una persona non prevede nulla di
buono nel futuro per sé e per i propri figli. Questo è accaduto perché si sono
progressivamente ridotte i sistemi introdotti negli stati per correggere gli
squilibri fatalmente determinati dal funzionamento delle economie capitaliste.
Ciò è stato fatto nell’illusione che così facendo sarebbe aumentato il
benessere di tutti e che l’ingerenza dei poteri pubblici nell’economia ne
riducesse l’efficienza e la capacità di produrre benessere. L’esperienza di
questi anni ha dimostrato il contrario. A questo punto, in Europa e altrove,
hanno ripreso vigore proposte classiche dei regimi fascisti di un tempo,
secondo le quali, in un contesto di risorse scarse, prevale il più forte ed
essere più forti diventa questione di vita o di morte. Per essere più forti
bisogna riunirsi come in un fascio (da cui in Italia venne la parola fascismo) e agire tutti insieme sotto un
unico comando, mettendo a tacere i dissenzienti, che con il loro dissenso
riducono la forza della collettività. Dunque, ora, in Europa e altrove, diversi
politici hanno successo proponendo di fare grande di nuovo il loro stato, con politiche aggressive
all’interno e all’esterno. Questo atteggiamento portò nel secolo scorso a due
distruttive guerre mondiali. E infatti una delle dinamiche che ai tempi nostri
si osservano è quella dell’intenso riarmo. Gli stati appaiono insofferenti dei
limiti che avevano convenuto con gli altri e gli accordi e le istituzioni
istituzionali sono in crisi. Sono le istituzioni dalle quali la dottrina
sociale si attende la costruzione di un ordine sociale pacifico:
Dall’enciclica Pace in terra - Pacem in terris citata:
«Rapporto fra contenuti
storici del bene comune e struttura e funzionamento dei poteri pubblici
71. Esiste un rapporto
intrinseco fra i contenuti storici del bene comune da una parte e la
configurazione e il funzionamento dei poteri pubblici dall’altra. L’ordine
morale, cioè, come esige l’autorità pubblica nella convivenza per l’attuazione
del bene comune, di conseguenza esige pure che l’autorità a tale scopo sia
efficiente. Ciò postula che gli organi nei quali l’autorità prende corpo,
diviene operante e persegue il suo fine siano strutturali e agiscano in maniera
da essere idonei a tradurre nella realtà i contenuti nuovi che il bene comune
viene assumendo nell’evolversi storico della convivenza.
Il bene comune
universale pone ora problemi a dimensioni mondiali che non possono essere
adeguatamente affrontati e risolti che ad opera di poteri pubblici aventi
ampiezza, strutture e mezzi delle stesse proporzioni; di poteri pubblici cioè,
che siano in grado di operare in modo efficiente su piano mondiale. Lo stesso
ordine morale quindi domanda che tali poteri vengano istituiti.»
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- 11 -
Social
sufferings depend on imbalances in the social order that can be corrected, are
natural phenomena such as atmospheric storms and earthquakes
In
the past 60s the social doctrine reached a conviction: social sufferings depend
on imbalances in the social order that can be corrected. This is the starting
point of every type of modern socialism, which is based on the realistic
observation of social dynamics and not only on ethical motives. We read, for
example, in the encyclical La pace in terra - Pacem in terris published in 1961
under the authority of Pope Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23°:
Order in Human
Beings
« 4. And yet there is a
disunity among individuals and among nations which is in striking contrast to
this perfect order in the universe. One would think that the relationships that
bind men together could only be governed by force.
5. But the world's Creator has stamped man's inmost being
with an order revealed to man by his conscience; and his conscience insists on
his preserving it. Men "show the work of the law written in their hearts.
Their conscience bears witness to them."
And how could it be otherwise? All created being reflects the infinite
wisdom of God. It reflects it all the more clearly, the higher it stands in the
scale of perfection.
6. But the mischief is often caused by erroneous opinions.
Many people think that the laws which govern man's relations with the State are
the same as those which regulate the blind, elemental forces of the universe.
But it is not so; the laws which govern men are quite different. The Father of
the universe has inscribed them in man's nature, and that is where we must look
for them; there and nowhere else.
7. These laws clearly indicate how a man must behave toward
his fellows in society, and how the mutual relationships between the members of
a State and its officials are to be conducted. They show too what principles
must govern the relations between States; and finally, what should be the
relations between individuals or States on the one hand, and the world-wide
community of nations on the other. Men's common interests make it imperative
that at long last a world-wide community of nations be established.
I. ORDER BETWEEN
MEN
8. We must devote our attention first of all to that order
which should prevail among men.
9. Any well-regulated and productive association of men in
society demands the acceptance of one fundamental principle: that each
individual man is truly a person. His is a nature, that is, endowed with
intelligence and free will. As such he has rights and duties, which together
flow as a direct consequence from his nature. These rights and duties are
universal and inviolable, and therefore altogether inalienable.»
This
vision is very different from that contained in the first document of modern
social doctrine, the encyclical The Novelties - Rerum Novarum released in 1891
under the authority of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°:
«17. It must be first of all recognized that the condition
of things inherent in human affairs must be borne with, for it is impossible to
reduce civil society to one dead level. Socialists may in that intent do their
utmost, but all striving against nature is in vain. There naturally exist among
mankind manifold differences of the most important kind; people differ in
capacity, skill, health, strength; and unequal fortune is a necessary result of
unequal condition. Such unequality is far from being disadvantageous either to
individuals or to the community. Social and public life can only be maintained
by means of various kinds of capacity for business and the playing of many
parts; and each man, as a rule, chooses the part which suits his own peculiar
domestic condition. As regards bodily labor, even had man never fallen from the
state of innocence, he would not have remained wholly idle; but that which
would then have been his free choice and his delight became afterwards
compulsory, and the painful expiation for his disobedience. "Cursed be the
earth in thy work; in thy labor thou shalt eat of it all the days of thy
life."
18. In like manner, the
other pains and hardships of life will have no end or cessation on earth; for
the consequences of sin are bitter and hard to bear, and they must accompany
man so long as life lasts. To suffer and to endure, therefore, is the lot of
humanity; let them strive as they may, no strength and no artifice will ever
succeed in banishing from human life the ills and troubles which beset it. If
any there are who pretend differently - who hold out to a hard-pressed people the
boon of freedom from pain and trouble, an undisturbed repose, and constant
enjoyment - they delude the people and impose upon them, and their lying
promises will only one day bring forth evils worse than the present. Nothing is
more useful than to look upon the world as it really is, and at the same time
to seek elsewhere, as We have said, for the solace to its troubles.»
The
order of ideas from Peace on Earth - Pacem in Terris we find also in the Declaration of Independence of
the United States of America, the first founding document of a modern
democracy, approved on July 4, 1976:
When in the Course of human events, it becomes
necessary for one people to dissolve the political bands which have connected
them with another, and to assume among the powers of the earth, the separate
and equal station to which the Laws of Nature and of Nature's God entitle them,
a decent respect to the opinions of mankind requires that they should declare
the causes which impel them to the separation.
We hold
these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are
endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are
Life, Liberty and the pursuit of Happiness.
That to
secure these rights, Governments are instituted among Men, deriving their just
powers from the consent of the governed, --That whenever any Form of Government
becomes destructive of these ends, it is the Right of the People to alter or to
abolish it, and to institute new Government, laying its foundation on such
principles and organizing its powers in such form, as to them shall seem most
likely to effect their Safety and Happiness.
That declaration of
independence had a revolutionary character, not only concerning the separation
from the authority of the English monarchy, but a different social order. In
the same way, the social doctrine had from the beginning, from its first
document of 1891, a revolutionary character, because it proposed a radical
reform of society. Until the reign of Karol Woytjla, it was always closely
linked to Italian history. It was born in a time when the Papacy was in a
political polemic with the new Kingdom of Italy, founded in 1861, after a
series of wars begun in 1848 had brought much of Italy under the dominion of
the Savoy monarchy, with capital of Turin, arriving in 1870 to bring down the
Papal States, the small territorial kingdom of the Papacy in central Italy,
transferring the capital of the new state to Rome. This contrast seemed to
diminish during the fascist Mussolini regime and under the reign of Pope
Achille Ratti - Pius 11 ° (1922-1939), but resumed on three themes: the fascist
claim to monopolize the education of young people, anti-Jewish racism based on
idea of an ethnic inferiority of the Jews, who came to strike the figure of
the Founder and his first followers, and the Mussolini project to participate
in the European wars unleashed by Germany under Nazi rule. Between 1941 and
1945 the Italian Democratic Catholics who had been educated in the Catholic
Action organizations animated a political and social revolution, contributing
decisively to organizing a new democratic republican state whose constitution
came into force in 1948. It still contains the basic principles of social and
political organization taught by social doctrine, along with principles derived
from democratic liberalism and socialism.
The social
doctrine has learned a lot from the experience of the nineteenth and twentieth
centuries and has changed according to what it had learned. He now has a more
forward-looking view of many of the politicians who rule the world. And above
all, he has learned this: from the social disorder caused by injustice, that is
to say when people are deprived of the indispensable assets to survive and then
they get agitated by following who seems to be able to produce an alternative,
the solution of social ills does not arise. , but derive only more acute
suffering, until a new equilibrium is reached that finally gives everyone what
he has the right to have as a human being. This is precisely the social
situation we are living in today's Europe. The social agitation that tormented
it and the threat does not derive from the migrations of non-Europeans, in
particular from neighboring Africa and Asia, but from the fact that the social
order built since the nineties of the last century by globalized capitalism has
impoverished large masses of the population, favoring increasingly shrinking
minorities, and now the social security of many people is in jeopardy, which is
when a person provides nothing good in the future for himself and his children.
This happened because the systems introduced into the states were progressively
reduced to correct the imbalances inevitably determined by the functioning of
the capitalist economies. This was done in the illusion that doing so would
increase everyone's well-being and that the interference of public powers in
the economy would reduce their efficiency and ability to produce well-being.
The experience of these years has shown the opposite. At this point, in Europe
and elsewhere, classic proposals of the fascist regimes of the past have
resurfaced, according to which, in a context of scarce resources, the stronger
prevails and being stronger becomes a question of life or death. To be
stronger, we must gather together as a bundle (from which the word fascism came
from in Italy) and act together under one single command, silencing the
dissenters, who with their dissent reduce the power of the collectivity. So
now, in Europe and elsewhere, several politicians are successful, proposing to
make their state great again, with aggressive policies inside and outside. This
attitude led to two destructive world wars in the last century. And in fact one
of the dynamics that we observe today is that of intense rearmament. The states
appear impatient of the limits that had agreed with the others and the
agreements and institutional institutions are in crisis. They are the
institutions from which the social doctrine expects the construction of a
peaceful social order:
From
the Encyclical Peace on Earth - Pacem in terris quoted:
«136.
Now, if one considers carefully the inner significance of the common good on the
one hand, and the nature and function of public authority on the other, one
cannot fail to see that there is an intrinsic connection between them. Public
authority, as the means of promoting the common good in civil society, is a
postulate of the moral order. But the moral order likewise requires that this
authority be effective in attaining its end. Hence the civil institutions in
which such authority resides, becomes operative and promotes its ends, are
endowed with a certain kind of structure and efficacy: a structure and efficacy
which make such institutions capable of realizing the common good by ways and
means adequate to the changing historical conditions.
137.
Today the universal common good presents us with problems which are world-wide
in their dimensions; problems, therefore, which cannot be solved except by a
public authority with power, organization and means co-extensive with these
problems, and with a world-wide sphere of activity. Consequently the moral
order itself demands the establishment of some such general form of public
authority.»
*************************
-12 -
La realizzazione della felicità sociale
non solo dividendo con più giustizia i beni, ma condividendoli in società come
beni comuni
Gli
esseri umani, quali organismi naturali, hanno una grande possibiltà di
sofferenza, limitata solo dalla morte, ma una limitata capacità di felicità,
intesa come un misto di benessere e di soddisfazione personale. Finché si vive
si può soffrire molto, sia da soli che in compagnia di altri, ma la felicità
non è raggiungibile da soli, richiede condivisione. Quando lo si apprende ci si
avvicina alla saggezza, altri menti si è stolti. La felicità è un bene comune,
vale a dire una risorsa della vita che,
per essere come vogliamo che sia, deve essere condivisa. Perché ci raduniamo in
miglialia di persone per assistere ad una spettacolo, ad esempio ad un concerto
di musica popolare o a una competizione
sportiva tra due decine di persone, che potremmo vedere più comodamente in
televisione. Uno spettacolo molto antico come il teatro richiedeva e richiede
di stare insieme in un certo luogo, ora però non è più indispensabile:
continuiamo a frequentare il teatro anche perché parte del piacere che dà è
quello di assistere allo spettacolo insieme ad altri. Compriamo un oggetto
nuovo e subito lo mostriamo ad altri. Se è un veicolo, invitiamo altri a
salirci sopra. Questa condivisione è parte del piacere che il nuovo acquisto
dà.
Il diritto di proprietà privata, individuale o di una certa collettività
particolare, coniste non solo nel poter utilizzare una risorsa della vita a
proprio beneficio, ma anche di escludere gli altri dal questo utilizzo. In
alcuni casi la risorsa è costruito proprio per una sola persona e la sua
utilità si limita all’utilizzo che quella persona ne fa. E’ il caso ad esempio
di una scatola di un farmaco, prescritto a un malato. L’utilizzo di quel
farmaco può guarire e quindi accresce il benessere del malato, ma non riesce a
procurargli la felicità. Una cena con amici può invece ottenere quello scopo, a
prescindere da ciò che c’è da mangiare e
da bere.
L’attività collettiva di impresa privata,
quella svolta nell’interesse esclusivo di chi quell’impresa controlla e fa le
parti di ciò che se ne ricava, consente in un sistema capitalistico, come
quelli che ormai sono diffusi in quasi tutte le economie del mondo, ed anche
negli stati che seguono politiche socialiste, consente grandi accumulazioni di
ricchezza. Questo perché chi fa le parti di ciò che si ricava da imprese di
successo tende a riservare a sé la parte maggiore. Gli unici limiti sono il
successo economico di quell’impresa e l’avidità degli altri che la controllano.
Invece le parti che vanno a tutti gli altri che nell’impresa collaborano sono
attentamente misurate in base all’utilità del loro lavoro nel processo di
produzione e del valore che a quel lavoro dà il mercato, in cui ci sono tanti
altri che cercano lavoro per procurarsi di che vivere. Lasciato senza
correzioni, il meccanismo dell’economia capitalista produce grandi
concentrazioni di ricchezze in mezzo a tanta altra gente che ricava molto meno
e non ricava in proporzione al succeso economica dell’impresa. E’ appunto
questo che si è prodotto nelle economie capitaliste occidentali dai passati
anni ’80, quando gli stati hanno cominiciato a ridurre i correttivi ai processi
di accumulazione capitalistica, che comprendevano l’imposizione di tributi e
servizi alle masse, ad esempio in materia di sanità, trasporti e abitazioni,
resi mediante beni pubblici, risorse di proprietà degli stati o di altri enti
pubblici e impiegati a beneficio di tutti, attuando quindi una redistribuzione
delle risorse.
Gli squilibri determinati dall’economia capitalista sono stati al centro
della dottrina sociale della Chiesa cattolica, fin dal suo primo documento,
l’encilice Le novità - Rerum novarum,
diffusa nel 1891 dal papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°:
«Motivo dell'enciclica: la
questione operaia
1. L'ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato
ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall'ordine politico passare
nell'ordine simile dell'economia sociale. E difatti i portentosi progressi
delle arti e i nuovi metodi dell'industria; le mutate relazioni tra padroni ed
operai; l'essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la
povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici
più vivo, e l'unione tra loro più intima; questo insieme di cose, con
l'aggiunta dei peggiorati costumi, hanno fatto scoppiare il conflitto. Il quale
è di tale e tanta gravità che tiene sospesi gli animi in trepida aspettazione e
affatica l'ingegno dei dotti, i congressi dei sapienti, le assemblee popolari,
le deliberazioni dei legislatori, i consigli dei principi, tanto che oggi non
vi è questione che maggiormente interessi il mondo. Pertanto, venerabili
fratelli, ciò che altre volte facemmo a bene della Chiesa e a comune salvezza
con le nostre lettere encicliche sui Poteri pubblici, la Libertà umana, la
Costituzione cristiana degli Stati, ed altri simili argomenti che ci parvero
opportuni ad abbattere errori funesti, la medesima cosa crediamo di dover fare
adesso per gli stessi motivi sulla questione operaia. Trattammo già questa
materia, come ce ne venne l'occasione più di una volta: ma la coscienza
dell'apostolico nostro ministero ci muove a trattarla ora, di proposito e in
pieno, al fine di mettere in rilievo i principi con cui, secondo giustizia ed
equità, si deve risolvere la questione. Questione difficile e pericolosa.
Difficile, perché ardua cosa è segnare i precisi confini nelle relazioni tra
proprietari e proletari, tra capitale e lavoro. Pericolosa perché uomini
turbolenti ed astuti, si sforzano ovunque di falsare i giudizi e volgere la
questione stessa a perturbamento dei popoli.
2. Comunque sia, è chiaro, ed in ciò si accordano tutti,
come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni
provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere
condizioni, indegne dell'uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le
corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo
stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito
cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in
balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il
male un'usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa.,
continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si
aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un
piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine dei
proletari un gioco poco meno che servile.
[…]
I fortunati del secolo sono dunque avvertiti che le ricchezze non
li liberano dal dolore e che esse per la felicità avvenire, non che giovare,
nuocciono (leggi Mat 19,23-24); che i ricchi debbono tremare, pensando alle
minacce straordinariamente severe di Gesù Cristo (leggi Luc 6,24-25); che
dell'uso dei loro beni avranno un giorno da rendere rigorosissimo conto al Dio
giudice.»
Facendo esperienza della società
del suo tempo la dottrina sociale è però maturata, passando dal considerare il
male che la privazione di risorse fa a coloro che da quelle risorse sono
escluse per azione dell’economia capitalista, fondata sull’accumulazione
privata, alla realizzazione della felicità sociale non solo dividendo con più
giustizia quei beni, ma condividendoli in società come beni comuni nello
spirito di ciò che in religione è definito agàpe
e che consiste appunto nella
condivisione da amici.
*************************
- 12 -
The
realization of social happiness is not only dividing goods with more justice,
but sharing them in society as common goods
Human beings, such as
natural organisms, have a great possibility of suffering, limited only by
death, but a limited capacity for happiness, understood as a mixture of
well-being and personal satisfaction. As long as you live you can suffer a lot,
either alone or in the company of others, but happiness can not be achieved on
your own, requires sharing. When you learn it you get closer to wisdom, other
minds are foolish. Happiness is a common good, that is to say, a resource of
life which, to be as we want it to be, must be shared. Because we gather in
miglialia of people to attend a show, for example at a concert of popular music
or a sports competition between two tens of people, that we could see more
comfortably on television. A very ancient show like the theater required and
requires to be together in a certain place, but now it is no longer
indispensable: we continue to attend the theater also because part of the
pleasure it gives is to watch the show together with others. We buy a new
object and immediately show it to others. If it's a vehicle, we invite others
to get on it. This sharing is part of the pleasure that the new purchase gives.
The right of private property, individual or of
a certain particular collectivity, conist not only in being able to use a
resource of life for one's own benefit, but also to exclude others from this
use. In some cases the resource is built just for one person and its usefulness
is limited to the use that that person makes of it. It is the case, for
example, of a box of a drug, prescribed to a patient. The use of that drug can
heal and therefore increases the well-being of the patient, but can not bring
him happiness. A dinner with friends can instead achieve that purpose,
regardless of what there is to eat and drink.
The collective activity of private enterprise, carried
out in the exclusive interest of those who control and make parts of what is
derived from it, allows in a capitalist system, such as those that are now
widespread in almost all the economies of the world , and also in the states
that follow socialist policies, allows large accumulations of wealth. This is
because those who make the parts of what is obtained from successful companies
tend to reserve the greater part to themselves. The only limits are the
economic success of that enterprise and the greed of others who control it. On
the other hand, the parts that go to all the others that collaborate in the
company are carefully measured according to the usefulness of their work in the
production process and the value that the market gives, in which there are many
others who are looking for work for to obtain what to live. Left without
corrections, the mechanism of the capitalist economy produces large
concentrations of wealth among so many other people who obtain much less and do
not derive in proportion to the economic success of the enterprise. It is
precisely this that has been produced in Western capitalist economies since the
late 1980s, when states began to reduce the corrections to capitalist
accumulation processes, which included the imposition of taxes and services to
the masses, for example in matters of health, transport and housing, rendered
through public goods, resources owned by the states or other public bodies and
used for the benefit of all, thus implementing a redistribution of resources.
The imbalances determined by the
capitalist economy have been at the center of the social doctrine of the
Catholic Church, since its first document, the Encyclical The Novelties - Rerum
Novarum, released in 1891 by Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °:
Rights and
Duties of Capital and Labor
That the spirit ofrevolutionary change, which has long been
disturbing the nations of the world,should have passed beyond the sphere of
politics and made its influence felt inthe cognate sphere of practical
economics is not surprising. The elements of theconflict now raging are
unmistakable, in the vast expansion of industrialpursuits and the marvellous
discoveries of science; in the changed relationsbetween masters and workmen; in
the enormous fortunes of some few individuals,and the utter poverty of the
masses; the increased self reliance and closermutual combination of the working
classes; as also, finally, in the prevailingmoral degeneracy. Themomentous
gravity of the state of things now obtaining fills every mind withpainful
apprehension; wise men are discussing it; practical men are proposingschemes;
popular meetings, legislatures, and rulers of nations are all busiedwith it -
actually there is no question which has taken deeper hold on thepublic mind.
2. Therefore, venerable brethren, as on former occasions
when it seemed opportune to refute false teaching, We have addressed you in the
interests of the Church and of the common weal, and have issued letters bearing
on political power, human liberty, the Christian constitution of the State, and
like matters, so have We thought it expedient now to speak on the condition of
the working classes. It is a subject on which We have already touched more than
once, incidentally. But in the present letter, the responsibility of the
apostolic office urges Us to treat the question of set purpose and in detail,
in order that no misapprehension may exist as to the principles which truth and
justice dictate for its settlement. The discussion is not easy, nor is it void
of danger. It is no easy matter to define the relative rights and mutual duties
of the rich and of the poor, of capital and of labor. And the danger lies in
this, that crafty agitators are intent on making use of these differences of
opinion to pervert men's judgments and to stir up the people to revolt.
3. In any case we clearly see, and on this there is general
agreement, that some opportune remedy must be found quickly for the misery and
wretchedness pressing so unjustly on the majority of the working class: for the
ancient workingmen's guilds were abolished in the last century, and no other
protective organization took their place. Public institutions and the laws set
aside the ancient religion. Hence, by degrees it has come to pass that
working men have been surrendered, isolated and helpless, to the
hardheartedness of employers and the greed of unchecked competition. The
mischief has been increased by rapacious usury, which, although more than once
condemned by the Church, is nevertheless, under a different guise, but with
like injustice, still practiced by covetous and grasping men. To this must be
added that the hiring of labor and the conduct of trade are concentrated in the
hands of comparatively few; so that a small number of very rich men have been
able to lay upon the teeming masses of the laboring poor a yoke little better
than that of slavery itself.
[…]
22. Therefore, those whom fortune favors are warned that riches do not
bring freedom from sorrow and are of no avail for eternal happiness, but rather
are obstacles; that the rich should tremble at the threatenings of Jesus Christ
- threatenings so unwonted in the mouth of our Lord - and that a most
strict account must be given to the Supreme Judge for all we possess.»
Experiencing the
society of his time, however, the social doctrine has matured, passing from
considering the evil that the deprivation of resources makes to those who are
excluded from those resources by the action of the capitalist economy, based on
private accumulation, the realization of happiness. not only by dividing those
goods with more justice, but by sharing them in society as common goods in the
spirit of what in religion is called agàpe and which consists precisely in
sharing as friends.
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L’enciclica Laudato si’ - Praise
be to you,
diffusa nel 2015 sotto l’autorità del papa Jorge Mario Bergoglio - Francesco è
il documento più avanzato della dottrina sociale cattolica
L’enciclica Laudato si’ - Praise be to you, diffusa nel 2015 sotto l’autorità del papa
Jorge Mario Bergoglio - Francesco è il documento più avanzato della dottrina
sociale cattolica e ne rappresenta una metamorfosi molto significativa,
costruita culturalmente sulla base dell’esperienza e dei contributi di molte
scienze particolari, sia della natura che della società. Come ha chiarito il
Papa, è un lavoro collettivo, in cui è sicuramente evidente il suo pensiero, ma
anche quello di molti altri, compreso quello espresso da varie assemblee di
vescovi nel mondo.
La novità più importante è di presentare il
problema dell’organizzazione sociale come una questione di sistema cruciale per la sopravvivenza del genere
umano. Propone quindi una ecologia integrale, non intesa solo come disciplina
scientifica, ma come orientamento politico:
«137. Dal momento che tutto è
intimamente relazionato e che gli attuali problemi richiedono uno sguardo che
tenga conto di tutti gli aspetti della crisi mondiale, propongo di soffermarci
adesso a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale,
che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali.
138. L’ecologia studia le
relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui si sviluppano. Essa
esige anche di fermarsi a pensare e a discutere sulle condizioni di vita e di
sopravvivenza di una società, con l’onestà di mettere in dubbio modelli di
sviluppo, produzione e consumo. Non è superfluo insistere ulteriormente sul
fatto che tutto è connesso. Il tempo e lo spazio non sono tra loro
indipendenti, e neppure gli atomi o le particelle subatomiche si possono
considerare separatamente. Come i diversi componenti del pianeta – fisici,
chimici e biologici – sono relazionati tra loro, così anche le specie viventi
formano una rete che non finiamo mai di riconoscere e comprendere. Buona parte
della nostra informazione genetica è condivisa con molti esseri viventi. Per
tale ragione, le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma
d’ignoranza se fanno resistenza ad integrarsi in una visione più ampia della
realtà.
139. Quando parliamo di
“ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra
la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la
natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra
vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le
ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del
funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei
suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più
possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte
del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le
interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono
due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e
complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un
approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli
esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.»
In questa
prospettiva, non si tratta più solo di obbedire ad un imperativo etico che
obbliga a far partecipare tutti gli esseri umani ad un minimo di quel benessere che la tecnologia e l’economia
contemporanee possono consentire di raggiungere, in modo che nessuno sia
privato dei beni fondamentali per la sopravvivenza, ma di costruire un modello
di sviluppo che consenta uno sviluppo equilibrato della società, sia sotto il
profilo dello sfruttamento delle risorse naturali che sotto quelli della
ripartizione del lavoro collettivo che si fa nell’attività economica e
dell'organizzazione della vita sociale,
in modo che ogni persona, come in una famiglia, accresca il proprio
benessere non solo secondo ciò che possiede ma anche e soprattutto nella
qualità delle relazioni sociali in cui è immerso, obiettivo che richiede di
attenuare le diseguaglianze sociali.
Certamente il punto
di partenza è correggere le cause sociali della povertà e dell’esclusione:
156. L’ecologia integrale è
inseparabile dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo
centrale e unificante nell’etica sociale. E’ «l’insieme di quelle condizioni
della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di
raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente».
157. Il bene comune
presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti
fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Esige anche i
dispositivi di benessere e sicurezza sociale e lo sviluppo dei diversi gruppi
intermedi, applicando il principio di sussidiarietà. Tra questi risalta
specialmente la famiglia, come cellula primaria della società. Infine, il bene
comune richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un
determinato ordine, che non si realizza senza un’attenzione particolare alla
giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza. Tutta la
società – e in essa specialmente lo Stato – ha l’obbligo di difendere e
promuovere il bene comune.
158. Nelle condizioni
attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono
sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani
fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come
logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una
opzione preferenziale per i più poveri. Questa opzione richiede di trarre le
conseguenze della destinazione comune dei beni della terra, ma, come ho cercato
di mostrare nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium esige di contemplare
prima di tutto l’immensa dignità del povero alla luce delle più profonde
convinzioni di fede. Basta osservare la realtà per comprendere che oggi questa
opzione è un’esigenza etica fondamentale per l’effettiva realizzazione del bene
comune.»
Al centro della proposta di quel nuovo modello di sviluppo
vi è la nozione di escosistema applicata anche alle società umane. L’ecosistema è definito nell’enciclopedia
Treccani online come l’insieme degli organismi viventi e delle sostanze
non viventi con le quali i primi stabiliscono uno scambio di materiali e di
energia, in un’area delimitata, per es. un lago, un prato, un bosco. Abbiamo
difficoltà, come umani a concepirci come parti di un ecosistema dal
funzionamento del quale dipende la nostra sopravvienza comune, il principale
bene comune. Quindi poi le politiche di governo che definiscono che cosa sia il
bene pubblico, il complesso di obiettivi
che una collettività si propone di raggiungere, sono carenti.
176. Non solo ci sono vincitori e vinti tra i
Paesi, ma anche all’interno dei Paesi poveri, in cui si devono identificare
diverse responsabilità. Perciò, le questioni relative all’ambiente e allo
sviluppo economico non si possono più impostare solo a partire dalle differenze
tra i Paesi, ma chiedono di porre attenzione alle politiche nazionali e locali.
177. Dinanzi alla possibilità di un utilizzo
irresponsabile delle capacità umane, sono funzioni improrogabili di ogni Stato
quelle di pianificare, coordinare, vigilare e sanzionare all’interno del
proprio territorio. La società, in che modo ordina e custodisce il proprio
divenire in un contesto di costanti innovazioni tecnologiche? Un fattore che
agisce come moderatore effettivo è il diritto, che stabilisce le regole per le
condotte consentite alla luce del bene comune. I limiti che deve imporre una
società sana, matura e sovrana sono attinenti a previsione e precauzione,
regolamenti adeguati, vigilanza sull’applicazione delle norme, contrasto della
corruzione, azioni di controllo operativo sull’emergere di effetti non
desiderati dei processi produttivi, e intervento opportuno di fronte a rischi
indeterminati o potenziali. Esiste una crescente giurisprudenza orientata a
ridurre gli effetti inquinanti delle attività imprenditoriali. Ma la struttura
politica e istituzionale non esiste solo per evitare le cattive pratiche, bensì
per incoraggiare le buone pratiche, per stimolare la creatività che cerca nuove
strade, per facilitare iniziative personali e collettive.
178. Il dramma di una politica focalizzata sui
risultati immediati, sostenuta anche da popolazioni consumiste, rende
necessario produrre crescita a breve termine. Rispondendo a interessi
elettorali, i governi non si azzardano facilmente a irritare la popolazione con
misure che possano intaccare il livello di consumo o mettere a rischio
investimenti esteri. La miope costruzione del potere frena l’inserimento
dell’agenda ambientale lungimirante all’interno dell’agenda pubblica dei
governi. Si dimentica così che «il tempo è superiore allo spazio», che siamo
sempre più fecondi quando ci preoccupiamo di generare processi, piuttosto che
di dominare spazi di potere. La grandezza politica si mostra quando, in momenti
difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a
lungo termine. Il potere politico fa molta fatica ad accogliere questo dovere
in un progetto di Nazione.»
La vita umana è breve e così, in genere,
l’orizzonte della politica. Si mira ai risultati immediati in un certo contesto
politico, ad esempio in una nazione o in un continente. Ma la sopravvivenza
dell’umanità richiede altro.
«36. La cura degli ecosistemi richiede uno sguardo
che vada aldilà dell’immediato, perché quando si cerca solo un profitto
economico rapido e facile, a nessuno interessa veramente la loro preservazione.
Ma il costo dei danni provocati dall’incuria egoistica è di gran lunga più
elevato del beneficio economico che si può ottenere. Nel caso della perdita o
del serio danneggiamento di alcune specie, stiamo parlando di valori che
eccedono qualunque calcolo. Per questo, possiamo essere testimoni muti di
gravissime inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo
pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado
ambientale.
Si
tratta di un lavoro che va fatto anche a livello globale, perché i problemi
hanno quella dimensione.
51. L’inequità non colpisce solo gli individui, ma
Paesi interi, e obbliga a pensare ad un’etica delle relazioni internazionali.
C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud,
connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure
all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni
Paesi. Le esportazioni di alcune materie prime per soddisfare i mercati nel
Nord industrializzato hanno prodotto danni locali, come l’inquinamento da
mercurio nelle miniere d’oro o da diossido di zolfo in quelle di rame. In modo
particolare c’è da calcolare l’uso dello spazio ambientale di tutto il pianeta
per depositare rifiuti gassosi che sono andati accumulandosi durante due secoli
e hanno generato una situazione che ora colpisce tutti i Paesi del mondo. Il
riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni
nei luoghi più poveri della terra, specialmente in Africa, dove l’aumento della
temperatura unito alla siccità ha effetti disastrosi sul rendimento delle
coltivazioni. A questo si uniscono i danni causati dall’esportazione verso i
Paesi in via di sviluppo di rifiuti solidi e liquidi tossici e dall’attività
inquinante di imprese che fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono
fare nei Paesi che apportano loro capitale: «Constatiamo che spesso le imprese
che operano così sono multinazionali, che fanno qui quello che non è loro
permesso nei Paesi sviluppati o del cosiddetto primo mondo. Generalmente,
quando cessano le loro attività e si ritirano, lasciano grandi danni umani e
ambientali, come la disoccupazione, villaggi senza vita, esaurimento di alcune
riserve naturali, deforestazione, impoverimento dell’agricoltura e
dell’allevamento locale, crateri, colline devastate, fiumi inquinati e qualche
opera sociale che non si può più sostenere».»
E’ necessario
sviluppare in tutti, non solo in chi ha responsabilità di governo, una nuova
cultura del bene comune, molto più ampia che nel passato, in modo da creare il
consenso di massa che sorregga un progetto comune di un nuovo modello di
sviluppo. Questo dovrebbe essere uno dei principali obiettivi formativi, fin
dalle scuole per i più giovani e, in particolare, nella formazione religiosa,
quanto a quest’ultima perché è materia
insegnata dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica.
«64. Dalla metà del
secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a
concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa
comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che le
conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono
tutti, bensì, principalmente, fare in modo che le soluzioni siano proposte a
partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di
alcuni Paesi. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo,
ad un progetto comune. Ma lo stesso ingegno utilizzato per un
enorme sviluppo tecnologico, non riesce a trovare forme efficaci di gestione
internazionale in ordine a risolvere le gravi difficoltà ambientali e sociali.
Per affrontare i problemi di fondo, che non possono essere risolti da azioni di
singoli Paesi, si rende indispensabile un consenso mondiale che porti, ad
esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare
forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a incentivare una maggiore
efficienza energetica, a promuovere una gestione più adeguata delle risorse
forestali e marine, ad assicurare a tutti l’accesso all’acqua potabile.»
Innanzi tutto occorre prendere coscienza di
una verità insegnata dalla saggezza, vale a dire che la nessuna felicità è tale,
autentica, se è basata sull’esclusione e
la sofferenza altrui.
«112. E’ possibile, tuttavia, allargare nuovamente lo
sguardo, e la libertà umana è capace di limitare la tecnica, di orientarla, e
di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più
sociale e più integrale. La liberazione dal paradigma tecnocratico imperante
avviene di fatto in alcune occasioni. Per esempio, quando comunità di piccoli
produttori optano per sistemi di produzione meno inquinanti, sostenendo un modello
di vita, di felicità e di convivialità non consumistico. O quando la tecnica si
orienta prioritariamente a risolvere i problemi concreti degli altri, con
l’impegno di aiutarli a vivere con più dignità e meno sofferenze. E ancora
quando la ricerca creatrice del bello e la sua contemplazione riescono a
superare il potere oggettivante in una sorta di salvezza che si realizza nel
bello e nella persona che lo contempla. L’autentica umanità, che invita a una
nuova sintesi, sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica, quasi
impercettibilmente, come la nebbia che filtra sotto una porta chiusa. Sarà una
promessa permanente, nonostante tutto, che sboccia come un’ostinata resistenza
di ciò che è autentico?»
La felicità, alla quale ogni essere umano
tende, è un bene comune, che richiede condivisione per essere realizzato, o non
è felicità. La ricerca della felicità, quindi, non può avere successo se
avviene con motivazioni egoistiche, come sanno bene anche i grandi ricchi i
quali, raggiunta una soglia di ricchezza, cercano di sviluppare relazioni
sociali che diano senso alla loro vita. Ma spesso il peso di ciò che hanno
fatto per conquistare quel livello di ricchezza li ostacola e, allora, sono
ricchi e infelici. Questa esperienza è diventata molto comune in Occidente.
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The
encyclical Laudato si '- Praise be to you, released in 2015 under the authority
of Pope Jorge Mario Bergoglio - Francis is the most advanced document of
Catholic social doctrine
The encyclical Laudato si '- Praise be to you, released in
2015 under the authority of Pope Jorge Mario Bergoglio - Francis is the most
advanced document of Catholic social doctrine and represents a very significant
metamorphosis, culturally built on the basis of experience and the
contributions of many particular sciences, both of nature and of society. As
the Pope has made clear, it is a collective work, in which his thought is
certainly evident, but also that of many others, including that expressed by
various assemblies of bishops in the world.
The most important novelty is to present the problem
of social organization as a matter of a crucial system for the survival of
mankind. It therefore proposes an integral ecology, not only intended as a
scientific discipline, but as a political orientation:
«137. Since everything is closely interrelated, and today’s problems
call for a vision capable of taking into account every aspect of the global
crisis, I suggest that we now consider some elements of an integral
ecology, one which clearly respects its human and social dimensions.
I. ENVIRONMENTAL, ECONOMIC
AND SOCIAL ECOLOGY
138. Ecology studies the relationship between living
organisms and the environment in which they develop. This necessarily entails
reflection and debate about the conditions required for the life and survival
of society, and the honesty needed to question certain models of development,
production and consumption. It cannot be emphasized enough how everything is
interconnected. Time and space are not independent of one another, and not even
atoms or subatomic particles can be considered in isolation. Just as the
different aspects of the planet – physical, chemical and biological – are
interrelated, so too living species are part of a network which we will never
fully explore and understand. A good part of our genetic code is shared by many
living beings. It follows that the fragmentation of knowledge and the isolation
of bits of information can actually become a form of ignorance, unless they are
integrated into a broader vision of reality.
139. When we speak of the “environment”, what we really mean
is a relationship existing between nature and the society which lives in it.
Nature cannot be regarded as something separate from ourselves or as a mere
setting in which we live. We are part of nature, included in it and thus in
constant interaction with it. Recognizing the reasons why a given area is
polluted requires a study of the workings of society, its economy, its
behaviour patterns, and the ways it grasps reality. Given the scale of change,
it is no longer possible to find a specific, discrete answer for each part of
the problem. It is essential to seek comprehensive solutions which consider the
interactions within natural systems themselves and with social systems. We are
faced not with two separate crises, one environmental and the other social, but
rather with one complex crisis which is both social and environmental.
Strategies for a solution demand an integrated approach to combating poverty,
restoring dignity to the excluded, and at the same time protecting nature.»
In this perspective, it is no longer just a matter of
obeying an ethical imperative that obliges all human beings to participate in a
minimum of the well-being that contemporary technology and economics can allow
to reach, so that no one is deprived of fundamental assets for survival, but to
build a model of development that allows a balanced development of society,
both from the point of view of the exploitation of natural resources and those
of the distribution of collective work done in economic activity and the organization
of the social life, so that each person, as in a family, increases his own
well-being not only according to what he possesses but also and above all in
the quality of the social relationships in which he is immersed, an objective
that requires to reduce social inequalities.
Certainly the starting point is to correct the
social causes of poverty and exclusion:
«IV.
THE PRINCIPLE OF THE COMMON GOOD
156.
An integral ecology is inseparable from the notion of the common good, a
central and unifying principle of social ethics. The common good is “the sum of
those conditions of social life which allow social groups and their individual
members relatively thorough and ready access to their own fulfilment”.
157.
Underlying the principle of the common good is respect for the human person as
such, endowed with basic and inalienable rights ordered to his or her integral
development. It has also to do with the overall welfare of society and the
development of a variety of intermediate groups, applying the principle of
subsidiarity. Outstanding among those groups is the family, as the basic cell
of society. Finally, the common good calls for social peace, the stability and
security provided by a certain order which cannot be achieved without
particular concern for distributive justice; whenever this is violated,
violence always ensues. Society as a whole, and the state in particular, are
obliged to defend and promote the common good.
158.
In the present condition of global society, where injustices abound and growing
numbers of people are deprived of basic human rights and considered expendable,
the principle of the common good immediately becomes, logically and inevitably,
a summons to solidarity and a preferential option for the poorest of our
brothers and sisters. This option entails recognizing the implications of the
universal destination of the world’s goods, but, as I mentioned in the
Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, it demands before all
else an appreciation of the immense dignity of the poor in the light of our
deepest convictions as believers. We need only look around us to see that,
today, this option is in fact an ethical imperative essential for effectively
attaining the common good.»
At the center of the
proposal of that new model of development is the notion of an escosystem also
applied to human societies. The ecosystem is defined in the Treccani online
encyclopaedia as the set of living organisms and non-living substances with
which the former establish an exchange of materials and energy, in a delimited
area, for ex. a lake, a meadow, a forest. We have difficulty, as humans, to
conceive of ourselves as parts of an ecosystem whose functioning depends on our
common supersession, the main common good. So then the government policies that
define what is the public good, the set of objectives that a community aims to
achieve, are lacking.
«II. DIALOGUE FOR NEW
NATIONAL AND LOCAL POLICIES
176. There are not just
winners and losers among countries, but within poorer countries themselves.
Hence different responsibilities need to be identified. Questions related to
the environment and economic development can no longer be approached only from
the standpoint of differences between countries; they also call for greater
attention to policies on the national and local levels.
177. Given the real
potential for a misuse of human abilities, individual states can no longer
ignore their responsibility for planning, coordination, oversight and
enforcement within their respective borders. How can a society plan and protect
its future amid constantly developing technological innovations? One
authoritative source of oversight and coordination is the law, which lays down
rules for admissible conduct in the light of the common good. The limits which
a healthy, mature and sovereign society must impose are those related to
foresight and security, regulatory norms, timely enforcement, the elimination
of corruption, effective responses to undesired side-effects of production
processes, and appropriate intervention where potential or uncertain risks are
involved. There is a growing jurisprudence dealing with the reduction of pollution
by business activities. But political and institutional frameworks do not exist
simply to avoid bad practice, but also to promote best practice, to stimulate
creativity in seeking new solutions and to encourage individual or group
initiatives.
178. A politics
concerned with immediate results, supported by consumerist sectors of the
population, is driven to produce short-term growth. In response to electoral
interests, governments are reluctant to upset the public with measures which
could affect the level of consumption or create risks for foreign investment.
The myopia of power politics delays the inclusion of a far-sighted
environmental agenda within the overall agenda of governments. Thus we forget
that “time is greater than space”, that we are always more effective when
we generate processes rather than holding on to positions of power. True
statecraft is manifest when, in difficult times, we uphold high principles and
think of the long-term common good. Political powers do not find it easy to
assume this duty in the work of nation-building.»
Human life is short and thus, in general, the horizon of
politics. We aim for immediate results in a certain political context, for
example in a nation or on a continent. But the survival of humanity requires
more.
«36. Caring for ecosystems
demands far-sightedness, since no one looking for quick and easy profit is
truly interested in their preservation. But the cost of the damage caused by
such selfish lack of concern is much greater than the economic benefits to be
obtained. Where certain species are destroyed or seriously harmed, the values
involved are incalculable. We can be silent witnesses to terrible injustices if
we think that we can obtain significant benefits by making the rest of
humanity, present and future, pay the extremely high costs of environmental
deterioration.»
It is necessary to
develop in everyone, not only those with responsibility for governance, a new
culture of the common good, much wider than in the past, so as to create the
mass consensus that supports a common project of a new model of development.
This should be one of the main formative objectives, since schools for the
youngest and, in particular, in religious formation, as for the latter because
it is a subject taught by the social doctrine of the Catholic Church.
«64. Furthermore, although
this Encyclical welcomes dialogue with everyone so that together we can seek
paths of liberation, I would like from the outset to show how faith convictions
can offer Christians, and some other believers as well, ample motivation to
care for nature and for the most vulnerable of their brothers and sisters. If
the simple fact of being human moves people to care for the environment of
which they are a part, Christians in their turn “realize that their
responsibility within creation, and their duty towards nature and the Creator,
are an essential part of their faith”. It is good for humanity and the
world at large when we believers better recognize the ecological commitments
which stem from our convictions.»
First of all it is necessary to become aware of a truth
taught by wisdom, that is to say that no happiness is such, authentic, if it is
based on the exclusion and suffering of others.
«112. Yet we can once more
broaden our vision. We have the freedom needed to limit and direct technology;
we can put it at the service of another type of progress, one which is
healthier, more human, more social, more integral. Liberation from the dominant
technocratic paradigm does in fact happen sometimes, for example, when
cooperatives of small producers adopt less polluting means of production, and
opt for a non-consumerist model of life, recreation and community. Or when
technology is directed primarily to resolving people’s concrete problems, truly
helping them live with more dignity and less suffering. Or indeed when the
desire to create and contemplate beauty manages to overcome reductionism
through a kind of salvation which occurs in beauty and in those who behold it.
An authentic humanity, calling for a new synthesis, seems to dwell in the midst
of our technological culture, almost unnoticed, like a mist seeping gently
beneath a closed door. Will the promise last, in spite of everything, with all
that is authentic rising up in stubborn resistance?»
Happiness, to which
every human being tends, is a common good, which requires sharing to be
realized, or is not happiness. The pursuit of happiness, therefore, can not be
successful if it happens with selfish motivations, as the great rich know well,
who, having reached a threshold of wealth, try to develop social relationships
that give meaning to their life. But often the weight of what they have done to
conquer that level of wealth hinders them and, therefore, they are rich and
unhappy. This experience has become very common in the West.
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-14
-
Il modello di
azione sociale proposto nella serie televisiva L'Apprendista
- The Apprentice e quello messo in scena nel film Mezzogiorno di fuoco - High Noon
1. Per farsi
un’idea immediata sulla divergenza tra gli orientamenti sociali e politici
insegnati dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica e alcuni di quelli
correnti nei capitalismi occidentali può essere utile guardare sul sito
www.youtube.com il filmato con una delle introduzioni della serie di televisiva
di successo L'Apprendista - The Apprentice che
trovate a questo indirizzo sul WEB:
https://www.youtube.com/watch?v=sODZ3Jb14Jk
E’ significativo perché la voce che commenta
le immagini è di Donald Trump, che poi è stato eletto Presidente degli Stati
Uniti d’America, uno dei maggiori stati del mondo e quello che fino a qualche
anno fa ha guidato le politiche degli Occidentali e che tuttora costituisce uno
dei più importanti modelli di organizzazione politica del mondo, insieme a
quelli europeo, russo e cinese.
Nel filmato si vedono immagini di
New York e Trump dice che quella è la sua città, dove girano le ruote dei
meccanismi dell’economia mondiale. Per un europeo quelle immagini ritraggono
però uno degli inferni urbani del mondo, nel quale è assente la belllezza. Per gli
statunitensi però evidentemente non è così. Dopo immagini di una sala borsa
cittadina con gente indaffarate nelle contrattazioni, si vede un senza tetto
dormire su una panchina. Dunque, in mezzo a tanta apparente ricchezza, c’è
anche la povertà; tuttavia questo non viene presentato come un lato negativo
del sistema, ma come un incentivo per impegnarsi, per lavorare duro. La
spiegazione della povertà che viene suggerita è quindi che le persone diventano
povere perché non si impegnano abbastanza. Infine viene presentato un castello,
come esempio di residenza che chi si impegna può conquistare. Al confronto con
alcune splendide dimore dei ricchi europei, ad esempio con alcuni palazzi
gentilizi romani o con le ville progettate dall’architetto Andrea Palladio in
Veneto, appare però poca cosa e, soprattutto, dozzinale, un po’ come i palazzi
di Zio Paperone - Scrooge Mc Duck nei fumetti diTopolino
- Mickey Mouse. In genere un europeo non sogna, da ricco, di vivere in
una città come New York, ma di andarci per diventare ricco e poi di vivere
altrove, in un posto più bello. In tutto il mondo negli ultimi trent’anni sono
molto aumentati i centri urbani progettati sul modello di New York. In questo
modo gli stati cercano di dare un’immagine di sé stessi come di posti ricchi. E
tuttavia essi in genere non sono per ricchi, perché
quando si diventa ricchi si cerca di vivere, meglio, altrove. Allora ci si fa
costruire un ambiente migliore, dove però, a parte i propri familiari, vivono e
lavorano solo servitori: gli altri sono esclusi. Questo non soddisfa l’animo.
Si comincia a girare il mondo per trovare qualcos’altro e può accadere di
trovarlo in certi posti in Europa, in città molto più piccole, con tanta
bellezza intorno e società ancora solidali, dove quando esci da casa tua e giri
per le strade pubbliche è come se stessi sempre a casa tua, senza necessità di
proteggerti con mura e guardie private, come accade in alcuni quartieri
residenziali per ricchi immersi in ambienti sociali in cui c’è molta povertà.
In quel programma televisivo
statunitense chi perde nel fare affari è licenziato “Fired!”, quindi
scartato. Nei giochi televisivi accade spesso. Ma quel programma dichiara di
simulare la vita reale, nella quale appunto ci sono i licenziati. Alcuni stati
hanno politiche per soccorrere chi è licenziato e aiutarlo a
inserirsi nuovamente nel mondo del lavoro. In alcuni di questi stati c’è chi
pensa che siano soldi sprecati, perché chi è licenziato può, e deve, riuscire a
trovare un nuovo lavoro impegnandosi più duramente. In altri stati quelle
politiche mancano del tutto, in genere perché non ci sono risorse sufficienti.
La dottrina sociale, riferendosi alla vita reale non a quella messa in scena
nei programmi televisivi, obbliga tutti, non solo chi governa o chi comunque ha
potere di decidere in altri ruoli, come i parlamentari, ad attuare politiche
attive che limitino gli scarti umani del processo economico e
aiutino chi perde il lavoro a trovarne un altro. Una prospettiva
radicamente diversa.
C’è un bel film statunitense del
1941, diretto e interpretato da Orson Wells, Quarto Potere -
Citizen Kane, che descrive la fine solitaria e disperata di un grande ricco
nella sua immensa dimora, dove ha affastellato disordinatamente opere d’arte
acquistate in tutto il mondo che ha percorso alla ricerca di ciò che il regista
italiano Paolo Sorrentino ha definito la Grande Bellezza.
Muore triste e solo, sognando lo slittino che da ragazzo gli aveva dato tanta
gioia e che era andato perso, quando, a quell’età, era stato costretto
a lasciare la famiglia in cui era cresciuto per entrare nel gran mondo, nel
mondo dei ricchi, dopo aver ottenuto una grande eredità. E’ stato scritto che
il regista non lavorò solo di fantasia, ma prese spunto da figure reali di
ricchi statunitensi del suo tempo. Nel film, il progonista, Charles Foster
Kane, si candida alle elezioni presidenziali statunitensi, ma perde per uno
scandalo per una sua relazione extraconiugale. Può essere interessante
immaginare come il regista avrebbe svolto la storia del film ipotizzando
che Kane fosse stato eletto. In un certo senso ai tempi nostri stiamo vivendo
quel film alternativo.
Nella competizione economica
all’interno di uno stato, l’avidità aggressiva che provoca l’esclusione di
altre persone viene limitata dalle norme giuridiche e dall’attività delle forze
di polizia. Nel contesto internazionale è diverso. Se non si creano e si
mantengono efficaci accordi che la limitino, ogni stato deve difendersi da sé,
sia quelli che aggrediscono sia quelli che sono aggrediti. Attuare politiche
aggressive che mirano a far grande di nuovo il proprio
stato ritirandosi da queli accordi internazionali comporta quindi il riarmo. Ai
tempi nostri, in cui quelle politiche hanno di nuovo un certo consenso, si
assiste effettivamente a un riarmo da parte degli stati più potenti della
Terra, ma anche di altri. L’altro giorno, ad esempio, un ministro britannico ha
dichiarato che, dopo che la Gran Bretagna sarà uscita dall’Unione Europea,
della quale faceva parte dal 1973, il Regno Unito dovrà programmare un
imponente riarmo.
Politiche aggressive di quel tipo non
sono una novità nella storia del mondo, tutt’altro: si può dire che si è sempre
fatto così fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945. Con
l’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, appunto nel
1945, si volle cambiare profondamente il metodo seguito per le relazioni
internazionali, creando un sistema esteso a tutto il mondo per prevenire la
guerra. Non sempre questo obiettivo fu realizzato. Conflitti continuarono a
scoppiare, ma nessuno ebbe mai le caratteristiche di una distruttiva guerra
mondiale. Si acquisì consapevolezza, inoltre, che l’impiego delle armi
nucleari, per la massima parte costruite e detenuto dagli Stati Uniti d’America
e dall’Unione Sovietica, la quale nel 1991 si trasformò nella Federazione
Russa, la distruzione sarebbe stata globale, annientando anche coloro che
avessero utilizzato quelle armi. Ai tempi nostri questo timore appare meno
diffuso, in particolare tra le popolazioni occidentali che vivono in regimi
democratici che possono essere influenzati dall’opinione pubblica. La
consapevolezza del rischio è invece ancora molto viva nella dottrina sociale,
che considera il riarmo al fine di fare di nuovo grande uno
stato in danno degli altri come una struttura sociale di peccato.
L’attuale presidente statunitense Donald
Trump ha scritto vari libri esponendo la sua concezione di vita, ad
esempio How to get rich - Come diventare ricco, Think like a champion -
Pensare come un campione, Think like a billionaire - Pensare come un
miliardario. Si tratta di un vero e proprio magistero, un
complesso di insegnamenti di vita. Esso appare come l’antitesi della dottrina
sociale ed ha molto successo nel mondo. E’ possibile che, al termine del suo
mandato, che negli Stati Uniti d’America, dal 1951, non può andare oltre gli
otto anni dalla prima elezione, Trump scriva un altro libro insegnando come si
governa uno degli stati più ricchi e potenti del mondo. Speriamo che in quel
testo non debba raccontare anche di come vinse la Terza guerra mondiale.
2. Ho scritto di politica internazionale, ma non
bisogna pensare che la dottrina sociale riguardi solo quel livello di impegno,
o solo quello del governo delle grandi entità pubbliche, come gli stati, le
regioni, i comuni. In realtà riguarda uno stile di vita che va praticato in
ogni comunità, a partire dalla famiglia. Ho scritto “praticato” perché non
basta impararne i principi, ma occorre farne tirocinio, attuandolo nelle
diverse collettività a cui si partecipa, per trasformarle da semplici aggregati
di persone in “comunità”. Questo accade anche quando si tiene conto del bene
degli altri, oltre che del proprio. Non significa solo ripartire “equamente” o
disciplinare equamente l’uso di risorse di proprietà comune, come accade
riguardo all’amministrazione degli edifici condominiali. Si tratta innanzi
tutto di condividere le risorse di proprietà pubblica e di proprietà privata in
modo che tutti ne beneficino, innanzi tutto creando un ambiente favorevole a
relazioni da amici, e addirittura fraterne. E’ questo, infatti, che dà senso
alla vita. Ciascuno può fare esperienza, fin da piccolo, di questa verità,
della quale tendiamo a scordarci quando siamo immersi nel flusso delle attività
quotidiane dalle quali ricaviamo di che vivere. Quello che è vero per gli
individui è vero anche per le collettività e anche per gli stati e le relazioni
tra gli stati. In un mondo in cui molti soffronto e solo alcuni stati sono
“grandi” di vive male. Ma c’è di più: in un mondo divenuto molto
interdipendente come il nostro, questo squilibrio tende a ritorcersi contro
quello che sono divenuti o rimasti “grandi”.
Lo stiamo constatando di questi
tempi nel mondo. Le politiche economiche aggressive statunitensi volte a “far
grandi di nuovo” gli Stati Uniti d’America stanno provocando dinamiche
recessive in Europa e in Cina: esse però fatalmente, in un’economia ormai
globalizzata e interdipendente, non tarderanno a coinvolgere gli stessi Stati
Uniti d’America che le hanno attuate. Infatti fasi recessive in Europa e Cina
priveranno i produttori statunitensi di importanti mercati in quei continenti,
con, rispettivamente, mezzo miliardo e oltre un miliardo di
persone. Ne erano ben consapevoli gli Stati Uniti d’America al
termine della Seconda Guerra Mondiale, quando decisero di risollevare le
economie delle potenze vinte, la Germania e l’Italia, con un imponente
programma di aiuti economici e limitando anche gli obblighi di risarcire i
danni di guerra che di solito gravano sui vinti a beneficio dei vincitori, e
quindi evitando quell’estrema umiliazione dei vinti che, nel primo dopoguerra,
vent’anni prima, aveva aperto la via al nazismo tedesco. Gli Stati Uniti
d’America, a differenza ad esempio dell’Impero Britannico, sono divenuti “grandi” grazie
ad un’estesa rete di alleanze, basata non solo sulla convenienza o sulla
sottomissione forzata, o su entrambe, ma anche su una grande simpatia.
Quest’ultima sta progressivamente venendo meno, ad esempio tra gli europei che
sono stati recentemente e disinvoltamente dichiarati
addirittura nemici.
Per me, europeo nato nei passati anni
Cinquanta, il modello diamericano di riferimento non è
il tycoon spietato ed egoista della finanza globale ma
il personaggio impersonato da Gary Cooper nel filmMezzogiorno di fuoco -
High Noon, lo sceriffo che, potendo legittimamente sottrarsi al suo dovere
morale e andarsene al sicuro con la moglie avendo cessato il suo servizio,
rimane a fronteggiare i malvagi che arrivano da lontano, anche a costo di farlo
da solo perché la comunità lo abbandona, con il solo aiuto, alla fine, della
giovane sposa e di un ragazzo. La ragazza era impersonata da Grace Kelly, che
poi divenne una principessa europea.
https://www.youtube.com/watch?v=qZil728hUy0
E’, ancora, il nemico che, vittorioso,
non infierisce, ma soccorre i vinti e i sofferenti e sa riconoscere, in mezzo
ai suoi nemici, coloro che come lui combattono per una società più giusta,
contro i despoti della terra.
Non va sottovalutato il ruolo del
cinema nel creare quel clima di simpatia che ha sempre circondato gli americani in
gran parte del mondo, e in particolare in Europa, e che ha resistito, finora, a
molte dure disillusioni. Spesso preferiamo credere che gli altri siano
all’altezza degli ideali proclamati e dei nostri sogni. Talvolta i
più grandi attori cinematografici e registi statunitensi, come Orson Wells il
quale parlava un ottimo italiano, hanno conosciuto l’Europa molto meglio dei
più importanti politici del loro stato e sono stati i migliori suoi ambasciatori.
Un diverso stile di vita
quale quello insegnato dalla dottrina sociale cattolica non solo è giusto dal
punto di vista religioso, ma anche conveniente, perché consente una migliore
sopravvivenza, innanzi tutto semplicemente la sopravvivenza, e il
raggiungimento di quella felicità che è impossibile ottenere isolandosi,
aggredendo ed escludendo.
Leggiamo nell’enciclica Laudato
si’ - Praise be to you, diffusa nel 2015 sotto l’autorità di papa
Francesco:
«I. PUNTARE SU UN ALTRO STILE DI VITA
203. Dal momento che il mercato tende a
creare un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti, le
persone finiscono con l’essere travolte dal vortice degli acquisti e delle
spese superflue. Il consumismo ossessivo è il riflesso soggettivo del paradigma
tecno-economico. Accade ciò che già segnalava Romano Guardini: l’essere umano
«accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono
imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo
fa con l’impressione che tutto questo sia ragionevole e giusto». Tale
paradigma fa credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa
libertà di consumare, quando in realtà coloro che possiedono la libertà sono
quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e
finanziario. In questa confusione, l’umanità postmoderna non ha trovato una
nuova comprensione di sé stessa che possa orientarla, e questa mancanza di
identità si vive con angoscia. Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici
fini.
204. La situazione attuale del mondo
«provoca un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce
forme di egoismo collettivo». Quando le persone diventano autoreferenziali
e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità. Più il cuore
della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e
consumare. In tale contesto non sembra possibile che qualcuno accetti che la
realtà gli ponga un limite. In questo orizzonte non esiste nemmeno un vero bene
comune. Se tale è il tipo di soggetto che tende a predominare in una società,
le norme saranno rispettate solo nella misura in cui non contraddicano le
proprie necessità. Perciò non pensiamo solo alla possibilità di terribili
fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma anche a catastrofi derivate
da crisi sociali, perché l’ossessione per uno stile di vita consumistico,
soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto
violenza e distruzione reciproca.
205. Eppure, non tutto è perduto, perché
gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche
superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi
condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di
guardare a sé stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto e di
intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Non esistono sistemi che
annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la
capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri
cuori. Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua
dignità che nessuno ha diritto di toglierle.»
Si tratta di educarci e di educare a
quel nuovo stile di vita, innanzi tutto cominciando a metterlo in pratica nella
realtà di prossimità, come la famiglia e la parrocchia, ma anche la scuola:
«209. La coscienza della
gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini.
Molti sanno che il progresso attuale e il semplice accumulo di oggetti o piaceri
non bastano per dare senso e gioia al cuore umano, ma non si sentono capaci di
rinunciare a quanto il mercato offre loro. Nei Paesi che dovrebbero produrre i
maggiori cambiamenti di abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova
sensibilità ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo
ammirevole per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di
altissimo consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre
abitudini. Per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa.
[…]
212. Non bisogna pensare
che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene
nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare,
perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi,
a volte invisibilmente. Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci
restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce ad una maggiore
profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare
per questo mondo.»
E’ necessario che
tutta la società si senta impegnata non solo nel lavoro educativo, ma anche nel
controllo democratico. Quella di cui abbiamo bisogno non è
infatti una cultura che funziona se scende semplicemente dall’alto,
ma deve sorgere, vivere, irrobustirsi nella base sociale, in modo che tutta la
società sia capace di influire sull’orientamento generale. Accade che invece la
politica di governo cerchi di semplicemente controllare il consenso della gente
con le stesse tecnologie di persuasione di massa che vengono utilizzate nella
pubblicità commerciale e in questo quadro suscitare una paura basata
sull’ignoranza irrazionale ed emotiva funziona meglio del paziente lavoro di
formazione delle coscienze. L’Organizzazone della Nazioni Unite degli stati non
funziona se non si crea un’Organizzazione delle Coscienze Unite a livello
mondiale.
«214. Alla politica e
alle varie associazioni compete uno sforzo di formazione delle coscienze.
Compete anche alla Chiesa. Tutte le comunità cristiane hanno un ruolo
importante da compiere in questa educazione. Spero altresì che nei nostri
seminari e nelle case religiose di formazione si educhi ad una austerità
responsabile, alla contemplazione riconoscente del mondo, alla cura per la
fragilità dei poveri e dell’ambiente. Poiché grande è la posta in gioco, così
come occorrono istituzioni dotate di potere per sanzionare gli attacchi
all’ambiente, altrettanto abbiamo bisogno di controllarci e di educarci l’un
l’altro.»
Questo significa
anche che occorre una formazione alla politica democratica fin da piccoli e a
cominciare dalle realtà di base, dove si inizia a esercitare un’influenza sulla
società intorno, anche semplicemente con le proprie consuetudini di
vita.
«217. Se «i deserti
esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati
così ampi», [papa Benedetto 16°, 2015], la crisi ecologica è un
appello a una profonda conversione interiore.
[…]
219. Tuttavia, non basta
che ognuno sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come
quella che affronta il mondo attuale. I singoli individui possono perdere la
capacità e la libertà di vincere la logica della ragione strumentale e
finiscono per soccombere a un consumismo senza etica e senza senso sociale e
ambientale. Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, non con la
mera somma di beni individuali: «Le esigenze di quest’opera saranno così
immense che le possibilità delle iniziative individuali e la cooperazione dei
singoli, individualisticamente formati, non saranno in grado di rispondervi.
Sarà necessaria una unione di forze e una unità di contribuzioni». La
conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento
duraturo è anche una conversione comunitaria.
[…]
232. Non tutti sono
chiamati a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società
fiorisce una innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del
bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si
preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento
abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o
abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano
legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera
dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare un’identità
comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende
cura del mondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà
che è allo stesso tempo consapevolezza di abitare una casa comune che Dio ci ha
affidato. Queste azioni comunitarie, quando esprimono un amore che si dona,
possono trasformarsi in intense esperienze spirituali.
Nella dottrina sociale confluisce
il frutto di una saggezza antica e una considerazione realistica di ciò che
accade nei nostri tempi, ma gli orientamenti che insegna non possono affermarsi
nella società se le popolazioni non si convincono della loro giustezza delle
argomentazioni che sono alla loro base, a partire dall’esperienza pesonale di
ciascuan persona. Non basta l’autorità di chi li proclama, anche se è quella di
un Papa. Non è sufficiente insegnare, occorre convincere e, innanzi tutto, far
sperimentare che, cambiando stile di vita, viviamo meglio e più felici.
«222. La spiritualità cristiana propone
un modo alternativo di intendere la qualità della vita, e incoraggia uno stile
di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere
ossessionati dal consumo. È importante accogliere un antico insegnamento,
presente in diverse tradizioni religiose, e anche nella Bibbia. Si tratta della
convinzione che “meno è di più”. Infatti il costante cumulo di possibilità di
consumare distrae il cuore e impedisce di apprezzare ogni cosa e ogni momento.
Al contrario, rendersi presenti serenamente davanti ad ogni realtà, per quanto
piccola possa essere, ci apre molte più possibilità di comprensione e di
realizzazione personale. La spiritualità cristiana propone una crescita nella
sobrietà e una capacità di godere con poco. È un ritorno alla semplicità che ci
permette di fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle
possibilità che offre la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né
rattristarci per ciò che non possediamo. Questo richiede di evitare la dinamica
del dominio e della mera accumulazione di piaceri.
223. La sobrietà, vissuta con libertà e
consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto
il contrario. Infatti quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento
sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non
hanno, e sperimentano ciò che significa apprezzare ogni persona e ad ogni cosa,
imparano a familiarizzare con le realtà più semplici e ne sanno godere. In
questo modo riescono a ridurre i bisogni insoddisfatti e diminuiscono la
stanchezza e l’ansia. Si può aver bisogno di poco e vivere molto, soprattutto
quando si è capaci di dare spazio ad altri piaceri e si trova soddisfazione
negli incontri fraterni, nel servizio, nel mettere a frutto i propri carismi,
nella musica e nell’arte, nel contatto con la natura, nella preghiera. La
felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono,
restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita.
[…]
228. La cura per la natura è parte di uno
stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù ci ha
ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende
fratelli. L’amore fraterno può solo essere gratuito, non può mai essere un
compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che
faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta
ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al
nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità
universale.
229. Occorre sentire nuovamente che abbiamo
bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e
verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti. Già troppo a lungo
siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà,
della fede, dell’onestà, ed è arrivato il momento di riconoscere che questa
allegra superficialità ci è servita a poco. Tale distruzione di ogni fondamento
della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i
propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e
impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente.»
Di fronte ai problemi dei nostri
tempi, alcuni politici di governo non trovano migliore soluzione che
abbandonare gli obiettivi di pace mondiale che gli stati si erano dati, per la
prima volta nella storia dell’umanità, alla metà del secolo scorso e di
riprendere a fare come si era sempre fatto nei millenni precedenti: la lunga
serie di guerre di supremazia e rapina per far grandi alcuni in danno degli
altri. Naturalmente lo fanno proponendo argomentazione che liberano dal senso
di colpa. In particolare, gli Occidentali, la parte più ricca del mondo,
sostengono di non avere altra scelta: non possono mantenere il loro livello di
benessere che ritengono irrinunciabile se non aggredendo ed escludendo gli
altri. E’ questione, sostengono, di vita o di morte. Difficile crederlo. E c’è
effettivamente qualcosa che non va se nella parte più ricca del mondo si vive
male e c’è tanta gente che soffre, ma non dipende da quelli che sono ancora più
poveri. La sofferenza sociale è frutto di un’organizzazione sociale che crea
scarti umani. «Questi problemi sono
intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri
umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura.»,
si legge nell’enciclicaLaudato si’ - Praise
be to you. Quella cultura
che a chi resta indietro grida “Licenziato! - Fired!” come
nella serie L’Apprendista - The Apprentice. “Niente di
personale, sono solo affari!”, è lo slogan che si legge nella sigla di
appertura del programma televisivo. La dottrina sociale ci ammonisce che non ci
salvereremo se non inizieremo a dare più valore alle persone che ci circondano
e meno alla nostra avidità affaristica. «Percepire ogni creatura che canta
l’inno della sua esistenza è vivere con gioia nell’amore di Dio e nella
speranza» è una delle citazioni che si leggono
nell’enciclica Laudato si’ - Praise
be to you, tratta dalla Lettera
pastorale “You Love All That Exists… All Things Are Yours, God,
Lover of Life” diffusa nel 2001 dalla Commissione affari sociali dei
Vescovi del Canada.
L’enciclica Laudato si’ - Praise be to you si conclude con una bella preghiera che ne costituisce la sintesi:
Preghiera per
la nostra terra
Dio Onnipotente,
che sei presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli
e sorelle
senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo e non lo
deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.
Preghiera
cristiana con il creato
Ti lodiamo, Padre, con tutte le tue creature,
che sono uscite dalla tua mano potente.
Sono tue, e sono colme della tua
presenza
e della tua tenerezza.
Laudato si’!
Figlio di Dio, Gesù,
da te sono state create tutte le cose.
Hai preso forma nel seno materno di Maria,
ti sei fatto parte di questa terra,
e hai guardato questo mondo con occhi umani.
Oggi sei vivo in ogni creatura
con la tua gloria di risorto.
Laudato si’!
Spirito Santo, che con la tua luce
orienti questo mondo verso l’amore del Padre
e accompagni il gemito della creazione,
tu pure vivi nei nostri cuori
per spingerci al bene.
Laudato si’!
Signore Dio, Uno e Trino,
comunità stupenda di amore infinito,
insegnaci a contemplarti
nella bellezza dell’universo,
dove tutto ci parla di te.
Risveglia la nostra lode e la nostra
gratitudine
per ogni essere che hai creato.
Donaci la grazia di sentirci intimamente uniti
con tutto ciò che esiste.
Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo
mondo
come strumenti del tuo affetto
per tutti gli esseri di questa terra,
perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.
Illumina i padroni del potere e del denaro
perché non cadano nel peccato
dell’indifferenza,
amino il bene comune, promuovano i deboli,
e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.
I poveri e la terra stanno gridando:
Signore, prendi noi col tuo potere e la tua
luce,
per proteggere ogni vita,
per preparare un futuro migliore,
affinché venga il tuo Regno
di giustizia, di pace, di amore e di bellezza.
Laudato si’!
Amen.
*************************
- 14 -
The model of
social action proposed in the television series The Apprentice and the one staged in the movie High Noon
1. To get an immediate idea of the
divergence between the social and political orientations taught by the social
doctrine of the Catholic Church and some of the current ones in Western
capitalism, it may be useful to watch the movie with one of the introductions
of the series on the site www.youtube.com of successful television The
Apprentice that you find at this address on the WEB:
https://www.youtube.com/watch?v=sODZ3Jb14Jk
It is significant because the voice
commenting on the images is Donald Trump, who was then elected President of the
United States of America, one of the world's major states and that until a few
years ago led the policies of Westerners and it is still one of the most
important models of political organization in the world, along with European,
Russian and Chinese.
In the movie you see images of New
York and Trump says that is his city, where the wheels of the mechanisms of the
world economy are spinning. For a European, however, those images depict one of
the urban hollows of the world, in which the beauty is absent. For the
Americans, however, obviously this is not the case. After images of a city
stock exchange room with people busy in the bargaining, we see a homeless
man sleeping on a bench. Therefore, in the midst of so much apparent wealth,
there is also poverty; however this is not presented as a negative side of the
system, but as an incentive to get involved, to work hard. The explanation of
the poverty that is suggested is therefore that people become poor because they
do not commit enough. Finally, a castle is presented, as an example of
residence that those who commit themselves can conquer. In comparison with some
splendid mansions of the rich Europeans, for example with some Roman noble
buildings or with the villas designed by the architect Andrea Palladio in
Veneto, it appears however little and, above all, cheap, a bit like the
buildings of Uncle Scrooge Mc Duck in Mickey Mouse comics. In general, a
European does not dream, as a rich man, to live in a city like New York, but to
go there to become rich and then to live elsewhere, in a more beautiful place.
Urban centers designed on the New York model have increased greatly in the last
thirty years. In this way the states try to give an image of themselves as rich
places. And yet they are generally not for the rich, because when one becomes
rich one tries to live, better, elsewhere. Then we build a better environment,
where, however, apart from our family members, only servants live and work: the
others are excluded. This does not satisfy the soul. You start to travel the
world to find something else and it can happen to find it in certain places in
Europe, in much smaller cities, with so much beauty around and still supportive
societies, where when you leave your house and go around the public streets it
is as if you were always at home, without the need to protect yourself with
walls and private guards, as happens in some residential neighborhoods for the
rich in social environments where there is a lot of poverty.
In that US television program, whoever
loses in doing business is fired "Fired!", Then discarded. In TV games
it happens often. But that program claims to simulate real life, in which
precisely there are fired. Some states have policies to help those who are
fired and help them to enter the world of work again. In some of these states
there are those who think that they are money wasted, because who is fired can,
and must, be able to find a new job by engaging more hard. In other states,
policies are completely lacking, usually because there are not enough
resources. The social doctrine, referring to real life not to that staged in
television programs, obliges everyone, not only those who govern or those who
have the power to decide in other roles, such as parliamentarians, to implement
active policies that limit the human waste of economic process and help those
who lose their jobs to find another one. A radically different perspective.
There is a nice American
movie of 1941, directed and performed by Orson Wells, Citizen Kane,
which describes the solitary and desperate end of a great rich man in his
immense dwelling, where he messily bundled works of art bought in all the world
that has traveled in search of what the Italian director Paolo Sorrentino has
called the Great Beauty. He died sad and alone, dreaming of the sled that as a
boy had given him so much joy and that he had been lost, when, at that age, he
had been forced to leave the family where he had grown up to enter the great
world, in the world of the rich , after having obtained a great legacy. It was
written that the director did not work only in fantasy, but was inspired by
real figures of wealthy Americans of his time. In the film, the progonist,
Charles Foster Kane, is a candidate in the US presidential elections, but loses
a scandal for his extramarital affair. It may be interesting to imagine how the
director would play the story of the film assuming that Kane had been elected.
In a certain sense in our times we are living that alternative film.
In the economic competition within
a state, aggressive greed that causes the exclusion of other people is limited
by legal regulations and police activity. In the international context it is
different. If you do not create and maintain agreements that limit it, each
state must defend itself, both those who attack and those who are attacked.
Implementing aggressive policies that aim to make one's state of the world
again by withdrawing from international agreements leads to rearmament. In our
times, when those policies have again a certain consensus, we are effectively
witnessing a rearmament from the most powerful states on Earth, but also from
others. The other day, for example, a British minister declared that, after
Britain has left the European Union, which he had been part of since 1973, the
United Kingdom will have to plan an impressive rearmament.
Aggressive policies of that kind are not
new in the history of the world, on the contrary: it can be said that it was
always done until the end of the Second World War, in 1945. With the
establishment of the United Nations Organization, in fact in 1945, the method
followed for international relations was profoundly changed, creating a system
extended to the whole world to prevent war. This goal was not always achieved.
Conflicts continued to burst, but none ever had the characteristics of a
destructive world war. Moreover, it became aware that the use of nuclear
weapons, mostly built and held by the United States of America and the Soviet
Union, which in 1991 was transformed into the Russian Federation, would have
been global destruction, annihilating even those who used those weapons. In our
time this fear appears less widespread, especially among the Western
populations living in democratic regimes that can be influenced by public
opinion. Risk awareness, on the other hand, is still very much alive in the social
doctrine, which considers the rearmament in order to make a great state again
to the detriment of others as a social structure of sin.
The current US president Donald Trump
has written several books exposing his concept of life, for example How to get rich , Think like a champion, Think like a
billionaire. It is a real magisterium, a complex of life teachings.
It appears as the antithesis of social doctrine and is very successful in the
world. It is possible that, at the end of his mandate, that in the United
States of America, from 1951, he can not go beyond eight years from the first
election, Trump writes another book teaching how one of the richest and most
powerful states of the government is governed world. We hope that in that text
it should not even tell how the Third World War he won.
2. I wrote about international politics,
but we should not think that the social doctrine concerns only that level of
commitment, or only that of the government of large public entities, such as
states, regions, municipalities. In reality it concerns a style of life that
must be practiced in every community, starting from the family. I wrote
"practiced" because it is not enough to learn the principles, but it
is necessary to do some practical training, implementing it in the different
collectivities to which one participates, to transform them from simple
aggregates of people into "community". This also happens when one
takes into account the good of others, as well as one's own. It does not mean
just sharing "equally" or fairly regulating the use of common
property resources, as happens with the administration of condominium
buildings. Above all, it is a matter of sharing public and private property
resources so that everyone benefits, above all, by creating an environment
conducive to relationships between friends and even fraternal ones. Indeed,
this is what gives meaning to life. Everyone can experience this truth from an
early age, of which we tend to forget when we are immersed in the flow of daily
activities from which we derive what to live. What is true for individuals is
also true for communities and also for states and relations between states. In
a world where many suffering and only some states are "big" of bad
lives. But there is more: in a world that has become very interdependent like
ours, this imbalance tends to reign against what has become or remains
"great".
We are witnessing these times in
the world. The US aggressive economic policies aimed at "making big
again" the United States of America are causing recessive dynamics in
Europe and in China: however, fatally, in a now globalized and interdependent
economy, they will not delay to involve the United States itself of America
that have implemented them. In fact, recessionary phases in Europe and China
will deprive US producers of important markets on those continents, with,
respectively, half a billion and over a billion people. They were well aware of
the United States of America at the end of the Second World War, when they
decided to revive the economies of the vanished powers, Germany and Italy, with
an impressive program of economic aid and also limiting the obligations to pay
damages. of war that usually burden the vanquished for the benefit of the
winners, and thus avoiding that extreme humiliation of the vanquished who, in
the first post-war period, twenty years earlier, had opened the way to German
Nazism. The United States of America, unlike for example the British Empire,
has become "big" thanks to an extensive network of alliances, based
not only on convenience or forced submission, or on both, but also on a great
sympathy . The latter is progressively failing, for example among the Europeans
who have recently and quite simply declared themselves enemies.
For me, a European born in the late
fifties, the model of American reference is not the ruthless and selfish tycoon
of global finance but the character played by Gary Cooper in the movie High
Noon, the sheriff who, legitimately can escape the his moral duty and to go
safely with his wife having ceased his service, remains to face the evil who
come from afar, even at the cost of doing it alone because the community
abandons him, with only the help, in the end, of the young bride and a
boyfriend. The girl was played by Grace Kelly, who later became a European
princess.
https://www.youtube.com/watch?v=qZil728hUy0
It is, again, the enemy who, victorious,
does not rage, but succor the vanquisheds and the suffering ones and knows how
to recognize, among his enemies, those who, like him, fight for a more just
society, against the despots of the earth.
The role of cinema should not be
underestimated in creating the atmosphere of sympathy that has always
surrounded the Americans in most of the world, and in particular in Europe, and
which has so far resisted many harsh disappointments. We often prefer to
believe that others are up to the ideals proclaimed and our dreams. Sometimes
the greatest American actors and directors, like Orson Wells who spoke
excellent Italian, knew Europe much better than the most important politicians
of their state and were the best ambassadors of its kind.
A different style of life
such as that taught by Catholic social doctrine is not only religiously right,
but also convenient, because it allows a better survival, first of all simply
survival, and the achievement of that happiness that is impossible to obtain by
isolating oneself, attacking and excluding.
We read in the encyclical Laudato si '-
Praise be to you, released in 2015 under the authority of Pope Francis:
«I. TOWARDS A NEW LIFESTYLE
203. Since the market tends to promote extreme
consumerism in an effort to sell its products, people can easily get caught up
in a whirlwind of needless buying and spending. Compulsive consumerism is one
example of how the techno-economic paradigm affects individuals. Romano
Guardini had already foreseen this: “The gadgets and technics forced upon him
by the patterns of machine production and of abstract planning mass man accepts
quite simply; they are the forms of life itself. To either a greater or lesser
degree mass man is convinced that his conformity is both reasonable and
just”. This paradigm leads people to believe that they are free as long as
they have the supposed freedom to consume. But those really free are the minority
who wield economic and financial power. Amid this confusion, postmodern
humanity has not yet achieved a new self-awareness capable of offering guidance
and direction, and this lack of identity is a source of anxiety. We have too
many means and only a few insubstantial ends.
204. The current global situation engenders a
feeling of instability and uncertainty, which in turn becomes “a seedbed for
collective selfishness”. When people become self-centred and
self-enclosed, their greed increases. The emptier a person’s heart is, the more
he or she needs things to buy, own and consume. It becomes almost impossible to
accept the limits imposed by reality. In this horizon, a genuine sense of the
common good also disappears. As these attitudes become more widespread, social
norms are respected only to the extent that they do not clash with personal
needs. So our concern cannot be limited merely to the threat of extreme weather
events, but must also extend to the catastrophic consequences of social unrest.
Obsession with a consumerist lifestyle, above all when few people are capable
of maintaining it, can only lead to violence and mutual destruction.
205. Yet all is not lost. Human beings, while
capable of the worst, are also capable of rising above themselves, choosing
again what is good, and making a new start, despite their mental and social
conditioning. We are able to take an honest look at ourselves, to acknowledge
our deep dissatisfaction, and to embark on new paths to authentic freedom. No
system can completely suppress our openness to what is good, true and
beautiful, or our God-given ability to respond to his grace at work deep in our
hearts. I appeal to everyone throughout the world not to forget this dignity
which is ours. No one has the right to take it from us.»
It is a matter of educating ourselves
and of educating ourselves to that new way of life, first of all beginning to
put it into practice in the reality of proximity, such as the family and the
parish, but also the school:
«209. An awareness of the
gravity of today’s cultural and ecological crisis must be translated into new
habits. Many people know that our current progress and the mere amassing of
things and pleasures are not enough to give meaning and joy to the human heart,
yet they feel unable to give up what the market sets before them. In those
countries which should be making the greatest changes in consumer habits, young
people have a new ecological sensitivity and a generous spirit, and some of
them are making admirable efforts to protect the environment. At the same time,
they have grown up in a milieu of extreme consumerism and affluence which makes
it difficult to develop other habits. We are faced with an educational
challenge.
[…]
212. We must not think that
these efforts are not going to change the world. They benefit society, often
unbeknown to us, for they call forth a goodness which, albeit unseen,
inevitably tends to spread. Furthermore, such actions can restore our sense of
self-esteem; they can enable us to live more fully and to feel that life on
earth is worthwhile.»
It is necessary that the whole society feels
engaged not only in educational work, but also in democratic control. What we
need is not, in fact, a culture that works if it simply descends from above,
but must arise, live, grow stronger in the social base, so that the whole
society is able to influence the general orientation. It happens that instead
the government policy tries to simply control the consent of the people with
the same mass persuasion technologies that are used in commercial advertising
and in this context arouse fear based on irrational and emotional ignorance
works better than the patient training work of consciences. The United Nations
Organization of the States does not work unless a United Consciences
Organization is created worldwide.
«214. Political institutions
and various other social groups are also entrusted with helping to raise
people’s awareness. So too is the Church. All Christian communities have an
important role to play in ecological education. It is my hope that our
seminaries and houses of formation will provide an education in responsible
simplicity of life, in grateful contemplation of God’s world, and in concern
for the needs of the poor and the protection of the environment. Because the
stakes are so high, we need institutions empowered to impose penalties for
damage inflicted on the environment. But we also need the personal qualities of
self-control and willingness to learn from one another.»
This also means that we need
a training in democratic politics from an early age and starting from the basic
realities, where we start to exert an influence on the surrounding society,
even simply with our own habits of life.
«217. “The external deserts in the world are
growing, because the internal deserts have become so vast”.[pope Benedetto 16^]
For this reason, the ecological crisis is also a summons to profound interior
conversion.
[…]
219. Nevertheless, self-improvement on the
part of individuals will not by itself remedy the extremely complex situation
facing our world today. Isolated individuals can lose their ability and freedom
to escape the utilitarian mindset, and end up prey to an unethical consumerism
bereft of social or ecological awareness. Social problems must be addressed by
community networks and not simply by the sum of individual good deeds. This
task “will make such tremendous demands of man that he could never achieve it
by individual initiative or even by the united effort of men bred in an
individualistic way. The work of dominating the world calls for a union of
skills and a unity of achievement that can only grow from quite a different
attitude”. The ecological conversion needed to bring about lasting
change is also a community conversion.
[…]
231. Not everyone is called
to engage directly in political life. Society is also enriched by a countless
array of organizations which work to promote the common good and to defend the
environment, whether natural or urban. Some, for example, show concern for a
public place (a building, a fountain, an abandoned monument, a landscape, a
square), and strive to protect, restore, improve or beautify it as something
belonging to everyone. Around these community actions, relationships develop or
are recovered and a new social fabric emerges. Thus, a community can break out
of the indifference induced by consumerism. These actions cultivate a shared
identity, with a story which can be remembered and handed on. In this way, the
world, and the quality of life of the poorest, are cared for, with a sense of
solidarity which is at the same time aware that we live in a common home which
God has entrusted to us. These community actions, when they express self-giving
love, can also become intense spiritual experiences.»
In the social doctrine flows
the fruit of an ancient wisdom and a realistic consideration of what happens in
our times, but the orientations it teaches can not be affirmed in society if
the populations are not convinced of their rightness of the arguments that are
at their base, starting from the pesonal experience of each person. It is not
enough the authority of those who proclaim them, even if it is that of a Pope.
It is not enough to teach, it is necessary to convince and, first of all, to
experiment that, by changing lifestyle, we live better and happier.
«222. Christian spirituality proposes an
alternative understanding of the quality of life, and encourages a prophetic
and contemplative lifestyle, one capable of deep enjoyment free of the
obsession with consumption. We need to take up an ancient lesson, found in
different religious traditions and also in the Bible. It is the conviction that
“less is more”. A constant flood of new consumer goods can baffle the heart and
prevent us from cherishing each thing and each moment. To be serenely present
to each reality, however small it may be, opens us to much greater horizons of
understanding and personal fulfilment. Christian spirituality proposes a growth
marked by moderation and the capacity to be happy with little. It is a return
to that simplicity which allows us to stop and appreciate the small things, to
be grateful for the opportunities which life affords us, to be spiritually
detached from what we possess, and not to succumb to sadness for what we lack.
This implies avoiding the dynamic of dominion and the mere accumulation of
pleasures.
223. Such sobriety, when lived freely and
consciously, is liberating. It is not a lesser life or one lived with less
intensity. On the contrary, it is a way of living life to the full. In reality,
those who enjoy more and live better each moment are those who have given up
dipping here and there, always on the look-out for what they do not have. They
experience what it means to appreciate each person and each thing, learning
familiarity with the simplest things and how to enjoy them. So they are able to
shed unsatisfied needs, reducing their obsessiveness and weariness. Even living
on little, they can live a lot, above all when they cultivate other pleasures
and find satisfaction in fraternal encounters, in service, in developing their
gifts, in music and art, in contact with nature, in prayer. Happiness means
knowing how to limit some needs which only diminish us, and being open to the
many different possibilities which life can offer.
[…]
228. Care for nature is part of a lifestyle
which includes the capacity for living together and communion. Jesus reminded
us that we have God as our common Father and that this makes us brothers and
sisters. Fraternal love can only be gratuitous; it can never be a means of
repaying others for what they have done or will do for us. That is why it is
possible to love our enemies. This same gratuitousness inspires us to love and
accept the wind, the sun and the clouds, even though we cannot control them. In
this sense, we can speak of a “universal fraternity”.
229. We must regain the conviction that we
need one another, that we have a shared responsibility for others and the
world, and that being good and decent are worth it. We have had enough of
immorality and the mockery of ethics, goodness, faith and honesty. It is time
to acknowledge that light-hearted superficiality has done us no good. When the
foundations of social life are corroded, what ensues are battles over
conflicting interests, new forms of violence and brutality, and obstacles to
the growth of a genuine culture of care for the environment.»
Faced with the problems of our time, some
government politicians find no better solution than to abandon the world peace
objectives that the states had set themselves, for the first time in the
history of humanity, in the middle of the last century and to resume as it had
always done in the previous millennia: the long series of wars of supremacy and
robbery to make some big to the detriment of others. Of course they do this by
proposing arguments that free from guilt. In particular, Westerners, the
richest part of the world, claim they have no other choice: they can not
maintain their level of well-being that they consider indispensable if not
attacking and excluding others. It is a question, they claim, of life or death.
Hard to believe it. And there is indeed something wrong if the richest part of
the world lives badly and there are so many people suffering, but it does not
depend on those who are even poorer. Social suffering is the result of a social
organization that creates human waste. "These problems are intimately
linked to the culture of waste, which affects both the excluded human beings
and the things that are quickly transformed into garbage.", Reads the
encyclical Laudato si '- Praise be to you. That culture that to those who
remain behind shouts "Fired!" as in the The Apprentice series.
"Nothing personal, it's just business!", Is the slogan that is read
in the opening theme of the television program. The social doctrine warns us
that we will not save ourselves if we do not begin to give more value to the
people around us and less to our business greed. «"To sense each creature
singing the hymn of its existence is to live joyfully in God's love and hope"»
is one of the quotations that you can read in the encyclicalLaudato si '-
Praise be to you, taken from the Pastoral Letter "You Love All That
Exists ... All Things Are Yours, God, Lover of Life" released in 2001
by the Social Affairs Commission of the Bishops of Canada .
The encyclical Laudato si '- Praise be
to you ends with a beautiful prayer which is its synthesis:
A prayer for
our earth
All-powerful
God, you are present in the whole universe
and in the smallest of your creatures.
You embrace with your tenderness all that exists.
Pour out upon us the power of your love,
that we may protect life and beauty.
Fill us with peace, that we may live
as brothers and sisters, harming no one.
O God of the poor,
help us to rescue the abandoned and forgotten of this earth,
so precious in your eyes.
Bring healing to our lives,
that we may protect the world and not prey on it,
that we may sow beauty, not pollution and destruction.
Touch the hearts
of those who look only for gain
at the expense of the poor and the earth.
Teach us to discover the worth of each thing,
to be filled with awe and contemplation,
to recognize that we are profoundly united
with every creature
as we journey towards your infinite light.
We thank you for being with us each day.
Encourage us, we pray, in our struggle
for justice, love and peace.
A Christian
prayer in union with creation
Father, we
praise you with all your creatures.
They came forth from your all-powerful hand;
they are yours, filled with your presence and your tender love.
Praise be to you!
Son of God,
Jesus,
through you all things were made.
You were formed in the womb of Mary our Mother,
you became part of this earth,
and you gazed upon this world with human eyes.
Today you are alive in every creature
in your risen glory.
Praise be to you!
Holy Spirit, by
your light
you guide this world towards the Father’s love
and accompany creation as it groans in travail.
You also dwell in our hearts
and you inspire us to do what is good.
Praise be to you!
Triune Lord,
wondrous community of infinite love,
teach us to contemplate you
in the beauty of the universe,
for all things speak of you.
Awaken our praise and thankfulness
for every being that you have made.
Give us the grace to feel profoundly joined
to everything that is.
God of love, show
us our place in this world
as channels of your love
for all the creatures of this earth,
for not one of them is forgotten in your sight.
Enlighten those who possess power and money
that they may avoid the sin of indifference,
that they may love the common good, advance the weak,
and care for this world in which we live.
The poor and the earth are crying out.
O Lord, seize us with your power and light,
help us to protect all life,
to prepare for a better future,
for the coming of your Kingdom
of justice, peace, love and beauty.
Praise be to you!
Amen.
*************************
-15
-
Epilogo
Viviamo in collettività politiche e in altre collettività sociali che
individuano quale sia il bene pubblico, vale a dire l’obiettivo della loro
azione nell’interesse del gruppo di riferimento, sia esso una parrocchia, una
Chiesa, un partito, un sindacato, un’associazione culturale o tra artisti, uno
stato, un’associazione di stati. Di ciò facciamo esperienza fin da molto
piccoli, fin da quando, usciti dalla famiglia di origine, incontriamo compagni
di gioco e iniziamo con loro un’esperienza sociale. Che gioco fare insieme? Che
regole seguire? Dove giocare? Quando iniziare e quando finire? Chi può
partecipare e in che ruolo? Chi comanda e chi esegue? Chi vince? Chi perde? Che
cosa guadagna chi vince? Che cosa perde chi perde? Il gioco prepara alla vita adulta. Per gli
adulti è divertimento, svago, per i più giovani è tirocino alla vita sociale.
Si vive da adulti in società affrontando le stesse questioni generali che si
affrontarno nel gioco da bambini e adolescenti. Nelle società degli adulti si è
meno liberi che in quelle dei ragazzi: pesano tradizioni e organizzazioni che
si trovano già fatte, dal passato. La civilità giuridica serve appunto a
mantenerle nel tempo, di generazione in generazione, limitando la creatività di
coloro che alla società partecipano, che deve tener conto degli impegni presi nel passato. Senza
di ciò le società non potrebbero darsi obiettivi lontani nel tempo,
diventerebbero instabili e insicure. Si entra nella società degli adulti come
si sale su un treno in una stazione di
passaggio: il percorso da fare è preordinato. Di solito si nasce immersi in una
società, importanti diritti e doveri sono collegati a questo nascere immersi in
una società: di solito a chi diviene adulto non è consentito di liberarsi tanto
facilmente da questo vincolo sociale, esso lo lega a prescindere da una sua manifestazione
di consenso e, in genere, anche quando ci si allontana dalla società di
origine. Impegni formali di fedeltà vengono richiesti di solito quando si
assume una funzione pubblica o quando si diventa militari. Un atto solenne
formale di impegno viene invece
richiesto invece ai nuovi cittadini, a coloro che sono introdotti in una
società nelle pienezza della partecipazione ad essa. Gli altri subiscono la
cittadinanza, ma anche ne beneficiano, nella sicurezza sociale che rende
possibile. Ad una certa età della vita tutti però scelgono come agire da
cittadini, come influire nella società di riferimento. C’è chi sceglie
l’astensione, partecipando solo quando è obbligato a farlo, e c’è chi invece
sceglie la partecipazione, cercando di influire sull’orientamento in tema di
bene comune. Questo richiede di avere una visione sufficiente e realistica di
come vanno le cose, vale a dire una
competenza. Quest’ultima richiede una formazione, che per secoli è stata data
solo a chi, per dinastia o altro rango sociale, era destinato a compiti di
governo. In ambiente democratico serve a tutti i cittadini. Uno degli obiettivi
fondamentali della formazione religioso dovrebbe essere proprio la preparazione
all’azione politica e sociale, perché si è acquisita consapevolezza che l’azione
politica e sociale è manifestazione della carità in senso religioso, vale a
dire di come si deve essere in una prospettiva religiosa. Non è sufficiente
vivere con spirito fraterno in un mondo che è organizzato secondo la legge
della giungla: occorre contribuire a cambiare l’organizzazione sociale. Questo
richiede anche di contrapporsi, di lottare, se chi beneficia di organizzazioni
sociali ingiuste, che fanno soffrire, resiste al cambiamento. Ma anche nella
lotta si deve avere la prospettiva della carità in senso religioso, che
significa in definitiva proporsi il bene comune, vale a dire di fare anche il
bene di coloro che si contrappongono da nemici. Mentre il bene pubblico è
riferito, infatti, ad una specifica collettività, il bene comune è quello di
tutti, oltre ogni confine, tendenzialmente quello di tutta l’umanità e non solo
di quella vivente, ma anche di quella composta dalle generazioni future. Il
bene comune ha quindi prospettive più ampie del bene pubblico e, secondo
l’insegnamento della dottrina sociale cattolica, il bene pubblico deve tendere
al bene comune.
Il lavoro di formazione religiosa all’azione
sociale e politica è in genere trascurato in Italia. Non si ha abbastanza tempo.
Riteniamo talvolta che chi deve imparare sia ancora troppo piccolo per certi
argomenti. Altre volte che gli adulti siano ancora troppo poco preparati per
affrontarli. E, insomma, alla fine viene istruita solo una minoranza. Ancora
più difficile è fare tirocinio di organizzazione sociale. Di solito gli statuti
delle nostre associazioni religiose sono piuttosto rigidi e, comuque, quando
mancano, come in certe organizzazioni parrocchiali, si preferisce che a
dirigere i lavori siano i preti, senza corresponsabilità degli altri. Questi
orientamenti si sono molto accentuati a partire dagli anni ’80, quando si cercò
di recuperare una certa uniformità nell’azione dei laici italiani, dopo
l’effervescenza cultura e sociale degli anni ’70. Tutto questo ha prodotto una
certa immaturità dei laici italiani, ma anche dei preti e dei religiosi,
nell’affrontare i temi politici e
sociali. Da metà Ottocento fino agli anni ’70 del secolo scorso fu molto diverso. Preti come Romolo Murri, Luigi
Sturzo e Giuseppe Dossetti furono coinvolti nell’organizzazione di importanti
formazioni politiche e nella costruzione delle loro ideologie. E, comunque,
dietro i laici impegnati in politica vi erano preti e religiosi competenti in
materia. Negli anni ’80 del secolo scorso la politica iniziò a diventare
pericolosa per preti e religiosi. Apparve come se Papa e vescovi diffidassero
profondamente del coinvolgimento democratico di fedeli laici, preti e
religiosi. Ad un certo punto si volle accentrare tutto nella mani della
Conferenza Episcopale Italiana, come, durante il regno di Papi italiani, lo era
stato in quelle dei Pontefici. Mancando un’adeguata formazione popolare, che un
tempo si faceva nell’Azione Cattolica italiana, venne meno la creatività dei
laici italiani nell’azione politica e sociale, fino ad arrivare alla situazione
di oggi in cui essa, un tempo molto importante e anzi determinante, è divenuta
irrilevante. Va anche detto che il mondo cattolico italiano, al di là della sua
apparente uniformità, è fortemente diviso, in particolare tra correnti
reazionarie e progressiste, secondo la divisione che iniziò a manifestarsi negli scorsi anni ’70. Si
pensa ad una ripresa di un’iniziativa politica comune, ma, data quella
divisione sulle scelte concrete ma anche su ideologie di fondo, si tratta di un’ipotesi
irrealistica. Questa situazione non elimina l’esigenza di una formazione
sociale e politica, perché praticamente ogni giorno la coscienza dei credenti è
sollecitata a fare scelte che coinvolgono l’etica religiosa e non solo nel
classici temi un tempo definiti come non negoziabili, vale a dire riservati
all’autorità religiosa, come quelli in tema di riproduzione, famiglia e fine
vita.
Fin dalle origini, la dottrina sociale ha
fatto molto affidamento sul lavoro in società delle associazioni tra laici di
fede. Si legge infatti nell’enciclica Le
novità - Rerum Novarum, diffusa nel 1891 sotto l’autorità del papa Vincenzo
Gioacchino Pecci - Leone 13°:
«C) L'opera delle
associazioni
1 - Necessità della
collaborazione di tutti
36. Finalmente, a dirimere la questione operaia possono
contribuire molto i capitalisti e gli operai medesimi con istituzioni ordinate
a porgere opportuni soccorsi ai bisognosi e ad avvicinare e udire le due classi
tra loro. Tali sono le società di mutuo soccorso; le molteplici assicurazioni
private destinate a prendersi cura dell'operaio, della vedova, dei figli
orfani, nei casi d'improvvisi infortuni, d'infermità, o di altro umano
accidente; i patronati per i fanciulli d'ambo i sessi, per la gioventù e per
gli adulti. Tengono però il primo posto le corporazioni di arti e mestieri che
nel loro complesso contengono quasi tutte le altre istituzioni. Evidentissimi
furono presso i nostri antenati i vantaggi di tali corporazioni, e non solo a
pro degli artieri, ma come attestano documenti in gran numero, ad onore e
perfezionamento delle arti medesime. I progressi della cultura, le nuove
abitudini e i cresciuti bisogni della vita esigono che queste corporazioni si
adattino alle condizioni attuali. Vediamo con piacere formarsi ovunque
associazioni di questo genere, sia di soli operai sia miste di operai e
padroni, ed è desiderabile che crescano di numero e di operosità. Sebbene ne
abbiamo parlato più volte, ci piace ritornarvi sopra per mostrarne
l'opportunità, la legittimità, la forma del loro ordinamento e la loro azione.
2 - Il diritto
all'associazione è naturale
37. Il sentimento della propria debolezza spinge l'uomo a
voler unire la sua opera all'altrui. La Scrittura dice: E' meglio essere in due
che uno solo; perché due hanno maggior vantaggio nel loro lavoro. Se uno cade,
è sostenuto dall'altro. Guai a chi è solo; se cade non ha una mano che lo
sollevi (Eccl 4,9-10). E altrove: il fratello aiutato dal fratello è simile a
una città fortificata (Prov 18,19). L'istinto di questa naturale inclinazione
lo muove, come alla società civile, così ad altre particolari società, piccole
certamente e non perfette, ma pur società vere. Fra queste e quella corre
grandissima differenza per la diversità dei loro fini prossimi. Il fine della
società civile è universale, perché è quello che riguarda il bene comune, a cui
tutti e singoli i cittadini hanno diritto nella debita proporzione. Perciò è
chiamata pubblica; per essa gli uomini si mettono in mutua comunicazione al
fine di formare uno Stato (S, Th., Contra impugn. Dei cultum et religionem, c.
II). Al contrario le altre società che sorgono in seno a quella si dicono e
sono private, perché hanno per scopo l'utile privato dei loro soci. Società
privata è quella che si forma per concludere affari privati, come quando due o
tre si uniscono a scopo di commercio (Ivi).
38. Ora, sebbene queste private associazioni esistano dentro
la Stato e ne siano come tante parti, tuttavia in generale, e assolutamente
parlando, non può lo Stato proibirne la formazione. Poiché il diritto di unirsi
in società l'uomo l'ha da natura, e i diritti naturali lo Stato deve tutelarli,
non distruggerli. Vietando tali associazioni, egli contraddirebbe sé stesso,
perché l'origine del consorzio civile, come degli altri consorzi, sta appunto
nella naturale socialità dell'uomo. Si danno però casi che rendono legittimo e
doveroso il divieto. Quando società particolari si prefiggono un fine
apertamente contrario all'onestà, alla giustizia, alla sicurezza del consorzio
civile, legittimamente vi si oppone lo Stato, o vietando che si formino o
sciogliendole se sono formate; è necessario però procedere in ciò con somma
cautela per non invadere i diritti dei cittadini, e non fare il male sotto
pretesto del pubblico bene. Poiché le leggi non obbligano se non in quanto sono
conformi alla retta ragione, e perciò stesso alla legge eterna di Dio (Cfr. S.
Th. I-II, q. 13, a. 3).
39. E qui il nostro pensiero va ai sodalizi, collegi e
ordini religiosi di tante specie a cui dà vita l'autorità della Chiesa e la
pietà dei fedeli; e con quanto vantaggio del genere umano, lo attesta la storia
anche ai nostri giorni. Tali società, considerate al solo lume della ragione,
avendo un fine onesto, sono per diritto di natura evidentemente legittime. In
quanto poi riguardano la religione, non sottostanno che all'autorità della
Chiesa. Non può dunque lo Stato arrogarsi più quelle competenza alcuna, né
rivendicarne a sé l'amministrazione; ha però il dovere di rispettarle,
conservarle e, se occorre, difenderle. Ma quanto diversamente si agisce,
soprattutto ai nostri tempi! In molti luoghi e in molti modi lo Stato ha leso i
diritti di tali comunità, avendole sottoposte alle leggi civili a private di
giuridica personalità, o spogliate dei loro beni. Nei quali beni la Chiesa
aveva il diritto suo, come ognuno dei soci, e similmente quelli che li avevano
destinati per un dato fine, e quelli al cui vantaggio e sollievo erano
destinati. Non possiamo dunque astenerci dal deplorare spogliazioni sì ingiuste
e dannose, tanto più che vediamo proibite società cattoliche, tranquille e
utilissime, nel tempo stesso che si proclama altamente il diritto di
associazione; mentre in realtà tale diritto vieni largamente concesso a uomini
apertamente congiurati ai danni della religione e dello Stato.
40. Certe società diversissime, costituite specialmente di
operai, vanno oggi moltiplicandosi sempre più. Di molte, tra queste, non è qui
luogo di indagar l'origine, lo scopo, i procedimenti. È opinione comune però,
confermata da molti indizi, che il più delle volte sono rette da capi occulti,
con organizzazione contraria allo spirito cristiano e al bene pubblico; costoro
con il monopolio delle industrie costringono chi rifiuta di accomunarsi a loro,
a pagar caro il rifiuto. In tale stato di cose gli operai cristiani non hanno
che due vie: o iscriversi a società pericolose alla religione o formarne di
proprie e unire così le loro forze per sottrarsi coraggiosamente a sì ingiusta
e intollerabile oppressione. Ora, potrà mai esitare sulla scelta di questo
secondo partito, chi non vuole mettere a repentaglio il massimo bene dell'uomo?
3 - Favorire i congressi
cattolici
41. Degnissimi d'encomio sono molti tra i cattolici che,
conosciute le esigenze dei tempi, fanno ogni sforzo per migliorare onestamente
le condizioni degli operai. E presane in mano la causa, si studiano di
accrescerne il benessere individuale e domestico; di regolare, secondo equità,
le relazioni tra lavoratori e padroni; di tener viva e profondamente radicata
negli uni e negli altri il senso del dovere e l'osservanza dei precetti evangelici;
precetti che, allontanando l'animo da ogni sorta di eccessi, lo inducono alla
moderazione e, tra la più grande diversità di persone e di cose, mantengono
l'armonia nella vita civile. A tal fine vediamo che spesso si radunano dei
congressi, ove uomini saggi si comunicano le idee, uniscono le forze, si
consultano intorno agli espedienti migliori, Altri s'ingegnano di stringere
opportunamente in società le varie classi operaie; le aiutano col consiglio e i
mezzi e procurano loro un lavoro onesto e redditizio. Coraggio e protezione vi
aggiungono i vescovi, e sotto la loro dipendenza molti dell'uno e dell'altro
clero attendono con zelo al bene spirituale degli associati. Non mancano
finalmente i cattolici benestanti che, fatta causa comune coi lavoratori, non
risparmiano spese per fondare e largamente diffondere associazioni che aiutino
l'operaio non solo a provvedere col suo lavoro ai bisogni presenti, ma ad
assicurarsi ancora per l'avvenire un riposo onorato e tranquillo. I vantaggi
che tanti e sì volenterosi sforzi hanno recato al pubblico bene, sono così noti
che non occorre parlarne. Di qui attingiamo motivi a bene sperare
dell'avvenire, purché tali società fioriscano sempre più, e siano saggiamente
ordinate. Lo Stato difenda queste associazioni legittime dei cittadini; non si
intrometta però nell'intimo della loro organizzazione e disciplina, perché il
movimento vitale nasce da un principio intrinseco, e gli impulsi esterni
facilmente lo soffocano.
4 - Autonomia e disciplina
delle associazioni
42. Questa sapiente organizzazione e disciplina è
assolutamente necessaria perché vi sia unità di azione e d'indirizzo. Se hanno
pertanto i cittadini, come l'hanno di fatto, libero diritto di legarsi in
società, debbono avere altresì uguale diritto di scegliere per i loro consorzi
quell'ordinamento che giudicano più confacente al loro fine. Quale esso debba
essere nelle singole sue parti, non crediamo si possa definire con regole certe
e precise, dovendosi determinare piuttosto dall'indole di ciascun popolo,
dall'esperienza e abitudine, dalla quantità e produttività dei lavori, dallo
sviluppo commerciale, nonché da altre circostanze, delle quali la prudenza deve
tener conto. In sostanza, si può stabilire come regola generale e costante che
le associazioni degli operai si devono ordinare e governare in modo da
somministrare i mezzi più adatti ed efficaci al conseguimento del fine, il
quale consiste in questo, che ciascuno degli associati ne tragga il maggior
aumento possibile di benessere fisico, economico, morale. È evidente poi, che
conviene aver di mira, come scopo speciale, il perfezionamento religioso e
morale, e che a questo perfezionamento si deve indirizzare tutta la disciplina
sociale. Altrimenti tali associazioni degenerano facilmente in altra natura, né
si mantengono superiori a quelle in cui della religione non si tiene conto
alcuno. Del resto, che gioverebbe all'operaio l'aver trovato nella società di
che vivere bene, se l'anima sua, per mancanza di alimento adatto, corresse
pericolo di morire? Che giova all'uomo l'acquisto di tutto il mondo con
pregiudizio dell'anima sua? (Mat 16,26). Questo, secondo l'insegnamento di Gesù
Cristo, é il carattere che distingue il cristiano dal pagano: I pagani cercano
tutte queste cose... voi cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua
giustizia, e gli altri beni vi saranno dati per giunta (Mat 6,32-33). Prendendo
adunque da Dio il principio, si dia una larga parte all'istruzione religiosa,
affinché ciascuno conosca i propri doveri verso Dio; sappia bene ciò che deve
credere, sperare e fare per salvarsi; e sia ben premunito contro gli errori
correnti e le seduzioni corruttrici. L'operaio venga animato al culto di Dio e
all'amore della pietà, e specialmente all'osservanza dei giorni festivi. Impari
a venerare e amare la Chiesa, madre comune di tutti, come pure a obbedire ai
precetti di lei, e a frequentare i sacramenti, mezzi divini di giustificazione
e di santità.»
Ma in genere la formazione religiosa di primo e secondo livello termina
con il Sacramento della Cresima senza che si sia nemmeno iniziato a parlare del
lavoro che un laico deve fare in società e con un tirocinio associativo troppo
breve e soprattutto vissuto prevalentemente obbedendo ai costumi
introdotti da altri, dall’autorità religiosa, da chi c’era prima, dalla
tradizione, senza nessuna creatività. In definitiva, così non si è capaci di
individuare, nel proprio tempo e nella propria società di riferimento, che cosa
sia il bene comune e come associarsi per influire su quella società perché ciò
che viene inteso come bene pubblico tenda verso quel bene comune, in
particolare includendo coloro che l’organizzazione sociale scarta o comunque
esclude o marginalizza. E più facilmente si può finire irretiti in quelle che
nell’enciclica Le Novità - Rerum novarum vengono definite società particolari che si
prefiggono un fine apertamente contrario all'onestà, alla giustizia, alla sicurezza
del consorzio civile, come, ai tempi
nostri, quelle che propongono di arricchire lo stato sfruttando ingiustamente e prepotentemente altri popoli, ritenuti di etnie inferiori, o
di abbandonare al loro destino gli stranieri che ci chiedono soccorso o di
discriminare nella società le persone di etnia o religioni diverse, tutto
condotte, queste, che l’etica sociale quindi la dottrina sociale considera come
gravemente peccaminose, capaci di macchiare non solo le collettività e i loro
capi, ma ciascuna delle persone che ad esse prestano consenso.
Uno degli scopi principali di
acvivearomavalli.blogspot.it è quello di contribuire a colmare quella
lacuna, a partire dalla nostra
parrocchia nel quartiere romano di Monte Sacro - Valli, ma fornendo argomenti
che possono essere utili anche a chi è molto più lontano.
Mario Ardigò- Azione
Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
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- 15 -
Epilogue
We live in political collectives
and in other social collectives that identify what is the public good, that is
to say, the objective of their action in the interest of the reference group,
be it a parish, a church, a party, a trade union, a cultural association or
between artists, a state, an association of states. We experience this from an
early age, ever since we came out of the family of origin, meet playmates and
start with them a social experience. What game do you do together? What rules
to follow? Where to play? When to start and when to finish? Who can participate
and in what role? Who commands and who is running? Who win? Who loses? What
does the winner win? What loses those who lose? The game prepares for adult
life. For adults it's fun, entertainment, for the younger ones it's a place for
social life. You live as adults in society facing the same general issues that
are faced in the game by children and adolescents. In the societies of adults
one is less free than in those of the boys: they weigh traditions and
organizations that are already done, from the past. The legal civility serves
precisely to maintain them over time, from generation to generation, limiting
the creativity of those who participate in society, which must take into
account the commitments made in the past. Without this, societies could not set
themselves distant goals in time, would become unstable and insecure. One
enters the society of adults as one climbs onto a train in a passing station:
the path to be done is preordained. Usually we are born immersed in a society,
important rights and duties are connected to this born immersed in a society:
usually who becomes an adult is not allowed to free themselves so easily from
this social bond, it binds him regardless of his manifestation of consensus
and, in general, even when one moves away from the society of origin. Formal
fidelity commitments are usually required when assuming a public function or
becoming a soldier. A formal solemn act of commitment, on the other hand, is
instead required of the new citizens, those who are introduced into a society
in the fullness of participation in it. Others suffer citizenship, but also
benefit from it, in the social security that makes it possible. At a certain
age of life, however, everyone chooses how to act as citizens, how to influence
the society of reference. There are those who choose abstention, participating
only when it is obliged to do so, and there are those who choose to participate,
trying to influence the orientation in terms of the common good. This requires
having a sufficient and realistic view of how things are going, ie a
competence. The latter requires training, which for centuries has been given
only to those who, by dynasty or other social rank, were destined for
government tasks. In a democratic environment it serves all citizens. One of
the fundamental objectives of religious formation should be precisely the
preparation for political and social action, because it has become aware that
political and social action is the manifestation of charity in the religious
sense, that is, how one must be in a perspective religious. It is not enough to
live in a fraternal spirit in a world that is organized according to the law of
the jungle: it is necessary to contribute to change the social organization.
This also requires countering, fighting, if those who benefit from unjust
social organizations, who are suffering, resist change. But also in the
struggle one must have the perspective of charity in the religious sense, which
ultimately means to propose the common good, that is to say to do also the good
of those who are opposed by enemies. In fact, while the public good is referred
to a specific community, the common good is that of everyone, beyond every
boundary, tending to that of all humanity and not only of the living, but also
that of future generations. The common good therefore has wider prospects for
the public good and, according to the teaching of Catholic social doctrine, the
public good must strive for the common good.
The work of religious formation for social and political action is
generally neglected in Italy. You do not have enough time. Sometimes we think
that those who must learn are still too small for certain topics. Other times
that adults are still too little prepared to deal with them. And, in short, at
the end only a minority is educated. Even more difficult is to do an internship
of social organization. Usually the statutes of our religious associations are
rather rigid and, comuque, when they are lacking, as in certain parish
organizations, it is preferred that to direct the works are the priests,
without co-responsibility of the others. These guidelines have become much more
evident since the 1980s, when a certain uniformity was sought in the action of
Italian laity, after the social and cultural effervescence of the 1970s. All
this has produced a certain immaturity of Italian lay people, but also of
priests and religious, in dealing with political and social issues. From the
mid-nineteenth century until the seventies of the last century it was very
different. Priests such as Romolo Murri, Luigi Sturzo and Giuseppe Dossetti
were involved in the organization of important political formations and in the
construction of their ideologies. And anyway, behind the lay people involved in
politics there were priests and religious competent in the matter. In the 80s
of the last century politics began to become dangerous for priests and
religious. It appeared as if Pope and bishops were wary of the democratic
involvement of lay faithful, priests and religious. At a certain point
everything was concentrated in the hands of the Italian Episcopal Conference,
as during the reign of Italian Popes it had been in those of the Popes. Lacking
adequate popular training, which once took place in the Italian Catholic
Action, the creativity of Italian lay people failed in political and social
action, up to today's situation in which it was once very important and indeed
decisive. , has become irrelevant. It must also be said that the Italian
Catholic world, beyond its apparent uniformity, is strongly divided, in
particular between reactionary and progressive currents, according to the
division that began to manifest itself in the last years '70. We are thinking
of a resumption of a common political initiative, but given that division on
concrete choices but also on fundamental ideologies, this is an unrealistic
hypothesis. This situation does not eliminate the need for social and political
formation, because practically every day the conscience of believers is urged
to make choices that involve religious ethics and not only in the classic
themes once defined as non-negotiable, that is to say reserved to religious
authority, such as those regarding reproduction, family and end of life.
From the beginning, the
social doctrine has relied heavily on the work in society of associations of
lay people of faith. We read in fact in the Encyclical Novelties - Rerum
Novarum, released in 1891 under the authority of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci
- Leone 13 °:
«The work
of the associations
48. In the last place,
employers and workmen may of themselves effect much, in the matter We are
treating, by means of such associations and organizations as afford opportune
aid to those who are in distress, and which draw the two classes more closely
together. Among these may be enumerated societies for mutual help; various
benevolent foundations established by private persons to provide for the
workman, and for his widow or his orphans, in case of sudden calamity, in
sickness, and in the event of death; and institutions for the welfare of boys
and girls, young people, and those more advanced in years.
49. The most important of all are workingmen's unions, for
these virtually include all the rest. History attests what excellent results
were brought about by the artificers' guilds of olden times. They were the
means of affording not only many advantages to the workmen, but in no small
degree of promoting the advancement of art, as numerous monuments remain to
bear witness. Such unions should be suited to the requirements of this our age
- an age of wider education, of different habits, and of far more numerous
requirements in daily life. It is gratifying to know that there are actually in
existence not a few associations of this nature, consisting either of workmen
alone, or of workmen and employers together, but it were greatly to be desired
that they should become more numerous and more efficient. We have spoken of
them more than once, yet it will be well to explain here how notably they are
needed, to show that they exist of their own right, and what should be their
organization and their mode of action.
50. The consciousness of his own weakness urges man to call
in aid from without. We read in the pages of holy Writ: "It is better that
two should be together than one; for they have the advantage of their society.
If one fall he shall be supported by the other. Woe to him that is alone, for
when he falleth he hath none to lift him up.". And further: "A
brother that is helped by his brother is like a strong city."It is this
natural impulse which binds men together in civil society; and it is likewise
this which leads them to join together in associations which are, it is true,
lesser and not independent societies, but, nevertheless, real societies.
51. These lesser societies and the larger society differ in
many respects, because their immediate purpose and aim are different. Civil
society exists for the common good, and hence is concerned with the interests
of all in general, albeit with individual interests also in their due place and
degree. It is therefore called a public society, because by its agency, as St.
Thomas of Aquinas says, "Men establish relations in common with one
another in the setting up of a commonwealth. "But societies which are
formed in the bosom of the commonwealth are styled private, and
rightly so, since their immediate purpose is the private advantage of the
associates. "Now, a private society," says St. Thomas again, "is
one which is formed for the purpose of carrying out private objects; as when
two or three enter into partnership with the view of trading in common. "Private
societies, then, although they exist within the body politic, and are severally
part of the commonwealth, cannot nevertheless be absolutely, and as such,
prohibited by public authority. For, to enter into a "society" of
this kind is the natural right of man; and the State has for its office to
protect natural rights, not to destroy them; and, if it forbid its citizens to
form associations, it contradicts the very principle of its own existence, for
both they and it exist in virtue of the like principle, namely, the natural
tendency of man to dwell in society.
52. There are occasions, doubtless, when it is fitting that
the law should intervene to prevent certain associations, as when men join
together for purposes which are evidently bad, unlawful, or dangerous to the
State. In such cases, public authority may justly forbid the formation of such
associations, and may dissolve them if they already exist. But every precaution
should be taken not to violate the rights of individuals and not to impose
unreasonable regulations under pretense of public benefit. For laws only bind
when they are in accordance with right reason, and, hence, with the eternal law
of God.
53. And here we are reminded of the confraternities,
societies, and religious orders which have arisen by the Church's authority and
the piety of Christian men. The annals of every nation down to our own days
bear witness to what they have accomplished for the human race. It is
indisputable that on grounds of reason alone such associations, being perfectly
blameless in their objects, possess the sanction of the law of nature. In their
religious aspect they claim rightly to be responsible to the Church alone. The
rulers of the State accordingly have no rights over them, nor can they claim
any share in their control; on the contrary, it is the duty of the State to
respect and cherish them, and, if need be, to defend them from attack. It is
notorious that a very different course has been followed, more especially in
our own times. In many places the State authorities have laid violent hands on
these communities, and committed manifold injustice against them; it has placed
them under control of the civil law, taken away their rights as corporate
bodies, and despoiled them of their property, in such property the Church had
her rights, each member of the body had his or her rights, and there were also
the rights of those who had founded or endowed these communities for a definite
purpose, and, furthermore, of those for whose benefit and assistance they had
their being. Therefore We cannot refrain from complaining of such spoliation as
unjust and fraught with evil results; and with all the more reason do We
complain because, at the very time when the law proclaims that association
is free to all, We see that Catholic societies, however peaceful and useful,
are hampered in every way, whereas the utmost liberty is conceded to
individuals whose purposes are at once hurtful to religion and dangerous to the
commonwealth.
54. Associations of every kind, and especially those of
working men, are now far more common than heretofore. As regards many of these
there is no need at present to inquire whence they spring, what are their
objects, or what the means they imply. Now, there is a good deal of evidence in
favor of the opinion that many of these societies are in the hands of secret
leaders, and are managed on principles ill - according with Christianity and
the public well-being; and that they do their utmost to get within their grasp
the whole field of labor, and force working men either to join them or to
starve. Under these circumstances Christian working men must do one of two
things: either join associations in which their religion will be exposed to
peril, or form associations among themselves and unite their forces so as to
shake off courageously the yoke of so unrighteous and intolerable an oppression.
No one who does not wish to expose man's chief good to extreme risk will for a
moment hesitate to say that the second alternative should by all means be
adopted.
55. Those Catholics are worthy of all praise-and they are
not a few-who, understanding what the times require, have striven, by various
undertakings and endeavors, to better the condition of the working class by
rightful means. They have taken up the cause of the working man, and have
spared no efforts to better the condition both of families and individuals; to
infuse a spirit of equity into the mutual relations of employers and employed;
to keep before the eyes of both classes the precepts of duty and the laws of
the Gospel - that Gospel which, by inculcating self restraint, keeps men within
the bounds of moderation, and tends to establish harmony among the divergent
interests and the various classes which compose the body politic. It is with
such ends in view that we see men of eminence, meeting together for discussion,
for the promotion of concerted action, and for practical work. Others, again,
strive to unite working men of various grades into associations, help them with
their advice and means, and enable them to obtain fitting and profitable
employment. The bishops, on their part, bestow their ready good will and
support; and with their approval and guidance many members of the clergy, both
secular and regular, labor assiduously in behalf of the spiritual interest of
the members of such associations. And there are not wanting Catholics blessed
with affluence, who have, as it were, cast in their lot with the wage-earners,
and who have spent large sums in founding and widely spreading benefit and
insurance societies, by means of which the working man may without difficulty
acquire through his labor not only many present advantages, but also the
certainty of honorable support in days to come. How greatly such manifold and
earnest activity has benefited the community at large is too well known to
require Us to dwell upon it. We find therein grounds for most cheering hope in
the future, provided always that the associations We have described continue to
grow and spread, and are well and wisely administered. The State should watch
over these societies of citizens banded together in accordance with their
rights, but it should not thrust itself into their peculiar concerns and their
organization, for things move and live by the spirit inspiring them, and may be
killed by the rough grasp of a hand from without.
56. In order that an association may be carried on with
unity of purpose and harmony of action, its administration and government
should be firm and wise. All such societies, being free to exist, have the
further right to adopt such rules and organization as may best conduce to the
attainment of their respective objects. We do not judge it possible to enter
into minute particulars touching the subject of organization; this must depend
on national character, on practice and experience, on the nature and aim of the
work to be done, on the scope of the various trades and employments, and on
other circumstances of fact and of time - all of which should be carefully
considered.
57. To sum up, then, We may lay it down as a general and
lasting law that working men's associations should be so organized and governed
as to furnish the best and most suitable means for attaining what is aimed at,
that is to say, for helping each individual member to better his condition to
the utmost in body, soul, and property. It is clear that they must pay special
and chief attention to the duties of religion and morality, and that social
betterment should have this chiefly in view; otherwise they would lose wholly
their special character, and end by becoming little better than those societies
which take no account whatever of religion. What advantage can it be to a
working man to obtain by means of a society material well-being, if he
endangers his soul for lack of spiritual food? "What doth it profit a man,
if he gain the whole world and suffer the loss of his soul?". This, as our
Lord teaches, is the mark or character that distinguishes the Christian from
the heathen. "After all these things do the heathen seek . . . Seek ye
first the Kingdom of God and His justice: and all these things shall be added
unto you."Let our associations, then, look first and before all things to
God; let religious instruction have therein the foremost place, each one being
carefully taught what is his duty to God, what he has to believe, what to hope
for, and how he is to work out his salvation; and let all be warned and
strengthened with special care against wrong principles and false teaching. Let
the working man be urged and led to the worship of God, to the earnest practice
of religion, and, among other things, to the keeping holy of Sundays and holy
days. Let him learn to reverence and love holy Church, the common Mother of us
all; and hence to obey the precepts of the Church, and to frequent the
sacraments, since they are the means ordained by God for obtaining forgiveness
of sin and fox leading a holy life.»
But, in general, the first and second level
religious formation end with the Sacrament of Confirmation without having even
begun to talk about the work that a lay person has to do in society and with a
too short association and above all lived mainly by obeying the customs
introduced by others, from religious authority, from who was before, from
tradition, without any creativity. Ultimately, so we are not able to identify,
in their time and in their society of reference, what is the common good and
how to associate to influence that society because what is understood as a
public good tends towards that common good, in particular including those that
social organization discards or otherwise excludes or marginalizes. And more
easily the people can end up enmeshed in those that in the encyclical Novelties
- Rerum novarum are defined special societies that aim at an end openly opposed
to honesty, justice, security of the civil consortium, as, in our times, those
that propose to enrich the state by unjustly and exploiting by force other
peoples, considered to be of inferior ethnic groups, or to abandon to their
destiny foreigners who ask for help or to discriminate in the society the
people of different ethnic groups or religions, all conducted, that the social
ethics, and therefore the social doctrine consider to be gravely sinfuls,
capable of staining not only the collective entities and their leaders, but
each of the persons who give them consent.
One of the main purposes of
acvivearomavalli.blogspot.it is to help fill that gap, starting from our parish
in the Roman district of Monte Sacro - Valli, but providing topics that can
also be useful to those who are much farther away.
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A cura di Mario Ardigò, membro dell'Azione Cattolica nella
parrocchia cattolica intitolata a San
Clemente papa, in Roma, quartiere Monte Sacro
- Valli
Curated by Mario Ardigò, member of Catholic Action in the
Catholic parish named after St. Clement Pope, in Rome, Monte Sacro - Valli
district