INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

ON THE WEBSITE www.bibbiaedu.it THE ITALIAN TRANSLATIONS OF THE BIBLE CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONAL IN CURRENT LANGUAGE AND THE BIBLICAL TEXTS IN ANCIENT GREEK AND ANCIENT JEWISH MAY BE CONSULTED. WITH A FUNCTIONALITY OF THE WEBSITE THE VARIOUS TEXTS MAY BE COMPARED.

martedì 26 febbraio 2019

Bene pubblico e bene comune. Materiali per una riflessione di gruppo in un laboratorio di azione sociale - Public good and common good. Materials for group reflection in a social action laboratory


Bene pubblico e bene comune. Materiali per una riflessione di gruppo in un laboratorio di azione sociale
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Public good and common good. Materials for group reflection in a social action laboratory

Nota:  dopo il testo italiano c’è la traduzione in inglese, fatta con l’aiuto di Google Translator. Ho cercato di correggere, nei limiti della mia conoscenza dell’inglese, alcune imprecisioni che la traduzione automatica ancora inevitabilmente comporta. Ho sperimentato che anche con queste imprecisioni la traduzione consente di farsi capire da coloro che parlano inglese, nelle tante versioni nazionali del mondo, o che lo utilizzano come seconda o terza lingua. E’ la funzione che anticamente svolse il greco. Cercare di farsi capire da altri popoli corrisponde a una vocazione antica della Chiesa di Roma, che è ancora attuale.

Note: after the Italian text there is the translation in English, done with the help of Google Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English, some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be understood by those who speak English, in the many national versions of the world, or who use it as a second or third language. It is the function that in ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still current.

A cura di Mario Ardigò, membro dell'Azione Cattolica nella parrocchia cattolica  intitolata a San Clemente papa, in Roma, quartiere Monte Sacro  - Valli

Curated by Mario Ardigò, member of Catholic Action in the Catholic parish named after St. Clement Pope, in Rome, Monte Sacro - Valli district

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Prologo

La definizione del bene comune, secondo la dottrina sociale cattolica è: “l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”,  in inglese “the sum of those conditions of social life which allow social groups and their individual members relatively thorough and ready access to their own fulfillment”. La troviamo nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo / Pastoral Constitution on the Church in the modern world  La gioia e la speranza - Gaudium et spes (paragrafo n.26), deliberata durante il Concilio Vaticano 2°, l’assemblea dei vescovi del mondo col Papa che si è svolta a Roma, nei palazzi del Vaticano, tra il 1962 e il 1965. Essa è solo un orientamento, non spiega, in ogni singola situazione storica e sociale quali beni della vita rientrino nel bene comune. Il bene comune  va quindi ricercato e individuato e poiché è  comune, vale a dire non  individuale,  va ricercato con un lavoro collettivo che inizia col definire chi del bene comune debba essere considerato partecipe. La dottrina sociale cattolica insegna una versione molto ampia del bene comune, che deve estendersi all’intera umanità. Ragionare in questa prospettiva è una grande conquista culturale. Di solito nell’educazione pubblica che viene data negli stati del mondo si insegna a tener conto del bene pubblico  che è ciò che viene considerato buono e desiderabile in in quello stato e che richiede un lavoro collettivo per essere ottenuto, come ad esempio la costruzione e manutenzione delle strade pubbliche. Secondo la dottrina sociale quel bene pubblico dovrebbe tendere al bene comune inteso nelle dimensione più vasta.
   Nell’estate del 2018 una nave della Marina militare italiana ha preso a bordo un centinaio di africani che erano stati soccorsi nel Mar Mediterraneo, tra le coste libiche e quelle italiane. Il Governo ha deciso di trattenerli a bordo per alcuni giorni, senza farli sbarcare, in attesa di raggiungere accordi nell'Unone Europea per il loro smistamento in altri stati europei. Nel Parlamento italiano, dall’inizio del 2019, si deve decidere se quella decisione sia stata presa per un interesse pubblico tanto importante da consentire di sospendere temporaneamente i diritti umani fondamentali di quegli stranieri e quindi  se chi la prese debba   o non debba essere sottoposto a un processo penale. E’ in questione il bene pubblico nazionale italiano. Ma quale era, in quella situazione, il bene comune? Quegli stranieri dovevano essere considerati partecipi del bene comune, anche se non erano né cittadini italiani né cittadini europei? I vescovi italiani, che sono stati molto critici nei confronti della decisione di tratteneri sulla nave militare, hanno ammonito che il bene comune  era in comune  anche con quegli stranieri.  Nello stesso periodo problemi simili sono stati affrontati anche in altri stati europei e negli Stati Uniti d’America, insomma nell’Occidente più ricco del mondo, verso il quale migra gente che proviene da stati meno ricchi o addirittura in condizioni di povertà.
 In uno stato democratico quelle decisioni non riguardano solo i Governi e i Parlamenti, ma ogni cittadino che voglia prendere sul serio la propria cittadinanza. Le questioni sul bene comune sono anche, per i fedeli cattolici,  al centro degli impegni etici che derivano dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica. Quindi bisogna rifletterci sopra anche come lavoro specificamente religioso, in chiesa. Ma quando ci si riunisce, qualche volta non si sa da dove cominciare. Ecco: gli scritti che seguono possono servire come base di partenza per un laboratorio parrocchiale di dottrina sociale, per cominciare a ricercare e definire, nella nostra situazione storica e sociale, il bene comune. Posti a base di un incontro settimanale, possono orientare la discussione per circa tre mesi.  Un laboratorio di quel genere, che non bisogna organizzare come una lezione, con un esperto che parla e gente che ascolta passivamente, non dovrebbe avere più di una decina di partecipanti, per consentire a ciascuno di esprimersi.  Per coinvolgere più persone, occorrerà costruire più laboratori. La loro organizzazione interna dipenderà dall’età, cultura, interessi, indole, di chi vi partecipa. In un gruppo di persone fino ai trent’anni probabilmente sarà utile l’opera di un animatore. Le persone più anziane potrebbero essere in grado di fare da sé.
 Ricordate che la dottrina sociale, nella concezione cattolica,  non è solo istruzione e comando, ma serve a suscitare un pensiero sociale, vale a dire orientamenti pubblici, e, soprattutto, un’azione sociale, e anche specificamente politica. Serve a produrre cambiamenti nel mondo, non solo nell’interiorità del fedele.

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Prologue

The definition of the common good, according to the Catholic social doctrine is "the sum of those conditions of social life which allow social groups and their individual members to be thorough and ready to their own fulfillment". We find it in the Pastoral Constitution on the Church in the modern world Joy and hope - Gaudium et spes (paragraph n.26), deliberated during the Second Vatican Council, the assembly of the bishops of the world with the Pope that took place in Rome, in the palaces of the Vatican, between 1962 and 1965. It is only an orientation, does not explain, in every single historical and social situation which goods of life fall into the common good. The common good must therefore be sought and identified and since it is common, that is to say not individual, it must be sought with a collective work that begins by defining who of the common good should be considered a participant. The Catholic social doctrine teaches a very broad version of the common good, which must extend to the whole of humanity. Thinking in this perspective is a great cultural achievement. Usually in the public education that is given in the states of the world it is taught to take into account the public good that is what is considered good and desirable in that state and which requires a collective work to be obtained, such as construction and maintenance of public roads. According to the social doctrine that public good should tend towards the common good understood in the larger dimensions.
   In the summer of 2018 an Italian Navy ship took on board a hundred Africans who had been rescued in the Mediterranean Sea, between the Libyan and Italian coasts. The Government has decided to keep them on board for a few days, without letting them disembark, waiting to reach agreements in the European Union for their sorting in other European countries. In the Italian Parliament, since the beginning of 2019, it has to be decided whether that decision has been taken for a public interest so important as to allow temporarily suspending the fundamental human rights of those foreigners and therefore if those who take it should or should not be subjected to a criminal trial. The Italian national public good is in question. But what was the common good in that situation? Those foreigners had to be considered participants in the common good, even if they were neither Italian citizens nor European citizens? The Italian bishops, who were very critical of the decision to hold on to the military ship, warned that the common good was in common also with those foreigners. In the same period, similar problems have also been faced in other European states and in the United States of America, in other words in the richest West in the world, to which people who come from less wealthy countries or even in conditions of poverty migrate.
 In a democratic state those decisions are not just about governments and parliaments, but every citizen who wants to take their citizenship seriously. The questions on the common good are also, for the Catholic faithful, at the center of the ethical commitments deriving from the social doctrine of the Catholic Church. So we must also reflect on it as a specifically religious work in church. But when we meet, sometimes we do not know where to start. Here: the following writings can serve as a starting point for a parish laboratory of social doctrine, to begin to research and define, in our historical and social situation, the common good. Places based on a weekly meeting can guide the discussion for about three months. A laboratory of that kind, which should not be organized as a lesson, with an expert who speaks and people who listen passively, should not have more than a dozen participants, to allow everyone to express themselves. To involve more people, you will need to build more laboratories. Their internal organization will depend on the age, culture, interests, nature of those who participate in it. In a group of people up to the age of thirty, the work of an animator will probably be useful. Older people may be able to do it themselves.
 Remember that the social doctrine, in the Catholic conception, is not only instruction and command, but serves to arouse a social thought, that is to say public orientations, and above all, a social action, and also a specifically political one. It serves to produce changes in the world, not just in the interior of the faithful.

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Prendere sul serio l’essere cittadini

  Spesso prendiamo troppo alla leggera l’essere cittadini.  Pensiamo che consista fondamentalmente nell’aver parte nella spartizione dei beni di proprietà pubblica. Sotto quel profilo giudichiamo che governa.  Pensiamo ingenuamente a chi governa come  a una sorta di padre  onnipotente e ai beni pubblici come ad un’entità infinita. Ci sorprende quindi quando chi governa lamenta di non avere risorse pubbliche sufficienti per fare ciò che vorrebbe nell’interesse dei cittadini e si espone dei conti, cercando di far capire il problema. Pensiamo subito che stia tentando di imbrogliarci profittando della nostra credulità e distrazione. Se arriva poi qualcuno che ci dà ragione, siamo portati a fidarci di lui e a mandarlo al potere al posto di quelli di prima.
  Fino al Settecento la gran parte degli stati europei erano in mano da autocrati, a dinastie sovrane che consideravano i popoli caduti in loro dominio come loro proprietà e pretendevano di tenerli totalmente in loro potere. L’economia correva senza che se ne occupassero più di tanto, salvo che per prelevare, con i tributi, quanto occorreva alle loro corti e alla difesa del loro potere. Certo, avevano anche un programma di opere pubbliche, per far funzionare le città, per consentire gli spostamenti tra una città e l’altra, per raggiungere le colonie lontane e per edificare monumenti a sé stessi, come è anche, ad esempio, la basilica vaticana, quel chiesone costruito a costo di provocare uno scisma e sul qual un Papa ha fatto mettere un’iscrizione che dice sostanzialmente “L’ho fatto io!”. Battevano monete che nel Settecento cominciarono ad essere anche pezzi di carta, il cui valore era garantito dagli Stati, mentre prima erano pezzetti di metallo dei quali quelli che valevano di più avevano un valore intrinseco, perché erano d’argento o d’oro. In linea generale i sovrani autocrati potevano predare l’economia, nel loro interesse, con pochi limiti: sotto questo punto di vista lo stato più avanzato era quello inglese, in cui fin dal Duecento ne vennero posti e poi rafforzati dall’istituzione di un Parlamento.
  Dall’Ottocento, con l’avviarsi in tutta Europa di processi democratici e con l’approvazione di costituzioni, di leggi fondamentali che vincolavano anche le dinastie sovrane e trasformavano i  consigli regi  in veri e propri parlamenti, camere di rappresentanti eletti con poteri non solo consultivi, i compiti degli Stati si ampliarono e compresero anche il benessere pubblico, in un interesse collettivo molto ampio. Questo rese molto più complessi gli interventi nell’economia e molto più importante la tenuta di una contabilità ordinata. Infatti le risorse necessarie per i nuovi compiti pubblici dovevano essere tratte dall’economia, ma in modo e in misura tali da non causarne il crollo privandola delle risorse per funzionare. In questo quadro prese sempre più importanza la  questione sociale,  vale  dire il rapporto tra chi organizzava le attività economiche e chi vi collaborava alle sue dipendenze ricavandone di che vivere. Gli stati cominciarono a ritenere che imporre una certa giustizia sociale rientrasse nei loro compiti. Una manifestazione di questo orientamento fu l’inizio della moderna dottrina sociale, con l’enciclica Le Novità  -Rerum novarum,  diffusa nel 1891 al papa Vincenzo Gioacchino Pecci -  Leone 13°.  Con lo sviluppo dei processi democratici e, in particolare, quando con l’ampliarsi del diritto di voto, fino a comprendere tutti i cittadini maggiorenni, indipendentemente dal loro sesso, ricchezza  e istruzione, la materia divenne di competenza politica delle masse, che vi possono incidere.

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Taking citizenship seriously

  We often take the citizens too lightly. We think it basically consists in having part of the division of public property. Under that profile we judge that governs. We naively think of those who govern as a sort of omnipotent father and public goods as an infinite entity. It therefore surprises us when the ruler complains that he does not have sufficient public resources to do what he would like in the interests of the citizens and exposes himself to the accounts, trying to understand the problem. We immediately think that he is trying to cheat by taking advantage of our gullibility and distraction. If someone comes to give us reason, we are led to trust him and to send him to power instead of those of the first.
  Until the eighteenth century, most of the European states were in the hands of autocrats, sovereign dynasties who considered the peoples who had fallen into their dominion as their property and claimed to keep them totally in their power. The economy ran without them taking too much care, except to withdraw, with the taxes, what was necessary to their courts and to defend their power. Of course, they also had a program of public works, to make the city work, to allow the movement between one city and the other, to reach the distant colonies and to build monuments to themselves, as is also, for example, the basilica vaticana, that church built at the cost of provoking a schism and on what a Pope has made an inscription that basically says "I did it!". Beating coins that in the eighteenth century also began to be pieces of paper, whose value was guaranteed by the States, while before they were pieces of metal of which those that were worth more had an intrinsic value, because they were silver or gold. In general, the autocratic sovereigns could predict the economy, in their interest, with few limits: from this point of view the most advanced state was the English one, in which since the thirteenth century they were placed and then strengthened by the institution of a Parliament .
  From the nineteenth century, with the launching of democratic processes throughout Europe and with the approval of constitutions, fundamental laws that also bound the sovereign dynasties and transformed royal councils into real parliaments, chambers of elected representatives with powers not only consultative bodies, the tasks of the States widened and they also included public welfare, in a very broad collective interest. This made the interventions in the economy much more complex and the maintenance of an ordered accounting much more important. In fact, the resources necessary for new public tasks had to be drawn from the economy, but in such a way that it did not cause its collapse depriving it of resources to function. In this context the social question became more and more important, that is to say the relationship between those who organized economic activities and those who collaborated in their dependencies, obtaining what they live from. The states began to believe that imposing a certain social justice was part of their tasks. A manifestation of this orientation was the beginning of modern social doctrine, with the encyclical Le Novelie -Rerum novarum, published in 1891 by Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °. With the development of democratic processes and, in particular, when the widening of the right to vote, to include all adult citizens, regardless of their sex, wealth and education, the subject became the political competence of the masses, who can affect.

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Lo sviluppo di una cultura democratica in religione

  Le dinastie sovrane che furono egemoni in Europa fino all’inizio dell’Ottocento governavano nel proprio interesse, ma avevano la necessità di un sistema di potere che, coalizzandosi, mantenesse il controllo di tutta l’altra gente, indispensabile per fare guerra e per produrre ciò che occorreva. La struttura di questo sistema di potere fu fondamentalmente quella feudale, introdotta intorno all’Ottavo secolo, in cui vi  è gerarchia di dinastie a ciascuna delle quali era attribuito il controllo di popolazione e territorio in base a un patto con chi sta sopra e, sopra tutti, con la dinastia sovrana, in quanto non riconosceva nessuno sopra di sé. I titoli nobiliari, che ancora vengono tramandati ma in genere senza più significato politico o con significato politico molto attenuato, definivano i vari gradi di quella catena gerarchica: baroni, conti, marchesi, duca, arciduca, principi e simili. La caratteristica fondamentale del sistema feudale, oltre che il patto di sottomissione con i livelli superiori della gerarchia, era un’ampia autonomia delle dinastie dominanti. Dal Seicento, con il formarsi degli stati moderni coagulatisi interno a dinastie sovrane che andavano riducendo l’autonomia dei feudatari, si andò formando un ceto di funzionari alle dirette dipendenze del sovrano, strutturati in catene gerarchiche al cui vertice stavano ministri e primi ministri di nomina regia. Con l’affermarsi dei processi democratici, questa organizzazione amministrativa finì sotto il controllo dei parlamenti e fu impiegata per i disegni di riforma sociale che si venivano sviluppando e, in particolare, ai nuovi compiti che gli stati attribuivano a loro stessi.
  Sfruttando le opportunità offerte dai processi democratici, anche le masse di chi contava meno in società e dei meno istruiti incolti ebbero voce: i loro interessi vennero presi in considerazione. Si elevarono alla politica di governo mediante i partiti politici di massa, che iniziarono a svilupparsi dalla fine dell’Ottocento e che determinarono riforme legislative che disposero l’allargamento degli aventi diritto al voto. In Italia fu fondamentale la riforma elettorale del 1912, perché pose i presupposti per il superamento del divieto di partecipare alla politica nazionale imposto dal Papato ai fedeli italiani tra il 1964  e il 1974, in polemica con il nazionalismo italiano, che finì per sopprimere lo Stato pontificio, il piccolo regno dei Papi nell’Italia centrale con capitale Roma.

«Fu la Francia, nel 1848, il primo Paese a concedere il suffragio universale a tutti i cittadini di sesso maschile: e questo divenne l’obiettivo del movimento radicale e operaio nel 19° sec., cui si aggiunse successivamente la richiesta del voto femminile. Con le Costituzioni degli Stati contemporanei, fra il primo e il secondo dopoguerra, questo obiettivo è stato raggiunto nella maggior parte dei sistemi politici nel mondo (compresi i sistemi non competitivi): negli USA nel 1920, in Gran Bretagna nel 1928, in Germania nel 1945, in Francia nel 1946. In Italia il suffragio universale è stato adottato progressivamente, in primo luogo con la riforma elettorale Giolitti del 1912, che concedeva il voto a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto i 30 anni e a coloro che, avendo compiuto i 21 anni, fossero in possesso di particolari requisiti. Nel dic. 1918 il diritto di voto fu concesso indistintamente a tutti i cittadini maschi maggiorenni. Una prima parziale estensione ai cittadini di sesso femminile fu operata nel 1925, limitatamente alle elezioni amministrative, ma la soppressione del carattere elettivo dei consigli comunali e provinciali impedì l’effettiva applicazione della riforma. Soltanto nel 1945 fu accordato alle donne il diritto di voto, esercitato per la prima volta in occasione delle elezioni della primavera del 1946. Un ulteriore allargamento del suffragio può essere considerato l’abbassamento nel 1975 della soglia di maggiore età dai 21 ai 18 anni e la conseguente inclusione nelle liste elettorali per la Camera dei deputati dei giovani appartenenti a questa fascia di età.»
[dall’Enciclopedia Treccani on line - voce Suffragio - http://www.treccani.it/enciclopedia/suffragio_%28Dizionario-di-Storia%29/].

 Il Papato rimase profondamente diffidente verso i processi democratici fino al 2013, con l’inizio del regno di Jorge Mario Bergoglio - papa Francesco e ciò nonostante la progressiva assimilazione dell’ideologia democratica nella dottrina sociale, in particolare in un processo tra il 1939 e il 1991, anno nel quale, con l’enciclica Centesimus Annus - Il centenario venne definitivamente rimosso il sospetto di eresia che gravava sui processi democratici dal 1901, quando, in definitiva, l’idea di una  democrazia cristiana  era stata scomunicata con l’enciclica Le gravi preoccupazione sui problemi sociali - Graves de communi re  del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°. Fondamentale in questa assimilazione della democrazia fu l’Azione Cattolica, fondata nel 1906 in uno dei periodi più bui della nostra storia religiosa, mentre infuriava la persecuzione anti-modernista. Fondamentale nell’organizzazione dell’Azione Cattolica fu l’azione e il pensiero di Giuseppe Toniolo (1845-1918), sociologo ed economista, uno dei primi teorici, con lo scomunicato don Romolo Murri, di una  democrazia cristiana. Il lavoro di inculturazione della democrazia tra le masse dei cattolici svolto in Azione Cattolica fu essenziale per sorreggere il lungo dominio politico, dal 1946 al 1994, del partito della Democrazia Cristiana, fondato nel 1942 da Alcide De Gasperi e da altri esponenti del Partito Popolare fondato da don Luigi Sturzo e disciolto da regime fascista di Benito Mussolini, e da politici più giovani formatisi in Azione Cattolica alla scuola di Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo 6°. La formazione di quel partito conseguì ad una profonda svolta nella dottrina sociale, manifestata con una serie di radiomessaggi papali diffusi tra il 1939 e il 1945 sotto l’autorità del papa Eugenio Pacelli - Pio 12° ma, si ritiene, elaborati con l’opera fondamentale di Montini, all’epoca addetto alla Segreteria di stato, il principale ministero di governo del Papato, a capo delle struttura amministrativa della Chiesa cattolica. Questo lavoro di inculturazione della democrazia nelle masse cattoliche svolto dall’Azione Cattolica fu ostacolato oggettivamente durante il lungo regno di Karol Wojtyla - Giovanni Paolo 2°, profondamente diffidente verso il dialogo intrattenuto storicamente, fin dall’Ottocento, dai cattolici democratici italiani con il mondo socialista. Ora c’è chi propone di rivitalizzare l’iniziativa politica democratica dei cattolici, ma, per l’insufficienza dell’attività di formazione nei trent’anni passati, ne mancano presupposti culturali e, innanzi tutto, la capacità di dialogo democratico. Questo accade in un contesto sociale nel quale alcuni correnti politiche vorrebbe nuovamente strumentalizzare la religione per sacralizzare nuovamente le nazioni  in senso etnico e un potere nazionalista. Questa strategia ha scarsamente attecchito in Italia, nell’epoca dello stato unitario, fondato nel 1861 per iniziativa di una dinastia sovrana italiana, quella dei Savoia, che dal 1848 aveva aperto a processi democratici parlamentari, per il fatto che il nostro nazionalismo si è svolto prevalentemente contro gli interessi politici del Papato, che intendeva mantenere un dominio politico territoriale almeno sulla città di Roma (che infine riebbe, in un microstato di quartiere, con l’istituzione, a seguito dei Patti Lateranensi conclusi nel 1920 con il Regno d’Italia dominato dal regime fascista mussoliniano, della Città del Vaticano). Vi è anche da considerare l’acculturazione molto scarsa alla religione del neo-nazionalismo italiano, il quale, in sostanza, cerca di inventare una propria patina religiosa senza saper esprimersi religiosamente e, soprattutto, senza voler veramente ragionare ed agire secondo i principi religiosi. In questo contesto, infatti, la religione conta più che altro come elemento caratterizzante, al pari della pastasciutta. Ma la dottrina sociale, ad esempio in quella espressa nell’enciclica Laudato si’  del 2015, del papa Francesco, propone un’influenza molto più significativa nell’organizzazione della società e, innanzi tutto, il principio di agàpe,  di unione fraterna universale, ripudiato da ogni nazionalismo.

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The development of a democratic culture in religion

  The sovereign dynasties that were hegemonic in Europe until the beginning of the nineteenth century ruled in their own interest, but they needed a system of power that, by coalescing, maintained the control of all the other people, indispensable to make war and to produce what was needed. The structure of this system of power was basically the feudal one, introduced around the 8th century, in which there is a hierarchy of dynasties to each of which the control of population and territory was attributed on the basis of a pact with those who are above and above all, with the sovereign dynasty, as he did not recognize anyone above himself. The noble titles, which are still handed down but generally without any political significance or with much weakened political significance, defined the various degrees of that hierarchical chain: barons, counts, marquises, duke, archduke, princes and the like. The fundamental characteristic of the feudal system, as well as the submission pact with the higher levels of the hierarchy, was a broad autonomy of the dominant dynasties. From the seventeenth century, with the formation of modern states coagulated in sovereign dynasties that were reducing the autonomy of the feudal lords, a group of officials became directly dependent on the sovereign, structured in hierarchical chains at the top of which were ministers and prime ministers of nomination directed. With the emergence of democratic processes, this administrative organization ended up under the control of the parliaments and was used for the social reform designs that were being developed and, in particular, for the new tasks that the states attributed to themselves.
  Taking advantage of the opportunities offered by democratic processes, even the masses of those who counted less in society and the less educated fallow were voiced: their interests were taken into account. They raised themselves to the politics of government through the mass political parties, which began to develop at the end of the nineteenth century and which led to legislative reforms that provided for the enlargement of those entitled to vote. In Italy the electoral reform of 1912 was fundamental, because it laid the foundations for overcoming the prohibition to participate in the national policy imposed by the Papacy on Italian faithful between 1964 and 1974, in controversy with Italian nationalism, which ended up suppressing the State Pontifical, the small kingdom of the Popes in central Italy with capital Rome.

"It was France, in 1848, the first country to grant universal suffrage to all male citizens: and this became the goal of the radical and workers' movement in the 19th century, to which the request for women's votes was added. . With the Constitutions of the contemporary States, between the first and the second post-war period, this goal was achieved in most political systems in the world (including non-competitive systems): in the USA in 1920, in Great Britain in 1928, in Germany in 1945, in France in 1946. In Italy universal suffrage was adopted progressively, first with the Giolitti electoral reform of 1912, which granted the vote to all male citizens who turned 30 and to those who, having completed the 21 years, were in possession of special requirements. In December 1918 the right to vote was granted without distinction to all adult males. A first partial extension to female citizens was made in 1925, limited to administrative elections, but the suppression of the elective character of municipal and provincial councils prevented the effective application of the reform. Only in 1945 was granted to women the right to vote, exercised for the first time in the spring elections of 1946. A further enlargement of the  suffrage the lowering of the age threshold from the age of 21 to 18 can be considered, and the consequent inclusion in the electoral lists for the Chamber of Deputies of young people belonging to this age group ».
[from the Treccani Encyclopedia online - Suffragio entry - http://www.treccani.it/enciclopedia/suffragio_%28Detico-di-Storia%29/].

 The Papacy remained deeply suspicious of democratic processes until 2013, with the beginning of the reign of Jorge Mario Bergoglio - Pope Francis and this despite the progressive assimilation of democratic ideology into social doctrine, particularly in a trial between 1939 and 1991, the year in which, with the encyclical Centesimus Annus - The centenary was definitively removed the suspicion of heresy that weighed on the democratic processes since 1901, when, ultimately, the idea of ​​a Christian democracy had been excommunicated with the encyclical The grave concern about social problems - Graves de communi re of pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °. Fundamental in this assimilation of democracy was Catholic Action, founded in 1906 in one of the darkest periods of our religious history, while the anti-modernist persecution was raging. Fundamental in the organization of Catholic Action was the action and thought of Giuseppe Toniolo (1845-1918), a sociologist and economist, one of the first theoreticians, with the excommunicated don Romolo Murri, of a Christian democracy. The work of inculturating democracy among the masses of Catholics carried out in Catholic Action was essential to sustain the long political domination, from 1946 to 1994, of the Christian Democratic party, founded in 1942 by Alcide De Gasperi and other exponents of the Popular Party founded by Don Luigi Sturzo and dissolved by the fascist regime of Benito Mussolini, and by younger politicians trained in Catholic Action at the school of Giovanni Battista Montini, the future Pope Paul 6 °. The formation of that party resulted in a profound change in the social doctrine, manifested with a series of papal radio messages broadcast between 1939 and 1945 under the authority of Pope Eugene Pacelli - Pius 12 ° but, it is believed, elaborated with the work fundamental of Montini, at the time assigned to the Secretariat of State, the main ministry of government of the Papacy, at the head of the administrative structure of the Catholic Church. This work of inculturation of democracy among the Catholic masses carried out by the Catholic Action was objectively impeded during the long reign of Karol Wojtyla - John Paul II, deeply suspicious of the dialogue maintained historically, since the nineteenth century, by Italian democratic Catholics with the world socialist. Now there are those who propose to revitalize the democratic political initiative of Catholics, but because of the lack of training in the past thirty years, they lack cultural assumptions and, above all, the capacity for democratic dialogue. This happens in a social context in which some political currents would again want to exploit religion to re-sacralize nations in an ethnic sense and a nationalist power. This strategy has scarcely taken root in Italy, in the epoch of the unitary state, founded in 1861 on the initiative of an Italian sovereign dynasty, that of the Savoy, which from 1848 had opened to parliamentary democratic processes, due to the fact that our nationalism took place predominantly against the political interests of the Papacy, which intended to maintain a territorial political domination at least on the city of Rome (which finally got back, in a neighborhood microstate, with the institution, following the Lateran Pacts concluded in 1920 with the Kingdom of Italy dominated by the Mussolini fascist regime, of the Vatican City). There is also to consider the very poor acculturation to the religion of Italian neo-nationalism, which, in essence, tries to invent its own religious patina without being able to express itself religiously and, above all, without really wanting to reason and act according to religious principles. In this context, in fact, religion counts more than anything else as a characterizing element, like pasta. But the social doctrine, for example in the one expressed in the Encyclical Laudato si 'of 2015, by Pope Francis, proposes a far more significant influence in the organization of society and, above all, the principle of agape, of universal fraternal union, repudiated by every nationalism.

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Il potere pubblico come servizio

  Le dinastie sovrane e i loro feudatari governavano nel proprio interesse e, innanzi tutto, per espandere il proprio potere facendo guerra a vicini e lontani e per mantenere splendide corti. La corte era l’ambiente sociale intorno al sovrano e alla sua famiglia, dai quali provenivano i suoi principali consiglieri e collaboratori e i suoi compagni di svaghi. All’interno delle corti scaturivano anche i principali intrighi che minacciavano il potere della dinastia sovrana.
 Quando, dal Seicento, il potere delle dinastie sovrane fu organizzato negli stati, le organizzazioni fortemente centralizzate con una vasta amministrazione pubblica che faceva capo a ministri nominati dal sovrano, i capi di vari livelli di questo sistema amministrativo governavano  in nome  del sovrano. Questa fu l’epoca in cui iniziò una revisione del sistema giuridico esistente, imponendo leggi dello stato riguardanti settori sempre più ampi della vita sociale, fino ad arrivare grandi codificazioni  dall’Ottocento, riducendo progressivamente l’area disciplinata dalle consuetudini e dall’antico diritto romano, rimaneggiato e rivisto a partire dal Medioevo.
  Troviamo queste dinamiche anche nell’amministrazione ecclesiastica. Essa è ancora oggi caratterizzata da un’organizzazione di tipo feudale, che lega il Papa ai vescovi con giurisdizione sul territorio, e un’amministrazione pontificia articolata nella Curia Vaticana, il sistema dei ministeri in Vaticano,  e nelle Nunziature, le ambasciate della Santa sede nel mondo. Il primo Codice di diritto canonico  è del 1917. Quello attualmente in vigore, varato per adeguare il diritto  della Chiesa ai princìpi del Concilio Vaticano 2°, è del 1983.
  Con lo sviluppo dei processi democratici, da metà Ottocento, le amministrazioni pubbliche finirono sotto il controllo dei Parlamenti, che all’epoca erano composti dai rappresentanti dei ceti dominanti negli stati. In alcuni Parlamenti, come in quello del Regno d’Italia e quello Britannico, una della Camere, delle assemblee parlamentari, aveva la struttura di consiglio del Re, con membri per diritto ereditario, o a motivo di certe funzioni svolte, o nominati dal sovrano: in Italia questa Camera era il Senato, che dal 1948 divenne completamente elettivo a parte cinque membri che sono nominati dal Presidente della Repubblica.
  Con il passaggio delle amministrazioni pubbliche nel potere dei Parlamenti, fu data una diversa spiegazione al loro potere. Fu detto che agivano al servizio degli stati, e questo anche se, negli stati monarchici, i provvedimenti ufficiali continuavano ad essere intestati In nome del Re.
 Il  Trattato Lateranense, l’accordo, facente parte dei Patti Lateranensi  stipulati nel 1929 tra il Papato e il Regno d’Italia che era sotto l’egemonia del fascismo di Benito Mussolini, e che, regolando i rapporti tra le parti, riconobbe al Papato una condizione analoga a quella di un Regno territoriale e istituì a Roma, sul colle Vaticano, nei pressi del quartiere Borgo, la Città del Vaticano, come territorio attribuito alla sovranità del Papa, è intestato  In nome della Santissima Trinità e, nella premessa dichiara:
«[…]dovendosi, per assicurare alla Santa Sede l'assoluta e visibile indipendenza, garentirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale; si è ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l'esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana; Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI e Sua Maestà Vittorio Emanuele III Re d'Italia, hanno risoluto di stipulare un Trattato, nominando a tale effetto due Plenipotenziari, cioè per parte di Sua Santità, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo Segretario di Stato, e per parte di Sua Maestà, Sua Eccellenza il Signor Cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo ; i quali, scambiati i loro rispettivi pieni poteri e trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli Articoli seguenti: […]»
  L’atto ha la struttura di un accordo internazionale tra sovrani. Entrambi si dicono sottomessi alla divinità, della quale però era considerato luogotenente il solo Pontefice, quale suo Vicario. I Re d’Italia mettevano nelle premesse delle leggi dello stato che regnavano “per grazia di Dio e volontà della Nazione”, ma non legiferavano  in nome  della divinità, ma in nome  proprio. Nel Trattato Lateranense è il coinvolgimento del Vicario  della divinità che consentì alla parti di dichiarare di agire  in nome della Santissima Trinità. La differenza non è di poco conto. E’ fondata sulla concezione cristiana dell’attività di governo come  servizio, quindi di un potere esercitato come  funzione, non  in nome proprio e nel proprio esclusivo interesse, anche se svolta al massimo livello e quindi da chi non riconosce sopra di sé alcuna potenza terrena e rivendica pertanto la sovranità. Nella teologia del potere Papale come  Vicario  della divinità, il Papa governa  in nome  della divinità, come suo funzionario luogotenente, al suo servizio. Ogni altro potere è riconosciuto in quanto sottomesso alla divinità, ma non può governare in nome della divinità. Questa concezione storicamente fondò, dall’Undicesimo secolo, la pretesa del Papato di supremazia sui poteri sovrani  della Terra. La teologia evangelica del governo come servizio non è però perfettamente corrispondente a questa impostazione:
«25 […] I re delle nazioni le signoreggiano, e coloro che esercitano autorità su di esse sono chiamati benefattori. 26 Ma con voi non sia così; anzi il più grande fra di voi sia come il minore e chi governa come colui che serve. 27 Chi è infatti più grande chi siede a tavola, o colui che serve? Non è forse colui che siede a tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve.» [Luca 22, 25-27 Versione Nuova Diodati].
 Nel quadro evangelico chi governa non dovrebbe farlo né nel proprio interesse né in nome di un sovrano più in alto, al modo del feudatario, né come funzionario di tale sovrano.  La misura del servizio di governo è la necessità altrui.

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Public power as a service

 The sovereign dynasties and their feudal lords ruled in their own interest and, first of all, to expand their power by waging war on neighbors and distant ones and to keep splendid courts. The court was the social environment around the sovereign and his family, from whom came his chief advisors and collaborators and his companions of leisures. Within the courts also came the principal intrigues that threatened the power of the sovereign dynasty.
 When, from the seventeenth century, the power of the sovereign dynasties was organized in the states, the highly centralized organizations with a vast public administration that was headed by ministers appointed by the sovereign, the heads of various levels of this administrative system ruled in the name of the sovereign. This was the epoch in which a revision of the existing juridical system began, imposing state laws concerning ever wider sectors of social life, until great codifications arrived from the nineteenth century, progressively reducing the area governed by customs and ancient law. Roman, remodeled and revised from the Middle Ages.
  We find these dynamics also in the ecclesiastical administration. It is still today characterized by a feudal organization, which links the Pope to the bishops with jurisdiction over the territory, and a papal administration articulated in the Vatican Curia, the system of ministries in the Vatican, and in the Nunciatures, the embassies of the Holy See in the world. The first code of canon law dates back to 1917. The current law, adopted to adapt the Church's right to the principles of the Second Vatican Council, is dated 1983.
  With the development of democratic processes, from the mid-nineteenth century, public administrations came under the control of the parliaments, which at the time were composed of representatives of the ruling classes in the states. In some Parliaments, as in that of the Kingdom of Italy and the British, one of the Chambers, the parliamentary assemblies, had the structure of the King's council, with members by inheritance, or due to certain functions performed, or appointed by the sovereign: in Italy this Chamber was the Senate, which from 1948 became completely elective apart from five members who are nominated by the President of the Republic.
  With the passage of public administrations into the power of parliaments, a different explanation was given to their power. It was said that they acted in the service of the states, and this even if, in the monarchical states, official measures continued to be registered in the name of the King.
 The Lateran Treaty, the agreement, part of the Lateran Pacts stipulated in 1929 between the Papacy and the Kingdom of Italy that was under the hegemony of the fascism of Benito Mussolini, and that, by regulating the relations between the parties, recognized the Papacy a condition analogous to that of a territorial Kingdom and established in Rome, on the Vatican hill, near the Borgo district, the Vatican City, as territory attributed to the sovereignty of the Pope, is headed in the name of the Holy Trinity and, in the premise states:
«[...] having to guarantee absolute and visible independence to the Holy See, to guarantee unquestionable sovereignty in the international field; the necessity of constituting, with particular modalities, the City of the Vatican, recognizing on the same to the Holy See the full ownership and the exclusive and absolute power and sovereign jurisdiction; His Holiness the Supreme Pontiff Pius XI and His Majesty Vittorio Emanuele III King of Italy, have resolved to stipulate a treaty, appointing to such effect two Plenipotentiaries, that is to say part of His Holiness His Most Reverend Eminence Cardinal Pietro Gasparri, His Secretary of State, and for part of His Majesty, His Excellency Mr. Cavaliere Benito Mussolini, Prime Minister and Head of Government; who, exchanging their respective full powers and finding them in good and due form, have agreed in the following Articles: [...] »
  The act has the structure of an international agreement between sovereigns. Both say they are submissive to the divinity, of which the only Pontiff, as his Vicar, was considered a lieutenant. The kings of Italy placed in the premises of the laws of the state that reigned "by the grace of God and the will of the nation", but did not legislate in the name of divinity, but in its own name. In the Lateran Treaty it is the involvement of the Vicar of Divinity that allowed the parties to declare to act in the name of the Most Holy Trinity. The difference is not trivial. It is based on the Christian concept of government as a service, therefore of a power exercised as a function, not in its own name and in its own exclusive interest, even if carried out at the highest level and therefore by those who do not recognize any earthly power above them. and therefore claims sovereignty. In the theology of Papal power as Vicar of Divinity, the Pope governs in the name of divinity, as his official lieutenant, in his service. Every other power is recognized as subject to divinity, but can not govern in the name of divinity. This conception historically founded, from the Eleventh Century, the pretension of the Papacy of supremacy over the sovereign powers of the Earth. The evangelical theology of government as a service, however, is not perfectly consistent with this approach:
"25 [...] The kings of the nations dominate them, and those who exercise authority over them are called benefactors. 26 But it's not like that with you; indeed, the greatest among you both as the minor and those who govern as the one who serves. 27 Who in fact is greater who sits at the table, or who serves? Is not he the one sitting at the table? And yet I am among you as one who serves. "[Luke 22, 25-27 New Diodati Version].
 In the Gospel context, those who govern should not do so either in their own interests, either in the name of a higher sovereign, in the world of the feudal lord, or as an official of that sovereign. The measure of government service is the need of others.

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La nazione come costruzione sociale

 Nel libro Nazioni e nazionalismi dal 1780 -Programma, mito, realtà (il libro, del1990, pubblicato nella Piccola biblioteca Einaudi, è in commercio ad €19,0) lo storico inglese Eric Hobsbawn (1917-2012) dimostra che il concetto contemporaneo di nazione  è totalmente costruito culturalmente e risale all’Ottocento, come elementi di rafforzamento del potere degli stati sulle masse popolari. La  nazione  è quello a cui pensiamo quando cerchiamo di farci un’idea dello stato in cui ci  è capitato, per nascita, sorte o scelta, di essere inclusi e, pensando anche di farne parte o di  poterne fare parte, in modo da non essere semplicemente in potere altrui, la immaginiamo grande, non nel senso di  grossa, ma di realtà collettiva con attributi positivi, derivanti dalla sua tradizione di cultura e potenza, in modo di pensarci grandi pure noi. Discendenza etnica, colore della pelle a altri aspetti somatici,  lingua, religione, capacità intellettuali, tecniche o artistiche, tradizioni matrimoniali, di feste sociali, di abbigliamento, alimentari e culinarie: tutti questi aspetti sono di volta in volta utilizzati per  costruire una nazione in uno stato, ma ad un esame analitico non sono veramente tanto comuni, vale a dire diffusi  nella popolazione di riferimento, della quale si vuole fare  un popolo, da essere veramente caratterizzanti. Ciò che è caratterizzato è anche  definito delimitato, e mediante  caratterizzazioni difficilmente si riescono a rispettare con esattezza i confini della nazione che si vuole edificare, che corrispondono a quelli degli stati di riferimento. In realtà negli stati contemporanei vivono elementi caratterizzanti molto eterogenei, in particolare con riferimento all’etnia, alla lingua, alle tradizioni locali e ad altri elementi culturali, tanto che, come ricordo spesso, l’arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi (1928-2015) disse una volta che, se si esclude la religione, l’unico elemento che unifica la nazione  italiana è la pastasciutta. In realtà però, in Italia, vivono diverse tradizioni religiose e la pastasciutta non si  fa e si cucina dappertutto nello stesso modo. Possiamo trovarci d’accordo che, più ci si distanzia geograficamente più ci si tende a distanziare culturalmente. Da questo però consegue che nelle regioni di confine degli stati le differenze sfumano e in molti elementi culturali, ad esempio nella lingua, si è più vicini a coloro che abitano dall’altra parte della frontiera di quanto non lo si sia con quelli della capitale dello stato di appartenenza.
  Prendere consapevolezza che l’idea di nazione è totalmente costruita culturalmente non deve spaventare o anche solo demoralizzare. Significa solo che le nazioni sono opera nostra, sociale, non nascono dalla terra come le zucchine, né dai nostri geni come la faccia che abbiamo. Questo significa che non siamo condannati  a subire una nazione, ma possiamo modificarne le caratteristiche negli aspetti che non vanno bene, che fanno soffrire la gente. Le nazioni nascono, e la parola italiana nazione  deriva dalla parola latina che significava nascere, da un sistema di relazioni sociali, vale a dire nel frequentarsi, parlarsi, cooperare, e anche nel piacersi e amarsi, per cui troviamo nello scorrere dei tempi e nel succedersi delle generazioni le ragioni per continuare a stare insieme e, anche, nel frequentare altri, per includere altra gente.  Questo è molto evidente in una nazione  come quella Italiana che è una costruzione sociale molto recente: risale agli inizi dell’Ottocento.  La nostra nazione  nacque unificandone altre che erano stanziate nella Penisola italiana e, così costruendo, quest’ultima divenne progressivamente da semplice espressione geografica, come nel 1847 la definì realisticamente il Cancelliere (Primo ministro) Klemens von Metternich, prima sede territoriale di un stato unitario e poi, in un progresso storico durato un centinaio d’anni, luogo in cui viveva un popolo, vale a dire popolazioni che volevano  condividere una storia e cooperare in modo solidale per il benessere comune. In questo lavoro di costruzione nazionale, ad un certo punto svolsero un ruolo importantissimo il Papato romano e la Chiesa cattolica, partendo da posizioni fortemente anti-nazionalistiche, tanto che ad un certo punto, nell’Ottocento, alcuni dei più ferventi attivisti cattolici ricaddero, come quelli socialisti, sotto il rigore delle leggi statali per la difesa della sicurezza dello stato e venivano schedati dalla Questure tra i sovversivi. In particolare la svolta storica si ebbe nel 1905, quando, con l’enciclica Il fermo proposito, diffusa nel 1905 dal papa Giuseppe Sarto - Pio 10°, venne ordinata la costituzione dell’Azione Cattolica, che in Italia avvenne l’anno seguente con l’approvazione degli statuti della nuova organizzazione.
  Nell’enciclica così si definiva il lavoro di azione cattolica:

«[…]voi vedete, o Venerabili Fratelli, di quanto aiuto tornano alla Chiesa quelle schiere elette di cattolici che si propongono appunto di riunire insieme tutte le forze vive, a fine di combattere con ogni mezzo giusto e legale la civiltà anticristiana, riparare per ogni modo i disordini gravissimi che da quella derivano; ricondurre Gesù Cristo nella famiglia, nella scuola, nella società; ristabilire il principio dell’autorità umana come rappresentante di quella di Dio; prendere sommamente a cuore gli interessi del popolo e particolarmente del ceto operaio ed agricolo, non solo istillando nel cuore di tutti il principio religioso, unico vero fonte di consolazione nelle angustie della vita, ma studiandosi di rasciugarne le lacrime, di raddolcirne le pene, di migliorare la condizione economica con ben condotti provvedimenti; adoperarsi quindi perché le pubbliche leggi siano informate a giustizia, e si correggano o vadano soppresse quelle che alla giustizia si oppongono: difendere infine e sostenere con animo veramente cattolico i diritti di Dio in ogni cosa e quelli non meno sacri della Chiesa.
Il complesso di tutte queste opere sostenute e promosse in gran parte dal laicato cattolico e variamente ideate a seconda dei bisogni propri di ogni nazione e delle circostanze particolari in cui versa ogni paese, è appunto quello che con termine più particolare e certo nobile assai suol essere chiamato azione cattolica, ovvero azione dei cattolici. Essa in tutti i tempi venne sempre in aiuto della Chiesa, e la Chiesa tale aiuto ha sempre accolto favorevolmente e benedetto, sebbene a seconda dei tempi si sia variamente esplicato.»

Scrisse Massimo D’Azeglio (1798-1866):
«[…] in gl'Italiani hanno voluto far un'Italia nuova, e loro rimanere gl'Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico il loro retaggio; perché pensano a riformare l'Italia, e nessuno s'accorge che per riuscirci bisogna, prima, che riformare sé stesso; [...] Il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati d'alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani».
[Massimo D’Azeglio, I miei ricordi, 1867, pubblicato poi da Einaudi; può essere letto sul WEB: <http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t207.pdf>]

 Bene,  vedete che, ai tempi del nostro nazionalismo ottocentesco, dal quale scaturì l’unità nazionale, si aveva ben chiaro che la nazione era una costruzione sociale, per cui, conquistato con la guerra uno stato che comprendeva geograficamente quasi tutta la Penisola, occorreva fare gli italiani, vale  a dire costruire  una cultura nazione. In questa costruzione fu ad un certo punto determinante il cattolicesimo democratico, che è nient’altro che uno sviluppo politico della dottrina sociale della Chiesa. La nostra Repubblica ne porta evidentissime le tracce. E’ questa costruzione culturale che da una decina d’anni  è improvvisamente entrata in crisi, generando un’epoca con caratteristiche realmente rivoluzionarie, anche se sembra che la gente non se ne renda bene conto.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

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The nation as a social construction

 In the book Nations and nationalisms from 1780 -Program, myth, reality (the book, dated 1990, published in the small Einaudi library, is on sale for € 19.0) the English historian Eric Hobsbawn (1917-2012) shows that the contemporary concept of nation is totally built culturally and dates back to the nineteenth century, as elements of strengthening the power of states over the masses of the people. The nation is what we think of when we try to get an idea of ​​the state in which it happened, by birth, fate or choice, to be included and, also thinking of being part of it or being part of it, so as not to be simply in the power of others, we imagine it big, not in the sense of big, but of collective reality with positive attributes, deriving from its tradition of culture and power, in order to think of ourselves as great as well. Ethnic descent, skin color to other somatic aspects, language, religion, intellectual, technical or artistic skills, matrimonial traditions, social feasts, clothing, food and culinary traditions: all these aspects are from time to time used to build a nation in a state, but an analytical examination, are not really so common, that is to say widespread in the reference population, of which we want to make a people, to be truly characterizing. What is characterized is also defined, delimited, and by means of characterizations it is difficult to accurately respect the boundaries of the nation to be built, which correspond to those of the states of reference. In reality, in contemporary states there are very heterogeneous characterizing elements, in particular with reference to ethnicity, language, local traditions and other cultural elements, so much so that, as I often remember, the archbishop of Bologna Giacomo Biffi (1928-2015) he once said that if religion is excluded, the only element that unifies the Italian nation is pasta. In reality, however, in Italy, different religious traditions live and pasta is not made and cooked everywhere in the same way. We can agree that the more geographically we distance ourselves the more we tend to distance ourselves culturally. From this it follows that in the border regions of the states the differences fade and in many cultural elements, for example in the language, one is closer to those who live on the other side of the border than it is with those in the capital of the state of belonging.
   To be aware that the idea of ​​nation is totally constructed culturally must not scare or even demoralize. It only means that nations are our work, social, they do not come from the earth like zucchini, nor from our genes like the face we have. This means that we are not condemned to suffer a nation, but we can change its characteristics in aspects that are not good, that make people suffer. Nations are born, and the Italian word nation derives from the Latin word that meant to be born, from a system of social relations, that is to say, to frequent oneself, to talk, to cooperate, and also to like and love each other, for which we find in the passing of time and in the generations take over the reasons for continuing to be together and, also, for attending others, to include other people. This is very evident in a nation like the Italian one which is a very recent social construction: it dates back to the early nineteenth century. Our nation was born by unifying others that were allocated in the Italian peninsula and, thus building, the latter gradually became a simple geographical expression, as in 1847 realistically defined the Chancellor (Prime Minister) Klemens von Metternich, first territorial seat of a unitary state and then, in a historical progress lasting about a hundred years, a place where a people lived, that is to say populations who wanted to share a history and cooperate in solidarity for the common well-being. In this work of national construction, in a time the Roman Papacy and the Catholic Church played a very important role, starting from strongly anti-nationalist positions, so much so that in the nineteenth century some of the most fervent Catholic activists fell back, like the socialist ones, under the rigor of state laws for the defense of the security of the state and were filed by the Questure among the subversives. In particular, the historical turning point came in 1905, when, with the encyclical Il fermo proposito, released in 1905 by the pope Giuseppe Sarto - Pio 10 °, the constitution of the Catholic Action was ordered, which in Italy took place the following year. the approval of the statutes of the new organization.
  In this encyclical, the work of Catholic action was defined as follows:

«[...] you see, Venerable Brothers, how much help back to the Church those elected ranks of Catholics who propose to bring together all the living forces, in order to fight with all right and legal means the anti-Christian civilization, to repair for every way the very serious disorders that derive from that; to bring Jesus Christ back into the family, into school, into society; re-establish the principle of human authority as a representative of that of God; take to heart the interests of the people and especially the working class and agricultural, not only instilling in the heart of all the religious principle, the only true source of consolation in the anguishes of life, but studying to wipe away the tears, to soften the pains, improve the economic condition with well-conducted provisions; to work to ensure that public laws are brought to justice, and that those who oppose justice are corrected or suppressed: to finally defend and support with a truly Catholic mind the rights of God in everything and those no less sacred than the Church.
The complex of all these works supported and promoted in large part by the Catholic laity and variously designed according to the needs proper to each nation and the particular circumstances in which each country is, is precisely what with a more particular and certainly noble term called Catholic action, or action of Catholics. In all times it always came to the aid of the Church, and the Church has always welcomed and blessed this help, although according to the times it has been variously explained.»

Massimo D'Azeglio 1798-1866) wrote (:
"[...] in Italians they wanted to make a new Italy, and they would remain the old Italians of before, with the beggars and the moral miseries that were their ancient heritage; because they think of reforming Italy, and no one realizes that in order to succeed, we must first reform ourselves; [...] The first need of Italy is that they form Italians with high and strong characters. And too much we go every day more towards the opposite pole: Italy too much has been made, but Italians are not made ».
[Massimo D'Azeglio, My memories, 1867, then published by Einaudi; can be read on the WEB: <http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t207.pdf>]

 Well, you see that, at the time of our nineteenth-century nationalism, from which the national unity emerged, it was clear that the nation was a social construction, so, conquered with the war a state that geographically comprised almost the whole peninsula. to make Italians, ie to build a nation culture. Democratic Catholicism, which is nothing more than a political development of the social doctrine of the Church, was decisive in this construction. Our Republic bears evident traces of it. And 'this cultural construction that for a decade has suddenly entered into crisis, generating an era with truly revolutionary characteristics, although it seems that people do not fully understand it.
Mario Ardigò - Catholic Action in San Clemente pope - Rome, Monte Sacro, Valli

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Che cosa intendiamo per bene comune

  La politica, intesa come agire politico, cioè il  partecipare al governo della società in cui si è immersi, deve essere appresa, non è innata. La capacità di agire in politica non è nei nostri geni, come le nostre facce. La scuola dovrebbe insegnarla, ma raramente lo fa. Prevalentemente insegna invece a chi obbedire, come obbedire e perché obbedire. Questo accade anche in religione.
  Fece scandalo Lorenzo Milani quando scrisse  che l’«obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni». Negli anni ’80, in Italia, si capì il problema e sorsero tante  scuole di politica. Poi l’entusiasmo calò progressivamente e ora siamo nella condizione che chi vuole imparare la politica deve fare da sé. Fare da sé non significa però essere solo autodidatti, ma prima di tutto cercare buoni maestri, in modo da non dovere ripartire da capo in tutto, ma di raggiungere un livello di approfondimento tale da potere prendere le decisioni appropriate. Questo significa fare auto-formazione. La si fa leggendo e dialogando con altri che stanno apprendendo. Il dialogo serve a correggere quello che non si è capito correttamente e a capire meglio e in modo più approfondito. Il dialogo più produttivo è naturalmente con chi ne sa di più, ma è utili anche quello tra pari, perché, dialogando, si allargano i punti di vista. L’auto-formazione rientra nel profilo della persona colta. La persona colta si distingue dall’esperto perché, a differenza di quest’ultimo, non sa tutto ciò che occorre sapere in un certo ramo della conoscenza, perché non rientra nella sua competenza specialistica, ma cerca di approfondire in maniera sufficiente a capire le questioni. Per partecipare al governo della società, e quindi per fare  politica, occorre sforzarsi di essere persona colte. Altrimenti si è semplicemente trascinati dagli altri o ci si adegua alla corrente sociale prevalente, come fanno gli uccelli in uno stormo. Ma fare  politica significa governare  e quindi anche  guidare.  Se non lo si fa da persone colte si è guide cieche.
 Il dialogo è anche una parte del tirocinio alla politica democratica, che è quella in cui al governo della società partecipano tendenzialmente tutti, in condizione di pari dignità e, e questo è molto importante, ognuno tiene conto della dignità e del bene di ciascun altro.  Ecco perché è molto importante per una persona che voglia dedicarsi più intensamente alla politica in ruoli di responsabilità pubblica conoscere meglio che può la gente della società di riferimento, non solo le situazioni e le dinamiche sociali. Ho scritto  meglio che può” perché conoscere veramente tutti ci è impossibile, per i nostri limiti cognitivi di specie derivanti dal funzionamento del nostro cervello e dei nostri sensi. Eppure è molto evidente quando un politico mostra di conoscere la sua gente e quando invece ne ha una immagine sterotipata, appena abbozzata e dunque poco realistica. Ma è lo stesso anche per un capo religioso, ad esempio per un vescovo e lo stesso Papa, i quali, secondo l’ordinamento giuridico della nostra Chiesa hanno compiti propriamente di governo. Questa serie di interventi che state leggendo sono inseriti un un’attività di autoformazione di un piccolo gruppo di Azione cattolica,  che si riunisce in una parrocchia della periferia nord orientale romana, nei pressi della riva destra del fiume Aniene, il principale affluente del Tevere. Scrivo queste precisazioni geografiche perché stiamo coinvolgendo molte persone che vivono lontano, addirittura in altre nazioni o continenti. Questo risultato spettacolare è permesso dalle possibilità di collegamento offerte dal WEB, dalla rete internet. Scopriamo di avere problemi ed esigenze comuni con persone molto lontane da noi nello spazio, ma vicine nella cultura di riferimento. Questo fa capire come abbiano poco senso le politiche che voglio tagliare questi legami, chiudendo di nuovo le persone in universi limitati. Come può un universo  essere limitato? Avviene quando consideriamo la società in cui viviamo un universo, vale dire l’unico ambiente sociale che ci interessa, e decidiamo di ignorare  ciò che è fuori.
  Nella dottrina sociale della Chiesa cattolica romana, vale a dire quel pensiero sociale che viene diffuso dal Papato e dai vescovi come direttiva per l’azione politica e sociale dei fedeli, ha molta importanza il concetto di bene comune, inteso come “l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”,  in inglese “the sum of those conditions of social life which allow social groups and their individual members relatively thorough and ready access to their own fulfillment”. Questa definizione è scritta in una delle più importanti leggi della Chiesa cattolica deliberate durante il Concilio Vaticano 2°, la grande assemblea legislativa del Papa e dei vescovi del mondo, tenutasi a Roma, nei palazzi del Vaticano, tra il 1962 e il 1965, la Costituzione sulla Chiesa nel mondo contamporaneo / Pastoral Constitution

on the Church in the 
modern world  La gioia e la speranza - Gaudium et spes (1)

 Con la parola bene  intendiamo anche una risorsa a disposizione, ad esempio una cosa di cui disponiamo come proprietari o ad altro titolo, e una finalità dell’azione, vale a dire ciò che è giusto. Riteniamo che la nostra fede ci guidi verso il bene inteso come ciò che è giusto fare. E che ci richieda di organizzare la società in modo da renderla un ambiente collettivo che permetta la realizzazione del bene comune nel senso indicato dalla Costituzione che ho citato. Per conseguire questo risultato è necessario che le risorse a disposizione di una società siano utilizzate per conseguire questa finalità. In questo la dottrina sociale si differenzia  molto dalle concezioni liberali perché non ritiene che, per realizzare la finalità  pubblica del  bene comune, debbano essere utilizzate solo le risorse di proprietà   pubblica, ma che anche le risorse di proprietà privata debbano concorrere a quel risultato. Questa è una dottrina di fede molto antica, che addirittura ha fondamento nelle Scritture sacre. In passato questo concetto veniva descritto spiegando che la proprietà privata, il  dominio dei singoli sulle risorse a loro disposizione e in loro dominio, doveva avere anche  una funzione sociale. Più di recente è stata sviluppata una teoria giuridica detta dei beni comuni, come l’aria, l’acqua, l’ambiente, il paesaggio, vale a dire di quelle risorse, di proprietà pubblica e privata, dalle quali ciascuno tra un vantaggio per la propria vita, anche se non le ha in proprio dominio. L’architettura di una città, fatta di costruzioni di proprietà pubblica e di proprietà privata delle quali solo una parte di quelle di proprietà pubblica sono utilizzabili dai cittadini, contribuisce al benessere comune se è bella e favorisce le relazioni sociali, altrimenti no, come accade in alcune desolate periferie delle grandi città, dove si vive male. Una parte importante della politica è la gestione delle risorse sociali per conseguire il bene comune, mediante beni di proprietà pubblica, come quelli che appartengono allo stato o al municipio, beni di proprietà privata e beni comuni. Questa parte della politica riguarda la giustizia sociale ed è stata molto sviluppata dal secondo dopoguerra, vale a dire dal 1945 ad oggi. L’importanza che le politiche di giustizia sociale hanno avuto in alcuni degli stati contemporanei, in particolare nei maggiori e più influenti stati dell’Occidente, a partire dagli Stati Uniti d’America, ha fatto definire come stato del benessere - Welfare state  il modello di questa organizzazione pubblica che non  mira solo a garantire diritti di libertà personale, la proprietà privata e la libertà di produrre e commerciare, ma anche generalizzate buone condizioni di vita sociale, e questo anche nei momenti sfavorevoli, come nella disoccupazione involontaria, nella malattia o nella vecchiaia, o nei quali si è più deboli, come nell’infanzia e adolescenza, quando si vive da donne in società fortemente maschiliste o quando si giunge da rifugiati, fuggendo da situazioni di pericolo negli stati dei quali si è cittadini.
  La pace è, per la dottrina sociale contemporanea, una delle principali finalità di bene comune. In essa rientra la sicurezza delle persone nelle zone di frontiera, che si annulla tra gli stati in guerra ed è scarsa tra gli stati in cui si creano attriti politici, per cui si chiudono a difesa come fanno i ricci. Il magistero sociale del Papato e dei vescovi è da tempo fortemente critico con gli stati /riccio. Tra questi vi è l’Italia di oggi. La sua frontiera meridionale con la Libia e la Tunisia, che corre nel mare Mediterraneo, è diventata particolarmente pericolosa per i migranti irregolari, quelli che, venendo da situazioni di grave rischio personale, cercano di raggiungere l’Europa via mare. Lo è diventata anche per le politiche nazionali che hanno ridotto l’attività di soccorso in mare. In altre zone del mondo vi sono problemi simili. Affrontare il problema da persone colte, nel senso che ho sopra precisato, sembra difficile. Si è pensato di costruire un muro in mezzo al mare, ma, è stato osservato, si è fatto in realtà un grande cimitero. Questo risultato, per il quale nei mesi scorsi sono arrivati molti meno migranti irregolari via mare dall’Africa, rientra, secondo alcune correnti politiche italiane, nel bene pubblico, inteso come bene dello stato, ma anche nel bene comune, come situazione di benessere sociale. Su questo tema il contrasto con la dottrina sociale è frontale.  Questo dipende dalla diversa prospettiva che viene adottata. Quella della dottrina sociale è realmente universale e tiene conto del bene comune di un’umanità più vasta di quella della quale tengono conto quelli che ritengono di interesse pubblico sigillare le frontiere.  La parola cattolico  viene da una parola del greco antico che significa universale. Questo è il punto di vista della Chiesa perché è anche quello del Cielo: il fedele cattolico  è spinto, nel lavoro di formazione religiosa, a farlo proprio e ad agire in quella prospettiva.

(1) Dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes del Concilio Vaticano 2°
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html
26. Promuovere il bene comune.
Dall'interdipendenza sempre più stretta e piano piano estesa al mondo intero deriva che il bene comune - cioè l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente - oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri che riguardano l'intero genere umano.
Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell'intera famiglia umana (47). Contemporaneamente cresce la coscienza dell'eminente dignità della persona umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili. Occorre perciò che sia reso accessibile all'uomo tutto ciò di cui ha bisogno per condurre una vita veramente umana, come il vitto, il vestito, l'abitazione, il diritto a scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, il diritto all'educazione, al lavoro, alla reputazione, al rispetto, alla necessaria informazione, alla possibilità di agire secondo il retto dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla giusta libertà anche in campo religioso.
L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone, poiché l'ordine delle cose deve essere subordinato all'ordine delle persone e non l'inverso, secondo quanto suggerisce il Signore stesso quando dice che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato (48). Quell'ordine è da sviluppare sempre più, deve avere per base la verità, realizzarsi nella giustizia, essere vivificato dall'amore, deve trovare un equilibrio sempre più umano nella libertà (49).
Per raggiungere tale scopo bisogna lavorare al rinnovamento della mentalità e intraprendere profondi mutamenti della società. Lo Spirito di Dio, che con mirabile provvidenza dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra, è presente a questa evoluzione.
Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell'uomo questa irrefrenabile esigenza di dignità.
(47) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et magistra: AAS 53 (1961), p. 417.
(48) Cf. Mc 2,27.
(49) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS 55 (1963), p. 266.

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What we mean by common good

  Politics, understood as political action, that is, participating in the governance of the society in which we are immersed, must be learned, is not innate. The ability to act in politics is not in our genes, like our faces. The school should teach it, but rarely does it. Mainly teaches instead who to obey, how to obey and why to obey. This also happens in religion.
  Lorenzo Milani made a scandal when he wrote that "obedience is no longer a virtue, but the most subtle of temptations". In the 80s, in Italy, the problem was understood and so many schools of politics arose. Then the enthusiasm gradually dropped and now we are in the condition that those who want to learn politics must do themselves. Doing so does not mean, however, being just self-taught, but first of all looking for good teachers, so you do not have to start all over again, but to reach a level of depth that can make appropriate decisions. This means doing self-training. It is done by reading and dialoguing with others who are learning. The dialogue serves to correct what has not been understood correctly and to understand better and in greater depth. The most productive dialogue is naturally with those who know more about it, but that between peers is also useful, because, by dialoguing, the points of view are widened. Self-training falls within the profile of the educated person. The educated person distinguishes himself from the expert because, unlike the latter, he does not know all that is needed in a certain branch of knowledge, because he does not fall within his specialist competence, but seeks to deepen sufficiently to understand the issues . In order to participate in the governance of society, and therefore to do politics, it is necessary to strive to be a cultured person. Otherwise it is simply dragged by others or adapts itself to the prevailing social current, as birds do in a flock. But to do politics means to govern and therefore also to drive. If you do not do it as a cultured person you are blind driving.
  Dialogue is also a part of the training in democratic politics, which is one in which the government of society tends to participate, in conditions of equal dignity and, and this is very important, everyone takes into account the dignity and the good of each other. This is why it is very important for a person who wants to devote himself more intensely to politics in roles of public responsibility to know better than the people of the society of reference, not just situations and social dynamics. I wrote "better than it can" because to truly know all of us is impossible, because of our cognitive limits of species deriving from the functioning of our brain and our senses. Yet it is very evident when a politician shows his people and when he has a sterotyped image, just sketched and therefore unrealistic. But it is the same also for a religious leader, for example for a bishop and the same Pope, who, according to the legal system of our Church, have duties of proper government. This series of interventions that you are reading included a self-training activity of a small group of Catholic Action, which meets in a parish in the north-eastern suburbs of Rome, near the right bank of the Aniene river, the main tributary of the Tiber. I write these geographical details because we are involving many people who live far away, even in other nations or continents. This spectacular result is allowed by the connection possibilities offered by the WEB, by the Internet. We discover that we have problems and common needs with people very far from us in space, but close in the reference culture. This makes it clear how the policies I want to cut these ties make little sense, closing people back into limited universes. How can a universe be limited? It happens when we consider the society in which we live a universe, that is to say, the only social environment that interests us, and we decide to ignore what is outside.
  In the social doctrine of the Roman Catholic Church, that is to say, the social thought that is spread by the papacy and by the bishops as a directive for the political and social action of the faithful, the concept of the common good, understood as "the whole of those conditions of social life that allow both groups and individual members to achieve their own perfection more fully and more quickly ", in English" the sum of those conditions of social life which allow social groups and their individual members to be thorough and ready access to their own fulfillment ". This definition is written in one of the most important laws of the Catholic Church deliberated during the Second Vatican Council, the great legislative assembly of the Pope and the bishops of the world, held in Rome, in the Vatican buildings, between 1962 and 1965, the Constitution on the Church in the world of contortion / Pastoral Constitution on the Church in the modern world Joy and hope - Gaudium et spes (1)
 With the word good we also mean a resource available, for example something that we have as owners or other title, and a purpose of the action, that is to say what is right. We believe that our faith guides us towards the good understood as what is right to do. And that requires us to organize society in order to make it a collective environment that allows the realization of the common good in the sense indicated by the Constitution that I mentioned. To achieve this result it is necessary that the resources available to a company are used to achieve this purpose. In this the social doctrine differs a lot from liberal conceptions because it does not believe that, to realize the public purpose of the common good, only public resources should be used, but that private resources must also contribute to that result. This is a very old doctrine of faith, which even has its foundation in the sacred Scriptures. In the past, this concept was described by explaining that private property, the domination of individuals over the resources at their disposal and in their domain, must also have a social function. More recently, a juridical theory has been developed, known as common goods, such as air, water, the environment, the landscape, that is to say those resources, public and private property, from which each one has an advantage for his own life, even if he does not have it in his own domain. The architecture of a city, made up of public and private property constructions of which only a part of those of public property can be used by citizens, contributes to the common welfare if it is beautiful and favors social relations, otherwise not, as happens in some desolate outskirts of the big cities, where you live badly. An important part of politics is the management of social resources to achieve the common good, through public property assets, such as those belonging to the state or municipality, private property and common goods. This part of the policy concerns social justice and has been greatly developed since World War II, that is from 1945 to today. The importance that the policies of social justice have had in some of the contemporary states, in particular in the major and most influential states of the West, starting from the United States of America, has defined as a state of wellbeing - Welfare state the model of this public organization which is not only aimed at guaranteeing personal liberty rights, private property and freedom to produce and trade, but also generalized good conditions of social life, and this even in unfavorable moments, such as involuntary unemployment, illness or in old age, or in which we are weaker, as in childhood and adolescence, when we live as women in strongly sexist societies or when we come from refugees, fleeing from situations of danger in the states of which we are citizens.
For the contemporary social doctrine, peace is one of the main goals of the common good. It includes the safety of people in the border areas, which is annulled between the warring states and is scarce among the states where political frictions are created, so they close to defense as the hedgehogs do. The social teaching of the Papacy and the bishops has long been highly critical of the states / hedgehog. Among these there is today's Italy. Its southern border with Libya and Tunisia, which runs through the Mediterranean Sea, has become particularly dangerous for irregular migrants, those who, coming from situations of serious personal risk, try to reach Europe by sea. It has also become for national policies that have reduced the rescue activity at sea. In other areas of the world there are similar problems. Addressing the problem by educated people, in the sense that I have specified above, seems difficult. It was thought to build a wall in the middle of the sea, but, it was observed, it was actually a large cemetery. This result, for which in recent months many less irregular migrants arrived by sea from Africa, falls, according to some Italian political trends, in the public good, understood as good of the state, but also in the common good, as a social welfare situation . On this theme the contrast with the social doctrine is frontal. This depends on the different perspective that is adopted. That of the social doctrine is truly universal and takes into account the common good of a humanity broader than that of which those who consider it of public interest seal the borders. The Catholic word comes from a word of ancient Greek which means universal. This is the Church's point of view because it is also that of Heaven: the faithful Catholic is pushed, in the work of religious formation, to do it his own and to act in that perspective.


(1) ) From the Pastoral Constitution on the Church in the Modern World Joy and Hope - Gaudium et spes of the Second Vatican Council
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_en.html
26. Every day human interdependence grows more tightly drawn and spreads by degrees over the whole world. As a result the common good, that is, the sum of those conditions of social life which allow social groups and their individual members relatively thorough and ready access to their own fulfillment, today takes on an increasingly universal complexion and consequently involves rights and duties with respect to the whole human race. Every social group must take account of the needs and legitimate aspirations of other groups, and even of the general welfare of the entire human family.(5)
At the same time, however, there is a growing awareness of the exalted dignity proper to the human person, since he stands above all things, and his rights and duties are universal and inviolable. Therefore, there must be made available to all men everything necessary for leading a life truly human, such as food, clothing, and shelter; the right to choose a state of life freely and to found a family, the right to education, to employment, to a good reputation, to respect, to appropriate information, to activity in accord with the upright norm of one's own conscience, to protection of privacy and rightful freedom even in matters religious.
Hence, the social order and its development must invariably work to the benefit of the human person if the disposition of affairs is to be subordinate to the personal realm and not contrariwise, as the Lord indicated when He said that the Sabbath was made for man, and not man for the Sabbath.(6)
This social order requires constant improvement. It must be founded on truth, built on justice and animated by love; in freedom it should grow every day toward a more humane balance.(7) An improvement in attitudes and abundant changes in society will have to take place if these objectives are to be gained.
God's Spirit, Who with a marvelous providence directs the unfolding of time and renews the face of the earth, is not absent from this development. The ferment of the Gospel too has aroused and continues to arouse in man's heart the irresistible requirements of his dignity.

5. Cf. John XXIII, encyclical letter Mater et Magistra: AAS 53 (1961) .
6. Cf. Mark 2:27.
7. Cf. John XXIII, encyclical letter  Pacem in Terris: AAS 55 (1963), p. 266.

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I regimi e l’individuazione del bene pubblico

  A che serve l’organizzazione sociale? Alla gloria della dinastia sovrana? A impedire che ci si estenui in continui conflitti? A realizzare opere e servizi ad uso collettivo? A fare più ricca e potente la propria nazione, espandendone i domini? A contrastare e correggere le dinamiche sociali che portano a concentrazioni di risorse a danno dei più? A combattere la povertà? A soccorrere gli indigenti? A diffondere una religione nazionale? Storicamente tutti questi obiettivi sono stati utilizzati per giustificare sistemi di potere politico, quindi quelle organizzazioni sociali che costituiscono lo scheletro delle collettività più importanti, quelle che rivendicavano la sovranità, non riconoscendo altri poteri sopra di sé. Si parte sempre dalla constatazione che il disordine è pericoloso per la sopravvivenza sociale e individuale. All’interno di ogni società agiscono, muovendosi ed entrando in contrasto, altri gruppi e il fare ordine significa anzitutto ottenerne la sottomissione. Il risultato è un regime, vale a dire un ordinamento politico attuato secondo una gerarchia che dirige, a vari livelli di potere,  lo sviluppo della società che domina imponendole regole e dandole altre direttive per l’azione collettiva. La storia politica dell’umanità  è stata segnata dall’evoluzione, dissoluzione, abbattimento, costituzione, scontro, tra regimi. Si è trattato di un processo continuo: ogni costituzione è stata quindi preceduta da evoluzione, dissoluzione o abbattimento. Come nella generazione biologica, ogni nuovo regime porta tracce culturali del precedente, anche nel caso di regimi imposti per invasione o colonizzazione. L’Italia in questo può essere considerata un laboratorio politico  molto interessante avendo subito storicamente un gran numero di invasioni, con conseguenti mutamenti di regimi politici. L’attuale Repubblica italiana nacque dalla dissoluzione prima e poi anche dall’abbattimento del regime fascista mussoliniano favorito da un’invasione militare durante la Seconda guerra mondiale (1939-1945). Un esempio italiano di un regime politico sorto per invasione è quello che dominò la parte nordorientale della Penisola sotto l’impero d’Austria nell’Ottocento. Altro esempio  è quello del Meridione d’Italia dal Quattrocento al Settecento, epoca nel corso delle quali quali le potenze che lo invasero, Spagna e Austria, vi mantennero vice-re.  I processi democratici contemporanei consentono, con alcuni limiti,  l’evoluzione pacifica dei regimi in modo da adattarli agli assetti sociali correnti. Ma ebbe carattere sostanzialmente pacifico la spettacolare evoluzione verso regimi democratici di tipo liberale-occidentale che avvenne molto rapidamente, dal 1989 ai primi anni ’90 nell’Europa Orientale dominata da regimi comunisti di tipo sovietico. Nell’Italia di oggi è in corso una evoluzione di regime che iniziò  a manifestarsi dal 2011, in conncomitanza con una grave recessione economica che, originata dagli Stati Uniti d’America, coinvolse duramente l’Europa. Ogni regime definisce i suoi obiettivi fondamentali, che dipendono dagli interessi politici dei gruppi che sono riusciti a imporsi in società. Questi obiettivi definiscono il bene pubblico, inteso come finalità del regime. Il bene pubblico che hanno di mira le forze che sorreggono in Italia l’evoluzione di regime è essenzialmente costituito dall’intenzione di rendere meno gravosi i nostri obblighi verso l’Unione Europea, continuando però a beneficiare di suoi aiuti, e di contrastare più efficacemente lo spostamento in Italia di masse di indigenti, in gran parte provenienti dall’Asia e dall’Africa attraverso le nostre frontiere meridionali. Questo viene presentato come una rivendicazione di sovranità, nel senso di non riconoscere al di sopra dell’Italia altre autorità o principi al di fuori di quello dell’interesse nazionale, per cui la politica che ne deriva viene chiamata sovranismo. Non è facile, però, come lo stato nel passato,  individuare i gruppi sociali emergenti, i corpi sociali che guidano l’evoluzione di regime. Questo perché la politica di massa si fa sempre meno nei partiti politici e molto più mediante reti sociali, nelle quali si agisce fondamentalmente da individui, reagendo agli stimoli proposti da chi le reti controlla rimanendo dietro le quinte, come il regista in uno spettacolo teatrale, che sembra  svolgersi ad iniziativa degli attori, mentre è appunto organizzato da una regia.
  Stabilire quale sia o debba essere il bene pubblico  di riferimento è molto importante nell’attività politica, e questo anche a livello di prossimità, nei gruppi in cui più da vicino si svolge la personalità di ciascuno e dove cominciamo a formarci un orientamento nelle cose sociali. La dottrina sociale è sostanzialmente un complesso di principi e direttive proprio su quei temi. Ha alla base un’etica religiosa, ma necessariamente tiene anche conto dello sviluppo storico delle società e delle esigenze contemporanee. Questo significa che le soluzioni politiche non discendono  necessariamente  da quell’etica, ma ne sono influenzate. Storicamente sono possibili diverse opzioni e il successo dell’una o dell’altra dipende in genere dalla capacità di coinvolgere larghi strati sociali, in modo da accrescere il consenso intorno ad una scelta. Fino all’affermarsi dei processi democratici, a fine Settecento, le masse contavano poco  o nulla e del resto sapevano anche poco perché erano incolte e si limitavano a prendere atto del potente di turno e ad acclamarlo. Nessun processo di democrazia popolare può affermarsi se non vi è un’elevazione del livello di istruzione delle masse: questo risultato fu conseguito in Italia a partire dagli anni Cinquanta, anche se, a partire dall’unità nazionale, conseguita nel 1861, si cercò almeno di fornire un’istruzione elementare ai più giovani. Una della caratteristiche degli orientamenti politici che sorreggono l’evoluzione di regime in corso è la poca importanza che si dà alla formazione: si ritiene che ciascuno sia in grado di intuire quale sia il proprio interesse e che questo sostanzialmente basti a definire il bene pubblico, così che basti un sondaggio a individuarlo. La linea dell’Azione Cattolica, seguendo la dottrina sociale, è stata invece un’altra e uno dei settori più importanti dell’attività associativa è sempre stato storicamente quello della formazione sociale, e in particolare alla politica. Questa linea è stata perseguita con particolare efficacia a partire dagli anni Trenta sotto l’impulso di Giovanni Battista Montini, divenuto papa nel 1963 con il nome di Paolo 6°, e portò, dopo la dissoluzione e abbattimento del regime fascista mussoliniano, ad una lunga egemonia politica dei cattolico-democratici italiani tra il 1946 e il 1994. Il regime repubblicano popolare democratico costituito dal 1948 ne porta tracce evidenti.
  L’importanza della competenza, quindi della formazione adeguata, negli affari sociali è  stata indicata nel discorso che il 9 febbraio scorso papa Francesco ha tenuto ai dirigenti dell’Associazione Nazionale Magistrati italiana:
«In un tempo nel quale così spesso la verità viene contraffatta, e siamo quasi travolti da un vortice di informazioni fugaci, è necessario che siate i primi ad affermare la superiorità della realtà sull’idea (cfr Esortazione apostolica La gioia del Vangelo -Evangelii Gaudium, 233); infatti, «la realtà semplicemente è, [mentre] l’idea si elabora» (nello stesso documento, 231). Il vostro impegno nell’accertamento della realtà dei fatti, anche se reso più difficoltoso dalla mole di lavoro che vi è affidata, sia quindi sempre puntuale, riportato con accuratezza, basato su uno studio approfondito e su un continuo sforzo di aggiornamento. Esso saprà avvalersi del dialogo con i diversi saperi extra-giuridici, per comprendere meglio i cambiamenti in atto nella società e nella vita delle persone, ed essere in grado di attuare con sapienza, ove necessario, un’interpretazione evolutiva delle leggi, sulla base dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione.»
  Non basta, quindi, immaginare, per progettare il nuovo, ma occorre   anche  conoscere  la realtà su cui si opera. Questo richiede un lavoro di approfondimento collettivo e personale. Quello personale non basta, perché si tratta di incidere su realtà collettive. Tenere conto solo del proprio interesse è insufficiente, perché l’organizzazione sociale richiede di comporre armonicamente interessi di moltudini e non è la stessa cosa organizzare la propria famiglia o un parrocchia e strutturare e dirigere uno stato.

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I regimi e l’individuazione del bene pubblico


  What is the purpose of social organization? To the glory of the sovereign dynasty? To prevent it from being extinguished in constant conflicts? To create works and services for collective use? To make their nation richer and more powerful, expanding its domains? To counteract and correct the social dynamics that lead to concentrations of resources to the detriment of the most? To fight poverty? To succor the indigent? To spread a national religion? Historically all these objectives have been used to justify systems of political power, therefore those social organizations that constitute the skeleton of the most important collectives, those that claim sovereignty, not recognizing other powers above themselves. We always start from the observation that disorder is dangerous for social and individual survival. Within each society, other groups act, moving and entering into conflict, and ordering means first of all to achieve submission. The result is a regime, that is to say a political order implemented according to a hierarchy that directs, at various levels of power, the development of the dominating society by imposing rules and giving it other directives for collective action. The political history of humanity has been marked by evolution, dissolution, destruction, constitution, conflict, between regimes. It was a continuous process: each constitution was therefore preceded by evolution, dissolution or demolition. As in biological generation, each new regime brings cultural traces of the previous one, even in the case of regimes imposed by invasion or colonization. Italy in this can be considered a very interesting political laboratory having historically suffered a large number of invasions, with consequent changes in political regimes. The current Italian Republic was born from the dissolution first and then also by the overthrow of the fascist Mussolini regime, favored by a military invasion during the Second World War (1939-1945). An Italian example of a political regime created by invasion is the one that dominated the northeastern part of the Peninsula under the Austrian Empire in the nineteenth century. Another example is that of the South of Italy from the fifteenth to the eighteenth century, during which time the powers that invaded him, Spain and Austria, kept you vice-king. Contemporary democratic processes allow, with some limits, the peaceful evolution of the regimes so as to adapt them to current social arrangements. But the spectacular evolution towards democratic regimes of the liberal-western type that occurred very rapidly, from 1989 to the early 90s in Eastern Europe dominated by Soviet-type communist regimes, was essentially peaceful. In today's Italy, a regime evolution is underway that began to emerge from 2011, in conjunction with a severe economic recession which, originating from the United States of America, severely affected Europe. Each regime defines its fundamental objectives, which depend on the political interests of the groups that have succeeded in establishing themselves in society. These objectives define the public good, intended as the purpose of the regime. The public good that targets the forces that support the evolution of the regime in Italy is essentially the intention to make our obligations to the European Union less burdensome, while continuing to benefit from its aid, and to fight more effectively the shift in Italy of masses of the poor, mostly coming from Asia and Africa through our southern borders. This is presented as a claim of sovereignty, in the sense of not recognizing above Italy other authorities or principles outside of the national interest, for which the resulting policy is called sovereignism. It is not easy, however, like the state in the past, to identify the emerging social groups, the social bodies that drive the evolution of the regime. This is because mass politics becomes less and less in political parties and much more through social networks, in which we act fundamentally as individuals, reacting to the stimuli proposed by those who control networks remaining behind the scenes, like the director in a theatrical show, that seems to take place at the initiative of the actors, while it is precisely organized by a director.
  Establishing what is or should be the public good of reference is very important in political activity, and this also at the level of proximity, in the groups in which the personality of each one takes place and where we begin to form an orientation in social things . The social doctrine is basically a set of principles and directives on precisely those issues. It is based on a religious ethic, but it also takes into account the historical development of societies and contemporary needs. This means that political solutions do not necessarily derive from that ethics, but are influenced by them. Historically, different options are possible and the success of one or the other depends in general on the ability to involve large social strata, in order to increase the consensus around a choice. Until the establishment of democratic processes, at the end of the eighteenth century, the masses counted little or nothing, and besides they knew very little because they were uncultivated and confined themselves to taking note of the powerful person in charge and to acclaim him. No process of popular democracy can be affirmed if there is no elevation in the level of education of the masses: this result was achieved in Italy starting in the 1950s, even if, starting from the national unity, achieved in 1861, at least to provide elementary education to younger people. One of the characteristics of the political orientations that support the ongoing regime evolution is the little importance given to training: it is believed that everyone is able to understand what is their own interest and that this is basically sufficient to define the public good, so that a survey is enough to identify it. The line of Catholic Action, following the social doctrine, was instead another one and one of the most important sectors of the associative activity has always historically been that of social formation, and in particular to politics. This line was pursued with particular effectiveness starting from the 1930s under the impulse of Giovanni Battista Montini, who became Pope in 1963 under the name of Paolo 6 °, and led, after the dissolution and demolition of the Mussolini fascist regime, to a long political hegemony of Italian Catholic-Democrats between 1946 and 1994. The popular democratic republican regime established in 1948 bears evident traces.
  The importance of competence, therefore of adequate formation, in social affairs was indicated in the speech that Pope Francis held to the leaders of the Italian National Magistrates Association last February 9:
"In a time when so often the truth is counterfeited, and we are almost overwhelmed by a whirlwind of fleeting information, it is necessary that you be the first to affirm the superiority of reality on the idea (cf. Apostolic Exhortation Joy of the Gospel -Evangelii Gaudium , 233); in fact, "reality is simply, [while] the idea is elaborated" (in the same document, 231). Your commitment to ascertaining the reality of the facts, even if made more difficult by the amount of work entrusted to you, is therefore always punctual, accurately reported, based on an in-depth study and on a continuous updating effort. It will be able to make use of the dialogue with the various extra-juridical knowledge, to better understand the changes taking place in society and in people's lives, and be able to implement with skill, where necessary, an evolutionary interpretation of the laws, on the basis of fundamental principles enshrined in the Constitution. "
  It is not enough, therefore, to imagine, to design the new, but we also need to know the reality on which we operate. This requires a collective and personal in-depth study. The personal one is not enough, because it is about affecting collective realities. Taking into account only one's own interest is insufficient, because the social organization requires to harmoniously compose interests of multitudes and it is not the same thing to organize one's family or a parish and to structure and direct a state.

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Europei e Americani

  Ad un lettore negli Stati Uniti d’America può forse sembrare strano che in una parrocchia della periferia romana ci si occupi di politica di governo e di politica internazionale. Dovrà però tenere conto che la politica italiana è stata egemonizzata da un partito cattolico dal 1946 al 1994 e che questo  è stato reso possibile da un capillare ed esteso lavoro di formazione alla politica che il Papato ha organizzato a partire dal 1905. Ma già in precedenza, dalla metà dell’Ottocento, le masse popolari italiane erano state organizzate, e progressiasmente si erano  manifestate politicamente, seguendo fondamentalmente due ideologie, il socialismo e la dottrina sociale della Chiesa cattolica, il sistema di principi di azione sociale che si era formato in relazione dialettica con il socialismo. Fino agli anni Venti del secolo scorso la dottrina sociale ebbe, come il socialismo, carattere rivoluzionario rispetto al regime liberale democratico che dominava nel Regno d’Italia. Alle pretese politiche del Papato, che rivendicava un proprio regno territoriale sulla città di Roma, del quale era stato privato nel 1870 a seguito di conquista militare da parte del Regno d’Italia, si erano aggiunti i propositi di riforma sociale, con finalità di giustizia sociale, espressi dai movimenti del laicato cattolico italiano, complessivamente riassunti nell’intenzione di stabilire una  democrazia cristiana. Nel corso degli anni Venti del Novecento il Papato, anche sotto la grande impressione prodotta dalla rivoluzione sovietica in Russia, fortemente antireligiosa, giunse ad un’intesa con il fascismo mussoliniano, stipulata formalmente nel 1929 con i Patti Lateranensi, dai quali il Papato ebbe la Città del Vaticano, la minuscola entità territoriale indipendente sul colle Vaticano a Roma, ingenti risarcimenti economici, forti garanzie di libertà di azione religiosa per il Papa, i cardinali, i vescovi, i preti e i religiosi, l’inserimento della religione cattolica tra le materie dell’insegnamento pubblico di base, in cambio della cessazione della polemica politica e della collaborazione dei laicato cattolico nelle nuove istituzioni sociali introdotte in Italia dal fascismo: in questo consistette ciò che va sotto il nome di  conciliazione. Negli anni ’30, il Papato, in quell’ottica, promosse la formazione di una nuova classe dirigente cattolica, a partire dall’organizzazione degli universitari cattolica, fondata alla fine dell’Ottocento, e ad una nuova formazione di Laureati Cattolici. Verso la fine degli anni Trenta il Papato entrò in conflitto ideologico con il fascismo mussoliniano su  tre temi: il razzismo biologico, di sangue, con l’idea di razze superiori e di razze inferiori, tra le quali il popolo da cui era nato il Maestro,  le pretese di accentrare totalmente la formazione culturale e ideologica, l’idea della guerra come strumento di miglioramento della  razza  e della società italiane. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, decisa da Mussolini, all’epoca capo del governo italiano, nel 1940, il Papato l’anno seguente commissionò alla nuova classe dirigente cattolica italiana, egemonizzata dai  cattolico democratici di ideologia demoratico cristiana, con una serie di radiomessaggi che ebbero il valore di encicliche, la riforma dello stato, prevedendo con lungimiranza il disastro bellico. Ed è appunto il partito della Democrazia Cristiana che, dopo aver raccolto consensi politici maggioritari con l’attiva propaganda dell’Azione Cattolica e per l’influsso determinante del voto femminile (le donne votarano per la prima volta in Italia nel 1946 e ad esse l’Azione Cattolica aveva dedicata un’intensa attività di formazione sociale), diede un contributo determinante nell’approvazione di una nuova Costituzione repubblicana, in sostituzione dello Statuto monarchico del Regno d’Italia, e diresse la politica nazionale fino al 1994.
  Certo la storia italiana può sembrare strana vista dall’altra parte dell’Oceano, ma in realtà  è possibile che questo riguardi l’intera storia europea. Ma è anche vero che gli europei, in genere, conoscono poco l’America e prevalentemente attraverso film e sceneggiati televisivi prodotto negli Stati Uniti. Si tratta, ormai, di due civilità diverse. Una persona che conosce gli europei sicuramente molto meglio dei suoi connazionali è l’attuale presidente statunitense Donald Trump, che ha sposato due europee dell’Europa orientale, una di originaria cecoslovacca  e l’altra slovena. Sposò la prima nel 1977, quando la Cecoslovacchia era ancora dominata da un regime comunista di tipo sovietico. Le cronache narrano che la conobbe negli Stati Uniti d’America, dove la donna si era da poco trasferita, dal Canada dove era emigrata qualche anno prima.
  Negli Stati Uniti d’America c’è gente di tante nazionalità, in Europa ci sono tante nazioni. Gli statunitensi che vengono in Europa faticano a familiarizzarsi con questa realtà. Ma è un’esperienza che riguarda un po’ tutti gli americani, le cui culture nazionali possono ridursi a quattro: angloamericana, francoamericana, spagnola  e portoghese, a fronte delle varie decine di culture nazionali europee.
 Dal 1945 gli europei hanno vissuto un lunghissimo periodo di pace, sia nella parte Occidentale che in quella Orientale. Una nazione come gli Stati Uniti d’America, invece, non ha mai finito di combattere. La pace è un valore molto importante in particolare per gli europei occidentali, meno per gli altri europei. L’Unione europea, l’entità che sta unificando i popoli europei a livello continentale, è stata organizzata dagli europei occidentali. In questa costruzione politica a livello continentale hanno avuto un ruolo molto importante i democratici cristiani. Con l’allargamento dell’Unione Europea agli europei orientali questa impostazione sta mutando, ma non sta portando ad un nuovo modello europeo, bensì alla dissoluzione dell’Unione continentale e alla nuova formazione degli stati nazionali, che dal Seicento avevano prodotto una serie continua di guerre, fino all’ultima, catastrofica, la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Attualmente l’Unione Europea comprende circa mezzo miliardo di persone e 28 stati, in gran parte plurinazionali, ciascuno dei quali con una propria lingua nazionale, alcuni con più lingue nazionali. Con la separazione della Gran Bretagna, programmata per quest’anno, ce ne saranno circa sessanta milioni in meno.
 Gli europei di mezz’età in genere non si pensano ancora come Unione continentale,  ma prevalentemente come nazione, i giovani invece lo fanno, perché a loro sono stati offerte intense attività formative che prevedono periodi più o meno lunghi in altti stati europei. In Europa ci sono forti correnti migratorie interne: gli italiani che migrano in altri stati europei sono tra i centocinquanta e i  duecentomila ogni anno, molti di più, ad esempio,  degli stranieri asiatici e africani che arrivano in Italia. Poiché l’età media degli europei si è alzata l’impostazione per ora prevalente è quella nazionalista. Un nazionalista pensa di vivere nella nazione migliore del mondo. Questa è più o meno l’idea che noi europei notiamo negli statunitensi. I Latino Americani, che in Italia abbiamo cominciato a conoscere meglio mediante con papa Francesco, che viene dall’Argentina, e i Canadesi sembrano avere una visione più realistica. Gli statunitensi, ad esempio, pensano a New York come ad una città bella, ed è invece, vista con gli occhi degli europei, una città molto brutta, con molte cose belle dentro. Gli europei, invece, sono in genere insoddisfatti delle loro città, per le cose brutte che hanno dentro, ma in media vivono in città d’arte, molto belle, specialmente quelle di medie dimensioni, come la mia Bologna, in Emilia Romagna, nel centro-nord d’italia, e anche la stessa Roma, che è piccola rispetto a metropoli come Parigi e Londra.  In Europa si vive bene: questo non sempre viene capito dagli statunitensi e, in particolare, in una condizione di sicurazza sociale che nonh eguali nel mondo. Questo dipende dagli elementi di socialismo che sono stati introdotti anche nei sistemi sociali di impostazione capitalista. Ad esempio, in Italia le cure sanitarie sono quasi completamente gratuite, e completamente gratuite per le malattie più gravi. Non in ogni stato europeo è ancora così, ma l’Unione Europea sta spingendo in quella direzione. Già oggi il cittadino europeo ha diritto di accesso all’assistenza sanitaria pubblica in ogni stato europeo alle stesse condizioni dei cittadini di quello stato. La cittadinanza europea, che si sta arricchendo di tanti nuovi diritti, è stata introdotta nel 1992 ed è stata la base fondamentale per l’integrazione degli stati dell’Europa orientale che erano usciti dal dominio dei loro regimi comunisti. In Russia, ad esempio, si è seguita un’altra strada, sotto l’influsso degli Stati Uniti d’America e il risultato è quello di una civiltà molto distante da quella degli altri europei.
 La realizzazione di un sistema di sicurezza sociale universale, in particolare per le fasce di popolazione meno ricche, è uno dei principali obiettivi politici indicati dalla moderna dottrina sociale della Chiesa cattolica romana.


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Europeans and Americans

  It may perhaps seem strange to a reader in the United States of America that in a parish on the outskirts of Rome there is a policy of government and international politics. However, it will have to take into account that Italian politics has been hegemonized by a Catholic party from 1946 to 1994 and that this has been made possible by a widespread and extensive work of training in politics that the Papacy has organized since 1905. But previously From the mid-nineteenth century, the Italian popular masses had been organized, and progressively had manifested themselves politically, basically following two ideologies, socialism and the social doctrine of the Catholic Church, the system of principles of social action that was formed in relation dialectics with socialism. Until the 1920s, social doctrine, like socialism, had a revolutionary character compared to the liberal democratic regime that dominated the Kingdom of Italy. To the political pretensions of the Papacy, which claimed its own territorial kingdom over the city of Rome, of which it had been deprived in 1870 following the military conquest by the Kingdom of Italy, had been added the aims of social reform, with the purpose of justice social, expressed by the movements of the Italian Catholic laity, summarized overall in the intention to establish a Christian democracy. During the twenties of the twentieth century the Papacy, even under the great impression produced by the Soviet revolution in Russia, strongly anti-religious, came to an agreement with Mussolini's fascism, formally stipulated in 1929 with the Lateran Pacts, from which the Papacy had the Vatican City, the miniscule independent territorial entity on the Vatican hill in Rome, huge economic reparations, strong guarantees of freedom of religious action for the Pope, cardinals, bishops, priests and religious, the insertion of the Catholic religion among the subjects of basic public education, in exchange for the end of political polemics and the collaboration of Catholic laity in the new social institutions introduced in Italy by fascism: this consisted of what goes under the name of conciliation. In the 1930s, the Papacy promoted the formation of a new Catholic ruling class, starting from the organization of Catholic university students, founded at the end of the nineteenth century, and a new formation of Catholic graduates. Towards the end of the Thirties, the Papacy entered into an ideological conflict with Mussolini's fascism on three themes: biological racism, of blood, with the idea of ​​superior races and inferior races, among which the people from whom the Master was born. , the claims to totally concentrate the cultural and ideological formation, the idea of ​​war as an instrument to improve the Italian race and society. After the entry into the war of Italy, decided by Mussolini, then head of the Italian government, in 1940, the Papacy the following year commissioned the new Italian Catholic ruling class, hegemonized by the democratic Catholics of Christian demo- cratic ideology, with a series of radio messages that had the value of encyclicals, the reform of the state, foreseeing with foresight the war disaster. And it is precisely the Christian Democratic party that, after having gathered majority political consensus with the active propaganda of the Catholic Action and for the decisive influence of the female vote (the women voted for the first time in Italy in 1946 and Catholic Action had dedicated an intense activity of social formation), made a decisive contribution in the approval of a new republican Constitution, replacing the monarchical Statute of the Kingdom of Italy, and directed national politics until 1994.
 Of course Italian history may seem strange on the other side of the ocean, but in reality it is possible that this concerns the whole of European history. But it is also true that Europeans, in general, know little about America and mainly through film and television productions produced in the United States. It is now a matter of two different civilizations. A person who knows the Europeans certainly much better than his compatriots is the current US president Donald Trump, who has married two Europeans from Eastern Europe, one from Czechoslovak and the other from Slovenia. He married the first in 1977, when Czechoslovakia was still dominated by a Soviet-style communist regime. The chronicles tell that he met her in the United States of America, where she had recently moved from Canada where she had emigrated a few years earlier.
  In the United States of America there are people of many nationalities, in Europe there are many nations. Americans who come to Europe are struggling to become familiar with this reality. But it is an experience that affects a little 'all Americans, whose national cultures can be reduced to four: Anglo American, French, Spanish and Portuguese, in the face of the various dozens of European national cultures.
  Since 1945 the Europeans have lived a very long period of peace, both in the Western and in the Eastern part. A nation like the United States of America, however, has never finished fighting. Peace is a very important value especially for Western Europeans, less for other Europeans. The European Union, the entity that is unifying the European peoples on a continental level, was organized by Western Europeans. Christian democrats played a very important role in this continental political construction. With the enlargement of the European Union to Eastern Europeans this approach is changing, but it is not leading to a new European model, but to the dissolution of the continental union and the new formation of national states, which had produced a continuous series of wars, until the last, catastrophic, the Second World War (1939-1945). At present, the European Union comprises about half a billion people and 28 states, mostly multinationals, each with its own national language, some with more national languages. With the separation of Great Britain, scheduled for this year, there will be about sixty million less.
 Middle-aged Europeans generally do not yet think of themselves as a continental Union, but predominantly as a nation, young people do so, because they have been offered intense training activities that involve more or less long periods in high European states. In Europe there are strong internal migratory flows: Italians who migrate to other European countries are between one hundred and fifty and two hundred thousand each year, many more, for example, of Asian and African foreigners arriving in Italy. Since the average age of Europeans has risen, the prevailing setting for now is the nationalist one. A nationalist thinks of living in the best country in the world. This is more or less the idea that we Europeans see in the Americans. The Latin Americans, which in Italy we began to know better through with Pope Francis, who comes from Argentina, and the Canadians seem to have a more realistic vision. The Americans, for example, think of New York as a beautiful city, and instead, seen with the eyes of Europeans, a very ugly city, with many beautiful things inside. Europeans, on the other hand, are generally dissatisfied with their cities, for the bad things they have inside, but on average they live in art cities, very beautiful, especially those of medium size, like my Bologna, in Emilia Romagna, in center-north of Italy, and also Rome itself, which is small compared to metropolises like Paris and London. In Europe we live well: this is not always understood by the Americans and, in particular, in a condition of social security that is not equal in the world. This depends on the elements of socialism that have been introduced also in social systems of capitalist approach. For example, in Italy health care is almost completely free, and completely free for the most serious diseases. Not every European state is still like this, but the European Union is pushing in that direction. Even today, the European citizen has the right to access public health care in every European state on the same conditions as the citizens of that state. The European citizenship, which is enriching itself with so many new rights, was introduced in 1992 and was the fundamental basis for the integration of the Eastern European states that had emerged from the domination of their communist regimes. In Russia, for example, another path followed, under the influence of the United States of America and the result is that of a civilization far removed from that of other Europeans.
The realization of a universal social security system, especially for the less wealthy sections of the population, is one of the main political objectives indicated by the modern social doctrine of the Roman Catholic Church.

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Gli europei sono altamente politicizzati

  A partire dagli inizi del Novecento gli europei furono altamente politicizzati: in particolare le masse popolari furono coinvolte nelle lotte politiche in contesti istituzionali che, con l’estendersi del suffragio universale maschile e in ambienti progressivamente permeati da principi liberali e democratici, davano loro più opportunità di influire sul governo della società. Questo processo fu favorito da tre fattori, che si erano prodotti dalla seconda metà dell’Ottocento: l’estendersi dell’istruzione elementare, l’azione politica dei socialismi europei, l’azione sociale ispirata dalla fede religiosa di vari movimenti cristiani e, tra questi, della Chiesa cattolica romana. In quest’ultima il Papato, nel 1870, era stato privato dal nuovo stato unitario nazionale italiano, il Regno d’Italia costituito nel 1861 sulla base del precedente regno della dinastia Savoia con capitale a Torino,  del suo piccolo regno territoriale nel centro Italia, con capitale Roma, denominato Stato della Chiesa, e aveva maturato rivendicazioni politiche contro il Regno d’Italia per riaverlo. Nel complesso esse vennero definite come  Questione romana. In questo contesto il Papato aveva attivato le masse italiane in uno scontro di civiltà, presentando le sue rivendicazioni politiche non come quelle di un monarca spodestato contro il monarca conquistatore, ma come quelle di un popolo animato da costumi religiosi contro un regime dominato da una minoranza irreligiosa. Dalla fine dell’Ottocento, per sollevare le masse, il Papato romano aveva ripreso alcuni classici temi dell’ideologia socialista, centrati sull’idea di una profonda riforma delle istituzioni politiche al fine di realizzare la giustizia sociale, intesa come far partecipare i lavoratori delle ricchezze prodotte, con il loro contributo determinante, in un contesto di economia capitalistica: la materia era definita come questione sociale.L’Italia è una piccola parte del mondo, ma per il Papato romano è stata molto importante perché ha costituito per esso una specie di laboratorio politico. Non deve stupire, quindi, la grande importanza che, in particolare a partire dalla metà dell’Ottocento, si è data ai problemi italiani. Ma, è questo è molto significativo per gli sviluppi storici successivi, questa azione politica del Papato fu vivamente contrastata, nella seconda metà dell’Ottocento, anche in Germania e Austria. Anche i socialisti organizzavano le masse sulla base della questione sociale, che per essi non era però strumentale ad altre finalità politiche, ma il centro del loro impegno. Il primo documento della dottrina sociale cattolica moderna, l’enciclica  Le novità - Rerum Novarum, diffusa nel 1891 sotto l’autorità del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°, propose come settori di impegno sociale per i cattolici diversi temi del socialismo europeo di quegli anni, pur polemizzando con il socialismo per il suo anticlericalismo e l’intenzione politica di realizzare la giustizia sociale mediante una lotta della classe dei lavoratori dipendenti contro quella dei capitalisti. L’ideologia sociale del Papato proponeva proponeva invece di realizzare la pace sociale mediante una collaborazione volontaria tra le due classi, nella quale i più ricchi facessero partecipare gli altri settori della società al loro benessere. Nel giro di qualche decennio si capì però che si trattava di una proposta irrealistica e l’azione sociale dei fedeli venne riorganizzata anche dal punto di vista sindacale in un complesso di istituzioni sociali che avevano anche compiti propriamente sindacali. Questo avvenne nel 1905, quando il Papato ordinò la costituzione di una nuova organizzazione finalizza a realizzare la dottrina sociale, vale a dire l’Azione Cattolica. L’Azione Cattolica fu il primo modello europeo di partito politico di massa, in particolare dotato di un’organizzazione capillare di formazione e propaganda, completa di case editrici e periodici,  controllata da un centro politico nazionale, con una struttura istituzionale rigida e gerarchica, sostenuta da un ceto di animatori professionali, quali erano i sacerdoti cattolici. Negli stessi anni il rivoluzionario russo socialista  Vladimir Il'ič Ul'janov, detto Lenin, (1870-1924) pensò a qualcosa di simile. Le organizzazioni di Azione Cattolica furono fondamentali per far assimiliare nelle masse, dopo le iniziali resistenze del Papato romano,  i principi della democrazia liberale, arricchendoli tuttavia di principi di giustizia sociale di derivazione socialista, secondo un’ideologia di democrazia cristiana.  Analogo processo si produsse nelle organizzazioni socialiste europee, ma non in quelle russe che finirono egemonizzate dalle correnti leniniste. Per rendere un’idea del processo politico a cui mi sto riferendo, vorrei evidenziare che la storia tedesca e italiana dal 1945 fu egemonizzata da partiti democratici cristiani e socialisti, che l’Unione Europea si è costruita con il contributo determinante di democratici cristiani e socialisti, che l’allargamento ad Oriente dell’Unione Europea, inglobando circa cento milioni di nuovi cittadini europei, si è fatto con il contributo determinante del democristiano Helmut Kohl, che la democristiana tedesca Angela Merkel, formatasi nelle gioventù socialista della Repubblica Democratica Tedesca, è riconsciuta come la principale statista europea, che attualmente nel Parlamento europeo due dei maggiori gruppi sono quelli di orientamento democristiano e socialista.
  Originariamente l’azione politica suscitata dal Papato era fortemente clericale e, anzi, papista. Doveva agire nell’interesse del Papato, secondo i principi sociali da esso stabiliti e diffusi, nei limiti di ciò che disponeva il Papato. L’idea di  democrazia  era estranea all’originaria dottrina sociale, che vi vedeva fondamentalmente un focolaio di indisciplina ideologica e sociale. Questo comportò addirittura, nel 1901, una sconfessione dell’ideologia di democrazia cristiana,  che venne con l’enciclica Le gravi preoccupazione sui problemi sociali - Graves de communi re  del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°, lo stesso dell’enciclica Le Novità - Rerum novarum. Comunque, quando fu organizzata l’Azione Cattolica italina, a partire dai suoi statuti deliberati e approvati dal Papato nel 1906, un ruolo determinante fu affidato all’economista e sociologo (1845-1918) Giuseppe Toniolo, proclamato beato  dalla Chiesa cattolica nel 2012, uno dei principali teorici di una  democrazia cristiana. Il Papato romano diede poi il via libera alle correnti politiche di democrazia cristiana a partire dal 1941, dopo il crollo delle speranze che aveva riposto in Italia nel fascismo mussoliniano a partire dagli anni Venti del Novecento. Nella costruzione dell’Europa dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale i democratici cristiani diedero un contributo originale attingendo anche a fonti culturali esterne alla dottrina del Papato, ad esempio alla filosofia del francese Jacques Maritain (1882-1993) e, in particolare, in Italia, in dialogo fecondo con varie correnti del socialismo.
  Questo processo di cultura politica si sviluppò  in una situazione nella quale il Papato romano andava attestandosi su posizioni piuttosto reazionarie, durante il regno di Eugenio Pacelli - Pio 12° (1939-1958). La dottrina sociale fu quindi trascinata,  in questo tempo, dal 1945 al 1962, dal pensiero sociale dei fedeli cattolici. La situazione  cambiò con il Concilio Vaticano 2° (1962-1965), durante il dottrina sociale fu aggiornata, in particolare in materia di bene  comune, che venne riconfigurato come  universale  e comprendente anche la pace a livello globale. Dalle origini dell’azione sociale suscitata nell’Ottocento rimase la polemica costante con il nazionalismo, che comportava di inglobare la fede religiosa negli elementi che caratterizzavano i regimi politici che pretendevano di rappresentare tutti  gli appartenenti all’etnia prevalente in un certo territorio individuato come  stato nazionalwe  in base a una sua storia particolare. Le religioni cristiane europee avevano subito storicamente  in misura più o meno grande quel processo di nazionalizzazione, ad eccezione che in Italia, per il fatto che l’unità nazionale si era fatta  contro  il Papato romano e che quest’ultimo aveva mantenuto in Italia anche dall’Ottocento, dopo il crollo delle antiche dinastie sovrane europee con le quali si era federato, una notevole influenza politica. Nemmeno al fascismo mussoliniano (1922-1945) riuscì veramente di suscitare un nazionalismo italiano. La polemica di democristiani e socialisti europei contro il nazionalismo fu molto importante nella costruzione della nuova Europa, che non poteva riuscire mantenendo forti nazionalismi come nel passato. E portò anche a disegnare le istituzioni europee in modo che non potessero fondare un nuovo nazionalismo, europeo questa volta invece che regionale. In sostanza, consapevoli dei problemi che aveva storicamente dato, non venne preso come modello il tipo di organizzazione degli Stati Uniti d’America, basato su un centro politico presidenziale molto forte, anche se moderato dai poteri di un Parlamento che ha nel Senato una potente rappresentanza regionale. 
  L’Unione Europea  si è coalizzata in un quadro di cooperazione solidale di autonomie regionali, che viene costantemente approfondito e allargato cercando di creare legami economici e sociali a partire dal basso, invece che organizzando i vertici politici. Questo fa apparire l’esperimento politico di unificazione europea come un’organizzazione incompiuta, ed in un certo senso lo è, ma esso ha prodotto due importanti risultati, vale a dire un lunghissimo periodo di pace, che non ha avuto eguali nella storia europea, e forse mondiale, e  l’introduzione di elementi socialisti senza finire sotto egemonia totalitaria. Nella Costituzione della Repubblica italiana questo è evidenziato dalle norme secondo le quali la proprietà privata e l’impresa devono avere unafunzione sociale. Più o meno in tutte le norme fondamentali degli stati dell’Unione Europea troviamo  principi simili e, dove mancano, in realtà quei principi sono comunque seguiti in base a norme di livello inferiore. Sono contenuti anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che dal 2009 è legge dell’Unione Europea, in base a quanto deliberato dal Trattato di Lisbona del 2007, in particolare negli articoli dal 27 al 38, sulla solidarietà.  La pace  e la solidarietà sociale, in particolare mediante un esteso sistema di sicurezza sociale, sono considerati tra i più imporanti  beni pubblici europei, vale a dire tra le più importanti finalità operative degli stati dell’Unione Europea e dell’Unione Europea stessa. Sono considerati anche parte del bene comune  indicato dalla dottrina sociale cattolica come finalità principale ed essenziale dell’azione politica. Essi sono una recente conquista culturale europea, come anche nella dottrina sociale cattolica. Risalgono fondamentalmente alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Non rientrano, ad esempio, tra i principi fondamentali di una grande potenza democratica come gli Stati Uniti d’America, il cui Presidente, ad esempio, non ha avuto recentemente  difficoltà a definire come nemici  gli europei dell’Unione Europea e, in materia di solidarietà sociale, segue principi effettivamente diversi da quelli europei. Quelle parole non sono state prese sul serio in Europa, sono state ritenute come espressione di una polemica elettorale, ad uso esclusivamente interno, ma certamente le politiche statunitensi recenti, tutte centrate sulla realizzazione di un benessere interno, in un mondo che in genere sta peggio, hanno avuto pesanti riflessi anche in Europa, determinando una nuova crisi recessiva.
 Di quell’atteggiamento politico parla spesse papa Francesco, ad esempio lo ha fatto nel luglio 2015, durante un discorso alle autorità civili boliviane:
«Ma dobbiamo stare in guardia, perché molto facilmente ci abituiamo all'ambiente di inequità che ci circonda, che siamo diventati insensibili alle sue manifestazioni. E così confondiamo, senza accorgercene, il "bene comune" con il "benessere", e lì si scivola, a poco a poco, e l’ideale del bene comune, poiché si va perdendo, finisce nel benessere, specialmente quando siamo noi quelli che ne godiamo, e non gli altri. Il benessere che fa riferimento solamente all’abbondanza materiale tende ad essere egoista, tende a difendere gli interessi di parte, a non pensare agli altri, e a cedere al richiamo del consumismo. Così inteso, il benessere, invece di aiutare, è portatore di possibili conflitti e di disgregazione sociale; affermatosi come prospettiva dominante, genera il male della corruzione, che scoraggia e fa tanto danno. Il bene comune, invece, è superiore alla somma dei singoli interessi; è un passaggio da ciò che “è meglio per me” a ciò che “è meglio per tutti”, e comprende tutto ciò che dà coesione a un popolo: obiettivi comuni, valori condivisi, ideali che aiutano ad alzare lo sguardo al di là di orizzonti individuali.»
  Per la verità, dalle notizie che ci giungono dagli Stati Uniti d’America emerge che le politiche dell’attuale amministrazione federale non hanno realmente conseguito il risultato promesso di incrementare il benessere  degli  americani,  intesi come tutti gli statunitensi. Certo ci sono molti grandi ricchi, tra i quali lo stesso Presidente statunitense, ma c’è molta miseria e una sistema di sicurezza sociale che non è neanche lontanamente paragonabile a quelli dell’Unione Europea. Chi sta male è classificato tra i  perdenti  e perdenti  in quanto pigri  o  incapaci, e quindi viene ritenuto meritevole di essere perdente. Non notiamo un approfondimento politico sulle cause sociali, strutturali, di tanta povertà in uno degli stati più ricchi del mondo e delle crescenti diseguaglianze sociali. Inoltre sembra che si voglia difendere quella grande ricchezza di una minoranza della popolazione con politiche aggressive non solo contro gli storici avversari, ma anche con gli storici alleati, insomma contro tutto il mondo.
  Questo atteggiamento politico diverge  marcatamente da quello insegnato dalla dottrina sociale cattolica contemporanea che lo considera, come spiegato da Papa nel discorso che ho citato,  fonte di possibili conflitti, di disgregazione sociale  e, se diventa prospettiva dominante, del male della corruzione. Ma diverge indubbiamente anche da quello (ancora) dominante nell’ideologia dell’Unione Europea, la quale, almeno fino ad oggi, ha saputo tenere conto di un bene comune che andava al di là degli interessi nazionalistici particolari degli stati membri, costruendo un bene pubblico, inteso come finalità istituzionale,   molto più vasto.

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Europeans are highly politicized

From the beginning of the twentieth century the Europeans were highly politicized: in particular the popular masses were involved in political struggles in institutional contexts which, with the extension of universal male suffrage and in environments progressively permeated by liberal and democratic principles, gave them more opportunities. to influence the government of society. This process was favored by three factors, which had been produced since the second half of the nineteenth century: the extension of elementary education, the political action of European socialisms, social action inspired by the religious faith of various Christian movements and, among these, of the Roman Catholic Church. In the latter the Papacy, in 1870, had been deprived of the new Italian national unitary state, the Kingdom of Italy established in 1861 on the basis of the previous kingdom of the Savoy dynasty with capital in Turin, of its small territorial kingdom in central Italy, with capital Rome, called the State of the Church, and had developed political claims against the Kingdom of Italy to get it back. On the whole they were defined as a Roman question. In this context the Papacy had activated the Italian masses in a clash of civilizations, presenting its political claims not as those of a monarch dispossessed against the conquering monarch, but as those of a people animated by religious customs against a regime dominated by a minority irreligious. From the end of the nineteenth century, to raise the masses, the Roman papacy had resumed some classic themes of socialist ideology, centered on the idea of ​​a profound reform of political institutions in order to realize social justice, understood as involving the workers of riches produced, with their decisive contribution, in a context of capitalist economy: matter was defined as a social question. Italy is a small part of the world, but for the Roman Papacy it was very important because it was a kind of political laboratory for it. Therefore, the great importance that, especially since the mid-nineteenth century, has given rise to Italian problems is not surprising. But, this is very significant for the subsequent historical developments, this political action of the Papacy was strongly opposed, in the second half of the nineteenth century, also in Germany and Austria. Even the socialists organized the masses on the basis of the social question, which for them was not however instrumental to other political ends, but the center of their commitment. The first document of modern Catholic social doctrine, the encyclical The Novelties - Rerum Novarum, released in 1891 under the authority of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °, proposed as areas of social commitment for Catholics different themes of European socialism of those years, while polemizing with socialism for its anticlericalism and the political intention to realize social justice through a struggle of the class of the salaried workers against that of the capitalists. The social ideology of the Papacy proposed instead of creating social peace through a voluntary collaboration between the two classes, in which the richest involved the other sectors of society to their welfare. Within a few decades, however, it was understood that this was an unrealistic proposal and the social action of the faithful was reorganized also from the union point of view in a group of social institutions that also had duties that were strictly as trade union. This happened in 1905, when the Papacy ordered the constitution of a new organization aimed at realizing the social doctrine, that is to say the Catholic Action. The Catholic Action was the first European model of a mass political party, in particular endowed with a capillary organization of training and propaganda, complete with publishing houses and periodicals, controlled by a national political center, with a rigid and hierarchical institutional structure, supported by a class of professional animators, such as Catholic priests. In the same years the Russian socialist revolutionary Vladimir Il'ič Ulyanov, called Lenin, (1870-1924) thought of something similar. The Catholic Action organizations were instrumental in making the principles of liberal democracy assimilate to the masses, after the initial resistance of the Roman Papacy, but enriching them with principles of social justice of socialist derivation, according to an ideology of Christian democracy. A similar process took place in the European socialist organizations, but not in the Russian ones which ended by hegemony from the Leninist currents. o give an idea of the political process to which I am referring, I would like to point out that German and Italian history since 1945 was hegemonized by Christian and socialist democratic parties, which the European Union has built with the decisive contribution of Christian and socialist democrats. , that the enlargement to the East of the European Union, incorporating about a hundred million new European citizens, was made with the decisive contribution of the Christian Democrat Helmut Kohl, that the German Christian Democrat Angela Merkel, formed in the socialist youth of the German Democratic Republic, is Recognized as the leading European statesman, currently two of the largest groups in the European Parliament are those of Christian Democrat and Socialist orientation.
 Originally the political action aroused by the Papacy was strongly clerical and, indeed, papist. It had to act in the interests of the Papacy, according to the social principles established and spread by it, within the limits of what the Papacy had. The idea of ​​democracy was foreign to the original social doctrine, which basically saw an outbreak of ideological and social indiscipline. In 1901 this also led to a defeat of the ideology of Christian democracy, which came with the encyclical The serious concern about social problems - Graves de communi king of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leo 13 °, the same as the encyclical Le Novel - Rerum novarum. However, when the Italic Catholic Action was organized, starting from its statutes approved and approved by the Papacy in 1906, a decisive role was entrusted to the economist and sociologist (1845-1918) Giuseppe Toniolo, proclaimed blessed by the Catholic Church in 2012, one of the main theorists of a Christian democracy. The Roman papacy then gave the green light to the political currents of Christian democracy starting from 1941, after the collapse of the hopes that it had placed in Italy in Mussolini's fascism starting from the twenties of the twentieth century. In the construction of Europe after the end of the Second World War, Christian Democrats made an original contribution drawing on cultural sources outside the doctrine of the Papacy, for example the philosophy of the French Jacques Maritain (1882-1993) and, in particular, in Italy, in fruitful dialogue with various currents of socialism.
 This process of political culture developed in a situation in which the Roman papacy was establishing itself on rather reactionary positions during the reign of Eugenio Pacelli - Pius 12 ° (1939-1958). The social doctrine was therefore dragged, in this time, from 1945 to 1962, by the social thought of the Catholic faithful. The situation changed with the Second Vatican Council (1962-1965), during the social doctrine it was updated, particularly in the matter of the common good, which was reconfigured as universal and also including peace at the global level. From the origins of social action aroused in the nineteenth century remained the constant controversy with nationalism, which involved incorporating religious faith in the elements that characterized the political regimes that claimed to represent all the members of the ethnic group prevailing in a certain territory identified as a state nationalwe on the basis of a particular story. The European Christian religions had historically suffered more or less the process of nationalization, except in Italy, due to the fact that the national unity had been made against the Roman Papacy and that the latter had maintained in Italy also from the 'Nineteenth century, after the collapse of the ancient European sovereign dynasties with which it had been federated, a considerable political influence. Not even Mussolini's fascism (1922-1945) really succeeded in provoking Italian nationalism. The polemic of Christian democrats and socialists against nationalism was very important in the construction of the new Europe, which could not succeed maintaining strong nationalisms as in the past. And it also led to designing the European institutions so that they could not found a new nationalism, European this time instead of regional. In essence, aware of the problems that had historically given, was not taken as a model the type of organization of the United States of America, based on a very strong presidential political center, even if moderated by the powers of a Parliament that has in the Senate a powerful regional representation.
  The European Union has coalesced in a framework of solidarity cooperation of regional autonomies, which is constantly deepened and widened trying to create economic and social ties starting from the bottom, rather than organizing the political summits. This makes the political experiment of European unification appear as an unfinished organization, and in a certain sense it is, but it has produced two important results, namely a very long period of peace, which has had no equal in European history, and perhaps worldwide, and the introduction of socialist elements without ending under totalitarian hegemony. In the Constitution of the Italian Republic this is evidenced by the rules according to which private property and the company must have a social function. More or less in all the fundamental norms of the European Union states we find similar principles and, where they are lacking, in reality those principles are however followed according to lower level norms. They are also contained in the Charter of Fundamental Rights of the European Union, which since 2009 is the law of the European Union, on the basis of the deliberations of the 2007 Lisbon Treaty, particularly in articles from 27 to 38, on solidarity. Peace and social solidarity, in particular through an extensive social security system, are considered among the most important European public goods, that is to say among the most important operational goals of the states of the European Union and of the European Union itself. They are also considered part of the common good indicated by the Catholic social doctrine as the main and essential goal of political action. They are a recent European cultural achievement, as well as in Catholic social doctrine. They basically date back to the end of the Second World War. For example, they are not among the fundamental principles of a great democratic power like the United States of America, whose President, for example, has not recently had difficulty in defining European Union Europeans as enemies. social solidarity, follows principles that are actually different from those of Europe. Those words were not taken seriously in Europe, were considered as an expression of an electoral controversy, for internal use only, but certainly the recent US policies, all centered on the realization of internal well-being, in a world that generally is worse off , have also had heavy repercussions in Europe, resulting in a new recessionary crisis.
  Of that political attitude, Pope Francis often speaks, for example he did so in July 2015, during a speech to the Bolivian civil authorities:
"But we need to be on the alert because it is very easy for us to become accustomed to the atmosphere of inequality all around us, with the result that we take it for granted. Without even being conscious of it, we confuse the “common good” with “prosperity”, and so it goes, sliding bit by bit, and the ideal of the “common good” gets lost, ending up in “prosperity”, especially when we are the ones who enjoy that prosperity, and not the others. Prosperity understood only in terms of material wealth has a tendency to become selfish; it tends to defend private interests, to be unconcerned about others, and to give free rein to consumerism. Understood in this way, prosperity, instead of helping, breeds conflict and social disintegration; as it becomes more prevalent, it opens the door to the evil of corruption, which brings so much discouragement and damage in its wake. The common good, on the other hand, is much more than the sum of individual interests. It moves from “what is best for me” to “what is best for everyone”. It embraces everything which brings a people together: common purpose, shared values, ideas which help us to look beyond our limited individual horizons. "
 In fact, from the news coming to us from the United States of America, it emerges that the policies of the current federal administration have not really achieved the promised result of increasing the well-being of Americans, understood as all US citizens. Of course there are many great richs, including the US President himself, but there is a lot of poverty and a social security system that is not even remotely comparable to those of the European Union. Those who are poor are classified among the losers and losers because they are lazy or incapable, and therefore they are considered worthy of being  losers. We do not notice a political deepening on the social, structural causes of so much poverty in one of the richest states in the world and increasing social inequalities. It also seems that we want to defend the great wealth of a minority of the population with aggressive policies not only against the historical opponents, but also with the allied historians, in short, against the whole world.
  This political attitude diverges markedly from the one taught by contemporary Catholic social doctrine which considers it, as explained by Pope in the speech I have cited, a source of possible conflicts, of social disintegration and, if it becomes dominant perspective, of the evil of corruption. But it also undoubtedly diverges from that (still) dominant in the ideology of the European Union, which, at least until today, has been able to take account of a common good that went beyond the particular nationalistic interests of the member states, building a good public, intended as an institutional purpose, much broader.

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Evoluzione politica del Papato romano

   Nella Chiesa cattolica, il Papato romano è diventato, nel Secondo Millennio, la fonte principale del Magistero, vale a dire degli insegnamenti su giusto modo di intendere e di vivere la fede religiosa cristiana. Questo è stato possibile perché la Chiesa cattolica ha un sistema giuridico analogo a quello di uno stato ed esso riconosce al Papa la posizione di monarca assoluto  e di Luogotenente del Cielo. Questa sua posizione è stata costruita, con una serie di riforme religiose durante tutto il Secondo Millennio della nostra era, fino alla decisione di riconoscergli la dote soprannaturale dell’infallibilità nelle questioni di fede deliberata nel 1870 nel corso del Concilio Vaticano 1°.
  Federandosi con i sovrani civili europei il Papato ottenne che questa sua posizione nelle questioni di fede diventasse legge anche degli stati e che chi dissentiva venisse punito con le pene ordinariamente riservate ai delinquenti più pericolosi, quindi con quelle che vengono chiamate pene criminali. La Riforma protestante, dal Cinquecento, liberò parte degli europei da questa che obiettivamente era una tirannia, costruendo una diversa organizzazione del potere religioso e altri, diversi, accordi con i sovrani civili. Anche negli stati che rimasero nel dominio di sovrani che avevano aderito alla Riforma la libertà religiosa non fu assoluta e, innanzi tutto, fu limitato dal principio che ciascuno dovesse seguire la religione del proprio sovrano, deliberato nel 1555, ad Augsburg - Augusta, in Baviera, oggi uno degli stati federati nella Repubblica Federale di Germania, al termine di una lunga serie di conflitti nell’Europa centrale. Quel trattato non impedì una lunga ripresa del conflitto su base religiosa nel secolo seguente: le potenze europee vi posero fine concludendo nel 1648 una serie di accordi in Vestfalia, nella parte nord orientale della Repubblica Federale di Germania tra Renania e Sassonia, dai quali sorse l’Europa moderna. Quegli accordi prevedevano una qualche tolleranza verso le minoranze religiose, pur riaffermando il principio della religione di stato, vale a dire che la religione dello stato fosse quella del suo sovrano. Il Papato romano rifiutò di sottoscriverli.
  Dalla fine del Settecento in Europa si svilupparono poi processi democratici che progressivamente confinarono l’autorità assoluta del Papato all’ambito religioso sfociando, dalla metà del Novecento, in particolare con la deliberazione della Dichiarazione universale del Diritti dell’Uomo, deliberata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, nell’affermazione della piena libertà religiosa, che ebbe contrastata attuazione, più ampia nei regimi liberali democratici espressi dagli europei o a loro ispirati, molto minore nei regimi comunisti o assolutisti che seguivano altre fedi religiose. Dagli anni Sessanta quei processi democratici investirono la stessa Chiesa cattolica, a partire del Concilio Vaticano 2°, la grande assemblea dei vescovi che si tenne a Roma tra il 1962 e il 1965 e che deliberò importanti  leggi di riforma religiosa, le quali hanno avuto contrastata e parziale attuazione fino ai giorni nostri. In definitiva l’autorità sacrale, cioè derivata da quella divina, riconosciuta al Papa è molto minore che nel passato e limitata sostanzialmente ai dogmi di fede, ai principi fondamentali della fede, quasi tutti deliberati però nel Primo Millennio quando l’autorità religiosa maggiore fu tra i cristiani quella dell’imperatore greco-romano di Costantinopoli, in Grecia, che convocò tutti i Concili ecumenici di quell’epoca storica. In particolare questo riguarda la dottrina sociale, che inizialmente venne imposta ai fedeli cattolici come obbligatoria con una forza assimilabile a quella dei dogmi della fede, vincolante per l’autorità sacrale da cui proveniva, non per gli argomenti che svolgeva.  In realtà essa è influenzata dalla fede mediante una serie di ragionamenti, di argomentazioni, che tengono conto della realtà sociale di un determinato tempo storico, che evolve e quindi muta: i principi della dottrina sociale sono quindi molto legati all’epoca in cui vengono enunciati e infatti sono molto cambiati dalla fine dell’Ottocento, quando si iniziò a diffonderli. Ad esempio ora comprendono molti valori democratici e anche quello della democrazia politica come regime che meglio esprime l’esigenza di riconoscimento della dignità umana. Nel complesso, questa condizione dell’essere umano di non essere obbligato a subire l’imposizione dell’autorità altrui senza poter argomentare, e argomentando difendendosi, come anche il dovere di ogni autorità di argomentare le proprie decisioni, in modo che possano essere liberamente discusse, e di non pretendere un potere assoluto, cioè libero da qualsiasi limite, sia da quello temporale, come da quello di altre autorità ed, infine, quello del consenso dei governati manifestato nelle forme stabilite da una norma, rientrano nel principio della libertà di coscienza. Ai tempi nostri in religione si ritiene che esso faccia parte del bene comune  vale a dire dell'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente (questa la definizione che si trova nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes del Concilio Vaticano 2°).
  Ecco come quel principio venne definito, quanto alla libertà religiosa, dalla Dichiarazione sulla libertà religiosa La dignità umana - Dignitatis Humanae, del Concilio Vaticano 2°:

Oggetto e fondamento della libertà religiosa
2. Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società.
A motivo della loro dignità, tutti gli esseri umani, in quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze. Ad un tale obbligo, però, gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo rispondente alla loro natura, se non godono della libertà psicologica e nello stesso tempo dell'immunità dalla coercizione esterna. Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non può essere impedito.


 Questo principio, che il Papato contrastò fino al Novecento, quindi per quasi due millenni, trova fondamento dottrinale nell’idea che gli esseri umani costituiscano un’unica comunità fraterna. Essa fa parte del deposito originario di fede, risale direttamente all’insegnamento del Fondatore e la troviamo espressa nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nel nostro tempo - Nostra Aetate, anch’essa deliberata durante il Concilio Vaticano 2°:

Introduzione
1. Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.
I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra  hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti  finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce.
[…]
Fraternità universale
5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8).
Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.
In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini, affinché siano realmente figli del Padre che è nei cieli.


 Una parte importante del lavoro di formazione religiosa, fin da quella di base per i più giovani, dovrebbe essere quella di convincere le persone che effettivamente l’umanità costituisce un’unica comunità. Di solito pensiamo alla comunità come fatta di gente simile a noi nell’aspetto fisico, nella lingua, nella cultura, nelle concezioni sociali e politiche, in alcune importanti tradizioni, tra le quali quella religiosa. E anche se la genetica contemporanea ha dimostrato che quella umana è un’unica specie e che condividiamo il 99,9% del genoma, le differenze etniche e culturali tra le popolazioni umane, che rilevano quando si tratta di pensarci come comunità, sono notevoli. La consapevolezza di una comune umanità, e quindi di una comune dignità umana, è stata messa in questione, tra gli europei, tutte le volte che sono venuti a contatto con popolazioni con caratteristiche fisiche molto diverse da quelle degli europei. La frequentazione più assidua ha prodotto poi la conquista culturale di quella consapevolezza. Una fase spettacolare di questo progresso culturale si sta producendo ai nostri giorni, nell’era della globalizzazione,  con l’immane sviluppo delle relazioni sociali ed economiche e delle migrazioni. Dobbiamo attenderci che, progredendo i tempi, quella consapevolezza si estenderà molto. Come è sempre accaduto ci sono persone e gruppi che incontrano difficoltà in questa conquista culturale e pensano ancora di poter dividere l’umanità con barriere fisiche, culturali o giuridiche. Nell’Unione Europea di oggi vi sono formazioni politiche che propongono di istituire, o meglio di ripristinare, tutte e tre quelle forme di barriere. La questione è rilevante sotto vari aspetti: etico, politico, economico, religioso. Dal punto di vista politico occorre tener conto di questo: una volta stabilito che è possibile discriminare, è anche possibile che la discriminazione si ritorca contro chi l’ha approvata. Infatti , i rapporti di forza nella società mutano rapidamente e chi oggi discrimina, trovandosi in una posizione di dominio, potrebbe un domani dover subire la discriminazione di altre forze emergenti. Storicamente è accaduto e, dunque, potrebbe accadere di nuovo. Dal punto di vista religioso, rifiutare l’idea dell’umanità come un’unica comunità significa anche rifiutare l’idea cristiana di divinità paterna e amorevole, secondo la quale recitiamo “Padre nostro!”. La teologia, però, non aiuta veramente, perché a lungo ha argomentato, e ancora in alcune correnti argomenta,  secondo il principio che le discriminazioni siano volute dal Cielo, come le diverse facce che abbiamo. In realtà non è per quella via che si può arrivare ad accettare di pensarsi come parte di un’unica famiglia umana: la strada giusta, l’unica, è, per gli umani, quella di conoscersi meglio, e conoscendosi meglio anche di comprendere il vantaggio di collaborare pacificamente invece di cercare di ammazzare e di rapinare. Non viene naturale, certo, perché la natura, quella che abbiamo ancora dentro come eredità delle preistoriche belve da cui geneticamente discendiamo, funziona in un modo diverso e in essa è la forza a prevalere. Però è proprio distaccandoci da quelle dinamiche di natura che siamo divenuti i dominatori della Terra.

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Political evolution of the Roman Papacy

  In the Catholic Church, the Roman Papacy became, in the Second Millennium, the main source of the Magisterium, that is to say of the teachings on the right way to understand and live the Christian religious faith. This was possible because the Catholic Church has a legal system similar to that of a state and it recognizes the Pope as the absolute monarch and Lieutenant of Heaven. This position was built, with a series of religious reforms throughout the second millennium of our era, until the decision to recognize him the supernatural dowry of infallibility in matters of faith deliberated in 1870 during the 1st Vatican Council.
  Federating with the European civil sovereigns, the Papacy obtained that this position in matters of faith became the law of states and that those who dissent were punished with the penalties normally reserved for the most dangerous offenders, then with what are called criminal penalties. The Protestant Reformation, from the sixteenth century, freed part of the Europeans from this which was objectively a tyranny, building a different organization of religious power and other, different, agreements with civil sovereigns. Even in the states that remained in the dominion of sovereigns who had joined the Reformation religious freedom was not absolute and, first of all, it was limited by the principle that each should follow the religion of his sovereign, decided in 1555, in Augsburg - Augsburg, Bavaria , today one of the federated states in the Federal Republic of Germany, at the end of a long series of conflicts in Central Europe. That treaty did not prevent a long resumption of the conflict on religious grounds in the following century: the European powers put an end to it by concluding in 1648 a series of agreements in Westphalia, in the north-eastern part of the Federal Republic of Germany between Rhineland and Saxony, from which Modern Europe. Those agreements provided for some tolerance towards religious minorities, while reaffirming the principle of state religion, namely that the religion of the state was that of its sovereign. The Roman papacy refused to sign them.
  From the end of the eighteenth century in Europe democratic processes developed that gradually confined the absolute authority of the Papacy to the religious sphere, resulting in the mid-twentieth century, in particular with the deliberation of the Universal Declaration of Human Rights, approved by the General Assembly of the United Nations on 10 December 1948, in the affirmation of full religious freedom, which had opposed implementation, broader in the liberal democratic regimes expressed by the Europeans or inspired by them, much less in the communist or absolutist regimes that followed other religious faiths. Since the 1960s, democratic processes have invested in the Catholic Church itself, starting with the Second Vatican Council, the great assembly of bishops held in Rome between 1962 and 1965, and which deliberated important laws of religious reform, which were opposed and partial implementation up to the present day. Ultimately, the sacral authority, that is derived from the divine, recognized to the Pope is much less than in the past and substantially limited to the dogmas of faith, to the fundamental principles of faith, almost all but resolved in the First Millennium when the major religious authority was among Christians, that of the Greek-Roman emperor of Constantinople, in Greece, who summoned all the ecumenical councils of that historical epoch. In particular this concerns the social doctrine, which was initially imposed on the Catholic faithful as obligatory with a force similar to that of the dogmas of the faith, binding on the sacral authority from which it came, not for the arguments it carried out. In reality it is influenced by faith through a series of reasonings, arguments, which take into account the social reality of a given historical time, which evolves and therefore changes: the principles of social doctrine are therefore very linked to the era in which they are enunciated. and in fact they have changed a lot since the end of the nineteenth century, when it began to spread them. For example, they now include many democratic values ​​and also that of political democracy as a regime that best expresses the need for recognition of human dignity. On the whole, this condition of the human being not to be obliged to suffer the imposition of the authority of others without being able to argue, and arguing defending, as well as the duty of every authority to argue their decisions, so that they can be freely discussed , and not to claim an absolute power, that is free from any limit, either from the temporal, as from that of other authorities and, finally, that of the consent of the governed manifested in the forms established by a rule, fall within the principle of freedom of conscience . In our time in religion it is believed that it is part of the common good that is to say the set of conditions of social life that allow both groups and individual members to reach their perfection more fully and more quickly (this is the definition that it is found in the Pastoral Constitution on the Church in the contemporary world Joy and hope - Gaudium et spes of the Second Vatican Council.
  This is how that principle was defined, as regards religious freedom, by the Declaration on religious freedom Human dignity - Dignitatis Humanae, of the Second Vatican Council:

2. This Vatican Council declares that the human person has a right to religious freedom. This freedom means that all men are to be immune from coercion on the part of individuals or of social groups and of any human power, in such wise that no one is to be forced to act in a manner contrary to his own beliefs, whether privately or publicly, whether alone or in association with others, within due limits.
The council further declares that the right to religious freedom has its foundation in the very dignity of the human person as this dignity is known through the revealed word of God and by reason itself.This right of the human person to religious freedom is to be recognized in the constitutional law whereby society is governed and thus it is to become a civil right.
It is in accordance with their dignity as persons-that is, beings endowed with reason and free will and therefore privileged to bear personal responsibility-that all men should be at once impelled by nature and also bound by a moral obligation to seek the truth, especially religious truth. They are also bound to adhere to the truth, once it is known, and to order their whole lives in accord with the demands of truth. However, men cannot discharge these obligations in a manner in keeping with their own nature unless they enjoy immunity from external coercion as well as psychological freedom. Therefore the right to religious freedom has its foundation not in the subjective disposition of the person, but in his very nature. In consequence, the right to this immunity continues to exist even in those who do not live up to their obligation of seeking the truth and adhering to it and the exercise of this right is not to be impeded, provided that just public order be observed.

This principle, which the Papacy opposed until the twentieth century, then for almost two millennia, finds a doctrinal foundation in the idea that human beings constitute a single fraternal community. It is part of the original deposit of faith, goes back directly to the teaching of the Founder and we find it expressed in the Declaration on the relations of the Church with non-Christian religions In our time - Nostra Aetate, also deliberated during the Second Vatican Council:

1. In our time, when day by day mankind is being drawn closer together, and the ties between different peoples are becoming stronger, the Church examines more closely her relationship to non-Christian religions. In her task of promoting unity and love among men, indeed among nations, she considers above all in this declaration what men have in common and what draws them to fellowship.
One is the community of all peoples, one their origin, for God made the whole human race to live over the face of the earth). One also is their final goal, God. His providence, His manifestations of goodness, His saving design extend to all men, until that time when the elect will be united in the Holy City, the city ablaze with the glory of God, where the nations will walk in His light.
[…]
5. We cannot truly call on God, the Father of all, if we refuse to treat in a brotherly way any man, created as he is in the image of God. Man's relation to God the Father and his relation to men his brothers are so linked together that Scripture says: "He who does not love does not know God" (1 John 4:8).
No foundation therefore remains for any theory or practice that leads to discrimination between man and man or people and people, so far as their human dignity and the rights flowing from it are concerned.
The Church reproves, as foreign to the mind of Christ, any discrimination against men or harassment of them because of their race, color, condition of life, or religion. On the contrary, following in the footsteps of the holy Apostles Peter and Paul, this sacred synod ardently implores the Christian faithful to "maintain good fellowship among the nations" (1 Peter 2:12), and, if possible, to live for their part in peace with all men, so that they may truly be sons of the Father who is in heaven.

An important part of the work of religious formation, starting from the basic one for the youngest, should be to convince people that actually humanity constitutes a single community. We usually think of the community as made up of people similar to us in the physical aspect, in language, in culture, in social and political conceptions, in some important traditions, among which the religious one. And although contemporary genetics has shown that the human is a single species and that we share 99.9% of the genome, the ethnic and cultural differences between human populations, which are felt when it comes to thinking about it as a community, are noteworthy. The awareness of a common humanity, and therefore of a common human dignity, has been called into question, among Europeans, whenever they have come into contact with people with physical characteristics very different from those of Europeans. The more assiduous attendance produced then the cultural conquest of that awareness. A spectacular phase of this cultural progress is taking place in our day, in the era of globalization, with the immense development of social and economic relations and migration. We must expect that, as the times progress, that awareness will extend a lot. As has always happened there are people and groups who encounter difficulties in this cultural achievement and still think they can divide humanity with physical, cultural or legal barriers. In today's European Union there are political formations that propose to establish, or rather to restore, all three forms of barriers. The question is relevant in various aspects: ethical, political, economic, religious. From a political point of view it is necessary to take this into account: once it is established that it is possible to discriminate, it is also possible that discrimination will reign against those who approved it. In fact, the relations of force in society change rapidly and those who today discriminate, being in a position of domination, could one day have to suffer the discrimination of other emerging forces. Historically it happened and, therefore, it could happen again. From the religious point of view, rejecting the idea of ​​humanity as a single community also means rejecting the Christian idea of ​​paternal and loving divinity, according to which we recite "Our Father!". Theology, however, does not really help, because it has long argued, and still in some currents argues, according to the principle that discrimination is desired by Heaven, like the different faces we have. In reality it is not by that way that one can come to accept to think of himself as part of a single human family: the right path, the only one, is for humans, to know each other better, and knowing even better to understand the advantage of cooperating peacefully instead of trying to kill and rob. It is not natural, of course, because nature, that which we still have inside as inheritance of the prehistoric beasts from which we genetically descend, works in a different way and in it is force to prevail. But it is precisely detaching ourselves from those dynamics of nature that we have become the rulers of the Earth.

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Bene pubblico e bene comune 

  Gli organi supremi degli stati scelgono quale sia il bene pubblico. Negli stati democratici questa scelta  è influenzata dalle persone alle quali è riconosciuto il diritto di voto. Nella scelta si tiene conto anche del proprio benessere privato. Gli orientamenti etici possono influire in modo maggiore o minore. Di solito chi esercita il potere supremo presenta le proprie decisioni in tema di bene pubblico come eticamente giuste secondo l’etica di riferimento. Questo permette di ottenere il conenso pubblico più facilmente. Per questo motivo chi governa cerca di avere un qualche controllo sulle convinzioni etiche dei governati e, innanzi tutto, sulle agenzie che diffondono quelle convinzioni, ad esempio le chiese.
  Secondo la dottrina sociale cattolica il bene pubblico deve tendere al bene comune.

«12. Lo Stato, la cui ragion d’essere è l’attuazione del bene comune nell’ordine temporale, non può rimanere assente dal mondo economico; deve esser presente per promuovervi opportunamente la produzione di una sufficiente copia di beni materiali, "l’uso dei quali è necessario per l’esercizio della virtù", e per tutelare i diritti di tutti i cittadini, soprattutto dei più deboli, quali sono gli operai, le donne, i fanciulli. È pure suo compito indeclinabile quello di contribuire attivamente al miglioramento delle condizioni di vita degli operai.»
[Dall’enciclica Madre e Maestra - Mater et Magistr,  1961, del papa Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23°]

e

«Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la comunità civile sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della natura umana e avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune (156).
Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità politica.
La comunità politica esiste dunque in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che costituisce la base originaria del suo diritto all'esistenza.
Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione.»
[Dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes, n.74, del Concilio Vaticano 2°]

 Il bene comune riguarda ciascuno e la collettività in cui è immerso. Comprende un determinato livello di benessere e di sicurezza sociale per il singolo e la sua famiglia, ma anche l’ambiente sociale e naturale in cui vive. Comprende la solidarietà sociale, l’istruzione, un complesso di libertà personali tra le quali la libertà di coscienza, la possibilità di ottenere un’informazione affidabile su quanto accade e quindi, ai tempi nostri, la possibilità di accedere alla rete telematica WEB senza essere predati da sistemi generatori di notizie false, la bellezza, un tempo libero dalla fatica del lavoro, ma anche un lavoro che sia retribuito in maniera sufficiente a condurre una vita sociale libera e dignitosa e la possibilità di avere una casa per sé e per la propria famiglia. Il bene comune non è tuttavia una finalità privata, ma collettiva. Quindi nel definirlo bisogna tener conto  anche di quello degli altri e, nella visione della dottrina sociale cattolica, di  tutti  gli altri, non solo di quelli che vivono nella propria città, regione, stato, ma quello di tutti gli altri abitanti della Terra, i quali, nella fede, consideriamo come parte di un’unica famiglia, la  famiglia umana. Questa è la giustizia sociale universale, dalla quale ci attendiamo la pace, condizione che rientra nel bene comune, perché tutti la desiderano e ne beneficiano, specialmente quando vivono una situazione di guerra. E quando si decide di fare guerra si confida di vincerla velocemente, ma questo non sempre accade. Un detto del Maestro fa: «[…] perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.» [Matteo 26,52].
  Ognuno riesce ad ottenere il dominio su una parte delle risorse della Terra, ne diventa quindi proprietario o comunque le controlla in base ad altro potere che la società gli riconosce. Alcune di queste risorse sono di proprietà pubblica e vengono impiegate per finalità pubbliche. Dal punto di vista del bene comune, però, la distinzione tra pubblico e privato è meno importante. Infatti la dottrina sociale, che ha fondamenti molto antichi insegna che anche le risorse private devono essere impiegate per realizzare il bene comune. Ad esempio leggiamo nell’enciclica Madre e Maestra - Mater et Magistra:

«11. […] la proprietà privata, anche dei beni strumentali, è un diritto naturale che lo Stato non può sopprimere. Ad essa è intrinseca una funzione sociale, e però è un diritto che va esercitato a vantaggio proprio e a bene degli altri.»

Ciascuno tende ad aumentare le risorse che domina e così anche gli stati. In genere gli stati si propongono, tra gli obiettivi del bene pubblico, di incrementare la propria ricchezza e quella dei propri cittadini. Se però progettano di farlo aggredendo altri stati questo è contario al bene comune, è eticamente malvagio, dal punto di vista della dottrina sociale cattolica. Così anche se progettano di farlo sfruttando, al loro interno, classi di persone sottomesse in una condizione di inferiorità sociale, che siano schiavi, lavoratori pagati in misura insufficiente in rapporto alla ricchezza che contribuiscono a produrre, migranti che non godendo pienamente di diritti civili o non godendone affatto hanno la peggio sul mercato del lavoro e partecipano della condizione dei lavoratori sottopagati o addirittura degli schiavi o, infine, sono semplicemente esclusi da tutto, ridotti nella condizione di scarti e a sopravvivere frugando nelle immondizie altrui.
 Non basta ad uno stato l’essere democratico per ritenere che si sforzi di realizzare il bene comune. In democrazia in genere prevalgono gli interessi di chi nella società ha più forza e controlla i mezzi di informazione sociale, e perciò anche il consenso sociale: se non c’è un sufficiente orientamento etico, espresso anche in norme che pongano dei limiti all’avidità privata e pubblica e impongano obblighi di solidarietà sociale, l’azione pubblica può orientarsi contro il bene comune. E il bene comune da cui più facilmente gli stati cercano di esonerarsi è quello che riguarda le persone che vivono in altri stati. Tuttavia queste politiche di avidità ed egoismo degli stati finiscono per creare problemi alla sopravvivenza di tutti in un mondo in cui è molto aumentata l’interdipendenza. Sul punto così è stato argomentato nell’enclicica Laudato si’, del 2015, diffusa sotto l’autorità del papa Jorge Mario Bergoglio  - Francesco:

«164. Dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono tutti, bensì, principalmente, fare in modo che le soluzioni siano proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di alcuni Paesi. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune. Ma lo stesso ingegno utilizzato per un enorme sviluppo tecnologico, non riesce a trovare forme efficaci di gestione internazionale in ordine a risolvere le gravi difficoltà ambientali e sociali. Per affrontare i problemi di fondo, che non possono essere risolti da azioni di singoli Paesi, si rende indispensabile un consenso mondiale che porti, ad esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a incentivare una maggiore efficienza energetica, a promuovere una gestione più adeguata delle risorse forestali e marine, ad assicurare a tutti l’accesso all’acqua potabile.»

  La dottrina sociale dà indicazioni etiche su che cosa rientri nel bene comune, ma ciascuno è poi responsabile personalmente delle scelte che si fanno in questa materia, a partire da come impiega ciò che è di sua proprietà e da come controlla la propria avidità. In questo si è liberi in coscienza, ma, in quanto liberi, appunto, responsabili, davanti a sé stessi, ai propri concittadini, ma anche alla storia e al Cielo. Non basta, per giustificarsi, sostenere di aver obbedito a un qualche gerarca.


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Public good and common good

  The supreme organs of states choose what is the public good. In democratic states, this choice is influenced by people to whom the right to vote is recognized. The choice also takes account of one's private well-being. Ethical guidelines can influence more or less. Usually those who exercise supreme power present their decisions regarding the public good as ethically correct according to the reference ethics. This allows to obtain public agreement more easily. For this reason, those who govern seek to have some control over the ethical convictions of the governed and, above all, on the agencies that spread those convictions, for example the churches.
   According to Catholic social doctrine, the public good must strive for the common good.

«20. As for the State, its whole raison d'etre is the realization of the common good in the temporal order. It cannot, therefore, hold aloof from economic matters. On the contrary, it must do all in its power to promote the production of a sufficient supply of material goods, "the use of which is necessary for the practice of virtue." It has also the duty to protect the rights of all its people, and particularly of its weaker members, the workers, women and children. It can never be right for the State to shirk its obligation of working actively for the betterment of the condition of the workingman.»
[From the encyclical Mother and Teacher - Mater et Magistr, 1961, by Pope Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23 °]

and

74. Men, families and the various groups which make up the civil community are aware that they cannot achieve a truly human life by their own unaided efforts. They see the need for a wider community, within which each one makes his specific contribution every day toward an ever broader realization of the common good.(1) For this purpose they set up a political community according to various forms. The political community exists, consequently, for the sake of the common good, in which it finds its full justification and significance, and the source of its inherent legitimacy. Indeed, the common good embraces the sum of those conditions of the social life whereby men, families and associations more adequately and readily may attain their own perfection.
[From the Pastoral Constitution on the Church in the Modern World Joy and Hope - Gaudium et Spes, n.74, of the Second Vatican Council]

  The common good concerns everyone and the community in which it is immersed. It includes a certain level of well-being and social security for the individual and his family, but also the social and natural environment in which he lives. It includes social solidarity, education, a complex of personal freedoms including freedom of conscience, the possibility of obtaining reliable information on what is happening and therefore, in our time, the possibility of accessing the WEB telematic network without being predated by systems generating false news, beauty, a time free from the toil of work, but also a job that is paid enough to lead a free and dignified social life and the possibility of having a home for himself and his own family. However, the common good is not a private, but a collective purpose. So in defining it we must also take into account that of others and, in the vision of Catholic social doctrine, of all others, not only those who live in their city, region, state, but that of all the other inhabitants of the Earth, the which, in faith, we consider as part of one family, the human family. This is universal social justice, from which we expect peace, a condition that belongs to the common good, because everyone wants and benefits from it, especially when they live in a war situation. And when you decide to make war you trust to win it quickly, but this does not always happen. A saying of the Master makes: "[...] because all those who put their hand to the sword will perish by the sword." [Matthew 26,52].
  Everyone succeeds in obtaining dominion over a part of the Earth's resources, thus becoming its owner or otherwise controlling them on the basis of another power that society recognizes. Some of these resources are publicly owned and are used for public purposes. From the point of view of the common good, however, the distinction between public and private is less important. In fact, the social doctrine, which has very ancient foundations, teaches that private resources must also be used to realize the common good. For example, we read in the encyclical Mother and Teacher - Mater et Magistra:

«19. […] private ownership of property, including that of productive goods, is a natural right which the State cannot suppress. But it naturally entails a social obligation as well. It is a right which must be exercised not only for one's own personal benefit but also for the benefit of others.»

  Each tends to increase the resources that it dominates and so also the states. Generally, the states propose, among the objectives of the public good, to increase their wealth and that of their citizens. But if they plan to do it by attacking other states, this is contagious to the common good, it is ethically evil, from the point of view of Catholic social doctrine. So even if they plan to do so by exploiting, within them, classes of people subjected in a state of social inferiority, who are slaves, workers paid insufficiently in relation to the wealth they contribute to produce, migrants who do not fully enjoy civil rights or not enjoying it at all have the worst on the labor market and participate in the condition of underpaid workers or even slaves or, finally, are simply excluded from everything, reduced to the condition of waste and survive by rummaging in the rubbish of others.
 Democratic being is not enough for a state to believe that it strives to realize the common good. In general, the interests of those who in society have more force and control the means of social information prevail, and therefore also the social consensus: if there is not sufficient ethical orientation, expressed also in norms that set limits to greed private and public and impose obligations of social solidarity, public action can be directed against the common good. And the common good from which states most easily try to exonerate is that which concerns people living in other states. However, these policies of state greed and selfishness end up creating problems for the survival of all in a world where interdependence is greatly increased. On this point he was argued in the encyclical Laudato si ', of 2015, published under the authority of Pope Jorge Mario Bergoglio - Francesco:
«164. Beginning in the middle of the last century and overcoming many difficulties, there has been a growing conviction that our planet is a homeland and that humanity is one people living in a common home. An interdependent world not only makes us more conscious of the negative effects of certain lifestyles and models of production and consumption which affect us all; more importantly, it motivates us to ensure that solutions are proposed from a global perspective, and not simply to defend the interests of a few countries. Interdependence obliges us to think of one world with a common plan. Yet the same ingenuity which has brought about enormous technological progress has so far proved incapable of finding effective ways of dealing with grave environmental and social problems worldwide. A global consensus is essential for confronting the deeper problems, which cannot be resolved by unilateral actions on the part of individual countries. Such a consensus could lead, for example, to planning a sustainable and diversified agriculture, developing renewable and less polluting forms of energy, encouraging a more efficient use of energy, promoting a better management of marine and forest resources, and ensuring universal access to drinking water.»
The social doctrine gives ethical indications on what is part of the common good, but each one is then personally responsible for the choices made in this matter, starting from how he employs what is his property and how he controls his own greed. In this we are free in conscience, but as free, indeed, responsible, in front of themselves, to their fellow citizens, but also to history and to Heaven. It is not enough, to justify himself, to claim to have obeyed some hierarchy.
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Le sofferenze sociali dipendono da squilibri nell’ordinamento sociale che possono essere corretti, sono fenomeni naturali come le tempeste atmosferiche e i terremoti

 Negli passati   anni ’60 la dottrina sociale ha raggiunto una convinzione: le sofferenze sociali dipendono da squilibri nell’ordinamento sociale che possono essere corretti. Questo è il punto di partenza di ogni tipo di socialismo moderno, che si basa sull’osservazione realistica delle dinamiche sociali e non solo su moventi di tipo etico. Leggiamo, ad esempio, nell’enciclica La pace in terra - Pacem in terris  diffusa nel 1961 sotto l’autorità del papa Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23°:

«L’ordine negli esseri umani
3. Con l’ordine mirabile dell’universo continua a fare stridente contrasto il disordine che regna tra gli esseri umani e tra i popoli; quasicché i loro rapporti non possono essere regolati che per mezzo della forza.
Sennonché il Creatore ha scolpito l’ordine anche nell’essere degli uomini: ordine che la coscienza rivela e ingiunge perentoriamente di seguire: "Essi mostrano scritta nei loro cuori l’opera della legge, testimone la loro coscienza" (Rm 2,15). Del resto come potrebbe essere diversamente? Ogni opera di Dio è pure un riflesso della sua infinita sapienza: riflesso tanto più luminoso quanto più l’opera è posta in alto nella scala delle perfezioni (Cf. Sal 18,8-11).
4. Una deviazione, nella quale si incorre spesso, sta nel fatto che si ritiene di poter regolare i rapporti di convivenza tra gli esseri umani e le rispettive comunità politiche con le stesse leggi che sono proprie delle forze e degli elementi irrazionali di cui risulta l’universo; quando invece le leggi con cui vanno regolati gli accennati rapporti sono di natura diversa, e vanno cercate là dove Dio le ha scritte, cioè nella natura umana.
Sono quelle, infatti, le leggi che indicano chiaramente come gli uomini devono regolare i loro vicendevoli rapporti nella convivenza; e come vanno regolati i rapporti fra i cittadini e le pubbliche autorità all’interno delle singole comunità politiche; come pure i rapporti fra le stesse comunità politiche; e quelli fra le singole persone e le comunità politiche da una parte, e dall’altra la comunità mondiale, la cui creazione oggi è urgentemente reclamata dalle esigenze del bene comune universale.
L’ORDINE TRA GLI ESSERI UMANI
Ogni essere umano è persona, soggetto di diritti e di doveri
5. In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili.»

 Questa visione è molto differente da quella contenuta nel primo documento della dottrina sociale moderna, l’enciclica Le novità  - Rerum novarum  diffusa nel 1891 sotto l’autorità del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13:

1 - Necessità delle ineguaglianze sociali e del lavoro faticoso
14. Si stabilisca dunque in primo luogo questo principio, che si deve sopportare la condizione propria dell'umanità: togliere dal mondo le disparità sociali, è cosa impossibile. Lo tentano, è vero, i socialisti, ma ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile. Poiché la più grande varietà esiste per natura tra gli uomini: non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia, non la sanità, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali. E ciò torna a vantaggio sia dei privati che del civile consorzio, perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi, e l'impulso principale, che muove gli uomini ad esercitare tali uffici, è la disparità dello stato. Quanto al lavoro, l'uomo nello stato medesimo d'innocenza non sarebbe rimasto inoperoso: se non che, quello che allora avrebbe liberamente fatto la volontà a ricreazione dell'animo, lo impose poi, ad espiazione del peccato, non senza fatica e molestia, la necessità, secondo quell'oracolo divino: Sia maledetta la terra nel tuo lavoro; mangerai di essa in fatica tutti i giorni della tua vita (Gen 3,17). Similmente il dolore non mancherà mai sulla terra; perché aspre, dure, difficili a sopportarsi sono le ree conseguenze del peccato, le quali, si voglia o no, accompagnano l'uomo fino alla tomba. Patire e sopportare è dunque il retaggio dell'uomo; e qualunque cosa si faccia e si tenti, non v'è forza né arte che possa togliere del tutto le sofferenze del mondo. Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle misere genti una vita scevra di dolore e di pene, tutta pace e diletto, illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a dolori più grandi di quelli attuali. La cosa migliore è guardare le cose umane quali sono e nel medesimo tempo cercare altrove, come dicemmo, il rimedio ai mali.  

17. It must be first of all recognized that the condition of things inherent in human affairs must be borne with, for it is impossible to reduce civil society to one dead level. Socialists may in that intent do their utmost, but all striving against nature is in vain. There naturally exist among mankind manifold differences of the most important kind; people differ in capacity, skill, health, strength; and unequal fortune is a necessary result of unequal condition. Such unequality is far from being disadvantageous either to individuals or to the community. Social and public life can only be maintained by means of various kinds of capacity for business and the playing of many parts; and each man, as a rule, chooses the part which suits his own peculiar domestic condition. As regards bodily labor, even had man never fallen from the state of innocence, he would not have remained wholly idle; but that which would then have been his free choice and his delight became afterwards compulsory, and the painful expiation for his disobedience. "Cursed be the earth in thy work; in thy labor thou shalt eat of it all the days of thy life."
18. In like manner, the other pains and hardships of life will have no end or cessation on earth; for the consequences of sin are bitter and hard to bear, and they must accompany man so long as life lasts. To suffer and to endure, therefore, is the lot of humanity; let them strive as they may, no strength and no artifice will ever succeed in banishing from human life the ills and troubles which beset it. If any there are who pretend differently - who hold out to a hard-pressed people the boon of freedom from pain and trouble, an undisturbed repose, and constant enjoyment - they delude the people and impose upon them, and their lying promises will only one day bring forth evils worse than the present. Nothing is more useful than to look upon the world as it really is, and at the same time to seek elsewhere, as We have said, for the solace to its troubles.

  L’ordine di idee dalla Pace in terra - Pacem in terris  lo troviamo anche nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti D’America, il primo documento fondativo di una democrazia moderna, deliberato il 4 luglio 1976:

When in the Course of human events, it becomes necessary for one people to dissolve the political bands which have connected them with another, and to assume among the powers of the earth, the separate and equal station to which the Laws of Nature and of Nature's God entitle them, a decent respect to the opinions of mankind requires that they should declare the causes which impel them to the separation.
Quando, nel corso degli umani eventi, diviene necessario per un popolo sciogliere i legami politici con un altro popolo e di assumere davanti ai poteri della terra la posizione distinta e paritaria che gli spetta per Legge di Natura voluta da Dio, è necessario dichiarare chiaramente all’umanità le cause che lo spingono alla separazione
We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.
Crediamo in queste verità che sono evidenti di per sè stesse, che tutti gli uomini sono creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore con certi inalienabili diritti, e tra questi il diritto alla Vita, alla Libertà e alla ricerca della Felicità
 That to secure these rights, Governments are instituted among Men, deriving their just powers from the consent of the governed, --That whenever any Form of Government becomes destructive of these ends, it is the Right of the People to alter or to abolish it, and to institute new Government, laying its foundation on such principles and organizing its powers in such form, as to them shall seem most likely to effect their Safety and Happiness.
 Per assicurare questi diritti sono costituiti i Governi tra gli uomini. Essi derivano i loro legittimi poteri dal consenso dei governati. Quando accada che un Governo minacci questo scopo, è diritto de popolo di modificarlo o di abolirlo e di costituire un nuovo Governo fondato su principi e con una organizzazione tali da garantire nel miglior modo il Benessere e la Felicità.

 Quella dichiarazione di indipendenza ebbe carattere rivoluzionario, non riguardava solo la separazione dall’autorità della monarchia inglese, ma un diverso ordine sociale. Allo stesso modo la dottrina sociale ebbe fin dall’inizio, dal suo primo documento del 1891, carattere rivoluzionario, perché proponeva una radicale riforma della società. Essa, fino al regno di Karol Woytjla, fu sempre molto legata alla storia italiana. Nacque in un tempo in cui il Papato era in dura polemica politica con il nuovo Regno d’Italia, fondato nel 1861, dopo che una serie di guerre iniziate nel 1848 aveva portato gran parte dell’Italia sotto il dominio della monarchia dei Savoia, con capitale Torino, arrivando, nel 1870, ad abbattere lo Stato della Chiesa, il piccolo regno territoriale del Papato nell’Italia centrale, trasferendo a Roma la capitale del nuovo stato. Questo contrasto apparve attenuarsi durante il regime fascista mussoliniano e sotto il regno del papa Achille Ratti - Pio 11° (1922-1939), ma riprese su tre temi: la pretesa fascista di monopolizzare l’educazione dei giovani, il razzismo antiebraico basato sull’idea di un’inferiorità etnica degli ebrei, che veniva a colpire la stessa figura del Fondatore e dei suoi primi seguaci, e il progetto mussoliniano di partecipare alle guerre europee scatenate dalla Germania sotto il dominio nazista. Tra il 1941 e il 1945 i cattolici democratici italiani che si erano istruiti nelle organizzazioni dell’Azione Cattolica animarono una rivoluzione politica e sociale contribuendo in maniera determinante a organizzare un nuovo stato repubblicano democratico la cui costituzione entrò in vigore nel 1948. Essa contiene tuttora i principi fondamentali di organizzazione sociale e politica insegnati dalla dottrina sociale, insieme a principi derivati dal liberalismo democratico e dal socialismo.
  La dottrina sociale ha molto imparato dall’esperienza fatta nell’Ottocento e nel Novecento e si è modificata secondo ciò che aveva imparato. Ha ora una visione più lungimirante di molti dei politici che governano il mondo. E, soprattutto, ha imparato questo: dal disordine sociale causato dall’ingiustizia, vale a dire quando la gente è privata dei beni indispensabili per sopravvivere e allora prende ad agitarsi seguendo chi sembra poter produrre un’alternativa, non nasce la soluzione dei mali sociali, ma derivano solo sofferenze ancora più acute, fino a quando viene raggiunto un nuovo equilibrio che dia finalmente a ciascuno ciò che ha diritto di avere in quanto essere umano. Questa appunto è la situazione sociale che stiamo vivendo nell’Europa di oggi. L’agitazione sociale che la travaglia e la minaccia non deriva dalle migrazioni dei non Europei, in paticolare dalle vicine Africa e Asia, ma dal fatto che l’ordine sociale costruito a partire dagli anni Novanta del secolo scorso dal capitalismo globalizzato ha impoverito larghe masse della popolazione, favorendo minoranze sempre più ristrette, e ora è in pericolo la sicurezza sociale di molta gente, che è quando una persona non prevede nulla di buono nel futuro per sé e per i propri figli. Questo è accaduto perché si sono progressivamente ridotte i sistemi introdotti negli stati per correggere gli squilibri fatalmente determinati dal funzionamento delle economie capitaliste. Ciò è stato fatto nell’illusione che così facendo sarebbe aumentato il benessere di tutti e che l’ingerenza dei poteri pubblici nell’economia ne riducesse l’efficienza e la capacità di produrre benessere. L’esperienza di questi anni ha dimostrato il contrario. A questo punto, in Europa e altrove, hanno ripreso vigore proposte classiche dei regimi fascisti di un tempo, secondo le quali, in un contesto di risorse scarse, prevale il più forte ed essere più forti diventa questione di vita o di morte. Per essere più forti bisogna riunirsi come in un fascio (da cui in Italia venne la parola  fascismo) e agire tutti insieme sotto un unico comando, mettendo a tacere i dissenzienti, che con il loro dissenso riducono la forza della collettività. Dunque, ora, in Europa e altrove, diversi politici hanno successo proponendo di  fare grande di nuovo  il loro stato, con politiche aggressive all’interno e all’esterno. Questo atteggiamento portò nel secolo scorso a due distruttive guerre mondiali. E infatti una delle dinamiche che ai tempi nostri si osservano è quella dell’intenso riarmo. Gli stati appaiono insofferenti dei limiti che avevano convenuto con gli altri e gli accordi e le istituzioni istituzionali sono in crisi. Sono le istituzioni dalle quali la dottrina sociale si attende la costruzione di un ordine sociale pacifico:

Dall’enciclica Pace in terra - Pacem in terris citata:

«Rapporto fra contenuti storici del bene comune e struttura e funzionamento dei poteri pubblici
71. Esiste un rapporto intrinseco fra i contenuti storici del bene comune da una parte e la configurazione e il funzionamento dei poteri pubblici dall’altra. L’ordine morale, cioè, come esige l’autorità pubblica nella convivenza per l’attuazione del bene comune, di conseguenza esige pure che l’autorità a tale scopo sia efficiente. Ciò postula che gli organi nei quali l’autorità prende corpo, diviene operante e persegue il suo fine siano strutturali e agiscano in maniera da essere idonei a tradurre nella realtà i contenuti nuovi che il bene comune viene assumendo nell’evolversi storico della convivenza.
Il bene comune universale pone ora problemi a dimensioni mondiali che non possono essere adeguatamente affrontati e risolti che ad opera di poteri pubblici aventi ampiezza, strutture e mezzi delle stesse proporzioni; di poteri pubblici cioè, che siano in grado di operare in modo efficiente su piano mondiale. Lo stesso ordine morale quindi domanda che tali poteri vengano istituiti.»


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Social sufferings depend on imbalances in the social order that can be corrected, are natural phenomena such as atmospheric storms and earthquakes
In the past 60s the social doctrine reached a conviction: social sufferings depend on imbalances in the social order that can be corrected. This is the starting point of every type of modern socialism, which is based on the realistic observation of social dynamics and not only on ethical motives. We read, for example, in the encyclical La pace in terra - Pacem in terris published in 1961 under the authority of Pope Giuseppe Angelo Roncalli - Giovanni 23°:
Order in Human Beings
« 4. And yet there is a disunity among individuals and among nations which is in striking contrast to this perfect order in the universe. One would think that the relationships that bind men together could only be governed by force.
5. But the world's Creator has stamped man's inmost being with an order revealed to man by his conscience; and his conscience insists on his preserving it. Men "show the work of the law written in their hearts. Their conscience bears witness to them."  And how could it be otherwise? All created being reflects the infinite wisdom of God. It reflects it all the more clearly, the higher it stands in the scale of perfection.
6. But the mischief is often caused by erroneous opinions. Many people think that the laws which govern man's relations with the State are the same as those which regulate the blind, elemental forces of the universe. But it is not so; the laws which govern men are quite different. The Father of the universe has inscribed them in man's nature, and that is where we must look for them; there and nowhere else.
7. These laws clearly indicate how a man must behave toward his fellows in society, and how the mutual relationships between the members of a State and its officials are to be conducted. They show too what principles must govern the relations between States; and finally, what should be the relations between individuals or States on the one hand, and the world-wide community of nations on the other. Men's common interests make it imperative that at long last a world-wide community of nations be established.
I. ORDER BETWEEN MEN
8. We must devote our attention first of all to that order which should prevail among men.
9. Any well-regulated and productive association of men in society demands the acceptance of one fundamental principle: that each individual man is truly a person. His is a nature, that is, endowed with intelligence and free will. As such he has rights and duties, which together flow as a direct consequence from his nature. These rights and duties are universal and inviolable, and therefore altogether inalienable.»
This vision is very different from that contained in the first document of modern social doctrine, the encyclical The Novelties - Rerum Novarum released in 1891 under the authority of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°:
«17. It must be first of all recognized that the condition of things inherent in human affairs must be borne with, for it is impossible to reduce civil society to one dead level. Socialists may in that intent do their utmost, but all striving against nature is in vain. There naturally exist among mankind manifold differences of the most important kind; people differ in capacity, skill, health, strength; and unequal fortune is a necessary result of unequal condition. Such unequality is far from being disadvantageous either to individuals or to the community. Social and public life can only be maintained by means of various kinds of capacity for business and the playing of many parts; and each man, as a rule, chooses the part which suits his own peculiar domestic condition. As regards bodily labor, even had man never fallen from the state of innocence, he would not have remained wholly idle; but that which would then have been his free choice and his delight became afterwards compulsory, and the painful expiation for his disobedience. "Cursed be the earth in thy work; in thy labor thou shalt eat of it all the days of thy life."
18. In like manner, the other pains and hardships of life will have no end or cessation on earth; for the consequences of sin are bitter and hard to bear, and they must accompany man so long as life lasts. To suffer and to endure, therefore, is the lot of humanity; let them strive as they may, no strength and no artifice will ever succeed in banishing from human life the ills and troubles which beset it. If any there are who pretend differently - who hold out to a hard-pressed people the boon of freedom from pain and trouble, an undisturbed repose, and constant enjoyment - they delude the people and impose upon them, and their lying promises will only one day bring forth evils worse than the present. Nothing is more useful than to look upon the world as it really is, and at the same time to seek elsewhere, as We have said, for the solace to its troubles.»
The order of ideas from Peace on Earth - Pacem in Terris we find  also in the Declaration of Independence of the United States of America, the first founding document of a modern democracy, approved on July 4, 1976:
  When in the Course of human events, it becomes necessary for one people to dissolve the political bands which have connected them with another, and to assume among the powers of the earth, the separate and equal station to which the Laws of Nature and of Nature's God entitle them, a decent respect to the opinions of mankind requires that they should declare the causes which impel them to the separation.
  We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.
 That to secure these rights, Governments are instituted among Men, deriving their just powers from the consent of the governed, --That whenever any Form of Government becomes destructive of these ends, it is the Right of the People to alter or to abolish it, and to institute new Government, laying its foundation on such principles and organizing its powers in such form, as to them shall seem most likely to effect their Safety and Happiness.

That declaration of independence had a revolutionary character, not only concerning the separation from the authority of the English monarchy, but a different social order. In the same way, the social doctrine had from the beginning, from its first document of 1891, a revolutionary character, because it proposed a radical reform of society. Until the reign of Karol Woytjla, it was always closely linked to Italian history. It was born in a time when the Papacy was in a political polemic with the new Kingdom of Italy, founded in 1861, after a series of wars begun in 1848 had brought much of Italy under the dominion of the Savoy monarchy, with capital of Turin, arriving in 1870 to bring down the Papal States, the small territorial kingdom of the Papacy in central Italy, transferring the capital of the new state to Rome. This contrast seemed to diminish during the fascist Mussolini regime and under the reign of Pope Achille Ratti - Pius 11 ° (1922-1939), but resumed on three themes: the fascist claim to monopolize the education of young people, anti-Jewish racism based on idea of ​​an ethnic inferiority of the Jews, who came to strike the figure of the Founder and his first followers, and the Mussolini project to participate in the European wars unleashed by Germany under Nazi rule. Between 1941 and 1945 the Italian Democratic Catholics who had been educated in the Catholic Action organizations animated a political and social revolution, contributing decisively to organizing a new democratic republican state whose constitution came into force in 1948. It still contains the basic principles of social and political organization taught by social doctrine, along with principles derived from democratic liberalism and socialism.
  The social doctrine has learned a lot from the experience of the nineteenth and twentieth centuries and has changed according to what it had learned. He now has a more forward-looking view of many of the politicians who rule the world. And above all, he has learned this: from the social disorder caused by injustice, that is to say when people are deprived of the indispensable assets to survive and then they get agitated by following who seems to be able to produce an alternative, the solution of social ills does not arise. , but derive only more acute suffering, until a new equilibrium is reached that finally gives everyone what he has the right to have as a human being. This is precisely the social situation we are living in today's Europe. The social agitation that tormented it and the threat does not derive from the migrations of non-Europeans, in particular from neighboring Africa and Asia, but from the fact that the social order built since the nineties of the last century by globalized capitalism has impoverished large masses of the population, favoring increasingly shrinking minorities, and now the social security of many people is in jeopardy, which is when a person provides nothing good in the future for himself and his children. This happened because the systems introduced into the states were progressively reduced to correct the imbalances inevitably determined by the functioning of the capitalist economies. This was done in the illusion that doing so would increase everyone's well-being and that the interference of public powers in the economy would reduce their efficiency and ability to produce well-being. The experience of these years has shown the opposite. At this point, in Europe and elsewhere, classic proposals of the fascist regimes of the past have resurfaced, according to which, in a context of scarce resources, the stronger prevails and being stronger becomes a question of life or death. To be stronger, we must gather together as a bundle (from which the word fascism came from in Italy) and act together under one single command, silencing the dissenters, who with their dissent reduce the power of the collectivity. So now, in Europe and elsewhere, several politicians are successful, proposing to make their state great again, with aggressive policies inside and outside. This attitude led to two destructive world wars in the last century. And in fact one of the dynamics that we observe today is that of intense rearmament. The states appear impatient of the limits that had agreed with the others and the agreements and institutional institutions are in crisis. They are the institutions from which the social doctrine expects the construction of a peaceful social order:
From the Encyclical Peace on Earth - Pacem in terris quoted:
«136. Now, if one considers carefully the inner significance of the common good on the one hand, and the nature and function of public authority on the other, one cannot fail to see that there is an intrinsic connection between them. Public authority, as the means of promoting the common good in civil society, is a postulate of the moral order. But the moral order likewise requires that this authority be effective in attaining its end. Hence the civil institutions in which such authority resides, becomes operative and promotes its ends, are endowed with a certain kind of structure and efficacy: a structure and efficacy which make such institutions capable of realizing the common good by ways and means adequate to the changing historical conditions.
137. Today the universal common good presents us with problems which are world-wide in their dimensions; problems, therefore, which cannot be solved except by a public authority with power, organization and means co-extensive with these problems, and with a world-wide sphere of activity. Consequently the moral order itself demands the establishment of some such general form of public authority.»
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La realizzazione della felicità sociale non solo dividendo con più giustizia i beni, ma condividendoli in società come beni comuni

 Gli esseri umani, quali organismi naturali, hanno una grande possibiltà di sofferenza, limitata solo dalla morte, ma una limitata capacità di felicità, intesa come un misto di benessere e di soddisfazione personale. Finché si vive si può soffrire molto, sia da soli che in compagnia di altri, ma la felicità non è raggiungibile da soli, richiede condivisione. Quando lo si apprende ci si avvicina alla saggezza, altri menti si è stolti. La felicità è un bene comune, vale  a dire una risorsa della vita che, per essere come vogliamo che sia, deve essere condivisa. Perché ci raduniamo in miglialia di persone per assistere ad una spettacolo, ad esempio ad un concerto di musica popolare  o a una competizione sportiva tra due decine di persone, che potremmo vedere più comodamente in televisione. Uno spettacolo molto antico come il teatro richiedeva e richiede di stare insieme in un certo luogo, ora però non è più indispensabile: continuiamo a frequentare il teatro anche perché parte del piacere che dà è quello di assistere allo spettacolo insieme ad altri. Compriamo un oggetto nuovo e subito lo mostriamo ad altri. Se è un veicolo, invitiamo altri a salirci sopra. Questa condivisione è parte del piacere che il nuovo acquisto dà.
  Il diritto di proprietà privata, individuale o di una certa collettività particolare, coniste non solo nel poter utilizzare una risorsa della vita a proprio beneficio, ma anche di escludere gli altri dal questo utilizzo. In alcuni casi la risorsa è costruito proprio per una sola persona e la sua utilità si limita all’utilizzo che quella persona ne fa. E’ il caso ad esempio di una scatola di un farmaco, prescritto a un malato. L’utilizzo di quel farmaco può guarire e quindi accresce il benessere del malato, ma non riesce a procurargli la felicità. Una cena con amici può invece ottenere quello scopo, a prescindere da ciò  che c’è da mangiare e da bere.
 L’attività collettiva di impresa privata, quella svolta nell’interesse esclusivo di chi quell’impresa controlla e fa le parti di ciò che se ne ricava, consente in un sistema capitalistico, come quelli che ormai sono diffusi in quasi tutte le economie del mondo, ed anche negli stati che seguono politiche socialiste, consente grandi accumulazioni di ricchezza. Questo perché chi fa le parti di ciò che si ricava da imprese di successo tende a riservare a sé la parte maggiore. Gli unici limiti sono il successo economico di quell’impresa e l’avidità degli altri che la controllano. Invece le parti che vanno a tutti gli altri che nell’impresa collaborano sono attentamente misurate in base all’utilità del loro lavoro nel processo di produzione e del valore che a quel lavoro dà il mercato, in cui ci sono tanti altri che cercano lavoro per procurarsi di che vivere. Lasciato senza correzioni, il meccanismo dell’economia capitalista produce grandi concentrazioni di ricchezze in mezzo a tanta altra gente che ricava molto meno e non ricava in proporzione al succeso economica dell’impresa. E’ appunto questo che si è prodotto nelle economie capitaliste occidentali dai passati anni ’80, quando gli stati hanno cominiciato a ridurre i correttivi ai processi di accumulazione capitalistica, che comprendevano l’imposizione di tributi e servizi alle masse, ad esempio in materia di sanità, trasporti e abitazioni, resi mediante beni pubblici, risorse di proprietà degli stati o di altri enti pubblici e impiegati a beneficio di tutti, attuando quindi una redistribuzione delle risorse.
   Gli squilibri determinati dall’economia capitalista sono stati al centro della dottrina sociale della Chiesa cattolica, fin dal suo primo documento, l’encilice Le novità - Rerum novarum, diffusa nel 1891 dal papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°:

«Motivo dell'enciclica: la questione operaia
1. L'ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall'ordine politico passare nell'ordine simile dell'economia sociale. E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell'industria; le mutate relazioni tra padroni ed operai; l'essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici più vivo, e l'unione tra loro più intima; questo insieme di cose, con l'aggiunta dei peggiorati costumi, hanno fatto scoppiare il conflitto. Il quale è di tale e tanta gravità che tiene sospesi gli animi in trepida aspettazione e affatica l'ingegno dei dotti, i congressi dei sapienti, le assemblee popolari, le deliberazioni dei legislatori, i consigli dei principi, tanto che oggi non vi è questione che maggiormente interessi il mondo. Pertanto, venerabili fratelli, ciò che altre volte facemmo a bene della Chiesa e a comune salvezza con le nostre lettere encicliche sui Poteri pubblici, la Libertà umana, la Costituzione cristiana degli Stati, ed altri simili argomenti che ci parvero opportuni ad abbattere errori funesti, la medesima cosa crediamo di dover fare adesso per gli stessi motivi sulla questione operaia. Trattammo già questa materia, come ce ne venne l'occasione più di una volta: ma la coscienza dell'apostolico nostro ministero ci muove a trattarla ora, di proposito e in pieno, al fine di mettere in rilievo i principi con cui, secondo giustizia ed equità, si deve risolvere la questione. Questione difficile e pericolosa. Difficile, perché ardua cosa è segnare i precisi confini nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro. Pericolosa perché uomini turbolenti ed astuti, si sforzano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa a perturbamento dei popoli.
2. Comunque sia, è chiaro, ed in ciò si accordano tutti, come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell'uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un'usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa., continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile.
[…]
 I fortunati del secolo sono dunque avvertiti che le ricchezze non li liberano dal dolore e che esse per la felicità avvenire, non che giovare, nuocciono (leggi Mat 19,23-24); che i ricchi debbono tremare, pensando alle minacce straordinariamente severe di Gesù Cristo (leggi Luc 6,24-25); che dell'uso dei loro beni avranno un giorno da rendere rigorosissimo conto al Dio giudice.»  

  Facendo esperienza della società del suo tempo la dottrina sociale è però maturata, passando dal considerare il male che la privazione di risorse fa a coloro che da quelle risorse sono escluse per azione dell’economia capitalista, fondata sull’accumulazione privata, alla realizzazione della felicità sociale non solo dividendo con più giustizia quei beni, ma condividendoli in società come beni comuni nello spirito di ciò che in religione è definito agàpe  e che consiste appunto nella condivisione da amici.


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The realization of social happiness is not only dividing goods with more justice, but sharing them in society as common goods

 Human beings, such as natural organisms, have a great possibility of suffering, limited only by death, but a limited capacity for happiness, understood as a mixture of well-being and personal satisfaction. As long as you live you can suffer a lot, either alone or in the company of others, but happiness can not be achieved on your own, requires sharing. When you learn it you get closer to wisdom, other minds are foolish. Happiness is a common good, that is to say, a resource of life which, to be as we want it to be, must be shared. Because we gather in miglialia of people to attend a show, for example at a concert of popular music or a sports competition between two tens of people, that we could see more comfortably on television. A very ancient show like the theater required and requires to be together in a certain place, but now it is no longer indispensable: we continue to attend the theater also because part of the pleasure it gives is to watch the show together with others. We buy a new object and immediately show it to others. If it's a vehicle, we invite others to get on it. This sharing is part of the pleasure that the new purchase gives.
  The right of private property, individual or of a certain particular collectivity, conist not only in being able to use a resource of life for one's own benefit, but also to exclude others from this use. In some cases the resource is built just for one person and its usefulness is limited to the use that that person makes of it. It is the case, for example, of a box of a drug, prescribed to a patient. The use of that drug can heal and therefore increases the well-being of the patient, but can not bring him happiness. A dinner with friends can instead achieve that purpose, regardless of what there is to eat and drink.
 The collective activity of private enterprise, carried out in the exclusive interest of those who control and make parts of what is derived from it, allows in a capitalist system, such as those that are now widespread in almost all the economies of the world , and also in the states that follow socialist policies, allows large accumulations of wealth. This is because those who make the parts of what is obtained from successful companies tend to reserve the greater part to themselves. The only limits are the economic success of that enterprise and the greed of others who control it. On the other hand, the parts that go to all the others that collaborate in the company are carefully measured according to the usefulness of their work in the production process and the value that the market gives, in which there are many others who are looking for work for to obtain what to live. Left without corrections, the mechanism of the capitalist economy produces large concentrations of wealth among so many other people who obtain much less and do not derive in proportion to the economic success of the enterprise. It is precisely this that has been produced in Western capitalist economies since the late 1980s, when states began to reduce the corrections to capitalist accumulation processes, which included the imposition of taxes and services to the masses, for example in matters of health, transport and housing, rendered through public goods, resources owned by the states or other public bodies and used for the benefit of all, thus implementing a redistribution of resources.
   The imbalances determined by the capitalist economy have been at the center of the social doctrine of the Catholic Church, since its first document, the Encyclical The Novelties - Rerum Novarum, released in 1891 by Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °:

Rights and Duties of Capital and Labor
That the spirit ofrevolutionary change, which has long been disturbing the nations of the world,should have passed beyond the sphere of politics and made its influence felt inthe cognate sphere of practical economics is not surprising. The elements of theconflict now raging are unmistakable, in the vast expansion of industrialpursuits and the marvellous discoveries of science; in the changed relationsbetween masters and workmen; in the enormous fortunes of some few individuals,and the utter poverty of the masses; the increased self reliance and closermutual combination of the working classes; as also, finally, in the prevailingmoral degeneracy. Themomentous gravity of the state of things now obtaining fills every mind withpainful apprehension; wise men are discussing it; practical men are proposingschemes; popular meetings, legislatures, and rulers of nations are all busiedwith it - actually there is no question which has taken deeper hold on thepublic mind.
2. Therefore, venerable brethren, as on former occasions when it seemed opportune to refute false teaching, We have addressed you in the interests of the Church and of the common weal, and have issued letters bearing on political power, human liberty, the Christian constitution of the State, and like matters, so have We thought it expedient now to speak on the condition of the working classes. It is a subject on which We have already touched more than once, incidentally. But in the present letter, the responsibility of the apostolic office urges Us to treat the question of set purpose and in detail, in order that no misapprehension may exist as to the principles which truth and justice dictate for its settlement. The discussion is not easy, nor is it void of danger. It is no easy matter to define the relative rights and mutual duties of the rich and of the poor, of capital and of labor. And the danger lies in this, that crafty agitators are intent on making use of these differences of opinion to pervert men's judgments and to stir up the people to revolt.
3. In any case we clearly see, and on this there is general agreement, that some opportune remedy must be found quickly for the misery and wretchedness pressing so unjustly on the majority of the working class: for the ancient workingmen's guilds were abolished in the last century, and no other protective organization took their place. Public institutions and the laws set aside the ancient religion. Hence, by degrees it has come to pass that working men have been surrendered, isolated and helpless, to the hardheartedness of employers and the greed of unchecked competition. The mischief has been increased by rapacious usury, which, although more than once condemned by the Church, is nevertheless, under a different guise, but with like injustice, still practiced by covetous and grasping men. To this must be added that the hiring of labor and the conduct of trade are concentrated in the hands of comparatively few; so that a small number of very rich men have been able to lay upon the teeming masses of the laboring poor a yoke little better than that of slavery itself. 
[…]
22. Therefore, those whom fortune favors are warned that riches do not bring freedom from sorrow and are of no avail for eternal happiness, but rather are obstacles; that the rich should tremble at the threatenings of Jesus Christ - threatenings so unwonted in the mouth of our Lord - and that a most strict account must be given to the Supreme Judge for all we possess.»

 Experiencing the society of his time, however, the social doctrine has matured, passing from considering the evil that the deprivation of resources makes to those who are excluded from those resources by the action of the capitalist economy, based on private accumulation, the realization of happiness. not only by dividing those goods with more justice, but by sharing them in society as common goods in the spirit of what in religion is called agàpe and which consists precisely in sharing as friends.

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L’enciclica Laudato si’ - Praise be to you, diffusa nel 2015 sotto l’autorità del papa Jorge Mario Bergoglio - Francesco è il documento più avanzato della dottrina sociale cattolica

  L’enciclica Laudato si’ - Praise be to you, diffusa nel 2015 sotto l’autorità del papa Jorge Mario Bergoglio - Francesco è il documento più avanzato della dottrina sociale cattolica e ne rappresenta una metamorfosi molto significativa, costruita culturalmente sulla base dell’esperienza e dei contributi di molte scienze particolari, sia della natura che della società. Come ha chiarito il Papa, è un lavoro collettivo, in cui è sicuramente evidente il suo pensiero, ma anche quello di molti altri, compreso quello espresso da varie assemblee di vescovi nel mondo.
 La novità più importante è di presentare il problema dell’organizzazione sociale come una questione di sistema  cruciale per la sopravvivenza del genere umano. Propone quindi una ecologia integrale, non intesa solo come disciplina scientifica, ma come orientamento politico:

«137. Dal momento che tutto è intimamente relazionato e che gli attuali problemi richiedono uno sguardo che tenga conto di tutti gli aspetti della crisi mondiale, propongo di soffermarci adesso a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali.
138. L’ecologia studia le relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui si sviluppano. Essa esige anche di fermarsi a pensare e a discutere sulle condizioni di vita e di sopravvivenza di una società, con l’onestà di mettere in dubbio modelli di sviluppo, produzione e consumo. Non è superfluo insistere ulteriormente sul fatto che tutto è connesso. Il tempo e lo spazio non sono tra loro indipendenti, e neppure gli atomi o le particelle subatomiche si possono considerare separatamente. Come i diversi componenti del pianeta – fisici, chimici e biologici – sono relazionati tra loro, così anche le specie viventi formano una rete che non finiamo mai di riconoscere e comprendere. Buona parte della nostra informazione genetica è condivisa con molti esseri viventi. Per tale ragione, le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma d’ignoranza se fanno resistenza ad integrarsi in una visione più ampia della realtà.
139. Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.»

 In questa prospettiva, non si tratta più solo di obbedire ad un imperativo etico che obbliga a far partecipare tutti gli esseri umani ad un minimo di quel  benessere che la tecnologia e l’economia contemporanee possono consentire di raggiungere, in modo che nessuno sia privato dei beni fondamentali per la sopravvivenza, ma di costruire un modello di sviluppo che consenta uno sviluppo equilibrato della società, sia sotto il profilo dello sfruttamento delle risorse naturali che sotto quelli della ripartizione del lavoro collettivo che si fa nell’attività economica e dell'organizzazione della vita sociale,  in modo che ogni persona, come in una famiglia, accresca il proprio benessere non solo secondo ciò che possiede ma anche e soprattutto nella qualità delle relazioni sociali in cui è immerso, obiettivo che richiede di attenuare le diseguaglianze sociali.
  Certamente il punto di partenza è correggere le cause sociali della povertà e dell’esclusione:

156. L’ecologia integrale è inseparabile dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo centrale e unificante nell’etica sociale. E’ «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente».
157. Il bene comune presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Esige anche i dispositivi di benessere e sicurezza sociale e lo sviluppo dei diversi gruppi intermedi, applicando il principio di sussidiarietà. Tra questi risalta specialmente la famiglia, come cellula primaria della società. Infine, il bene comune richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine, che non si realizza senza un’attenzione particolare alla giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza. Tutta la società – e in essa specialmente lo Stato – ha l’obbligo di difendere e promuovere il bene comune.
158. Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione preferenziale per i più poveri. Questa opzione richiede di trarre le conseguenze della destinazione comune dei beni della terra, ma, come ho cercato di mostrare nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium esige di contemplare prima di tutto l’immensa dignità del povero alla luce delle più profonde convinzioni di fede. Basta osservare la realtà per comprendere che oggi questa opzione è un’esigenza etica fondamentale per l’effettiva realizzazione del bene comune.»

Al centro della proposta di quel nuovo modello di sviluppo vi  è la nozione di  escosistema  applicata anche alle società umane. L’ecosistema è definito nell’enciclopedia Treccani online come l’insieme degli organismi viventi e delle sostanze non viventi con le quali i primi stabiliscono uno scambio di materiali e di energia, in un’area delimitata, per es. un lago, un prato, un bosco.  Abbiamo difficoltà, come umani a concepirci come parti di un ecosistema dal funzionamento del quale dipende la nostra sopravvienza comune, il principale bene comune. Quindi poi le politiche di governo che definiscono che cosa sia il bene pubblico,  il complesso di obiettivi che una collettività si propone di raggiungere, sono carenti.

176. Non solo ci sono vincitori e vinti tra i Paesi, ma anche all’interno dei Paesi poveri, in cui si devono identificare diverse responsabilità. Perciò, le questioni relative all’ambiente e allo sviluppo economico non si possono più impostare solo a partire dalle differenze tra i Paesi, ma chiedono di porre attenzione alle politiche nazionali e locali.
177. Dinanzi alla possibilità di un utilizzo irresponsabile delle capacità umane, sono funzioni improrogabili di ogni Stato quelle di pianificare, coordinare, vigilare e sanzionare all’interno del proprio territorio. La società, in che modo ordina e custodisce il proprio divenire in un contesto di costanti innovazioni tecnologiche? Un fattore che agisce come moderatore effettivo è il diritto, che stabilisce le regole per le condotte consentite alla luce del bene comune. I limiti che deve imporre una società sana, matura e sovrana sono attinenti a previsione e precauzione, regolamenti adeguati, vigilanza sull’applicazione delle norme, contrasto della corruzione, azioni di controllo operativo sull’emergere di effetti non desiderati dei processi produttivi, e intervento opportuno di fronte a rischi indeterminati o potenziali. Esiste una crescente giurisprudenza orientata a ridurre gli effetti inquinanti delle attività imprenditoriali. Ma la struttura politica e istituzionale non esiste solo per evitare le cattive pratiche, bensì per incoraggiare le buone pratiche, per stimolare la creatività che cerca nuove strade, per facilitare iniziative personali e collettive.
178. Il dramma di una politica focalizzata sui risultati immediati, sostenuta anche da popolazioni consumiste, rende necessario produrre crescita a breve termine. Rispondendo a interessi elettorali, i governi non si azzardano facilmente a irritare la popolazione con misure che possano intaccare il livello di consumo o mettere a rischio investimenti esteri. La miope costruzione del potere frena l’inserimento dell’agenda ambientale lungimirante all’interno dell’agenda pubblica dei governi. Si dimentica così che «il tempo è superiore allo spazio», che siamo sempre più fecondi quando ci preoccupiamo di generare processi, piuttosto che di dominare spazi di potere. La grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine. Il potere politico fa molta fatica ad accogliere questo dovere in un progetto di Nazione.»
 La vita umana è breve e così, in genere, l’orizzonte della politica. Si mira ai risultati immediati in un certo contesto politico, ad esempio in una nazione o in un continente. Ma la sopravvivenza dell’umanità richiede altro.

«36. La cura degli ecosistemi richiede uno sguardo che vada aldilà dell’immediato, perché quando si cerca solo un profitto economico rapido e facile, a nessuno interessa veramente la loro preservazione. Ma il costo dei danni provocati dall’incuria egoistica è di gran lunga più elevato del beneficio economico che si può ottenere. Nel caso della perdita o del serio danneggiamento di alcune specie, stiamo parlando di valori che eccedono qualunque calcolo. Per questo, possiamo essere testimoni muti di gravissime inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale.

Si tratta di un lavoro che va fatto anche a livello globale, perché i problemi hanno quella dimensione.

51. L’inequità non colpisce solo gli individui, ma Paesi interi, e obbliga a pensare ad un’etica delle relazioni internazionali. C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi. Le esportazioni di alcune materie prime per soddisfare i mercati nel Nord industrializzato hanno prodotto danni locali, come l’inquinamento da mercurio nelle miniere d’oro o da diossido di zolfo in quelle di rame. In modo particolare c’è da calcolare l’uso dello spazio ambientale di tutto il pianeta per depositare rifiuti gassosi che sono andati accumulandosi durante due secoli e hanno generato una situazione che ora colpisce tutti i Paesi del mondo. Il riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni nei luoghi più poveri della terra, specialmente in Africa, dove l’aumento della temperatura unito alla siccità ha effetti disastrosi sul rendimento delle coltivazioni. A questo si uniscono i danni causati dall’esportazione verso i Paesi in via di sviluppo di rifiuti solidi e liquidi tossici e dall’attività inquinante di imprese che fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono fare nei Paesi che apportano loro capitale: «Constatiamo che spesso le imprese che operano così sono multinazionali, che fanno qui quello che non è loro permesso nei Paesi sviluppati o del cosiddetto primo mondo. Generalmente, quando cessano le loro attività e si ritirano, lasciano grandi danni umani e ambientali, come la disoccupazione, villaggi senza vita, esaurimento di alcune riserve naturali, deforestazione, impoverimento dell’agricoltura e dell’allevamento locale, crateri, colline devastate, fiumi inquinati e qualche opera sociale che non si può più sostenere».»

  E’ necessario sviluppare in tutti, non solo in chi ha responsabilità di governo, una nuova cultura del bene comune, molto più ampia che nel passato, in modo da creare il consenso di massa che sorregga un progetto comune di un nuovo modello di sviluppo. Questo dovrebbe essere uno dei principali obiettivi formativi, fin dalle scuole per i più giovani e, in particolare, nella formazione religiosa, quanto a quest’ultima perché  è materia insegnata dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica.

«64. Dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono tutti, bensì, principalmente, fare in modo che le soluzioni siano proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di alcuni Paesi. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune. Ma lo stesso ingegno utilizzato per un enorme sviluppo tecnologico, non riesce a trovare forme efficaci di gestione internazionale in ordine a risolvere le gravi difficoltà ambientali e sociali. Per affrontare i problemi di fondo, che non possono essere risolti da azioni di singoli Paesi, si rende indispensabile un consenso mondiale che porti, ad esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a incentivare una maggiore efficienza energetica, a promuovere una gestione più adeguata delle risorse forestali e marine, ad assicurare a tutti l’accesso all’acqua potabile.»

 Innanzi tutto occorre prendere coscienza di una verità insegnata dalla saggezza, vale a dire che la nessuna felicità è tale, autentica, se  è basata sull’esclusione e la sofferenza altrui.

«112. E’ possibile, tuttavia, allargare nuovamente lo sguardo, e la libertà umana è capace di limitare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale. La liberazione dal paradigma tecnocratico imperante avviene di fatto in alcune occasioni. Per esempio, quando comunità di piccoli produttori optano per sistemi di produzione meno inquinanti, sostenendo un modello di vita, di felicità e di convivialità non consumistico. O quando la tecnica si orienta prioritariamente a risolvere i problemi concreti degli altri, con l’impegno di aiutarli a vivere con più dignità e meno sofferenze. E ancora quando la ricerca creatrice del bello e la sua contemplazione riescono a superare il potere oggettivante in una sorta di salvezza che si realizza nel bello e nella persona che lo contempla. L’autentica umanità, che invita a una nuova sintesi, sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica, quasi impercettibilmente, come la nebbia che filtra sotto una porta chiusa. Sarà una promessa permanente, nonostante tutto, che sboccia come un’ostinata resistenza di ciò che è autentico?»

 La felicità, alla quale ogni essere umano tende, è un bene comune, che richiede condivisione per essere realizzato, o non è felicità. La ricerca della felicità, quindi, non può avere successo se avviene con motivazioni egoistiche, come sanno bene anche i grandi ricchi i quali, raggiunta una soglia di ricchezza, cercano di sviluppare relazioni sociali che diano senso alla loro vita. Ma spesso il peso di ciò che hanno fatto per conquistare quel livello di ricchezza li ostacola e, allora, sono ricchi e infelici. Questa esperienza è diventata molto comune in Occidente.

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The encyclical Laudato si '- Praise be to you, released in 2015 under the authority of Pope Jorge Mario Bergoglio - Francis is the most advanced document of Catholic social doctrine

The encyclical Laudato si '- Praise be to you, released in 2015 under the authority of Pope Jorge Mario Bergoglio - Francis is the most advanced document of Catholic social doctrine and represents a very significant metamorphosis, culturally built on the basis of experience and the contributions of many particular sciences, both of nature and of society. As the Pope has made clear, it is a collective work, in which his thought is certainly evident, but also that of many others, including that expressed by various assemblies of bishops in the world.
  The most important novelty is to present the problem of social organization as a matter of a crucial system for the survival of mankind. It therefore proposes an integral ecology, not only intended as a scientific discipline, but as a political orientation:

«137. Since everything is closely interrelated, and today’s problems call for a vision capable of taking into account every aspect of the global crisis, I suggest that we now consider some elements of an integral ecology, one which clearly respects its human and social dimensions.
I. ENVIRONMENTAL, ECONOMIC AND SOCIAL ECOLOGY
138. Ecology studies the relationship between living organisms and the environment in which they develop. This necessarily entails reflection and debate about the conditions required for the life and survival of society, and the honesty needed to question certain models of development, production and consumption. It cannot be emphasized enough how everything is interconnected. Time and space are not independent of one another, and not even atoms or subatomic particles can be considered in isolation. Just as the different aspects of the planet – physical, chemical and biological – are interrelated, so too living species are part of a network which we will never fully explore and understand. A good part of our genetic code is shared by many living beings. It follows that the fragmentation of knowledge and the isolation of bits of information can actually become a form of ignorance, unless they are integrated into a broader vision of reality.
139. When we speak of the “environment”, what we really mean is a relationship existing between nature and the society which lives in it. Nature cannot be regarded as something separate from ourselves or as a mere setting in which we live. We are part of nature, included in it and thus in constant interaction with it. Recognizing the reasons why a given area is polluted requires a study of the workings of society, its economy, its behaviour patterns, and the ways it grasps reality. Given the scale of change, it is no longer possible to find a specific, discrete answer for each part of the problem. It is essential to seek comprehensive solutions which consider the interactions within natural systems themselves and with social systems. We are faced not with two separate crises, one environmental and the other social, but rather with one complex crisis which is both social and environmental. Strategies for a solution demand an integrated approach to combating poverty, restoring dignity to the excluded, and at the same time protecting nature.»

In this perspective, it is no longer just a matter of obeying an ethical imperative that obliges all human beings to participate in a minimum of the well-being that contemporary technology and economics can allow to reach, so that no one is deprived of fundamental assets for survival, but to build a model of development that allows a balanced development of society, both from the point of view of the exploitation of natural resources and those of the distribution of collective work done in economic activity and the organization of the social life, so that each person, as in a family, increases his own well-being not only according to what he possesses but also and above all in the quality of the social relationships in which he is immersed, an objective that requires to reduce social inequalities.
   Certainly the starting point is to correct the social causes of poverty and exclusion:
«IV. THE PRINCIPLE OF THE COMMON GOOD
156. An integral ecology is inseparable from the notion of the common good, a central and unifying principle of social ethics. The common good is “the sum of those conditions of social life which allow social groups and their individual members relatively thorough and ready access to their own fulfilment”.
157. Underlying the principle of the common good is respect for the human person as such, endowed with basic and inalienable rights ordered to his or her integral development. It has also to do with the overall welfare of society and the development of a variety of intermediate groups, applying the principle of subsidiarity. Outstanding among those groups is the family, as the basic cell of society. Finally, the common good calls for social peace, the stability and security provided by a certain order which cannot be achieved without particular concern for distributive justice; whenever this is violated, violence always ensues. Society as a whole, and the state in particular, are obliged to defend and promote the common good.
158. In the present condition of global society, where injustices abound and growing numbers of people are deprived of basic human rights and considered expendable, the principle of the common good immediately becomes, logically and inevitably, a summons to solidarity and a preferential option for the poorest of our brothers and sisters. This option entails recognizing the implications of the universal destination of the world’s goods, but, as I mentioned in the Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, it demands before all else an appreciation of the immense dignity of the poor in the light of our deepest convictions as believers. We need only look around us to see that, today, this option is in fact an ethical imperative essential for effectively attaining the common good.»
 At the center of the proposal of that new model of development is the notion of an escosystem also applied to human societies. The ecosystem is defined in the Treccani online encyclopaedia as the set of living organisms and non-living substances with which the former establish an exchange of materials and energy, in a delimited area, for ex. a lake, a meadow, a forest. We have difficulty, as humans, to conceive of ourselves as parts of an ecosystem whose functioning depends on our common supersession, the main common good. So then the government policies that define what is the public good, the set of objectives that a community aims to achieve, are lacking.

«II. DIALOGUE FOR NEW NATIONAL AND LOCAL POLICIES
176. There are not just winners and losers among countries, but within poorer countries themselves. Hence different responsibilities need to be identified. Questions related to the environment and economic development can no longer be approached only from the standpoint of differences between countries; they also call for greater attention to policies on the national and local levels.
177. Given the real potential for a misuse of human abilities, individual states can no longer ignore their responsibility for planning, coordination, oversight and enforcement within their respective borders. How can a society plan and protect its future amid constantly developing technological innovations? One authoritative source of oversight and coordination is the law, which lays down rules for admissible conduct in the light of the common good. The limits which a healthy, mature and sovereign society must impose are those related to foresight and security, regulatory norms, timely enforcement, the elimination of corruption, effective responses to undesired side-effects of production processes, and appropriate intervention where potential or uncertain risks are involved. There is a growing jurisprudence dealing with the reduction of pollution by business activities. But political and institutional frameworks do not exist simply to avoid bad practice, but also to promote best practice, to stimulate creativity in seeking new solutions and to encourage individual or group initiatives.
178. A politics concerned with immediate results, supported by consumerist sectors of the population, is driven to produce short-term growth. In response to electoral interests, governments are reluctant to upset the public with measures which could affect the level of consumption or create risks for foreign investment. The myopia of power politics delays the inclusion of a far-sighted environmental agenda within the overall agenda of governments. Thus we forget that “time is greater than space”, that we are always more effective when we generate processes rather than holding on to positions of power. True statecraft is manifest when, in difficult times, we uphold high principles and think of the long-term common good. Political powers do not find it easy to assume this duty in the work of nation-building.»

Human life is short and thus, in general, the horizon of politics. We aim for immediate results in a certain political context, for example in a nation or on a continent. But the survival of humanity requires more.

«36. Caring for ecosystems demands far-sightedness, since no one looking for quick and easy profit is truly interested in their preservation. But the cost of the damage caused by such selfish lack of concern is much greater than the economic benefits to be obtained. Where certain species are destroyed or seriously harmed, the values involved are incalculable. We can be silent witnesses to terrible injustices if we think that we can obtain significant benefits by making the rest of humanity, present and future, pay the extremely high costs of environmental deterioration.»

 It is necessary to develop in everyone, not only those with responsibility for governance, a new culture of the common good, much wider than in the past, so as to create the mass consensus that supports a common project of a new model of development. This should be one of the main formative objectives, since schools for the youngest and, in particular, in religious formation, as for the latter because it is a subject taught by the social doctrine of the Catholic Church.

«64. Furthermore, although this Encyclical welcomes dialogue with everyone so that together we can seek paths of liberation, I would like from the outset to show how faith convictions can offer Christians, and some other believers as well, ample motivation to care for nature and for the most vulnerable of their brothers and sisters. If the simple fact of being human moves people to care for the environment of which they are a part, Christians in their turn “realize that their responsibility within creation, and their duty towards nature and the Creator, are an essential part of their faith”. It is good for humanity and the world at large when we believers better recognize the ecological commitments which stem from our convictions.»

First of all it is necessary to become aware of a truth taught by wisdom, that is to say that no happiness is such, authentic, if it is based on the exclusion and suffering of others.

«112. Yet we can once more broaden our vision. We have the freedom needed to limit and direct technology; we can put it at the service of another type of progress, one which is healthier, more human, more social, more integral. Liberation from the dominant technocratic paradigm does in fact happen sometimes, for example, when cooperatives of small producers adopt less polluting means of production, and opt for a non-consumerist model of life, recreation and community. Or when technology is directed primarily to resolving people’s concrete problems, truly helping them live with more dignity and less suffering. Or indeed when the desire to create and contemplate beauty manages to overcome reductionism through a kind of salvation which occurs in beauty and in those who behold it. An authentic humanity, calling for a new synthesis, seems to dwell in the midst of our technological culture, almost unnoticed, like a mist seeping gently beneath a closed door. Will the promise last, in spite of everything, with all that is authentic rising up in stubborn resistance?»

 Happiness, to which every human being tends, is a common good, which requires sharing to be realized, or is not happiness. The pursuit of happiness, therefore, can not be successful if it happens with selfish motivations, as the great rich know well, who, having reached a threshold of wealth, try to develop social relationships that give meaning to their life. But often the weight of what they have done to conquer that level of wealth hinders them and, therefore, they are rich and unhappy. This experience has become very common in the West.

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Il modello di azione sociale proposto nella serie televisiva L'Apprendista - The Apprentice e quello messo in scena nel film Mezzogiorno di fuoco - High Noon

1.  Per farsi un’idea immediata sulla divergenza tra gli orientamenti sociali e politici insegnati dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica e alcuni di quelli correnti nei capitalismi occidentali può essere utile guardare sul sito www.youtube.com il filmato con una delle introduzioni della serie di televisiva di successo  L'Apprendista - The Apprentice che trovate a questo indirizzo sul WEB:
https://www.youtube.com/watch?v=sODZ3Jb14Jk
 E’ significativo perché la voce che commenta le immagini è di Donald Trump, che poi è stato eletto Presidente degli Stati Uniti d’America, uno dei maggiori stati del mondo e quello che fino a qualche anno fa ha guidato le politiche degli Occidentali e che tuttora costituisce uno dei più importanti modelli di organizzazione politica del mondo, insieme a quelli europeo, russo e cinese.
  Nel filmato si vedono immagini di New York e Trump dice che quella è la sua città, dove girano le ruote dei meccanismi dell’economia mondiale. Per un europeo quelle immagini ritraggono però uno degli inferni urbani del mondo, nel quale è assente la belllezza. Per gli statunitensi però evidentemente non è così. Dopo immagini di una sala borsa cittadina con gente indaffarate nelle contrattazioni, si vede un senza tetto dormire su una panchina. Dunque, in mezzo a tanta apparente ricchezza, c’è anche la povertà; tuttavia questo non viene presentato come un lato negativo del sistema, ma come un incentivo per impegnarsi, per lavorare duro. La spiegazione della povertà che viene suggerita è quindi che le persone diventano povere perché non si impegnano abbastanza. Infine viene presentato un castello, come esempio di residenza che chi si impegna può conquistare. Al confronto con alcune splendide dimore dei ricchi europei, ad esempio con alcuni palazzi gentilizi romani o con le ville progettate dall’architetto Andrea Palladio in Veneto, appare però poca cosa e, soprattutto, dozzinale, un po’ come i palazzi di  Zio Paperone - Scrooge Mc Duck nei fumetti diTopolino - Mickey Mouse. In genere un europeo non sogna, da ricco, di vivere in una città come New York, ma di andarci per diventare ricco e poi di vivere altrove, in un posto più bello. In tutto il mondo negli ultimi trent’anni sono molto aumentati i centri urbani progettati sul modello di New York. In questo modo gli stati cercano di dare un’immagine di sé stessi come di posti ricchi. E tuttavia essi in genere non sono  per ricchi, perché quando si diventa ricchi si cerca di vivere, meglio, altrove. Allora ci si fa costruire un ambiente migliore, dove però, a parte i propri familiari, vivono e lavorano solo servitori: gli altri sono esclusi. Questo non soddisfa l’animo. Si comincia a girare il mondo per trovare qualcos’altro e può accadere di trovarlo in certi posti in Europa, in città molto più piccole, con tanta bellezza intorno e società ancora solidali, dove quando esci da casa tua e giri per le strade pubbliche è come se stessi sempre a casa tua, senza necessità di proteggerti con mura e guardie private, come accade in alcuni quartieri residenziali per ricchi immersi in ambienti sociali in cui c’è molta povertà.
 In quel programma televisivo statunitense chi perde nel fare affari è licenziato “Fired!”,  quindi scartato. Nei giochi televisivi accade spesso. Ma quel programma dichiara di simulare la vita reale, nella quale appunto ci sono i licenziati. Alcuni stati hanno politiche per soccorrere chi  è licenziato e aiutarlo a inserirsi nuovamente nel mondo del lavoro. In alcuni di questi stati c’è chi pensa che siano soldi sprecati, perché chi è licenziato può, e deve, riuscire a trovare un nuovo lavoro impegnandosi più duramente. In altri stati quelle politiche mancano del tutto, in genere perché non ci sono risorse sufficienti. La dottrina sociale, riferendosi alla vita reale non a quella messa in scena nei programmi televisivi, obbliga tutti, non solo chi governa o chi comunque ha potere di decidere in altri ruoli, come i parlamentari, ad attuare politiche attive  che limitino gli scarti umani del processo economico e aiutino chi perde il lavoro a trovarne un altro.  Una prospettiva radicamente diversa.
  C’è un bel film statunitense del 1941, diretto e interpretato da Orson Wells, Quarto Potere  - Citizen Kane, che descrive la fine solitaria e disperata di un grande ricco nella sua immensa dimora, dove ha affastellato disordinatamente opere d’arte acquistate in tutto il mondo che ha percorso alla ricerca di ciò che il regista italiano Paolo Sorrentino ha definito  la Grande Bellezza. Muore triste e solo, sognando lo slittino che da ragazzo gli aveva dato tanta gioia e che era andato perso, quando, a quell’età,  era stato costretto a lasciare la famiglia in cui era cresciuto per entrare nel gran mondo, nel mondo dei ricchi, dopo aver ottenuto una grande eredità. E’ stato scritto che il regista non lavorò solo di fantasia, ma prese spunto da figure reali di ricchi statunitensi del suo tempo. Nel film, il progonista, Charles Foster Kane, si candida alle elezioni presidenziali statunitensi, ma perde per uno scandalo per una sua relazione extraconiugale. Può essere interessante immaginare come il regista avrebbe svolto la storia del film  ipotizzando che Kane fosse stato eletto. In un certo senso ai tempi nostri stiamo vivendo quel film alternativo.
  Nella competizione economica all’interno di uno stato, l’avidità aggressiva che provoca l’esclusione di altre persone viene limitata dalle norme giuridiche e dall’attività delle forze di polizia. Nel contesto internazionale è diverso. Se non si creano e si mantengono efficaci accordi che la limitino, ogni stato deve difendersi da sé, sia quelli che aggrediscono sia quelli che sono aggrediti. Attuare politiche aggressive che mirano a far grande di nuovo  il proprio stato ritirandosi da queli accordi internazionali comporta quindi il riarmo. Ai tempi nostri, in cui quelle politiche hanno di nuovo un certo consenso, si assiste effettivamente a un riarmo da parte degli stati più potenti della Terra, ma anche di altri. L’altro giorno, ad esempio, un ministro britannico ha dichiarato che, dopo che la Gran Bretagna sarà uscita dall’Unione Europea, della quale faceva parte dal 1973, il Regno Unito dovrà programmare un imponente riarmo.
 Politiche aggressive di quel tipo non sono una novità nella storia del mondo, tutt’altro: si può dire che si è sempre fatto così fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945. Con l’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, appunto  nel 1945, si volle cambiare profondamente il metodo seguito per le relazioni internazionali, creando un sistema esteso a tutto il mondo per prevenire la guerra. Non sempre questo obiettivo fu realizzato. Conflitti continuarono a scoppiare, ma nessuno ebbe mai le caratteristiche di una distruttiva  guerra mondiale. Si acquisì consapevolezza, inoltre, che l’impiego delle armi nucleari, per la massima parte costruite e detenuto dagli Stati Uniti d’America e dall’Unione Sovietica, la quale nel 1991 si trasformò nella Federazione Russa, la distruzione sarebbe stata globale, annientando anche coloro che avessero utilizzato quelle armi. Ai tempi nostri questo timore appare meno diffuso, in particolare tra le popolazioni occidentali che vivono in regimi democratici che possono essere influenzati dall’opinione pubblica. La consapevolezza del rischio è invece ancora molto viva nella dottrina sociale, che considera il riarmo al fine di  fare di nuovo grande  uno stato in danno degli altri come una struttura sociale di peccato.
 L’attuale presidente statunitense Donald Trump ha scritto vari libri esponendo la sua concezione di vita, ad esempio How to get rich - Come diventare ricco, Think like a champion - Pensare come un campione, Think like a billionaire - Pensare come un miliardario. Si tratta di un vero e proprio magistero,  un complesso di insegnamenti di vita. Esso appare come l’antitesi della dottrina sociale ed ha molto successo nel mondo. E’ possibile che, al termine del suo mandato, che negli Stati Uniti d’America, dal 1951, non può andare oltre gli otto anni dalla prima elezione, Trump scriva un altro libro insegnando come si governa uno degli stati più ricchi e potenti del mondo. Speriamo che in quel testo non debba raccontare anche di come vinse la Terza guerra mondiale. 
2. Ho scritto di politica internazionale, ma non bisogna pensare che la dottrina sociale riguardi solo quel livello di impegno, o solo quello del governo delle grandi entità pubbliche, come gli stati, le regioni, i comuni. In realtà riguarda uno stile di vita che va praticato in ogni comunità, a partire dalla famiglia. Ho scritto “praticato” perché non basta impararne i principi, ma occorre farne tirocinio, attuandolo nelle diverse collettività a cui si partecipa, per trasformarle da semplici aggregati di persone in “comunità”. Questo accade anche quando si tiene conto del bene degli altri, oltre che del proprio. Non significa solo ripartire “equamente” o disciplinare equamente l’uso di risorse di proprietà comune, come accade riguardo all’amministrazione degli edifici condominiali. Si tratta innanzi tutto di condividere le risorse di proprietà pubblica e di proprietà privata in modo che tutti ne beneficino, innanzi tutto creando un ambiente favorevole a relazioni da amici, e addirittura fraterne. E’ questo, infatti, che dà senso alla vita. Ciascuno può fare esperienza, fin da piccolo, di questa verità, della quale tendiamo a scordarci quando siamo immersi nel flusso delle attività quotidiane dalle quali ricaviamo di che vivere. Quello che è vero per gli individui è vero anche per le collettività e anche per gli stati e le relazioni tra gli stati. In un mondo in cui molti soffronto e solo alcuni stati sono “grandi” di vive male. Ma c’è di più: in un mondo divenuto molto interdipendente come il nostro, questo squilibrio tende a ritorcersi contro quello che sono divenuti o rimasti “grandi”.
  Lo stiamo constatando di questi tempi nel mondo. Le politiche economiche aggressive statunitensi volte a “far grandi di nuovo” gli Stati Uniti d’America stanno provocando dinamiche recessive in Europa e in Cina: esse però fatalmente, in un’economia ormai globalizzata e interdipendente, non tarderanno a coinvolgere gli stessi Stati Uniti d’America che le hanno attuate. Infatti fasi recessive in Europa e Cina priveranno i produttori statunitensi di importanti mercati in quei continenti, con, rispettivamente, mezzo miliardo e oltre un miliardo di persone.  Ne erano ben consapevoli gli Stati Uniti d’America al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando decisero di risollevare le economie delle potenze vinte, la Germania e l’Italia, con un imponente programma di aiuti economici e limitando anche gli obblighi di risarcire i danni di guerra che di solito gravano sui vinti a beneficio dei vincitori, e quindi evitando quell’estrema umiliazione dei vinti che, nel primo dopoguerra, vent’anni prima, aveva aperto la via al nazismo tedesco. Gli Stati Uniti d’America, a differenza ad esempio dell’Impero Britannico, sono divenuti “grandi” grazie ad un’estesa rete di alleanze, basata non solo sulla convenienza o sulla sottomissione forzata, o su entrambe, ma anche su una grande simpatia. Quest’ultima sta progressivamente venendo meno, ad esempio tra gli europei che sono stati recentemente   e disinvoltamente  dichiarati addirittura nemici.
 Per me, europeo nato nei passati anni Cinquanta, il modello diamericano  di riferimento non è il tycoon  spietato ed egoista della finanza globale ma il personaggio impersonato da Gary Cooper nel filmMezzogiorno di fuoco - High Noon, lo sceriffo che, potendo legittimamente sottrarsi al suo dovere morale e andarsene al sicuro con la moglie avendo cessato il suo servizio, rimane a fronteggiare i malvagi che arrivano da lontano, anche a costo di farlo da solo perché la comunità lo abbandona, con il solo aiuto, alla fine, della giovane sposa e di un ragazzo. La ragazza era impersonata da Grace Kelly, che poi divenne una principessa europea.
https://www.youtube.com/watch?v=qZil728hUy0
 E’, ancora, il nemico che, vittorioso, non infierisce, ma soccorre i vinti e i sofferenti e sa riconoscere, in mezzo ai suoi nemici, coloro che come lui combattono per una società più giusta, contro i despoti della terra.
  Non va sottovalutato il ruolo del cinema nel creare quel clima di simpatia che ha sempre circondato gli  americani in gran parte del mondo, e in particolare in Europa, e che ha resistito, finora, a molte dure disillusioni. Spesso preferiamo credere che gli altri siano all’altezza degli ideali proclamati e dei nostri sogni.  Talvolta i più grandi attori cinematografici e registi statunitensi, come Orson Wells il quale parlava un ottimo italiano, hanno conosciuto l’Europa molto meglio dei più importanti politici del loro stato e sono stati i migliori suoi ambasciatori.
   Un diverso stile di vita quale quello insegnato dalla dottrina sociale cattolica non solo è giusto dal punto di vista religioso, ma anche conveniente, perché consente una migliore sopravvivenza, innanzi tutto semplicemente la sopravvivenza,  e il raggiungimento di quella felicità che è impossibile ottenere isolandosi, aggredendo ed escludendo.
 Leggiamo nell’enciclica Laudato si’ - Praise be to you,  diffusa nel 2015 sotto l’autorità di papa Francesco:
«I. PUNTARE SU UN ALTRO STILE DI VITA
203. Dal momento che il mercato tende a creare un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti, le persone finiscono con l’essere travolte dal vortice degli acquisti e delle spese superflue. Il consumismo ossessivo è il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico. Accade ciò che già segnalava Romano Guardini: l’essere umano «accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo fa con l’impressione che tutto questo sia ragionevole e giusto». Tale paradigma fa credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa libertà di consumare, quando in realtà coloro che possiedono la libertà sono quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e finanziario. In questa confusione, l’umanità postmoderna non ha trovato una nuova comprensione di sé stessa che possa orientarla, e questa mancanza di identità si vive con angoscia. Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini.
204. La situazione attuale del mondo «provoca un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo». Quando le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare. In tale contesto non sembra possibile che qualcuno accetti che la realtà gli ponga un limite. In questo orizzonte non esiste nemmeno un vero bene comune. Se tale è il tipo di soggetto che tende a predominare in una società, le norme saranno rispettate solo nella misura in cui non contraddicano le proprie necessità. Perciò non pensiamo solo alla possibilità di terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma anche a catastrofi derivate da crisi sociali, perché l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca.
205. Eppure, non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di guardare a sé stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto e di intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori. Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle.»

 Si tratta di educarci e di educare a quel nuovo stile di vita, innanzi tutto cominciando a metterlo in pratica nella realtà di prossimità, come la famiglia e la parrocchia, ma anche la scuola:

«209. La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini. Molti sanno che il progresso attuale e il semplice accumulo di oggetti o piaceri non bastano per dare senso e gioia al cuore umano, ma non si sentono capaci di rinunciare a quanto il mercato offre loro. Nei Paesi che dovrebbero produrre i maggiori cambiamenti di abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova sensibilità ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini. Per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa.
[…]
212. Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente. Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce ad una maggiore profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo.»

  E’ necessario che tutta la società si senta impegnata non solo nel lavoro educativo, ma anche nel controllo democratico. Quella di cui abbiamo bisogno non  è infatti  una cultura che funziona se scende semplicemente dall’alto, ma deve sorgere, vivere, irrobustirsi nella base sociale, in modo che tutta la società sia capace di influire sull’orientamento generale. Accade che invece la politica di governo cerchi di semplicemente controllare il consenso della gente con le stesse tecnologie di persuasione di massa che vengono utilizzate nella pubblicità commerciale e in questo quadro suscitare una paura basata sull’ignoranza irrazionale ed emotiva funziona meglio del paziente lavoro di formazione delle coscienze. L’Organizzazone della Nazioni Unite degli stati non funziona se non si crea un’Organizzazione delle Coscienze Unite a livello mondiale.  

«214.  Alla politica e alle varie associazioni compete uno sforzo di formazione delle coscienze. Compete anche alla Chiesa. Tutte le comunità cristiane hanno un ruolo importante da compiere in questa educazione. Spero altresì che nei nostri seminari e nelle case religiose di formazione si educhi ad una austerità responsabile, alla contemplazione riconoscente del mondo, alla cura per la fragilità dei poveri e dell’ambiente. Poiché grande è la posta in gioco, così come occorrono istituzioni dotate di potere per sanzionare gli attacchi all’ambiente, altrettanto abbiamo bisogno di controllarci e di educarci l’un l’altro.»

  Questo significa anche che occorre una formazione alla politica democratica fin da piccoli e a cominciare dalle realtà di base, dove si inizia a esercitare un’influenza sulla società intorno, anche semplicemente con le proprie consuetudini di vita.   

«217. Se «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi», [papa Benedetto 16°, 2015], la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. 
[…]
219. Tuttavia, non basta che ognuno sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come quella che affronta il mondo attuale. I singoli individui possono perdere la capacità e la libertà di vincere la logica della ragione strumentale e finiscono per soccombere a un consumismo senza etica e senza senso sociale e ambientale. Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, non con la mera somma di beni individuali: «Le esigenze di quest’opera saranno così immense che le possibilità delle iniziative individuali e la cooperazione dei singoli, individualisticamente formati, non saranno in grado di rispondervi. Sarà necessaria una unione di forze e una unità di contribuzioni». La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria.
[…]
232.  Non tutti sono chiamati a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce una innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare un’identità comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende cura del mondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo consapevolezza di abitare una casa comune che Dio ci ha affidato. Queste azioni comunitarie, quando esprimono un amore che si dona, possono trasformarsi in intense esperienze spirituali.

  Nella dottrina sociale confluisce il frutto di una saggezza antica e una considerazione realistica di ciò che accade nei nostri tempi, ma gli orientamenti che insegna non possono affermarsi nella società se le popolazioni non si convincono della loro giustezza delle argomentazioni che sono alla loro base, a partire dall’esperienza pesonale di ciascuan persona. Non basta l’autorità di chi li proclama, anche se è quella di un Papa. Non è sufficiente insegnare, occorre convincere e, innanzi tutto, far sperimentare che, cambiando stile di vita, viviamo meglio e più felici.

«222. La spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita, e incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo. È importante accogliere un antico insegnamento, presente in diverse tradizioni religiose, e anche nella Bibbia. Si tratta della convinzione che “meno è di più”. Infatti il costante cumulo di possibilità di consumare distrae il cuore e impedisce di apprezzare ogni cosa e ogni momento. Al contrario, rendersi presenti serenamente davanti ad ogni realtà, per quanto piccola possa essere, ci apre molte più possibilità di comprensione e di realizzazione personale. La spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco. È un ritorno alla semplicità che ci permette di fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle possibilità che offre la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né rattristarci per ciò che non possediamo. Questo richiede di evitare la dinamica del dominio e della mera accumulazione di piaceri.
223. La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario. Infatti quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non hanno, e sperimentano ciò che significa apprezzare ogni persona e ad ogni cosa, imparano a familiarizzare con le realtà più semplici e ne sanno godere. In questo modo riescono a ridurre i bisogni insoddisfatti e diminuiscono la stanchezza e l’ansia. Si può aver bisogno di poco e vivere molto, soprattutto quando si è capaci di dare spazio ad altri piaceri e si trova soddisfazione negli incontri fraterni, nel servizio, nel mettere a frutto i propri carismi, nella musica e nell’arte, nel contatto con la natura, nella preghiera. La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita.
[…]
228. La cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù ci ha ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende fratelli. L’amore fraterno può solo essere gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità universale.
229. Occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà, ed è arrivato il momento di riconoscere che questa allegra superficialità ci è servita a poco. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente.»

  Di fronte ai problemi dei nostri tempi, alcuni politici di governo non trovano migliore soluzione che abbandonare gli obiettivi di pace mondiale che gli stati si erano dati, per la prima volta nella storia dell’umanità, alla metà del secolo scorso e di riprendere a fare come si era sempre fatto nei millenni precedenti: la lunga serie di guerre di supremazia e rapina per far grandi alcuni in danno degli altri. Naturalmente lo fanno proponendo argomentazione che liberano dal senso di colpa. In particolare, gli Occidentali, la parte più ricca del mondo, sostengono di non avere altra scelta: non possono mantenere il loro livello di benessere che ritengono irrinunciabile se non aggredendo ed escludendo gli altri. E’ questione, sostengono, di vita o di morte. Difficile crederlo. E c’è effettivamente qualcosa che non va se nella parte più ricca del mondo si vive male e c’è tanta gente che soffre, ma non dipende da quelli che sono ancora più poveri. La sofferenza sociale è frutto di un’organizzazione sociale che crea scarti umani.  «Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura.», si legge nell’enciclicaLaudato si’ - Praise be to you.  Quella cultura che a chi resta indietro grida “Licenziato! - Fired!” come nella serie  L’Apprendista - The Apprentice. “Niente di personale, sono solo affari!”, è lo slogan che si legge nella sigla di appertura del programma televisivo. La dottrina sociale ci ammonisce che non ci salvereremo se non inizieremo a dare più valore alle persone che ci circondano e meno alla nostra avidità affaristica. «Percepire ogni creatura che canta l’inno della sua esistenza è vivere con gioia nell’amore di Dio e nella speranza» è una delle citazioni  che si leggono nell’enciclica Laudato si’ - Praise be to you, tratta dalla Lettera pastorale “You Love All That Exists… All Things Are Yours, God, Lover of Life” diffusa nel 2001 dalla Commissione affari sociali dei Vescovi del Canada.
 L’enciclica Laudato si’ - Praise be to you si conclude con una bella preghiera che ne costituisce la sintesi:
Preghiera per la nostra terra
Dio Onnipotente,

che sei presente in tutto l’universo

e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza 
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura 
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle
senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati 
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.

Preghiera cristiana con il creato
Ti lodiamo, Padre, con tutte le tue creature,

che sono uscite dalla tua mano potente.

Sono tue, e sono colme della tua presenza 
e della tua tenerezza.
Laudato si’!

Figlio di Dio, Gesù,

da te sono state create tutte le cose.

Hai preso forma nel seno materno di Maria,
ti sei fatto parte di questa terra,
e hai guardato questo mondo con occhi umani.
Oggi sei vivo in ogni creatura
con la tua gloria di risorto.
Laudato si’!

Spirito Santo, che con la tua luce

orienti questo mondo verso l’amore del Padre

e accompagni il gemito della creazione,
tu pure vivi nei nostri cuori
per spingerci al bene.
Laudato si’!

Signore Dio, Uno e Trino, 

comunità stupenda di amore infinito,

insegnaci a contemplarti
nella bellezza dell’universo,
dove tutto ci parla di te.
Risveglia la nostra lode e la nostra gratitudine
per ogni essere che hai creato.
Donaci la grazia di sentirci intimamente uniti
con tutto ciò che esiste.
Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come strumenti del tuo affetto
per tutti gli esseri di questa terra,
perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.
Illumina i padroni del potere e del denaro
perché non cadano nel peccato dell’indifferenza,
amino il bene comune, promuovano i deboli,
e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.
I poveri e la terra stanno gridando:
Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce,
per proteggere ogni vita,
per preparare un futuro migliore,
affinché venga il tuo Regno 
di giustizia, di pace, di amore e di bellezza.
Laudato si’!
Amen.


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The model of social action proposed in the television series The Apprentice and the one staged in the movie High Noon

1. To get an immediate idea of ​​the divergence between the social and political orientations taught by the social doctrine of the Catholic Church and some of the current ones in Western capitalism, it may be useful to watch the movie with one of the introductions of the series on the site www.youtube.com of successful television The Apprentice that you find at this address on the WEB:
https://www.youtube.com/watch?v=sODZ3Jb14Jk
 It is significant because the voice commenting on the images is Donald Trump, who was then elected President of the United States of America, one of the world's major states and that until a few years ago led the policies of Westerners and it is still one of the most important models of political organization in the world, along with European, Russian and Chinese.
  In the movie you see images of New York and Trump says that is his city, where the wheels of the mechanisms of the world economy are spinning. For a European, however, those images depict one of the urban hollows of the world, in which the beauty is absent. For the Americans, however, obviously this is not the case. After images of a city stock exchange room with people busy in the bargaining, we see a homeless man sleeping on a bench. Therefore, in the midst of so much apparent wealth, there is also poverty; however this is not presented as a negative side of the system, but as an incentive to get involved, to work hard. The explanation of the poverty that is suggested is therefore that people become poor because they do not commit enough. Finally, a castle is presented, as an example of residence that those who commit themselves can conquer. In comparison with some splendid mansions of the rich Europeans, for example with some Roman noble buildings or with the villas designed by the architect Andrea Palladio in Veneto, it appears however little and, above all, cheap, a bit like the buildings of Uncle Scrooge Mc Duck in Mickey Mouse comics. In general, a European does not dream, as a rich man, to live in a city like New York, but to go there to become rich and then to live elsewhere, in a more beautiful place. Urban centers designed on the New York model have increased greatly in the last thirty years. In this way the states try to give an image of themselves as rich places. And yet they are generally not for the rich, because when one becomes rich one tries to live, better, elsewhere. Then we build a better environment, where, however, apart from our family members, only servants live and work: the others are excluded. This does not satisfy the soul. You start to travel the world to find something else and it can happen to find it in certain places in Europe, in much smaller cities, with so much beauty around and still supportive societies, where when you leave your house and go around the public streets it is as if you were always at home, without the need to protect yourself with walls and private guards, as happens in some residential neighborhoods for the rich in social environments where there is a lot of poverty.
 In that US television program, whoever loses in doing business is fired "Fired!", Then discarded. In TV games it happens often. But that program claims to simulate real life, in which precisely there are fired. Some states have policies to help those who are fired and help them to enter the world of work again. In some of these states there are those who think that they are money wasted, because who is fired can, and must, be able to find a new job by engaging more hard. In other states, policies are completely lacking, usually because there are not enough resources. The social doctrine, referring to real life not to that staged in television programs, obliges everyone, not only those who govern or those who have the power to decide in other roles, such as parliamentarians, to implement active policies that limit the human waste of economic process and help those who lose their jobs to find another one. A radically different perspective.
 There is a nice  American movie of 1941, directed and performed by Orson Wells, Citizen Kane, which describes the solitary and desperate end of a great rich man in his immense dwelling, where he messily bundled works of art bought in all the world that has traveled in search of what the Italian director Paolo Sorrentino has called the Great Beauty. He died sad and alone, dreaming of the sled that as a boy had given him so much joy and that he had been lost, when, at that age, he had been forced to leave the family where he had grown up to enter the great world, in the world of the rich , after having obtained a great legacy. It was written that the director did not work only in fantasy, but was inspired by real figures of wealthy Americans of his time. In the film, the progonist, Charles Foster Kane, is a candidate in the US presidential elections, but loses a scandal for his extramarital affair. It may be interesting to imagine how the director would play the story of the film assuming that Kane had been elected. In a certain sense in our times we are living that alternative film.
  In the economic competition within a state, aggressive greed that causes the exclusion of other people is limited by legal regulations and police activity. In the international context it is different. If you do not create and maintain agreements that limit it, each state must defend itself, both those who attack and those who are attacked. Implementing aggressive policies that aim to make one's state of the world again by withdrawing from international agreements leads to rearmament. In our times, when those policies have again a certain consensus, we are effectively witnessing a rearmament from the most powerful states on Earth, but also from others. The other day, for example, a British minister declared that, after Britain has left the European Union, which he had been part of since 1973, the United Kingdom will have to plan an impressive rearmament.
 Aggressive policies of that kind are not new in the history of the world, on the contrary: it can be said that it was always done until the end of the Second World War, in 1945. With the establishment of the United Nations Organization, in fact in 1945, the method followed for international relations was profoundly changed, creating a system extended to the whole world to prevent war. This goal was not always achieved. Conflicts continued to burst, but none ever had the characteristics of a destructive world war. Moreover, it became aware that the use of nuclear weapons, mostly built and held by the United States of America and the Soviet Union, which in 1991 was transformed into the Russian Federation, would have been global destruction, annihilating even those who used those weapons. In our time this fear appears less widespread, especially among the Western populations living in democratic regimes that can be influenced by public opinion. Risk awareness, on the other hand, is still very much alive in the social doctrine, which considers the rearmament in order to make a great state again to the detriment of others as a social structure of sin.
 The current US president Donald Trump has written several books exposing his concept of life, for example How to get rich , Think like a champion, Think like a billionaire. It is a real magisterium, a complex of life teachings. It appears as the antithesis of social doctrine and is very successful in the world. It is possible that, at the end of his mandate, that in the United States of America, from 1951, he can not go beyond eight years from the first election, Trump writes another book teaching how one of the richest and most powerful states of the government is governed world. We hope that in that text it should not even tell how the Third World War he won.
2. I wrote about international politics, but we should not think that the social doctrine concerns only that level of commitment, or only that of the government of large public entities, such as states, regions, municipalities. In reality it concerns a style of life that must be practiced in every community, starting from the family. I wrote "practiced" because it is not enough to learn the principles, but it is necessary to do some practical training, implementing it in the different collectivities to which one participates, to transform them from simple aggregates of people into "community". This also happens when one takes into account the good of others, as well as one's own. It does not mean just sharing "equally" or fairly regulating the use of common property resources, as happens with the administration of condominium buildings. Above all, it is a matter of sharing public and private property resources so that everyone benefits, above all, by creating an environment conducive to relationships between friends and even fraternal ones. Indeed, this is what gives meaning to life. Everyone can experience this truth from an early age, of which we tend to forget when we are immersed in the flow of daily activities from which we derive what to live. What is true for individuals is also true for communities and also for states and relations between states. In a world where many suffering and only some states are "big" of bad lives. But there is more: in a world that has become very interdependent like ours, this imbalance tends to reign against what has become or remains "great".
  We are witnessing these times in the world. The US aggressive economic policies aimed at "making big again" the United States of America are causing recessive dynamics in Europe and in China: however, fatally, in a now globalized and interdependent economy, they will not delay to involve the United States itself of America that have implemented them. In fact, recessionary phases in Europe and China will deprive US producers of important markets on those continents, with, respectively, half a billion and over a billion people. They were well aware of the United States of America at the end of the Second World War, when they decided to revive the economies of the vanished powers, Germany and Italy, with an impressive program of economic aid and also limiting the obligations to pay damages. of war that usually burden the vanquished for the benefit of the winners, and thus avoiding that extreme humiliation of the vanquished who, in the first post-war period, twenty years earlier, had opened the way to German Nazism. The United States of America, unlike for example the British Empire, has become "big" thanks to an extensive network of alliances, based not only on convenience or forced submission, or on both, but also on a great sympathy . The latter is progressively failing, for example among the Europeans who have recently and quite simply declared themselves enemies.
 For me, a European born in the late fifties, the model of American reference is not the ruthless and selfish tycoon of global finance but the character played by Gary Cooper in the movie High Noon, the sheriff who, legitimately can escape the his moral duty and to go safely with his wife having ceased his service, remains to face the evil who come from afar, even at the cost of doing it alone because the community abandons him, with only the help, in the end, of the young bride and a boyfriend. The girl was played by Grace Kelly, who later became a European princess.
https://www.youtube.com/watch?v=qZil728hUy0
 It is, again, the enemy who, victorious, does not rage, but succor the vanquisheds and the suffering ones and knows how to recognize, among his enemies, those who, like him, fight for a more just society, against the despots of the earth.
  The role of cinema should not be underestimated in creating the atmosphere of sympathy that has always surrounded the Americans in most of the world, and in particular in Europe, and which has so far resisted many harsh disappointments. We often prefer to believe that others are up to the ideals proclaimed and our dreams. Sometimes the greatest American actors and directors, like Orson Wells who spoke excellent Italian, knew Europe much better than the most important politicians of their state and were the best ambassadors of its kind.
   A different style of life such as that taught by Catholic social doctrine is not only religiously right, but also convenient, because it allows a better survival, first of all simply survival, and the achievement of that happiness that is impossible to obtain by isolating oneself, attacking and excluding.
 We read in the encyclical Laudato si '- Praise be to you, released in 2015 under the authority of Pope Francis:
«I. TOWARDS A NEW LIFESTYLE
203. Since the market tends to promote extreme consumerism in an effort to sell its products, people can easily get caught up in a whirlwind of needless buying and spending. Compulsive consumerism is one example of how the techno-economic paradigm affects individuals. Romano Guardini had already foreseen this: “The gadgets and technics forced upon him by the patterns of machine production and of abstract planning mass man accepts quite simply; they are the forms of life itself. To either a greater or lesser degree mass man is convinced that his conformity is both reasonable and just”. This paradigm leads people to believe that they are free as long as they have the supposed freedom to consume. But those really free are the minority who wield economic and financial power. Amid this confusion, postmodern humanity has not yet achieved a new self-awareness capable of offering guidance and direction, and this lack of identity is a source of anxiety. We have too many means and only a few insubstantial ends.
204. The current global situation engenders a feeling of instability and uncertainty, which in turn becomes “a seedbed for collective selfishness”. When people become self-centred and self-enclosed, their greed increases. The emptier a person’s heart is, the more he or she needs things to buy, own and consume. It becomes almost impossible to accept the limits imposed by reality. In this horizon, a genuine sense of the common good also disappears. As these attitudes become more widespread, social norms are respected only to the extent that they do not clash with personal needs. So our concern cannot be limited merely to the threat of extreme weather events, but must also extend to the catastrophic consequences of social unrest. Obsession with a consumerist lifestyle, above all when few people are capable of maintaining it, can only lead to violence and mutual destruction.
205. Yet all is not lost. Human beings, while capable of the worst, are also capable of rising above themselves, choosing again what is good, and making a new start, despite their mental and social conditioning. We are able to take an honest look at ourselves, to acknowledge our deep dissatisfaction, and to embark on new paths to authentic freedom. No system can completely suppress our openness to what is good, true and beautiful, or our God-given ability to respond to his grace at work deep in our hearts. I appeal to everyone throughout the world not to forget this dignity which is ours. No one has the right to take it from us.»

 It is a matter of educating ourselves and of educating ourselves to that new way of life, first of all beginning to put it into practice in the reality of proximity, such as the family and the parish, but also the school:

«209. An awareness of the gravity of today’s cultural and ecological crisis must be translated into new habits. Many people know that our current progress and the mere amassing of things and pleasures are not enough to give meaning and joy to the human heart, yet they feel unable to give up what the market sets before them. In those countries which should be making the greatest changes in consumer habits, young people have a new ecological sensitivity and a generous spirit, and some of them are making admirable efforts to protect the environment. At the same time, they have grown up in a milieu of extreme consumerism and affluence which makes it difficult to develop other habits. We are faced with an educational challenge.
[…]
212. We must not think that these efforts are not going to change the world. They benefit society, often unbeknown to us, for they call forth a goodness which, albeit unseen, inevitably tends to spread. Furthermore, such actions can restore our sense of self-esteem; they can enable us to live more fully and to feel that life on earth is worthwhile.»

It is necessary that the whole society feels engaged not only in educational work, but also in democratic control. What we need is not, in fact, a culture that works if it simply descends from above, but must arise, live, grow stronger in the social base, so that the whole society is able to influence the general orientation. It happens that instead the government policy tries to simply control the consent of the people with the same mass persuasion technologies that are used in commercial advertising and in this context arouse fear based on irrational and emotional ignorance works better than the patient training work of consciences. The United Nations Organization of the States does not work unless a United Consciences Organization is created worldwide.

«214. Political institutions and various other social groups are also entrusted with helping to raise people’s awareness. So too is the Church. All Christian communities have an important role to play in ecological education. It is my hope that our seminaries and houses of formation will provide an education in responsible simplicity of life, in grateful contemplation of God’s world, and in concern for the needs of the poor and the protection of the environment. Because the stakes are so high, we need institutions empowered to impose penalties for damage inflicted on the environment. But we also need the personal qualities of self-control and willingness to learn from one another.»

This also means that we need a training in democratic politics from an early age and starting from the basic realities, where we start to exert an influence on the surrounding society, even simply with our own habits of life.

«217. “The external deserts in the world are growing, because the internal deserts have become so vast”.[pope Benedetto 16^] For this reason, the ecological crisis is also a summons to profound interior conversion.
[…]
219. Nevertheless, self-improvement on the part of individuals will not by itself remedy the extremely complex situation facing our world today. Isolated individuals can lose their ability and freedom to escape the utilitarian mindset, and end up prey to an unethical consumerism bereft of social or ecological awareness. Social problems must be addressed by community networks and not simply by the sum of individual good deeds. This task “will make such tremendous demands of man that he could never achieve it by individual initiative or even by the united effort of men bred in an individualistic way. The work of dominating the world calls for a union of skills and a unity of achievement that can only grow from quite a different attitude”.  The ecological conversion needed to bring about lasting change is also a community conversion.
[…]
231. Not everyone is called to engage directly in political life. Society is also enriched by a countless array of organizations which work to promote the common good and to defend the environment, whether natural or urban. Some, for example, show concern for a public place (a building, a fountain, an abandoned monument, a landscape, a square), and strive to protect, restore, improve or beautify it as something belonging to everyone. Around these community actions, relationships develop or are recovered and a new social fabric emerges. Thus, a community can break out of the indifference induced by consumerism. These actions cultivate a shared identity, with a story which can be remembered and handed on. In this way, the world, and the quality of life of the poorest, are cared for, with a sense of solidarity which is at the same time aware that we live in a common home which God has entrusted to us. These community actions, when they express self-giving love, can also become intense spiritual experiences.»

In the social doctrine flows the fruit of an ancient wisdom and a realistic consideration of what happens in our times, but the orientations it teaches can not be affirmed in society if the populations are not convinced of their rightness of the arguments that are at their base, starting from the pesonal experience of each person. It is not enough the authority of those who proclaim them, even if it is that of a Pope. It is not enough to teach, it is necessary to convince and, first of all, to experiment that, by changing lifestyle, we live better and happier.


«222. Christian spirituality proposes an alternative understanding of the quality of life, and encourages a prophetic and contemplative lifestyle, one capable of deep enjoyment free of the obsession with consumption. We need to take up an ancient lesson, found in different religious traditions and also in the Bible. It is the conviction that “less is more”. A constant flood of new consumer goods can baffle the heart and prevent us from cherishing each thing and each moment. To be serenely present to each reality, however small it may be, opens us to much greater horizons of understanding and personal fulfilment. Christian spirituality proposes a growth marked by moderation and the capacity to be happy with little. It is a return to that simplicity which allows us to stop and appreciate the small things, to be grateful for the opportunities which life affords us, to be spiritually detached from what we possess, and not to succumb to sadness for what we lack. This implies avoiding the dynamic of dominion and the mere accumulation of pleasures.
223. Such sobriety, when lived freely and consciously, is liberating. It is not a lesser life or one lived with less intensity. On the contrary, it is a way of living life to the full. In reality, those who enjoy more and live better each moment are those who have given up dipping here and there, always on the look-out for what they do not have. They experience what it means to appreciate each person and each thing, learning familiarity with the simplest things and how to enjoy them. So they are able to shed unsatisfied needs, reducing their obsessiveness and weariness. Even living on little, they can live a lot, above all when they cultivate other pleasures and find satisfaction in fraternal encounters, in service, in developing their gifts, in music and art, in contact with nature, in prayer. Happiness means knowing how to limit some needs which only diminish us, and being open to the many different possibilities which life can offer.
[…]
228. Care for nature is part of a lifestyle which includes the capacity for living together and communion. Jesus reminded us that we have God as our common Father and that this makes us brothers and sisters. Fraternal love can only be gratuitous; it can never be a means of repaying others for what they have done or will do for us. That is why it is possible to love our enemies. This same gratuitousness inspires us to love and accept the wind, the sun and the clouds, even though we cannot control them. In this sense, we can speak of a “universal fraternity”.
229. We must regain the conviction that we need one another, that we have a shared responsibility for others and the world, and that being good and decent are worth it. We have had enough of immorality and the mockery of ethics, goodness, faith and honesty. It is time to acknowledge that light-hearted superficiality has done us no good. When the foundations of social life are corroded, what ensues are battles over conflicting interests, new forms of violence and brutality, and obstacles to the growth of a genuine culture of care for the environment.»

Faced with the problems of our time, some government politicians find no better solution than to abandon the world peace objectives that the states had set themselves, for the first time in the history of humanity, in the middle of the last century and to resume as it had always done in the previous millennia: the long series of wars of supremacy and robbery to make some big to the detriment of others. Of course they do this by proposing arguments that free from guilt. In particular, Westerners, the richest part of the world, claim they have no other choice: they can not maintain their level of well-being that they consider indispensable if not attacking and excluding others. It is a question, they claim, of life or death. Hard to believe it. And there is indeed something wrong if the richest part of the world lives badly and there are so many people suffering, but it does not depend on those who are even poorer. Social suffering is the result of a social organization that creates human waste. "These problems are intimately linked to the culture of waste, which affects both the excluded human beings and the things that are quickly transformed into garbage.", Reads the encyclical Laudato si '- Praise be to you. That culture that to those who remain behind shouts "Fired!" as in the The Apprentice series. "Nothing personal, it's just business!", Is the slogan that is read in the opening theme of the television program. The social doctrine warns us that we will not save ourselves if we do not begin to give more value to the people around us and less to our business greed. «"To sense each creature singing the hymn of its existence is to live joyfully in God's love and hope"» is one of the quotations that you can read in the encyclicalLaudato si '- Praise be to you, taken from the Pastoral Letter "You Love All That Exists ... All Things Are Yours, God, Lover of Life" released in 2001 by the Social Affairs Commission of the Bishops of Canada .
 The encyclical Laudato si '- Praise be to you ends with a beautiful prayer which is its synthesis:

A prayer for our earth
All-powerful God, you are present in the whole universe

and in the smallest of your creatures.
You embrace with your tenderness all that exists.
Pour out upon us the power of your love,
that we may protect life and beauty.
Fill us with peace, that we may live
as brothers and sisters, harming no one.
O God of the poor,
help us to rescue the abandoned and forgotten of this earth,
so precious in your eyes.
Bring healing to our lives,
that we may protect the world and not prey on it,
that we may sow beauty, not pollution and destruction.
Touch the hearts
of those who look only for gain
at the expense of the poor and the earth.
Teach us to discover the worth of each thing,
to be filled with awe and contemplation,
to recognize that we are profoundly united
with every creature
as we journey towards your infinite light.
We thank you for being with us each day.
Encourage us, we pray, in our struggle
for justice, love and peace.

A Christian prayer in union with creation
Father, we praise you with all your creatures.

They came forth from your all-powerful hand;
they are yours, filled with your presence and your tender love.
Praise be to you!

Son of God, Jesus,

through you all things were made.
You were formed in the womb of Mary our Mother,
you became part of this earth,
and you gazed upon this world with human eyes.
Today you are alive in every creature
in your risen glory.
Praise be to you!

Holy Spirit, by your light

you guide this world towards the Father’s love
and accompany creation as it groans in travail.
You also dwell in our hearts
and you inspire us to do what is good.
Praise be to you!

Triune Lord, wondrous community of infinite love,

teach us to contemplate you
in the beauty of the universe,
for all things speak of you.
Awaken our praise and thankfulness
for every being that you have made.
Give us the grace to feel profoundly joined
to everything that is.

God of love, show us our place in this world

as channels of your love
for all the creatures of this earth,
for not one of them is forgotten in your sight.
Enlighten those who possess power and money
that they may avoid the sin of indifference,
that they may love the common good, advance the weak,
and care for this world in which we live.
The poor and the earth are crying out.
O Lord, seize us with your power and light,
help us to protect all life,
to prepare for a better future,
for the coming of your Kingdom
of justice, peace, love and beauty.
Praise be to you!
Amen.


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  -15 - 
Epilogo

 Viviamo in collettività politiche e in altre collettività sociali che individuano quale sia il bene pubblico, vale a dire l’obiettivo della loro azione nell’interesse del gruppo di riferimento, sia esso una parrocchia, una Chiesa, un partito, un sindacato, un’associazione culturale o tra artisti, uno stato, un’associazione di stati. Di ciò facciamo esperienza fin da molto piccoli, fin da quando, usciti dalla famiglia di origine, incontriamo compagni di gioco e iniziamo con loro un’esperienza sociale. Che gioco fare insieme? Che regole seguire? Dove giocare? Quando iniziare e quando finire? Chi può partecipare e in che ruolo? Chi comanda e chi esegue? Chi vince? Chi perde? Che cosa guadagna chi vince? Che cosa perde chi perde?  Il gioco prepara alla vita adulta. Per gli adulti è divertimento, svago, per i più giovani è tirocino alla vita sociale. Si vive da adulti in società affrontando le stesse questioni generali che si affrontarno nel gioco da bambini e adolescenti. Nelle società degli adulti si è meno liberi che in quelle dei ragazzi: pesano tradizioni e organizzazioni che si trovano già fatte, dal passato. La civilità giuridica serve appunto a mantenerle nel tempo, di generazione in generazione, limitando la creatività di coloro che alla società partecipano, che deve tener  conto degli impegni presi nel passato. Senza di ciò le società non potrebbero darsi obiettivi lontani nel tempo, diventerebbero instabili e insicure. Si entra nella società degli adulti come si sale su un  treno in una stazione di passaggio: il percorso da fare è preordinato. Di solito si nasce immersi in una società, importanti diritti e doveri sono collegati a questo nascere immersi in una società: di solito a chi diviene adulto non è consentito di liberarsi tanto facilmente da questo vincolo sociale, esso lo lega a prescindere da una sua manifestazione di consenso e, in genere, anche quando ci si allontana dalla società di origine. Impegni formali di fedeltà vengono richiesti di solito quando si assume una funzione pubblica o quando si diventa militari. Un atto solenne formale di impegno viene invece  richiesto invece ai nuovi cittadini, a coloro che sono introdotti in una società nelle pienezza della partecipazione ad essa. Gli altri subiscono la cittadinanza, ma anche ne beneficiano, nella sicurezza sociale che rende possibile. Ad una certa età della vita tutti però scelgono come agire da cittadini, come influire nella società di riferimento. C’è chi sceglie l’astensione, partecipando solo quando è obbligato a farlo, e c’è chi invece sceglie la partecipazione, cercando di influire sull’orientamento in tema di bene comune. Questo richiede di avere una visione sufficiente e realistica di come vanno le cose, vale  a dire una competenza. Quest’ultima richiede una formazione, che per secoli è stata data solo a chi, per dinastia o altro rango sociale, era destinato a compiti di governo. In ambiente democratico serve a tutti i cittadini. Uno degli obiettivi fondamentali della formazione religioso dovrebbe essere proprio la preparazione all’azione politica e sociale, perché si è acquisita consapevolezza che l’azione politica e sociale è manifestazione della carità in senso religioso, vale a dire di come si deve essere in una prospettiva religiosa. Non è sufficiente vivere con spirito fraterno in un mondo che è organizzato secondo la legge della giungla: occorre contribuire a cambiare l’organizzazione sociale. Questo richiede anche di contrapporsi, di lottare, se chi beneficia di organizzazioni sociali ingiuste, che fanno soffrire, resiste al cambiamento. Ma anche nella lotta si deve avere la prospettiva della carità in senso religioso, che significa in definitiva proporsi il bene comune, vale a dire di fare anche il bene di coloro che si contrappongono da nemici. Mentre il bene pubblico è riferito, infatti, ad una specifica collettività, il bene comune è quello di tutti, oltre ogni confine, tendenzialmente quello di tutta l’umanità e non solo di quella vivente, ma anche di quella composta dalle generazioni future. Il bene comune ha quindi prospettive più ampie del bene pubblico e, secondo l’insegnamento della dottrina sociale cattolica, il bene pubblico deve tendere al bene comune.
   Il lavoro di formazione religiosa all’azione sociale e politica è in genere trascurato in Italia. Non si ha abbastanza tempo. Riteniamo talvolta che chi deve imparare sia ancora troppo piccolo per certi argomenti. Altre volte che gli adulti siano ancora troppo poco preparati per affrontarli. E, insomma, alla fine viene istruita solo una minoranza. Ancora più difficile è fare tirocinio di organizzazione sociale. Di solito gli statuti delle nostre associazioni religiose sono piuttosto rigidi e, comuque, quando mancano, come in certe organizzazioni parrocchiali, si preferisce che a dirigere i lavori siano i preti, senza corresponsabilità degli altri. Questi orientamenti si sono molto accentuati a partire dagli anni ’80, quando si cercò di recuperare una certa uniformità nell’azione dei laici italiani, dopo l’effervescenza cultura e sociale degli anni ’70. Tutto questo ha prodotto una certa immaturità dei laici italiani, ma anche dei preti e dei religiosi, nell’affrontare i temi politici  e sociali. Da metà Ottocento fino agli anni ’70 del secolo scorso fu  molto diverso. Preti come Romolo Murri, Luigi Sturzo e Giuseppe Dossetti furono coinvolti nell’organizzazione di importanti formazioni politiche e nella costruzione delle loro ideologie. E, comunque, dietro i laici impegnati in politica vi erano preti e religiosi competenti in materia. Negli anni ’80 del secolo scorso la politica iniziò a diventare pericolosa per preti e religiosi. Apparve come se Papa e vescovi diffidassero profondamente del coinvolgimento democratico di fedeli laici, preti e religiosi. Ad un certo punto si volle accentrare tutto nella mani della Conferenza Episcopale Italiana, come, durante il regno di Papi italiani, lo era stato in quelle dei Pontefici. Mancando un’adeguata formazione popolare, che un tempo si faceva nell’Azione Cattolica italiana, venne meno la creatività dei laici italiani nell’azione politica e sociale, fino ad arrivare alla situazione di oggi in cui essa, un tempo molto importante e anzi determinante, è divenuta irrilevante. Va anche detto che il mondo cattolico italiano, al di là della sua apparente uniformità, è fortemente diviso, in particolare tra correnti reazionarie e progressiste, secondo la divisione che iniziò  a manifestarsi negli scorsi anni ’70. Si pensa ad una ripresa di un’iniziativa politica comune, ma, data quella divisione sulle scelte concrete ma anche su ideologie di fondo, si tratta di un’ipotesi irrealistica. Questa situazione non elimina l’esigenza di una formazione sociale e politica, perché praticamente ogni giorno la coscienza dei credenti è sollecitata a fare scelte che coinvolgono l’etica religiosa e non solo nel classici temi un tempo definiti come non negoziabili, vale a dire riservati all’autorità religiosa, come quelli in tema di riproduzione, famiglia e fine vita.
 Fin dalle origini, la dottrina sociale ha fatto molto affidamento sul lavoro in società delle associazioni tra laici di fede. Si legge infatti nell’enciclica Le novità - Rerum Novarum, diffusa nel 1891 sotto l’autorità del papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°:

«C) L'opera delle associazioni
1 - Necessità della collaborazione di tutti
36. Finalmente, a dirimere la questione operaia possono contribuire molto i capitalisti e gli operai medesimi con istituzioni ordinate a porgere opportuni soccorsi ai bisognosi e ad avvicinare e udire le due classi tra loro. Tali sono le società di mutuo soccorso; le molteplici assicurazioni private destinate a prendersi cura dell'operaio, della vedova, dei figli orfani, nei casi d'improvvisi infortuni, d'infermità, o di altro umano accidente; i patronati per i fanciulli d'ambo i sessi, per la gioventù e per gli adulti. Tengono però il primo posto le corporazioni di arti e mestieri che nel loro complesso contengono quasi tutte le altre istituzioni. Evidentissimi furono presso i nostri antenati i vantaggi di tali corporazioni, e non solo a pro degli artieri, ma come attestano documenti in gran numero, ad onore e perfezionamento delle arti medesime. I progressi della cultura, le nuove abitudini e i cresciuti bisogni della vita esigono che queste corporazioni si adattino alle condizioni attuali. Vediamo con piacere formarsi ovunque associazioni di questo genere, sia di soli operai sia miste di operai e padroni, ed è desiderabile che crescano di numero e di operosità. Sebbene ne abbiamo parlato più volte, ci piace ritornarvi sopra per mostrarne l'opportunità, la legittimità, la forma del loro ordinamento e la loro azione.
2 - Il diritto all'associazione è naturale
37. Il sentimento della propria debolezza spinge l'uomo a voler unire la sua opera all'altrui. La Scrittura dice: E' meglio essere in due che uno solo; perché due hanno maggior vantaggio nel loro lavoro. Se uno cade, è sostenuto dall'altro. Guai a chi è solo; se cade non ha una mano che lo sollevi (Eccl 4,9-10). E altrove: il fratello aiutato dal fratello è simile a una città fortificata (Prov 18,19). L'istinto di questa naturale inclinazione lo muove, come alla società civile, così ad altre particolari società, piccole certamente e non perfette, ma pur società vere. Fra queste e quella corre grandissima differenza per la diversità dei loro fini prossimi. Il fine della società civile è universale, perché è quello che riguarda il bene comune, a cui tutti e singoli i cittadini hanno diritto nella debita proporzione. Perciò è chiamata pubblica; per essa gli uomini si mettono in mutua comunicazione al fine di formare uno Stato (S, Th., Contra impugn. Dei cultum et religionem, c. II). Al contrario le altre società che sorgono in seno a quella si dicono e sono private, perché hanno per scopo l'utile privato dei loro soci. Società privata è quella che si forma per concludere affari privati, come quando due o tre si uniscono a scopo di commercio (Ivi).
38. Ora, sebbene queste private associazioni esistano dentro la Stato e ne siano come tante parti, tuttavia in generale, e assolutamente parlando, non può lo Stato proibirne la formazione. Poiché il diritto di unirsi in società l'uomo l'ha da natura, e i diritti naturali lo Stato deve tutelarli, non distruggerli. Vietando tali associazioni, egli contraddirebbe sé stesso, perché l'origine del consorzio civile, come degli altri consorzi, sta appunto nella naturale socialità dell'uomo. Si danno però casi che rendono legittimo e doveroso il divieto. Quando società particolari si prefiggono un fine apertamente contrario all'onestà, alla giustizia, alla sicurezza del consorzio civile, legittimamente vi si oppone lo Stato, o vietando che si formino o sciogliendole se sono formate; è necessario però procedere in ciò con somma cautela per non invadere i diritti dei cittadini, e non fare il male sotto pretesto del pubblico bene. Poiché le leggi non obbligano se non in quanto sono conformi alla retta ragione, e perciò stesso alla legge eterna di Dio (Cfr. S. Th. I-II, q. 13, a. 3).
39. E qui il nostro pensiero va ai sodalizi, collegi e ordini religiosi di tante specie a cui dà vita l'autorità della Chiesa e la pietà dei fedeli; e con quanto vantaggio del genere umano, lo attesta la storia anche ai nostri giorni. Tali società, considerate al solo lume della ragione, avendo un fine onesto, sono per diritto di natura evidentemente legittime. In quanto poi riguardano la religione, non sottostanno che all'autorità della Chiesa. Non può dunque lo Stato arrogarsi più quelle competenza alcuna, né rivendicarne a sé l'amministrazione; ha però il dovere di rispettarle, conservarle e, se occorre, difenderle. Ma quanto diversamente si agisce, soprattutto ai nostri tempi! In molti luoghi e in molti modi lo Stato ha leso i diritti di tali comunità, avendole sottoposte alle leggi civili a private di giuridica personalità, o spogliate dei loro beni. Nei quali beni la Chiesa aveva il diritto suo, come ognuno dei soci, e similmente quelli che li avevano destinati per un dato fine, e quelli al cui vantaggio e sollievo erano destinati. Non possiamo dunque astenerci dal deplorare spogliazioni sì ingiuste e dannose, tanto più che vediamo proibite società cattoliche, tranquille e utilissime, nel tempo stesso che si proclama altamente il diritto di associazione; mentre in realtà tale diritto vieni largamente concesso a uomini apertamente congiurati ai danni della religione e dello Stato.
40. Certe società diversissime, costituite specialmente di operai, vanno oggi moltiplicandosi sempre più. Di molte, tra queste, non è qui luogo di indagar l'origine, lo scopo, i procedimenti. È opinione comune però, confermata da molti indizi, che il più delle volte sono rette da capi occulti, con organizzazione contraria allo spirito cristiano e al bene pubblico; costoro con il monopolio delle industrie costringono chi rifiuta di accomunarsi a loro, a pagar caro il rifiuto. In tale stato di cose gli operai cristiani non hanno che due vie: o iscriversi a società pericolose alla religione o formarne di proprie e unire così le loro forze per sottrarsi coraggiosamente a sì ingiusta e intollerabile oppressione. Ora, potrà mai esitare sulla scelta di questo secondo partito, chi non vuole mettere a repentaglio il massimo bene dell'uomo?
3 - Favorire i congressi cattolici
41. Degnissimi d'encomio sono molti tra i cattolici che, conosciute le esigenze dei tempi, fanno ogni sforzo per migliorare onestamente le condizioni degli operai. E presane in mano la causa, si studiano di accrescerne il benessere individuale e domestico; di regolare, secondo equità, le relazioni tra lavoratori e padroni; di tener viva e profondamente radicata negli uni e negli altri il senso del dovere e l'osservanza dei precetti evangelici; precetti che, allontanando l'animo da ogni sorta di eccessi, lo inducono alla moderazione e, tra la più grande diversità di persone e di cose, mantengono l'armonia nella vita civile. A tal fine vediamo che spesso si radunano dei congressi, ove uomini saggi si comunicano le idee, uniscono le forze, si consultano intorno agli espedienti migliori, Altri s'ingegnano di stringere opportunamente in società le varie classi operaie; le aiutano col consiglio e i mezzi e procurano loro un lavoro onesto e redditizio. Coraggio e protezione vi aggiungono i vescovi, e sotto la loro dipendenza molti dell'uno e dell'altro clero attendono con zelo al bene spirituale degli associati. Non mancano finalmente i cattolici benestanti che, fatta causa comune coi lavoratori, non risparmiano spese per fondare e largamente diffondere associazioni che aiutino l'operaio non solo a provvedere col suo lavoro ai bisogni presenti, ma ad assicurarsi ancora per l'avvenire un riposo onorato e tranquillo. I vantaggi che tanti e sì volenterosi sforzi hanno recato al pubblico bene, sono così noti che non occorre parlarne. Di qui attingiamo motivi a bene sperare dell'avvenire, purché tali società fioriscano sempre più, e siano saggiamente ordinate. Lo Stato difenda queste associazioni legittime dei cittadini; non si intrometta però nell'intimo della loro organizzazione e disciplina, perché il movimento vitale nasce da un principio intrinseco, e gli impulsi esterni facilmente lo soffocano.
4 - Autonomia e disciplina delle associazioni
42. Questa sapiente organizzazione e disciplina è assolutamente necessaria perché vi sia unità di azione e d'indirizzo. Se hanno pertanto i cittadini, come l'hanno di fatto, libero diritto di legarsi in società, debbono avere altresì uguale diritto di scegliere per i loro consorzi quell'ordinamento che giudicano più confacente al loro fine. Quale esso debba essere nelle singole sue parti, non crediamo si possa definire con regole certe e precise, dovendosi determinare piuttosto dall'indole di ciascun popolo, dall'esperienza e abitudine, dalla quantità e produttività dei lavori, dallo sviluppo commerciale, nonché da altre circostanze, delle quali la prudenza deve tener conto. In sostanza, si può stabilire come regola generale e costante che le associazioni degli operai si devono ordinare e governare in modo da somministrare i mezzi più adatti ed efficaci al conseguimento del fine, il quale consiste in questo, che ciascuno degli associati ne tragga il maggior aumento possibile di benessere fisico, economico, morale. È evidente poi, che conviene aver di mira, come scopo speciale, il perfezionamento religioso e morale, e che a questo perfezionamento si deve indirizzare tutta la disciplina sociale. Altrimenti tali associazioni degenerano facilmente in altra natura, né si mantengono superiori a quelle in cui della religione non si tiene conto alcuno. Del resto, che gioverebbe all'operaio l'aver trovato nella società di che vivere bene, se l'anima sua, per mancanza di alimento adatto, corresse pericolo di morire? Che giova all'uomo l'acquisto di tutto il mondo con pregiudizio dell'anima sua? (Mat 16,26). Questo, secondo l'insegnamento di Gesù Cristo, é il carattere che distingue il cristiano dal pagano: I pagani cercano tutte queste cose... voi cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e gli altri beni vi saranno dati per giunta (Mat 6,32-33). Prendendo adunque da Dio il principio, si dia una larga parte all'istruzione religiosa, affinché ciascuno conosca i propri doveri verso Dio; sappia bene ciò che deve credere, sperare e fare per salvarsi; e sia ben premunito contro gli errori correnti e le seduzioni corruttrici. L'operaio venga animato al culto di Dio e all'amore della pietà, e specialmente all'osservanza dei giorni festivi. Impari a venerare e amare la Chiesa, madre comune di tutti, come pure a obbedire ai precetti di lei, e a frequentare i sacramenti, mezzi divini di giustificazione e di santità.»

  Ma in genere la formazione religiosa di primo e secondo livello termina con il Sacramento della Cresima senza che si sia nemmeno iniziato a parlare del lavoro che un laico deve fare in società e con un tirocinio associativo troppo breve e soprattutto vissuto  prevalentemente obbedendo ai costumi introdotti da altri, dall’autorità religiosa, da chi c’era prima, dalla tradizione, senza nessuna creatività. In definitiva, così non si è capaci di individuare, nel proprio tempo e nella propria società di riferimento, che cosa sia il bene comune e come associarsi per influire su quella società perché ciò che viene inteso come bene pubblico tenda verso quel bene comune, in particolare includendo coloro che l’organizzazione sociale scarta o comunque esclude o marginalizza. E più facilmente si può finire irretiti in quelle che nell’enciclica Le Novità - Rerum novarum  vengono definite società particolari che  si prefiggono un fine apertamente contrario all'onestà, alla giustizia, alla sicurezza del consorzio civile,  come, ai tempi nostri, quelle che propongono di arricchire lo stato  sfruttando ingiustamente e prepotentemente  altri popoli, ritenuti di etnie inferiori, o di abbandonare al loro destino gli stranieri che ci chiedono soccorso o di discriminare nella società le persone di etnia o religioni diverse, tutto condotte, queste, che l’etica sociale quindi la dottrina sociale considera come gravemente peccaminose, capaci di macchiare non solo le collettività e i loro capi, ma ciascuna delle persone che ad esse prestano consenso.
 Uno degli scopi principali di acvivearomavalli.blogspot.it è quello di contribuire a colmare quella lacuna,  a partire dalla nostra parrocchia nel quartiere romano di Monte Sacro - Valli, ma fornendo argomenti che possono essere utili anche a chi è molto più  lontano.
Mario Ardigò- Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

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Epilogue

We live in political collectives and in other social collectives that identify what is the public good, that is to say, the objective of their action in the interest of the reference group, be it a parish, a church, a party, a trade union, a cultural association or between artists, a state, an association of states. We experience this from an early age, ever since we came out of the family of origin, meet playmates and start with them a social experience. What game do you do together? What rules to follow? Where to play? When to start and when to finish? Who can participate and in what role? Who commands and who is running? Who win? Who loses? What does the winner win? What loses those who lose? The game prepares for adult life. For adults it's fun, entertainment, for the younger ones it's a place for social life. You live as adults in society facing the same general issues that are faced in the game by children and adolescents. In the societies of adults one is less free than in those of the boys: they weigh traditions and organizations that are already done, from the past. The legal civility serves precisely to maintain them over time, from generation to generation, limiting the creativity of those who participate in society, which must take into account the commitments made in the past. Without this, societies could not set themselves distant goals in time, would become unstable and insecure. One enters the society of adults as one climbs onto a train in a passing station: the path to be done is preordained. Usually we are born immersed in a society, important rights and duties are connected to this born immersed in a society: usually who becomes an adult is not allowed to free themselves so easily from this social bond, it binds him regardless of his manifestation of consensus and, in general, even when one moves away from the society of origin. Formal fidelity commitments are usually required when assuming a public function or becoming a soldier. A formal solemn act of commitment, on the other hand, is instead required of the new citizens, those who are introduced into a society in the fullness of participation in it. Others suffer citizenship, but also benefit from it, in the social security that makes it possible. At a certain age of life, however, everyone chooses how to act as citizens, how to influence the society of reference. There are those who choose abstention, participating only when it is obliged to do so, and there are those who choose to participate, trying to influence the orientation in terms of the common good. This requires having a sufficient and realistic view of how things are going, ie a competence. The latter requires training, which for centuries has been given only to those who, by dynasty or other social rank, were destined for government tasks. In a democratic environment it serves all citizens. One of the fundamental objectives of religious formation should be precisely the preparation for political and social action, because it has become aware that political and social action is the manifestation of charity in the religious sense, that is, how one must be in a perspective religious. It is not enough to live in a fraternal spirit in a world that is organized according to the law of the jungle: it is necessary to contribute to change the social organization. This also requires countering, fighting, if those who benefit from unjust social organizations, who are suffering, resist change. But also in the struggle one must have the perspective of charity in the religious sense, which ultimately means to propose the common good, that is to say to do also the good of those who are opposed by enemies. In fact, while the public good is referred to a specific community, the common good is that of everyone, beyond every boundary, tending to that of all humanity and not only of the living, but also that of future generations. The common good therefore has wider prospects for the public good and, according to the teaching of Catholic social doctrine, the public good must strive for the common good.
  The work of religious formation for social and political action is generally neglected in Italy. You do not have enough time. Sometimes we think that those who must learn are still too small for certain topics. Other times that adults are still too little prepared to deal with them. And, in short, at the end only a minority is educated. Even more difficult is to do an internship of social organization. Usually the statutes of our religious associations are rather rigid and, comuque, when they are lacking, as in certain parish organizations, it is preferred that to direct the works are the priests, without co-responsibility of the others. These guidelines have become much more evident since the 1980s, when a certain uniformity was sought in the action of Italian laity, after the social and cultural effervescence of the 1970s. All this has produced a certain immaturity of Italian lay people, but also of priests and religious, in dealing with political and social issues. From the mid-nineteenth century until the seventies of the last century it was very different. Priests such as Romolo Murri, Luigi Sturzo and Giuseppe Dossetti were involved in the organization of important political formations and in the construction of their ideologies. And anyway, behind the lay people involved in politics there were priests and religious competent in the matter. In the 80s of the last century politics began to become dangerous for priests and religious. It appeared as if Pope and bishops were wary of the democratic involvement of lay faithful, priests and religious. At a certain point everything was concentrated in the hands of the Italian Episcopal Conference, as during the reign of Italian Popes it had been in those of the Popes. Lacking adequate popular training, which once took place in the Italian Catholic Action, the creativity of Italian lay people failed in political and social action, up to today's situation in which it was once very important and indeed decisive. , has become irrelevant. It must also be said that the Italian Catholic world, beyond its apparent uniformity, is strongly divided, in particular between reactionary and progressive currents, according to the division that began to manifest itself in the last years '70. We are thinking of a resumption of a common political initiative, but given that division on concrete choices but also on fundamental ideologies, this is an unrealistic hypothesis. This situation does not eliminate the need for social and political formation, because practically every day the conscience of believers is urged to make choices that involve religious ethics and not only in the classic themes once defined as non-negotiable, that is to say reserved to religious authority, such as those regarding reproduction, family and end of life.
 From the beginning, the social doctrine has relied heavily on the work in society of associations of lay people of faith. We read in fact in the Encyclical Novelties - Rerum Novarum, released in 1891 under the authority of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °:

«The work of the associations
48. In the last place, employers and workmen may of themselves effect much, in the matter We are treating, by means of such associations and organizations as afford opportune aid to those who are in distress, and which draw the two classes more closely together. Among these may be enumerated societies for mutual help; various benevolent foundations established by private persons to provide for the workman, and for his widow or his orphans, in case of sudden calamity, in sickness, and in the event of death; and institutions for the welfare of boys and girls, young people, and those more advanced in years.
49. The most important of all are workingmen's unions, for these virtually include all the rest. History attests what excellent results were brought about by the artificers' guilds of olden times. They were the means of affording not only many advantages to the workmen, but in no small degree of promoting the advancement of art, as numerous monuments remain to bear witness. Such unions should be suited to the requirements of this our age - an age of wider education, of different habits, and of far more numerous requirements in daily life. It is gratifying to know that there are actually in existence not a few associations of this nature, consisting either of workmen alone, or of workmen and employers together, but it were greatly to be desired that they should become more numerous and more efficient. We have spoken of them more than once, yet it will be well to explain here how notably they are needed, to show that they exist of their own right, and what should be their organization and their mode of action.
50. The consciousness of his own weakness urges man to call in aid from without. We read in the pages of holy Writ: "It is better that two should be together than one; for they have the advantage of their society. If one fall he shall be supported by the other. Woe to him that is alone, for when he falleth he hath none to lift him up.". And further: "A brother that is helped by his brother is like a strong city."It is this natural impulse which binds men together in civil society; and it is likewise this which leads them to join together in associations which are, it is true, lesser and not independent societies, but, nevertheless, real societies.
51. These lesser societies and the larger society differ in many respects, because their immediate purpose and aim are different. Civil society exists for the common good, and hence is concerned with the interests of all in general, albeit with individual interests also in their due place and degree. It is therefore called a public society, because by its agency, as St. Thomas of Aquinas says, "Men establish relations in common with one another in the setting up of a commonwealth. "But societies which are formed in the bosom of the commonwealth are styled private, and rightly so, since their immediate purpose is the private advantage of the associates. "Now, a private society," says St. Thomas again, "is one which is formed for the purpose of carrying out private objects; as when two or three enter into partnership with the view of trading in common. "Private societies, then, although they exist within the body politic, and are severally part of the commonwealth, cannot nevertheless be absolutely, and as such, prohibited by public authority. For, to enter into a "society" of this kind is the natural right of man; and the State has for its office to protect natural rights, not to destroy them; and, if it forbid its citizens to form associations, it contradicts the very principle of its own existence, for both they and it exist in virtue of the like principle, namely, the natural tendency of man to dwell in society.
52. There are occasions, doubtless, when it is fitting that the law should intervene to prevent certain associations, as when men join together for purposes which are evidently bad, unlawful, or dangerous to the State. In such cases, public authority may justly forbid the formation of such associations, and may dissolve them if they already exist. But every precaution should be taken not to violate the rights of individuals and not to impose unreasonable regulations under pretense of public benefit. For laws only bind when they are in accordance with right reason, and, hence, with the eternal law of God.
53. And here we are reminded of the confraternities, societies, and religious orders which have arisen by the Church's authority and the piety of Christian men. The annals of every nation down to our own days bear witness to what they have accomplished for the human race. It is indisputable that on grounds of reason alone such associations, being perfectly blameless in their objects, possess the sanction of the law of nature. In their religious aspect they claim rightly to be responsible to the Church alone. The rulers of the State accordingly have no rights over them, nor can they claim any share in their control; on the contrary, it is the duty of the State to respect and cherish them, and, if need be, to defend them from attack. It is notorious that a very different course has been followed, more especially in our own times. In many places the State authorities have laid violent hands on these communities, and committed manifold injustice against them; it has placed them under control of the civil law, taken away their rights as corporate bodies, and despoiled them of their property, in such property the Church had her rights, each member of the body had his or her rights, and there were also the rights of those who had founded or endowed these communities for a definite purpose, and, furthermore, of those for whose benefit and assistance they had their being. Therefore We cannot refrain from complaining of such spoliation as unjust and fraught with evil results; and with all the more reason do We complain because, at the very time when the law proclaims that association is free to all, We see that Catholic societies, however peaceful and useful, are hampered in every way, whereas the utmost liberty is conceded to individuals whose purposes are at once hurtful to religion and dangerous to the commonwealth.
54. Associations of every kind, and especially those of working men, are now far more common than heretofore. As regards many of these there is no need at present to inquire whence they spring, what are their objects, or what the means they imply. Now, there is a good deal of evidence in favor of the opinion that many of these societies are in the hands of secret leaders, and are managed on principles ill - according with Christianity and the public well-being; and that they do their utmost to get within their grasp the whole field of labor, and force working men either to join them or to starve. Under these circumstances Christian working men must do one of two things: either join associations in which their religion will be exposed to peril, or form associations among themselves and unite their forces so as to shake off courageously the yoke of so unrighteous and intolerable an oppression. No one who does not wish to expose man's chief good to extreme risk will for a moment hesitate to say that the second alternative should by all means be adopted.
55. Those Catholics are worthy of all praise-and they are not a few-who, understanding what the times require, have striven, by various undertakings and endeavors, to better the condition of the working class by rightful means. They have taken up the cause of the working man, and have spared no efforts to better the condition both of families and individuals; to infuse a spirit of equity into the mutual relations of employers and employed; to keep before the eyes of both classes the precepts of duty and the laws of the Gospel - that Gospel which, by inculcating self restraint, keeps men within the bounds of moderation, and tends to establish harmony among the divergent interests and the various classes which compose the body politic. It is with such ends in view that we see men of eminence, meeting together for discussion, for the promotion of concerted action, and for practical work. Others, again, strive to unite working men of various grades into associations, help them with their advice and means, and enable them to obtain fitting and profitable employment. The bishops, on their part, bestow their ready good will and support; and with their approval and guidance many members of the clergy, both secular and regular, labor assiduously in behalf of the spiritual interest of the members of such associations. And there are not wanting Catholics blessed with affluence, who have, as it were, cast in their lot with the wage-earners, and who have spent large sums in founding and widely spreading benefit and insurance societies, by means of which the working man may without difficulty acquire through his labor not only many present advantages, but also the certainty of honorable support in days to come. How greatly such manifold and earnest activity has benefited the community at large is too well known to require Us to dwell upon it. We find therein grounds for most cheering hope in the future, provided always that the associations We have described continue to grow and spread, and are well and wisely administered. The State should watch over these societies of citizens banded together in accordance with their rights, but it should not thrust itself into their peculiar concerns and their organization, for things move and live by the spirit inspiring them, and may be killed by the rough grasp of a hand from without.
56. In order that an association may be carried on with unity of purpose and harmony of action, its administration and government should be firm and wise. All such societies, being free to exist, have the further right to adopt such rules and organization as may best conduce to the attainment of their respective objects. We do not judge it possible to enter into minute particulars touching the subject of organization; this must depend on national character, on practice and experience, on the nature and aim of the work to be done, on the scope of the various trades and employments, and on other circumstances of fact and of time - all of which should be carefully considered.
57. To sum up, then, We may lay it down as a general and lasting law that working men's associations should be so organized and governed as to furnish the best and most suitable means for attaining what is aimed at, that is to say, for helping each individual member to better his condition to the utmost in body, soul, and property. It is clear that they must pay special and chief attention to the duties of religion and morality, and that social betterment should have this chiefly in view; otherwise they would lose wholly their special character, and end by becoming little better than those societies which take no account whatever of religion. What advantage can it be to a working man to obtain by means of a society material well-being, if he endangers his soul for lack of spiritual food? "What doth it profit a man, if he gain the whole world and suffer the loss of his soul?". This, as our Lord teaches, is the mark or character that distinguishes the Christian from the heathen. "After all these things do the heathen seek . . . Seek ye first the Kingdom of God and His justice: and all these things shall be added unto you."Let our associations, then, look first and before all things to God; let religious instruction have therein the foremost place, each one being carefully taught what is his duty to God, what he has to believe, what to hope for, and how he is to work out his salvation; and let all be warned and strengthened with special care against wrong principles and false teaching. Let the working man be urged and led to the worship of God, to the earnest practice of religion, and, among other things, to the keeping holy of Sundays and holy days. Let him learn to reverence and love holy Church, the common Mother of us all; and hence to obey the precepts of the Church, and to frequent the sacraments, since they are the means ordained by God for obtaining forgiveness of sin and fox leading a holy life.»

 But, in general, the first and second level religious formation end with the Sacrament of Confirmation without having even begun to talk about the work that a lay person has to do in society and with a too short association and above all lived mainly by obeying the customs introduced by others, from religious authority, from who was before, from tradition, without any creativity. Ultimately, so we are not able to identify, in their time and in their society of reference, what is the common good and how to associate to influence that society because what is understood as a public good tends towards that common good, in particular including those that social organization discards or otherwise excludes or marginalizes. And more easily the people can end up enmeshed in those that in the encyclical Novelties - Rerum novarum are defined special societies that aim at an end openly opposed to honesty, justice, security of the civil consortium, as, in our times, those that propose to enrich the state by unjustly and exploiting by force other peoples, considered to be of inferior ethnic groups, or to abandon to their destiny foreigners who ask for help or to discriminate in the society the people of different ethnic groups or religions, all conducted, that the social ethics, and therefore the social doctrine consider to be gravely sinfuls, capable of staining not only the collective entities and their leaders, but each of the persons who give them consent.
   One of the main purposes of acvivearomavalli.blogspot.it is to help fill that gap, starting from our parish in the Roman district of Monte Sacro - Valli, but providing topics that can also be useful to those who are much farther away.

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A cura di Mario Ardigò, membro dell'Azione Cattolica nella parrocchia cattolica  intitolata a San Clemente papa, in Roma, quartiere Monte Sacro  - Valli

Curated by Mario Ardigò, member of Catholic Action in the Catholic parish named after St. Clement Pope, in Rome, Monte Sacro - Valli district