Cattolicesimo democratico – 11
Democrazia, tradizione, riforma
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Nota: utilizzo il servizio di AI [artificial intelligence = intelligenza artificiale] di OpenAI, al quale sono abbonato, per rendere più veloce l’elaborazione di contenuti. Come avverte il gestore del servizio, l’AI di ChatGPT di OpenAI, che è un sistema di ricerca, elaborazione e generazione di testi molto evoluto in grado di colloquiare con l’utente, può talvolta generare risposte non corrette. Sono ciò che gli specialisti definiscono “allucinazioni” del sistema, analoghe a quelle vissute anche dalle menti umane. Gli utenti sono quindi invitati a verificare la correttezza delle risposte. In genere interrogo l’AI in materie in cui ho almeno un’informazione di base. Dove le risposte prodotte presentano evidenti incongruenze, ne verifico la correttezza, innanzi tutto utilizzando la stessa AI che è in grado di svolgere bene questo controllo, e poi servendomi di altre fonti, principalmente l’enciclopedia Treccani on line. Personalmente ho studiato e pratico il diritto italiano, complesso di materie in cui ho un’informazione più completa per ragioni professionali. Invito tuttavia i lettori a svolgere un lavoro analogo, approfondendo, sia quanto alle risposte generate dall’AI che trascrivo sia in genere quanto a tutto ciò che scrivo, perché, come ho osservato, anche la mente umana incontra gli stessi problemi di quella non umana, la cui architettura funzionale è modellata sulla prima. Il testo tra parentesi quadre che inserisco nella trascrizione della risposta generata dall’AI contiene mie correzioni basate su altre fonti. Le correzioni generate dalla stessa AI a seguito di mie richieste di verifica sono invece inserite nel testo senza evidenziazione.
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Le società umane cambiano costantemente perché cambiano le culture espresse dalle relative popolazioni e questo accade perché sono le stesse popolazioni a cambiare: per il succedersi delle generazioni, ciascuna delle quali non è mai la replica esatta delle precedenti; per fenomeni migratori; per mutamenti, anche per incidenza di fattori culturali, nella fertilità biologica; per le relazioni, anche conflittuali, al loro interno e con altre popolazioni, con particolare riferimento a quelle economiche; per il diffondersi di nuove tecnologie e delle loro applicazioni; per le conseguenti mutazioni di miti e riti, compresi quelli religiosi, e del diritto; per l’incidenza di fenomeni naturali, come i mutamenti climatici, lo scorrimento delle placche tettoniche con le relative conseguenze sul territorio.
Non dobbiamo quindi figurarci realisticamente la società umana come un unico organismo vivente, come accade nelle concezioni organiciste, adottate anche nell’immaginario religioso cristiano, sebbene l’organicismo sia utile quando si vogliono pensare le influenze delle varie parti di una società sul complesso di quest’ultima.
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L'[organicismo] è una concezione filosofica che vede la realtà, specialmente quella naturale, come un sistema integrato e vivente, in cui le parti sono strettamente interconnesse e interdipendenti. Questa visione contrasta con l'approccio meccanicistico, che tende a vedere l'universo come una macchina composta da parti indipendenti e separabili. L'[organicismo] sottolinea l'importanza dell'unità, della coesione e del tutto, considerando che le parti non possono essere comprese appieno se non in relazione con l'intero.
### Origini e Sviluppo Storico
L'idea di vedere l'universo come un organismo ha radici antiche, trovandosi in filosofi presocratici come Anassimandro ed Eraclito, che vedevano la natura come un tutto dinamico e vivente. Tuttavia, è con Platone e Aristotele che l'organismo trova una formulazione più strutturata. Platone, nel *Timeo*, descrive l'universo come un essere vivente dotato di anima, mentre Aristotele, nella sua biologia, sviluppa una concezione teleologica, in cui ogni organismo è visto come avente uno scopo intrinseco e un'anima che lo guida.
Nel periodo moderno, con l'emergere della scienza meccanicistica e della filosofia cartesiana, l'organismo perse terreno a favore di una visione più frammentaria della realtà. Tuttavia, nel XVIII secolo, con l'Illuminismo e in particolare con l'opera di Immanuel Kant, l'organismo torna alla ribalta. Kant, nella sua *Critica del Giudizio*, introduce l'idea di "organismo naturale", descrivendolo come un sistema in cui le parti esistono reciprocamente per il bene dell'intero e si producono a vicenda, un'idea che influenzerà profondamente la filosofia successiva.
### Filoni Principali
1. **[organicismo] Metafisico**: Questo filone considera l'intero universo come un grande organismo. È una visione che troviamo in filosofi come Spinoza, che nella sua *Etica* concepisce Dio o la Natura come una sostanza unica e indivisibile, in cui tutte le cose particolari sono modi interconnessi. Anche Hegel, con la sua filosofia dello Spirito, vede la realtà come un processo organico di sviluppo, dove lo Spirito si realizza pienamente solo attraverso la totalità delle sue manifestazioni.
2. ** [organicismo] Biologico e Naturale**: Questo approccio, radicato nella biologia, vede gli esseri viventi come organismi in cui le parti lavorano insieme in modo cooperativo per mantenere la vita. La concezione aristotelica è stata ripresa e sviluppata nel XX secolo da filosofi come Hans Jonas e organismi naturali come William Harvey, che ha scoperto la circolazione del sangue, mostrando come le parti di un organismo lavorino in armonia per il benessere dell'intero.
3. ** [organicismo] Sociale e Politico**: In questo contesto, la società o lo Stato è visto come un organismo, in cui gli individui o le istituzioni sono parti interconnesse che devono funzionare insieme per mantenere l'armonia e la stabilità sociale. Questa idea ha avuto grande influenza nel pensiero politico di pensatori come Thomas Hobbes, che vedeva lo Stato come un "grande Leviatano", e nella sociologia di Auguste Comte, che considerava la società come un organismo che evolve e si sviluppa nel tempo.
### Conclusioni
[L’organicismo] è una concezione filosofica che offre un'alternativa al riduzionismo meccanicistico, proponendo una visione olistica della realtà. Esso sottolinea l'importanza della coesione, dell'unità e dell'interdipendenza tra le parti, applicabile sia alla natura, che alla società e alla metafisica. Sebbene abbia attraversato periodi di oscurità, l'organismo ha continuato a influenzare profondamente la filosofia, specialmente nei momenti in cui emergeva una rinnovata attenzione alla complessità e all'integrità dei sistemi viventi.
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La principale differenza tra un organismo e una società è che il primo sopravvive se si mantiene integro, mentre la seconda dura nel tempo solo se e fino a quando mantiene la capacità di adattarsi ai mutamenti culturali che si producono nella società di riferimento, cambiando anche profondamente, e ciò vale anche per le religioni e, in particolare per le Chiese cristiane.
Una società, quindi, sopravvive solo se mantiene una sufficiente plasticità sociale.
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La tendenza degli organismi viventi a mantenersi integri nella loro conformazione biologica è definita **autopoiesi**. Il termine, introdotto dai biologi cileni Humberto Maturana e Francisco Varela negli anni '70, descrive la capacità di un sistema vivente di autogenerarsi e autoregolarsi, mantenendo la propria struttura e identità nel tempo.
Un sistema autopoietico è in grado di produrre e riparare continuamente le proprie componenti, mantenendo la sua organizzazione interna anche in presenza di cambiamenti nell'ambiente esterno. Questa caratteristica distingue gli organismi viventi dai sistemi non viventi, poiché un organismo vivente non solo interagisce con l'ambiente, ma è anche capace di conservare la propria integrità e coerenza strutturale.
L'autopoiesi è strettamente legata al concetto di omeostasi, ma mentre quest'ultima riguarda il mantenimento dell'equilibrio interno, l'autopoiesi si concentra sulla capacità del sistema di mantenersi come un'entità autonoma e autosufficiente, attraverso la continua auto-produzione delle proprie componenti.
La capacità di una società di mutare nel tempo adattandosi ai mutamenti della sua popolazione è definita **plasticità sociale**. Questo concetto indica la flessibilità e l'adattabilità di una società nel rispondere ai cambiamenti demografici, culturali, economici e tecnologici che si verificano al suo interno.
La plasticità sociale permette a una società di evolversi e riorganizzarsi in risposta a nuove esigenze, sfide e opportunità, senza perdere la propria coesione e funzionalità. Questa capacità è essenziale per la sostenibilità a lungo termine di una società, in quanto le permette di affrontare e superare trasformazioni significative, come migrazioni, cambiamenti nei valori culturali, innovazioni tecnologiche e mutamenti nelle strutture economiche.
In sintesi, la plasticità sociale rappresenta la resilienza e la flessibilità di una società nell'adattarsi ai cambiamenti, garantendo la sua continua evoluzione e sopravvivenza.
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D’altra parte, qualsiasi cambiamento, prodotto dai fattori che ho indicato all’inizio, ha un effetto sociale disgregante più o meno intenso, e questo accade anche a seguito di riforme sociali intenzionali e in misura massima in quei processi di riforma sociale più estesi e intensi che definiamo rivoluzioni, per dare il senso di un completo rovesciamento di un ordine sociale preesistente.
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I moti di riforma sociale molto intensi ed estesi vengono chiamati “rivoluzioni” perché il termine "rivoluzione" deriva dal latino *revolutio*, che significa "un giro completo" o "ritorno". In un contesto sociale e politico, una rivoluzione rappresenta un cambiamento radicale e profondo che porta a una trasformazione fondamentale delle strutture di potere, delle istituzioni e delle norme di una società.
Le rivoluzioni non si limitano a modificare aspetti superficiali o singoli elementi del sistema esistente, ma tendono a sovvertire l'ordine costituito, ridefinendo il modo in cui una società è organizzata e governata. Questi cambiamenti sono spesso accompagnati da un'ampia mobilitazione popolare, da un intenso conflitto sociale e dalla richiesta di nuove forme di giustizia, libertà o uguaglianza.
Inoltre, le rivoluzioni hanno un carattere di rottura con il passato. Esse non mirano semplicemente a migliorare o riformare gradualmente l'esistente, ma puntano a una completa riorganizzazione del sistema sociale, politico o economico, inaugurando un nuovo ordine che si differenzia nettamente da quello precedente. Questo concetto di un cambiamento "completo" o "radicale" giustifica l'uso del termine "rivoluzione" per descrivere moti di riforma sociale molto intensi ed estesi.
Esempi storici come la Rivoluzione Francese, la Rivoluzione Americana o la Rivoluzione Russa illustrano come le rivoluzioni abbiano portato a cambiamenti profondi e duraturi, alterando in modo significativo le società in cui si sono verificate.
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Tuttavia, anche nel caso di riforme progettate o percepite come rivoluzionarie, mai la società precedente viene completamente sostituita da quella nuova, ma sempre si ha la mescolanza sociale di elementi nuovi con quelli vecchi, e i nuovi si affermano nella misura in cui vengono realmente recepiti nella vita sociale della popolazione, e nella stessa misura permangono quelli vecchi. Questo è accaduto in maniera spettacolare ed eclatante nello sviluppo storico dei cristianesimi, religioni che hanno manifestato una notevolissima plasticità sociale, pur assegnando un ruolo molto importante e addirittura normativo alla tradizione.
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Nell'antropologia e nella sociologia contemporanee, la **tradizione** è definita come l'insieme delle pratiche, credenze, usanze, valori e norme sociali che vengono trasmessi da una generazione all'altra all'interno di una comunità o di una società. Le tradizioni rappresentano un patrimonio culturale condiviso, che contribuisce a costruire e mantenere l'identità collettiva di un gruppo sociale.
Le tradizioni non sono semplicemente ripetizioni meccaniche di comportamenti antichi; esse possono evolversi e adattarsi nel tempo, pur mantenendo una continuità con il passato. Questo carattere dinamico delle tradizioni è riconosciuto dalle scienze sociali contemporanee, che vedono le tradizioni come processi attivi di negoziazione culturale, in cui il passato viene costantemente reinterpretato alla luce delle esigenze e delle condizioni presenti.
Inoltre, la tradizione ha una funzione sociale cruciale: fornisce un senso di stabilità e coesione all'interno di una comunità, offrendo un quadro di riferimento comune che orienta i comportamenti individuali e collettivi. Allo stesso tempo, la tradizione può anche essere un campo di contestazione e cambiamento, soprattutto quando nuove generazioni o gruppi sociali mettono in discussione le pratiche tradizionali, cercando di rinnovarle o di sostituirle con nuove forme culturali.
In sintesi, secondo l'antropologia e la sociologia contemporanee, la tradizione è un fenomeno complesso e dinamico, che riflette la continua interazione tra passato e presente all'interno di una società, e che svolge un ruolo fondamentale nella costruzione dell'identità e della coesione sociale.
Nella teologia cattolica e in quella protestante, il concetto di "tradizione" assume significati distinti, riflettendo le diverse visioni e approcci delle due correnti cristiane.
### Tradizione nella Teologia Cattolica
Nella **teologia cattolica**, la "Tradizione" (con la "T" maiuscola) è uno dei pilastri fondamentali della fede cristiana. Essa si riferisce alla trasmissione viva e continua della Parola di Dio, che è stata affidata agli apostoli da Cristo e dallo Spirito Santo e che è stata successivamente trasmessa attraverso la predicazione, gli insegnamenti, i riti liturgici, e la vita della Chiesa. La Tradizione comprende non solo gli insegnamenti espliciti contenuti nelle Sacre Scritture, ma anche gli sviluppi dottrinali, le pratiche e i riti che si sono formati e consolidati nel corso dei secoli.
La Chiesa cattolica sostiene che la Tradizione, insieme alla Scrittura e al Magistero (l'autorità insegnante della Chiesa), forma un'unica fonte della rivelazione divina. Questa Tradizione è considerata viva e dinamica, non semplicemente come un deposito statico di credenze, ma come qualcosa che cresce e si approfondisce nel tempo, sotto la guida dello Spirito Santo. La Tradizione è quindi fondamentale per l'interpretazione autentica delle Scritture e per la comprensione della fede cristiana.
### Tradizione nella Teologia Protestante
Nella **teologia protestante**, la "tradizione" ha un ruolo molto diverso e generalmente meno centrale rispetto al cattolicesimo. Uno dei principi fondamentali del protestantesimo è il **Sola Scriptura**, che afferma che la Bibbia è l'unica fonte infallibile della rivelazione divina e l'autorità suprema in materia di fede e pratica. Di conseguenza, la tradizione, pur riconosciuta come importante nella storia della Chiesa, non ha lo stesso status della Scrittura e non è considerata una fonte di rivelazione divina.
La tradizione nella teologia protestante è vista più come un insieme di pratiche e insegnamenti umani che, sebbene possano avere valore e offrire una guida, devono sempre essere valutati alla luce delle Scritture. I riformatori protestanti, come Martin Lutero, hanno criticato l'idea cattolica della Tradizione come autorità co-uguale alla Bibbia, sostenendo che solo la Scrittura è infallibile e sufficiente per la salvezza.
Tuttavia, alcune denominazioni protestanti, specialmente quelle con una maggiore enfasi liturgica o storica, come luterani e anglicani, riconoscono un certo valore alla tradizione, pur mantenendo il principio del Sola Scriptura. La tradizione è accolta nella misura in cui è in accordo con la Bibbia, e non come una fonte autonoma di autorità.
### Conclusione
In sintesi, nella teologia cattolica, la Tradizione è un elemento vitale e co-essenziale alla Scrittura per la trasmissione della fede, mentre nella teologia protestante la tradizione è subordinata alla Scrittura, considerata l'unica fonte infallibile di rivelazione.
[tradizione nelle Chiese cristiane ortodosse]
Nella teologia delle Chiese cristiane ortodosse, la **Tradizione** ([anche in questo caso] con la "T" maiuscola) è considerata la trasmissione viva e continua della fede cristiana, che comprende non solo le Scritture, ma anche gli insegnamenti, le pratiche liturgiche, i canoni, le decisioni dei Concili ecumenici, gli scritti dei Padri della Chiesa, e l'esperienza spirituale vissuta dai fedeli nel corso dei secoli.
Per le Chiese ortodosse, la Tradizione è vista come la vita della Chiesa stessa, guidata dallo Spirito Santo. Non è solo un insieme di dottrine o di pratiche tramandate, ma è una realtà vivente che esprime la fede apostolica in tutta la sua pienezza e integrità. La Tradizione ortodossa è dinamica, nel senso che pur mantenendo fedeltà agli insegnamenti e alle pratiche originali, essa cresce e si adatta attraverso l'esperienza continua della comunità dei credenti.
La Tradizione nella Chiesa ortodossa non è vista come separata dalle Sacre Scritture, ma piuttosto come il contesto in cui la Scrittura è stata scritta, interpretata e vissuta. Le Scritture stesse sono considerate parte integrante della Tradizione. Secondo la visione ortodossa, non è possibile comprendere correttamente le Scritture al di fuori della Tradizione, poiché quest'ultima custodisce l'interpretazione autentica e vivente della Parola di Dio.
Un aspetto cruciale della Tradizione nella teologia ortodossa è il concetto di **"consenso dei Padri"** (o "consensus patrum"), che si riferisce all'accordo unanime dei Padri della Chiesa sui punti fondamentali della fede. Questo consenso è considerato una manifestazione della guida dello Spirito Santo nella Chiesa e un criterio di verità nella teologia ortodossa.
In sintesi, nella teologia delle Chiese cristiane ortodosse, la Tradizione è la vita vivente e continua della Chiesa, che trasmette e custodisce la fede cristiana nella sua interezza. Essa è inscindibile dalle Scritture, arricchita dall'esperienza spirituale dei credenti e guidata dallo Spirito Santo nel corso della storia della Chiesa.
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I processi di riforma sono le politiche mediante le quali si cerca di adattare le norme e le istituzioni di una società, vale a dire il suo ordinamento giuridico, ai mutamenti culturali manifestatisi nella popolazione, mantenendo tuttavia la capacità di una società di esprimere quelle relazioni collaborative che sono indispensabili per la sopravvivenza delle persone, dei gruppi e della stessa società nel suo complesso.
Per il buon esito di quelle politiche di riforma è necessario sanare l’inevitabile loro effetto sociale disgregante, innanzi tutto mediante una certa gradualità nell’introduzione delle innovazioni, ma comunque innovando quanto necessario per assecondare i cambiamenti sociali manifestatisi nella popolazione.
L’azione riformatrice dovrà sempre proporsi di ricostituire, all’esito delle riforme, un rinnovato o addirittura un nuovo ordinamento sociale, non di produrre il caos, e ciò rientra nell’etimologia di rivoluzione, che richiama l’immagine di un giro completo con un ritorno.
La società, per funzionare, ha infatti sempre necessità di un ordine sociale, in particolare di un diritto, in modo che le relazioni al suo interno diventino prevedibili e, soprattutto, possano svolgersi senza necessità del ricorso costante al conflitto violento.
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La nozione di **caos** è un concetto complesso e multidisciplinare che assume significati diversi a seconda del contesto in cui viene utilizzato, come la filosofia, la scienza, la mitologia e la teoria dei sistemi.
### Filosofia
Nella **filosofia**, il caos è spesso inteso come lo stato primordiale di disordine o indeterminatezza che precede la creazione di un ordine o di un cosmo. In molte tradizioni mitologiche e cosmologiche, il caos rappresenta il vuoto o l'abisso senza forma da cui emerge l'universo ordinato. Filosofi antichi come Esiodo descrivevano il caos come l'origine di tutte le cose, un’entità informe e priva di struttura da cui prende forma la realtà ordinata.
Nella filosofia moderna e contemporanea, il caos può essere interpretato anche come un simbolo della complessità e dell'imprevedibilità del mondo, in contrasto con una visione del mondo come sistema completamente determinato e razionale.
### Scienza
In **scienza**, e in particolare nella teoria del caos, il termine assume un significato più specifico. Il caos scientifico si riferisce a un comportamento apparentemente disordinato e imprevedibile che emerge in sistemi dinamici deterministici. Nonostante il caos appaia casuale, è in realtà il risultato di leggi deterministiche, ma estremamente sensibili alle condizioni iniziali. Anche piccoli cambiamenti nelle condizioni iniziali possono portare a risultati completamente diversi, un fenomeno noto come "effetto farfalla".
Questa idea è stata sviluppata nella matematica e nella fisica nel XX secolo e ha applicazioni in molti campi, come la meteorologia, la biologia, l'economia e l'ingegneria, dove i sistemi complessi possono mostrare comportamenti caotici.
### Mitologia e Religione
Nella **mitologia** e nelle religioni antiche, il caos è spesso personificato come una divinità o un'entità primordiale che rappresenta il disordine prima della creazione del mondo. Ad esempio, nella mitologia greca, il caos è il vuoto primordiale da cui nascono Gaia (la Terra) e altri esseri divini. In altre culture, il caos può essere visto come una forza da cui emerge l'ordine cosmico attraverso l'intervento divino.
### Teoria dei Sistemi e Sociologia
Nella **teoria dei sistemi** e nella **sociologia**, il caos può rappresentare lo stato di disordine o di crisi in una società o in un sistema sociale. È visto come una fase di transizione che può portare alla riorganizzazione o all'evoluzione di un sistema. La gestione del caos in questi contesti è fondamentale per la stabilità e la resilienza dei sistemi complessi, che possono subire trasformazioni significative a seguito di perturbazioni caotiche.
### Conclusione
In sintesi, la nozione di caos è polisemica, racchiudendo l'idea di disordine, complessità, imprevedibilità e potenziale creativo, sia nelle dimensioni cosmologiche, filosofiche, scientifiche che culturali. Esso può rappresentare tanto la condizione primordiale da cui nasce l'ordine quanto il comportamento complesso e imprevedibile di sistemi dinamici in molteplici contesti.
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Una situazione di disgregazione sociale caotica è quella che attualmente si sta vivendo nella Repubblica di Haiti, che, sotto questo profilo, può essere utilizzata come modello sperimentale di un processo fallito di rivoluzione sociale e delle tecniche d procedure per ricostituire un nuovo ordine sociale.
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L'attuale situazione sociale e politica di Haiti è estremamente critica, caratterizzata da una combinazione di crisi umanitaria, violenza diffusa, e instabilità politica.
### Instabilità Politica e Crisi Umanitaria
Dalla morte del presidente Jovenel Moïse nel luglio 2021, Haiti è stata travolta da una grave instabilità politica. Il governo, guidato dal primo ministro de facto Ariel Henry, è debole e spesso incapace di esercitare un controllo effettivo sul paese. Questo vuoto di potere ha consentito a numerosi gruppi criminali e bande armate di prendere il controllo di ampie zone del paese, specialmente nella capitale Port-au-Prince. Questi gruppi controllano attualmente circa l'80% della città, rendendo quasi impossibile l'accesso umanitario e compromettendo gravemente la sicurezza dei civili.
### Violenza e Dislocamento
La violenza delle bande è dilagante e ha causato livelli record di spostamenti interni, con oltre 578.000 persone costrette ad abbandonare le loro case solo nel 2024. Le bande sono responsabili di rapimenti, omicidi, e stupri, utilizzati come strumenti di terrore per controllare la popolazione. La polizia haitiana, con solo 9.000 agenti per una popolazione di oltre 11 milioni, è sovrastata e spesso inefficace nel contrastare questa violenza.
### Condizioni Socio-Economiche
Le condizioni economiche sono altrettanto preoccupanti. Circa il 59% della popolazione vive con meno di 3,65 dollari al giorno, e il 50% del paese è in condizioni di insicurezza alimentare. Le crisi naturali, come le inondazioni e il rischio di epidemie, aggravano ulteriormente la già difficile situazione.
### Impatti Internazionali
La crisi haitiana ha anche implicazioni regionali, con un aumento della migrazione verso i paesi vicini, come la Repubblica Dominicana e gli Stati Uniti. Questo esodo di massa ha suscitato preoccupazioni internazionali, con la comunità globale che cerca soluzioni per stabilizzare la situazione senza successo evidente fino ad ora.
In conclusione, Haiti si trova in una situazione di emergenza permanente, con gravi problemi di sicurezza, crisi umanitaria, e instabilità politica. L'intervento internazionale è complicato e limitato, e il futuro del paese rimane incerto.
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In presenza di un ordinamento assolutistico che sanziona con pene criminali la dissidenza, i moti democratici hanno sempre carattere rivoluzionario e pertanto sono caratterizzati dal massimo effetto sociale disgregante, con intense azioni di lotta sociale, anche violenta dove non si riesca a concordare pratiche di lotta nonviolenta.
È la situazione che si produsse nel marzo 1821 in Piemonte, nel Regno di Sardegna, sotto la dinastia sovrana dei Savoia, di cui si tratta nell’ode Marzo 1821 di Alessandro Manzoni.
L’han giurato: altri forti a quel giuro
rispondean da fraterne contrade,
affilando nell’ombra le spade
che or levate scintillano al sol.
già le destre hanno strette le destre;
già le sacre parole son porte:
o compagni sul letto di morte,
o fratelli sul libero suol.
È anche il caso della Resistenza italiana tra il settembre 1943 e il maggio 1945, che non fu solo una guerra partigiana contro l’occupante tedesco, ma principalmente un moto rivoluzionario democratico contro il totalitarismo del fascismo mussoliniano ancora espresso nell’ordinamento della Repubblica sociale italiana, come anche un moto di riforma delle istituzioni del Regno d’Italia progressivamente defascistizzate dal luglio 1943.
Un moto democratico, tuttavia, mirando ad ottenere la più larga partecipazione popolare alla politica, per impedire nuovi assolutismi dopo l’abbattimento di quello oggetto della lotta rivoluzionaria, necessariamente deve progettare un nuovo modello istituzionale, da sperimentare già nella fase rivoluzionaria, come appunto accadde nel corso della Resistenza italiana.
In ambiente democratico, la possibilità di riforma sociale è connaturata alle istituzioni democratiche [le istituzioni democratiche vengono tenute in una condizione di programmata e costante instabilità per renderla possibile] e oggetto di specifiche procedure perché le riforme possano avvenire ordinatamente e perché la relativa inevitabile dialettica sociale avvenga in modi non caotici e disgreganti, in particolare perché sia condotta con metodi nonviolenti.
Una società democratica è una società che cambia ordinatamente ma costantemente, seguendo i mutamenti culturali della popolazione di riferimento.
In questo contesto la tradizione mantiene certamente un ruolo molto importante, perché i mutamenti sociali delle società umane mai avvengono per totale palingenesi, vale a dire per totale soppressione di ciò che c’era prima, ma sempre per rimodellamento culturale di ciò che c’era prima con l’aggiunta di elementi nuovi. L’esperienza storica dimostra in modo eclatante che è sempre stato così. Questa modalità del cambiamento sociale ha sempre contrastato con efficacia la caduta nel caos sociale disgregante, una complicanza dei processi rivoluzionari dei quali sempre si è stati consapevoli, che è stata sempre temuta dagli stessi rivoluzionari e alla quale si è cercato di rimediare innanzi tutto pensando nuovi miti che orientassero verso un nuovo ordinamento.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli