Cattolicesimo democratico -10
Un “supplemento d’anima”?
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Nota: utilizzo il servizio di AI [artificial intelligence = intelligenza artificiale] di OpenAI, al quale sono abbonato, per rendere più veloce l’elaborazione di contenuti. Come avverte il gestore del servizio, l’AI di ChatGPT di OpenAI, che è un sistema di ricerca, elaborazione e generazione di testi molto evoluto in grado di colloquiare con l’utente, può talvolta generare risposte non corrette. Sono ciò che gli specialisti definiscono “allucinazioni” del sistema, analoghe a quelle vissute anche dalle menti umane. Gli utenti sono quindi invitati a verificare la correttezza delle risposte. In genere interrogo l’AI in materie in cui ho almeno un’informazione di base. Dove le risposte prodotte presentano evidenti incongruenze, ne verifico la correttezza, innanzi tutto utilizzando la stessa AI che è in grado di svolgere bene questo controllo, e poi servendomi di altre fonti, principalmente l’enciclopedia Treccani on line. Personalmente ho studiato e pratico il diritto italiano, complesso di materie in cui ho un’informazione più completa per ragioni professionali. Invito tuttavia i lettori a svolgere un lavoro analogo, approfondendo, sia quanto alle risposte generate dall’AI che trascrivo sia in genere quanto a tutto ciò che scrivo, perché, come ho osservato, anche la mente umana incontra gli stessi problemi di quella non umana, la cui architettura funzionale è modellata sulla prima. Il testo tra parentesi quadre che inserisco nella trascrizione della risposta generata dall’AI contiene mie correzioni basate su altre fonti. Le correzioni generate dalla stessa AI a seguito di mie richieste di verifica sono invece inserite nel testo senza evidenziazione.
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Ai tempi dell’università entrai in contatto con ambienti di persone mie coetanee, o di poco più anziane, di orientamento cattolico democratico di varie tendenze. Lì sentii parlare per la prima volta di dare un supplemento d’anima all’attività politica, nel senso di non farsi guidare solo dagli interessi materiali della propria fazione e dall’obiettivo principale di prevalere sulle altre nella lotta per il potere.
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Ricerche mediante ChatGPT di OpenAI del 22AG24
L'espressione "supplemento d'anima" applicata all'impegno politico è stata utilizzata per la prima volta da **Henri Bergson** [si pronuncia anrì bergsòn – più esattamente ɑ̃ʁi bɛʁksɔ̃/] filosofo francese del XX secolo. Bergson parlò della necessitàd di un "supplemento d'anima" per la società e la politica, intendendo con ciò l'importanza di infondere una dimensione spirituale e morale all'azione politica e sociale, oltre alla semplice razionalità e pragmatismo.
Questa idea suggerisce che la politica non dovrebbe essere solo un'attività tecnica e amministrativa, ma dovrebbe anche essere guidata da valori umani profondi e da un senso di solidarietà e compassione. Bergson esprimeva la preoccupazione che una società troppo orientata alla tecnica e al materialismo potesse perdere la sua dimensione umana e spirituale.
L'idea di Bergson influenzò notevolmente il pensiero filosofico e politico del XX secolo, sottolineando la necessità di un impegno politico che vada oltre gli interessi materiali e includa una dimensione etica e spirituale.
Henri Bergson (1859-1941) è stato un influente filosofo francese, noto per le sue opere che esplorano la natura del tempo, della coscienza e della creatività. Tra i suoi lavori più celebri figurano **"Essai sur les données immédiates de la conscience"** (1889), dove introduce il concetto di *dureé* (durata), e **"L'Évolution créatrice"** (1907), che propone una visione evolutiva dinamica della vita. Bergson vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1927. La sua filosofia, che pone l'accento sull'intuizione e sull'esperienza diretta, ha influenzato molti campi, dalla psicologia alla letteratura.
[Il] filosofo francese.
Emmanuel Mounier [si pronuncia emmanuèl munièr] riprese e sviluppò l'idea di un "supplemento d'anima", un concetto originariamente espresso da Henri Bergson. Mounier, fondatore del movimento del personalismo cristiano, enfatizzò la necessità di integrare una dimensione spirituale e morale nell'impegno politico e sociale. Egli credeva che la politica e la società dovessero essere guidate da valori umani e da una profonda considerazione della dignità e del valore della persona. Questa visione si allinea con l'idea di Bergson di un "supplemento d'anima" per contrastare il materialismo e il razionalismo riduttivo del suo tempo.
Emmanuel Mounier tratta in modo esteso dell'idea di "supplemento d'anima" nella sua opera **"Il personalismo"** (*Le Personnalisme*), pubblicata nel 1949. In questo libro, Mounier sviluppa la sua visione del personalismo come un movimento filosofico che cerca di reintegrare una dimensione spirituale e morale nella vita politica e sociale. Egli critica l'alienazione e il materialismo della società moderna e sostiene la necessità di un rinnovamento spirituale che dia un significato più profondo all'esistenza umana e alle relazioni sociali.
Emmanuel Mounier (1905-1950) è stato un filosofo francese, fondatore del movimento del personalismo, che pone al centro della riflessione filosofica la persona umana con la sua dignità e valore intrinseco. Nato a Grenoble, Mounier studiò filosofia a Parigi, dove entrò in contatto con i circoli intellettuali cattolici. Nel 1932, fondò la rivista **"Esprit"**, che divenne il principale veicolo delle sue idee, opponendosi al materialismo e all'individualismo e promuovendo una società più giusta, basata sulla comunità e sul rispetto della persona.
Mounier criticò fortemente il totalitarismo e l'alienazione della società moderna, sostenendo la necessità di un rinnovamento spirituale e morale, spesso espresso con l'idea di un "supplemento d'anima". Le sue opere principali, tra cui **"Il personalismo"** (1949), sviluppano una filosofia che cerca di armonizzare l'impegno politico e sociale con valori spirituali profondi.
Nonostante la sua prematura morte nel 1950, Mounier lasciò un'impronta duratura nel pensiero contemporaneo, influenzando il dibattito su temi come la giustizia sociale, la comunità e il ruolo della persona nella società.
In "Il personalismo", Mounier esplora come l'impegno politico debba essere animato da valori umani e da una profonda considerazione della dignità della persona, riflettendo l'idea di un "supplemento d'anima" per dare vita e forza morale all'azione sociale e politica.
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Da quei giovani sentii anche criticare la posizione delle anime belle, vale a dire di chi in politica non teneva conto della realtà, rifiutava di sporcarsi le mani e si teneva pervicacemente legato ai propri alti ideali e alla propria elevata spiritualità rifiutando compromessi al ribasso.
Criticavano anche l’irenismo, vale a dire il pensare di potere in ogni occasione raggiungere un accordo con gli avversari, qualunque sia il loro orientamento.
Tutto ciò richiama le controversie tra riformisti e massimalisti nel socialismo italiano. È spiegata molto efficacemente da Paolo Pombeni nel saggio Sinistre. Un secolo di divisioni, Il Mulino 2021, pag.30 (anche in eBook e Kindle). A cavallo tra Ottocento e Novecento ci si divise, nel Partito socialista italiano, di orientamento marxista, tra massimalisti rivoluzionari e riformisti. I primi volevano costruire subito una società socialista, abbattendo anche mediante una rivoluzione violente l’economia capitalista e i regimi politici che la consentivano e rifiutandomi l’alleanza parlamentare con partiti non socialisti. Gli altri si proponevano di realizzare progressivamente una società socialista perseguendo cambiamenti graduali, le riforme, alleandosi in parlamento anche con partiti non socialisti. Dunque:
«Nel Congresso di Roma (8-10 dicembre 1900), oltre ad approvare una mozione firmata da Treves, Modigliani Prampolini che legittimava le alleanze elettorali con altre forze, venne chiarito che il socialismo aveva due orizzonti: un programma “massimo” che ribadiva l’instaurazione della società socialista sotto il sole dell’avvenire, ma accanto un programma “minimo” che registrava gli obiettivi, cioè le “riforme” che si dovevano perseguire nella situazione presente e che erano possibili nel quadro di un sistema liberal-costituzionale.»
Va ricordato che Benito Mussolini, prima di costituire con altri il Partito nazionale fascista articolandone l’ideologia (di orientamento massimalista) fu un esponente di primo piano della corrente massimalista rivoluzionaria del Partito socialista italiano e che nel 1921 un gruppo di socialisti rivoluzionari aderenti al comunismo bolscevico teorizzato e praticato dal rivoluzionario russo Vladimir Il'ič Ul'janov, detto Lenin (1870-1924), di orientamento massimalista rivoluzionario, fondo per scissione, a Livorno, il Partito Comunista italiano.
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Ricerca mediante ChatGPT di OpenAI 23AG24
### Storia del Partito Socialista Italiano (PSI)
#### Fondazione e Primi Anni (1892-1914)
Il Partito Socialista Italiano (PSI) fu fondato il 14 agosto 1892 a Genova, durante un congresso dei lavoratori italiani. Il PSI nacque dall'unione di diversi gruppi socialisti e operai, ispirati dalle idee marxiste e influenzati dall'Internazionale Socialista. Filippo Turati, tra i principali fondatori, fu una figura centrale nel guidare il partito verso un'organizzazione politica strutturata e nel promuovere l'adozione di politiche riformiste, sebbene all'interno del partito esistesse già un dibattito tra riformisti e rivoluzionari.
Nei suoi primi anni, il PSI si concentrò principalmente sull'organizzazione dei lavoratori e sulla promozione di leggi a loro favore, come la limitazione dell'orario di lavoro e la protezione del lavoro minorile. Tuttavia, le tensioni interne tra l'ala riformista e quella rivoluzionaria si fecero sentire, con i riformisti che proponevano una via parlamentare per raggiungere il socialismo, mentre i rivoluzionari sostenevano un cambiamento radicale e immediato.
#### La Prima Guerra Mondiale e la Scissione di Livorno (1914-1921)
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914, il PSI adottò una posizione ufficiale di neutralità, riassunta nello slogan "né aderire né sabotare". Tuttavia, all'interno del partito, vi erano divisioni su come affrontare il conflitto. Alcuni membri, come Benito Mussolini, iniziarono a sostenere l'intervento dell'Italia nel conflitto, vedendolo come un'opportunità per promuovere la rivoluzione. Questa posizione portò all'espulsione di Mussolini dal PSI nel 1914.
Il PSI uscì dalla guerra con una crescita di consenso tra le classi lavoratrici, ma anche con profonde divisioni interne. Nel 1921, al Congresso di Livorno, queste divisioni portarono alla scissione del partito: l'ala sinistra, guidata da Antonio Gramsci e Amadeo Bordiga, formò il Partito Comunista d'Italia (PCd'I), affiliato alla Terza Internazionale di Lenin, mentre il PSI continuò la sua strada con una linea più riformista
#### Il Fascismo e la Resistenza (1922-1945)
Con l'ascesa del fascismo in Italia, il PSI si trovò sotto pressione crescente. Dopo la marcia su Roma del 1922, il partito fu tra i principali oppositori del regime di Mussolini, ma le repressioni fasciste colpirono duramente il movimento socialista. Molti dirigenti e attivisti del PSI furono arrestati, esiliati o costretti alla clandestinità.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il PSI giocò un ruolo importante nella Resistenza italiana contro il nazifascismo. Nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, il PSI si riorganizzò come Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), partecipando attivamente alla lotta partigiana e al Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).
#### Il Dopoguerra e la Ricostruzione (1946-1960)
Dopo la Liberazione, il PSI tornò sulla scena politica italiana, partecipando alla redazione della nuova Costituzione repubblicana. Tuttavia, le divisioni interne continuarono a caratterizzare la vita del partito. Nel 1947, una nuova scissione portò alla nascita del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), guidato da Giuseppe Saragat, che più tardi sarebbe divenuto il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
Negli anni '50 e '60, il PSI, sotto la guida di Pietro Nenni, iniziò a spostarsi progressivamente verso posizioni più moderate, cercando di costruire un'alleanza con la Democrazia Cristiana (DC) e abbandonando definitivamente la prospettiva rivoluzionaria. Questa strategia portò al cosiddetto "centro-sinistra", una coalizione tra la DC e il PSI che dominò la politica italiana per buona parte degli anni '60.
#### Crisi e Declino (1970-1994)
Negli anni '70, il PSI cercò di ridefinirsi in un contesto politico caratterizzato da un crescente radicalismo e dalla nascita di nuovi movimenti di sinistra. Bettino Craxi, che divenne segretario del PSI nel 1976, guidò il partito in una nuova direzione, cercando di rafforzare il ruolo autonomo dei socialisti nel panorama politico italiano. Sotto la guida di Craxi, il PSI adottò una linea riformista e modernizzatrice, culminando con la sua nomina a Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1983, il primo socialista a ricoprire tale carica nella storia italiana.
Tuttavia, il PSI iniziò a essere sempre più coinvolto negli scandali di corruzione che avrebbero portato al crollo della Prima Repubblica. Nel 1992, con l'inizio delle inchieste giudiziarie di Mani Pulite, emerse il sistema di corruzione diffusa nel quale il PSI, insieme ad altri partiti, era coinvolto. Questo portò a un rapido declino del partito, che nel 1994 fu sciolto a seguito del crollo elettorale e dello scandalo Tangentopoli.
#### Riorganizzazione e Eredità (1994-presente)
Dopo la dissoluzione del PSI, diverse formazioni politiche tentarono di raccogliere l'eredità del socialismo italiano, ma senza riuscire a ritrovare l'unità e l'influenza del passato. Nel 1996, alcuni ex esponenti del PSI fondarono i Socialisti Italiani (SI), che più tardi si sarebbero uniti ad altre forze per formare i Socialisti Democratici Italiani (SDI). Nel 2007, il Nuovo PSI, insieme ad altre formazioni socialiste, si unì per formare il Partito Socialista, un tentativo di unire sotto un'unica bandiera i vari gruppi della sinistra socialista.
Nonostante il declino del PSI come forza politica principale, la sua eredità ha lasciato un segno profondo nella storia politica italiana, influenzando il corso della Repubblica Italiana e contribuendo a plasmare il dibattito sui diritti dei lavoratori, le riforme sociali e il ruolo dello Stato nel garantire giustizia sociale e uguaglianza.
### Conclusione
La storia del Partito Socialista Italiano è caratterizzata da momenti di grande influenza e leadership politica, ma anche da profonde divisioni interne e scandali. Dalla sua fondazione nel 1892, attraverso la lotta contro il fascismo, alla partecipazione alla costruzione della Repubblica Italiana, fino al declino negli anni '90, il PSI ha rappresentato un pilastro del movimento operaio e progressista in Italia. La sua evoluzione riflette le tensioni e le trasformazioni della politica italiana del XX secolo, lasciando un'eredità che continua a essere dibattuta e reinterpretata.
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Il socialismo italiano fu molto importante per lo sviluppo del cattolicesimo democratico dalla seconda metà dell’Ottocento.
Alcuni tra i più importanti documenti della dottrina sociale cattolica contemporanea, le encicliche pontificie:
Delle novità – Rerum novarum [1891 – papa Leone 13º]
Nel quarantesimo anno – Quadragesimo anno [1931 – papa Pio 11º]
Nel centesimo anno – Centesimus annus [1991 – papa Giovanni Paolo 2º]
furono centrate sulla condanna del socialismo e del comunismo marxisti, ma anche su alcune loro istanze di giustizia sociale in difesa dei proletari [coloro che per vivere lavorano alle dipendenze altrui] ritenute meritevoli di accoglimento nel quadro però non della lotta di classe ma di una cooperazione etica tra classi sociali, con atteggiamento che può essere definito irenistico.
Va ricordato che il socialismo italiano ebbe prevalentemente carattere marcatamente antireligioso e anticlericale, orientamento che fu progressivamente abbandonato dal Partito comunista italiano a partire dalla collaborazione con forze cattolico-democratiche durante la guerra di Resistenza italiana (settembre 1943-maggio 1945.
Con i radiomessaggi natalizi del 1943 e del 1944 (centrato su un programma di costituzione di un ordinamento democratico alla fine della guerra mondiale che era in corso:
https://www.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1944/documents/hf_p-xii_spe_19441224_natale.html
il papa Pio 12º consentì l’intesa democratica anche con forze politiche che rifiutavano la dottrina sociale, tra le quali quelle dei socialismi, del liberalismo e quelle repubblicane laiche. Ciò consentì alla Democrazia Cristiana, il nuovo partito cattolico democratico fondato nel 1943, di collaborare con altre forze democratiche nella guerra di Resistenza e nella costruzione della nostra nuova Repubblica italiana.
Il cattolicesimo democratico italiano fu sempre riformista. Si formò in contrapposizione con l’intransigentismo, il movimento che, dagli anni Sessanta dell’Ottocento, lottò per l’affermazione della pretesa del Papato romano di mantenere un proprio regno territoriale nel centro Italia, del quale di spossessato nel 1870 all’esito di una invasione da parte delle truppe del nuovo Regno d’Italia costituito nel 1862, seguendo rigorosamente il divieto, impartito dal Papato, con il decreto noto come “Non expedit”, di partecipare alla politica democratica nel Parlamento nazionale.
Il cattolicesimo democratico italiano si evolse sempre in dialettica con i socialismi italiano, assimilandone alcune istanze di giustizia sociale e alcune concezioni di analisi politica. Sopravvisse al declino delle maggiori formazioni del socialismo, ma a sua volta entrò in apparente crisi terminale dal 2011.
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Il “**Non expedit**” fu una direttiva emanata dal [Sacra Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, un organismo del Papato romano, con l’assenso del papa Pio 9º] nel 1868, e successivamente confermata e ribadita dai suoi successori, tra cui Papa Leone XIII. Il decreto proibiva ai cattolici italiani di partecipare attivamente alla vita politica del Regno d'Italia, in particolare di votare o candidarsi alle elezioni [politiche nazionali].
### Contesto Storico
Il "Non expedit" nasceva in un contesto di tensione tra il Papato e il neonato Regno d'Italia. L'unificazione italiana, culminata nel 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia, aveva comportato la perdita dei territori dello Stato Pontificio, che vennero annessi al nuovo stato italiano. Nel 1870, con la Presa di Roma e la fine del potere temporale dei papi, il Papa si trovò relegato al solo Vaticano, autodefinendosi "prigioniero in Vaticano".
### Motivazioni del "Non expedit"
Il decreto “Non expedit” (dal latino “Non conviene”) era un atto di protesta contro la nuova realtà politica e una risposta al conflitto tra Chiesa e Stato. Il Papato non riconosceva la legittimità del Regno d'Italia e rifiutava di collaborare con le istituzioni che lo avevano espropriato del potere temporale. Il divieto di partecipazione politica era un modo per delegittimare il nuovo Stato e mantenere una netta separazione tra il mondo cattolico e quello politico.
### Conseguenze
Il "Non expedit" ebbe un impatto significativo sulla politica italiana. Esso contribuì a mantenere la Chiesa cattolica fuori dalla vita politica del Paese per diversi decenni, limitando la partecipazione dei cattolici alle elezioni e favorendo il predominio di gruppi laici e anticlericali. Tuttavia, la politica di astensione non fu accettata universalmente da tutti i cattolici, e nel tempo emersero movimenti e personalità che cercarono di conciliare la fede cattolica con l'impegno politico.
### Superamento
Il "Non expedit" fu progressivamente superato all'inizio del XX secolo, soprattutto con la fondazione del Partito Popolare Italiano nel 1919 da Don Luigi Sturzo, che rappresentava un tentativo di creare un partito politico cattolico. L'abolizione formale del "Non expedit" avvenne solo nel 1919, sotto il pontificato di Benedetto XV, segnando l'inizio di una nuova fase di partecipazione dei cattolici alla vita politica italiana.
In sintesi, il "Non expedit" rappresentò un periodo di distacco tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano, un tentativo del Papato di resistere alla perdita del potere temporale e mantenere una posizione di forza nei confronti del nuovo regime.
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Storicamente il Papato romano si dichiarò, fino all’enciclica Nel Centesimo anno – Centesimus annus del 1991, indifferente rispetto ai regimi politici e accettò relazioni anche con quelli dispotici, arrivando a stipulare concordati con il Regno d’Italia nel 1929, al tempo in cui era caduto nell’egemonia della dittatura fascista mussoliniana, con la Germania caduta nell’egemonia nazista hitleriana, nel 1933, e nel 1953 con il regime fascista spagnolo di Francisco Franco Bahamonde, con atteggiamento pragmatico che però vietava ai fedeli. Il cattolicesimo democratico fu sempre critico nei confronti di tale disinvoltura politica.
Il cattolicesimo democratico condivide l’idea del supplemento d’anima, ma non la identifica con la meccanica trasposizione in politica dell’etica cristiana, né nel fatto che si debba seguire la linea politica del Papato o di altri organismi della gerarchia ecclesiastica. Accetta quindi il principio della laicità della politica. Piuttosto, ritiene che il valore della democrazia, consistente nell’impegno personale e collettivo contro poteri che rifiutino limiti, vada integrato con quello per l’affermazione in concreto di altri valori umanitari, in particolare dei diritti umani fondamentali.
Il politico democristiano siciliano Giorgio La Pira (1904-1977), a lungo sindaco di Firenze, grande anima del cattolicesimo democratico italiano, sintetizzava tale proposito dicendo che il pane è sacro, il lavoro è sacro, la casa è sacra.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli