Domani inizia l’Assemblea del Sinodo dei vescovi & C. sulla sinodalità
Domani mattina, alle 9, a Roma – Città del Vaticano, con una messa concelebrata il piazza S.Pietro, inizierà la prima sessione dell’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi & C. sulla sinodalità. La seconda sessione si terrà di questi tempi l’anno prossimo.
I lavori termineranno il 29 ottobre.
Sono convenuti nella nostra città, da ogni parte del mondo, i circa 460 partecipanti.
Non si tratta di deliberare leggi della Chiesa, come avviene nei concili ecumenici, ma di organizzare un modo più partecipato di fare Chiesa, appunto un modo sinodale. Si parte dalla constatazione che oggi non si è sinodali, ma che sarebbe bene esserlo. Si ritiene, tra l’altro, che lo si dovrebbe essere per manifestare ciò che durante il Concilio Vaticano 2º venne definito Popolo di Dio. C’è chi ritiene che questo sarebbe dannoso per la religione. Non dobbiamo nascondercelo: siamo profondamente divisi.
L’ordinamento del Sinodo dei vescovi è stato ristrutturato da Papa Francesco. Ora, se il Papa lo consente, può avere poteri deliberativi. Ma questa Assemblea non ha ancora questo scopo. Si tratta innanzi tutto di confrontare le varie esperienze di Chiesa nel mondo, quindi di uscire dai propri confini culturali e sociali ma portando ciò che si è per sentire che ne pensano gli altri. Non si tratta nemmeno di fare teologia, secondo i metodi di questa disciplina. Può essere che questo venga dopo.
Quando così tante persone si incontrano per parlarsi con libertà è difficile prevedere che ne uscirà.
Se si deve cambiare da non sinodali a sinodali da qualche parte si deve cominciare e penso che la via meno ardua sia quella di cominciare dove c’è la gente che costituisce la gran parte di quel Popolo, ad esempio da una parrocchia come la nostra. Il resto è fatto di istituzioni, vale a dire di funzioni assegnate a persone che lavorano negli apparati ecclesiastici. Per cambiare lì bisognerebbe cambiare le leggi ecclesiastiche, ma questo forse verrà poi, dopo che i cambiamenti tra la gente avranno preso realmente piede. È accaduto sempre così nella storia della nostra Chiesa.
Detto questo può stupire che, ad esempio, nelle messe di domenica scorsa nella nostra parrocchia non si sia neppure menzionato questo evento, anche solo per pregare per la buona riuscita dei lavori. Temo che una parte degli addetti ai lavori non saprebbero parlarne, poi c’è chi è sfiduciato, assillato com’è dagli impegni quotidiani per i parrocchiani, e forse non si rende bene conto che questo accade quando si vuol far tutto da soli. Poi c’è chi è ostile perché non vuole una Chiesa più partecipata, gli sta bene che comandino solo i preti e i religiosi e che in chiesa debbano fare tutto loro (e li si sfiniscono), mentre le altre persone fanno da comparse. Altri vorrebbero integrare questo stato di cose affiancando a clero e religiosi altri gerarchi legittimati da movimenti vari.
Ho pensato di chiedere al parroco o ai preti suoi collaboratori ragione di questo passar sotto silenzio i lavori dell’assemblea sinodale? No, perché io non sono di quelli che scocciano i preti tirandoli per la tonaca. Se loro non fanno, faccio da me, così come sto facendo ora. E la sinodalità allora? Bisogna essere chiari: non si può farla con chi rimane inerte. Verrà quando deciderà di muoversi, e allora si potrebbe anche finire a litigare, ma potrebbe accadere, incontrandosi, di scoprire quanto si ha in comune e anche le vie per intendersi.
Chi si avvicina alle nostre chiese non di rado scopre che la spiritualità che le pervade è povera e obsoleta, così non vi trova nulla di ciò che gli servirebbe e si allontana. Chi fa così è un pagano, secondo la fastidiosa e insultante definizione che ne danno i nostri fondamentalisti? No, è che è venuto per vedere, secondo l’esortazione evangelica, ha visto e non vi ha trovato ciò che nella nostra fede scalda i cuori.
La formazione di giovani e adulti e scadente, anche perché, per pervicace conservatorismo, si preferisce fare come si è sempre fatto e, così, si è sprecano tanti talenti. Alla fine degli anni ’70 ne feci esperienza con mia madre, la quale, dopo ave formato una squadra di mamme catechiste che resistette a lungo, andò a studiare catechetica nel vicino Ateneo salesiano, come all’epoca ancora si chiamava, introdusse nuovi metodi nella sua classe di catechismo, e allora improvvisamente fu brutalmente e senza possibilità di appello esonerata dal parroco di allora, don Vincenzo, un uomo buono alla cui memoria sono molto affezionato, ma di vedute limitate, che, oltre a provocare un bruciante dolore a mia madre, fece, senza mostrare di rendersene conto e in totale buona fede, un danno enorme alla parrocchia, che tornò ai soliti metodi, con i risultati che io ricordavo dai tempi del mio catechismo.
La formazione alla fede deve servire ad avvicinare o ad allontanare la gente dalla chiesa? Se la gente si allontana, e non dappertutto è così, bisogna cambiare metodi. Ad insegnare si impara, è una competenza delicata che non si ha innata. Errori con i più giovani possono avere effetti disastrosi. Fatti anche in buona fede, per carità, ma pur sempre errori, che fanno anche soffrire. Sinodalità è anche saper integrare tutte le risorse disponibili e se una persona studia a livello universitario come insegnare le cose della fede è assurdo lasciarla a casa.
Ma negli anni ’70, pur nella vivacità ecclesiale che oggi non c’è più, la parrocchia era pur sempre una monarchia assoluta, e, tutto sommato, ancora lo è.
A quello che posso vedere in parrocchia ci sono più che altro persone molto giovani le quali, non appena riescono ad evadere dall’autorità dei genitori, si liberano anche della religione, e anziani, e io tra essi, che sanno poco di tutto e che sono stati abituati a stare a ricasco dei preti, con le donne ancora in posizione più umiliante di quella degli uomini.
Di tutto questo si vorrebbe parlare nella prima sessione dell’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi & C. che si aprirà domani.
Perché quel’ “&C.”? Perché non ci saranno solo vescovi, e nemmeno solo preti e religiose e religiosi, ma una pattuglia di altre persone cristiane che in società fanno altro.
Un mio contributo ai lavori: da oggi non userò più i termini laico, laica, laici, laicato. Si tratta di termini che definiscono in negativo per ciò che non si è. La base linguistica della secolare discriminazione della gran parte della gente di fede. Userò invece il termine persona\e cristiana\e. Dirò che sono persone libere, questa una delle loro caratteristiche principali, mentre preti, religiose e religiosi non lo sono del tutto, per carità per loro libera scelta di rinunciare in molte cose al dono della libertà, ma il risultato è che non sono persone libere, e si avverte.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli