Varie concezioni di parrocchia
Il Codice
di diritto canonico entrato in vigore nel 1983 definisce la parrocchia come la
comunità dei fedeli costituita stabilmente dal Vescovo diocesano
Canone 515, comma 1.
La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene
costituita stabilmente nell'àmbito di una Chiesa particolare, la cui cura
pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco
quale suo proprio pastore.
Come
si vede, qui viene in rilievo principalmente l’autorità del gerarca locale, che
definisce l’ambito personale della parrocchia. Generalmente essa comprende i fedeli che abitano in un
certo territorio, ma può accadere diversamente.
Canone 518.
Come regola generale, la parrocchia sia territoriale, tale cioè
che comprenda tutti i fedeli di un determinato territorio; dove però risulti
opportuno, vengano costituite parrocchie personali, sulla base del rito, della
lingua, della nazionalità dei fedeli di un territorio, oppure anche sulla base
di altri criteri.
Queste norme non interpretano fedelmente
la concezione di Chiesa deliberata durante il Concilio Vaticano 2°, che
invece ne mettono in primo piano l’elemento comunitario.
In realtà, la comunità
preesiste sempre al provvedimento
del Vescovo e quindi non è da esso costituita. E i confini territoriali in
esso descritti di fatto sono piuttosto evanescenti, come accade per la nostra
parrocchia, dove i fedeli che abitano tra piazza Conca d’Oro e la via
Nomentana, inclusi nel territorio della vicina parrocchia degli Angeli Custodi,
addirittura compresa in un’altra Prefettura del Settore Nord della Diocesi, gravitano sulla
nostra parrocchia. Lo stesso accade ai confini con la parrocchia di San Frumenzio.
Dove una comunità
ecclesiale locale cresce nella
comprensione, nel dialogo e nella collaborazione collettivi, connota
maggiormente la parrocchia, rispetto all’atto di autorità. Di fatto a Roma
accade in certe borgate. E’ stato osservato che, sotto questo aspetto, il
quartiere Roma - Valli ha assunto progressivamente caratteri di particolare
coesione che l’avvicinano ad una borgata. Questo non accade, ad esempio, nel
territori di San Frumenzio, mentre un fenomeno simile si manifesta nella vicine
parrocchie degli Angeli Custodi e del Redentore, a Val Melaina.
Un’altra concezione della
parrocchia è quella di comunità raccolta intorno a un predicatore carismatico,
sul modello del Maestro. Qui viene meno la territorialità: si va per seguire
quel tal predicatore e si viene un po’ da dappertutto. Ne risente spesso il
rapporto con la gente del quartiere che non è coinvolta emotivamente da quelle
predicazioni. Comunque è un modello poco partecipato, perché decidono tutto il
predicatore e i suoi aiutanti, questi ultimi fruendo di un’autorità derivata
dal primo. Di solito in questo modello si creano presto frizioni con la Diocesi.
Una comunità di questo tipo era quella che si raccolse negli anni Settanta
intorno all’abate di San Paolo fuori le mura, dom Giovanni Franzoni. Egli, tuttavia, va rilevato, era monaco benedettino e aveva l’autorità di un vescovo e non raccoglieva la sua comunità in una
parrocchia.
Poi c’è la concezione della
parrocchia come sede locale di un movimento ecclesiale più vasto: qui si cerca
di attirare la gente da ogni
dove, in genere per la rigenerazione alla fede secondo qualche metodo
particolare. Si dice, quindi, che la parrocchia è di chi ci va. Qui può
diventare problematico il rapporto con la gente del quartiere che non si lascia
coinvolgere in quell’esperienza per vari motivi. Si può arrivare a una vera e
propria saturazione per cui non c’è
spazio per altro e quindi l’altra gente viene a messa ma non partecipa
veramente. Qui la comunità locale spesso rimane fuori. C’è un’ideologia di sostituzione,
che ha agganci biblici ed anche evangelici: i chiamati non rispondono e quindi c’è una seconda
chiamata a tutti gli altri. Non è l’autorità del Vescovo a costituire la
comunità, ma quel tal movimento. A Roma, mi parve questo il caso della comunità
parrocchiale dei Martiri Canadesi [Nostra Signora del Santissimo Sacramento e dei Santi Martiri canadesi], nel quartiere Nomentano, nel rapporto
con il Cammino Neocatecumenale. Me ne
cominciò a parlare alle superiori l’insegnante
di religione, parlandomi dei nuovi costumi liturgici che si adottavano. Mi pare che adottino questo modello anche le parrocchie che sono di fatto affidare ad ordini religiosi, nelle quali i Terz'ordini di quegli ordini erano spesso in primo piano,manche se ai tempi nostri questo mi pare accada meno, con la progressiva obsolescenza di quelle aggregazioni laicali.
Infine c’è la parrocchia intesa come servizio
pubblico religioso centrato sul parroco e sui preti suoi collaboratori, aperta
a tutti coloro che accettino di essere utenti, ma chiusa alla
partecipazione degli altri. La parrocchia è abitata da vari gruppi e le sue risorse sono divise
tra di essi dal parroco al modo di un amministratore condominiale. Qui la gente
del quartiere c’è, ma in posizione solo passiva o di collaborazione gregaria. E’
il tipo di aggregazione che dà maggiori problemi nei processi sinodali, ma i
minori problemi con l’autorità della Diocesi. I vari gruppi si ignorano né
vogliono collaborare: per loro è importante continuare a fruire degli spazi per
le loro attività. Quando si tratta di collaborare, ad esempio in occasione delle
solennità liturgiche maggiori, scoccano scintille.
Mario Ardigò - Azione
Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli.