Come costruire, mantenere e ricostruire la pace tra stati
Costruire, mantenere e ricostruire la pace tra gli stati è un problema diverso dal cercare di ottenere gli stessi risultati tra persone o gruppi minori. Questo perché nel primo caso è in questione il governo degli stati ed esso è costituito in modo da poter prendere decisioni obbligatorie per tutti senza che l’altra gente possa veramente opporvisi. Qui parlo di governo intendendo il complesso dei gruppi di vertice dello stato, comprendendo anche, dove vi sono, i parlamenti.
Nel Magistero, a questo proposito, si parla di governanti. Le raccomandazioni etiche sulle decisioni politiche che vi si fanno sono solitamente rivolte a loro. Il resto della popolazione viene ignorato. Del resto così si conduce anche la cosiddetta Gerarchia nel governo ecclesiastico. Essa è priva di un organismo assimilabile a un parlamento.
Nel Magistero di papa Francesco è comparso il popolo, ma non come gruppo organizzato secondo procedure, vale a dire in modo democratico, ma come espressione etnica e culturale di una popolazione, capace di intuire la giusta via senza discuterci tanto sopra, cosa che contrasta manifestamente con ciò che appare in genere. Quest’idea viene utilizzata per criticare gli organismi di governo, compresi quelli ecclesiastici, salvo il potere del Papa stesso, che, anch’esso assistito da un aiuto soprannaturale per intuire la via giusta finirebbe per coincidere con l’orientamento del popolo. Nelle scienze politiche una concezione di questo genere è definita populismo.
Le popolazioni sono, in genere, ai tempi nostri, contrarie alle guerre. Non è stato sempre così. In particolare nei tempi antichi. Questo perché la guerra, in particolare quella di rapina, sono state un modo per arricchire tutta la gente, anche se in modo diseguale. Ma vi sono stati cicli di guerra che l’hanno invece impoverita. E ciò in particolare dai tempi delle guerre totali, in cui appunto ci troviamo. In questa era le popolazioni sono diventate ben consapevoli che per loro le guerre finiscono sempre male. I governi in genere si ingannano, per ciò che gli psicologi chiamano bias, parola inglese che si legge bàies e significa inganno cognitivo invincibile è collegato a come la mente funziona. Alle persone che nei piccoli gruppi a vertice degli stati hanno il potere di decidere per tutti il da farsi sembra sempre che la guerra che vogliono iniziare sia facile da vincere e che quindi, se cominciata, finirà presto. Questo nonostante che in genere i comandanti militari cerchino disilluderli su questo. Da ultimo è accaduto al governo russo quando ha deciso l’invasione dell’Ucraina e al governo ucraino quando ha deciso una guerra per riconquistare tutti i territori che in precedenza controllava e che nel 2014 erano stati occupati dai russi.
Una volta che una guerra è iniziata, si è restii a finirla se va male, perché non si vogliono considerare sprecate le precedenze sofferenze e sembra che facendo uno sforzo ulteriore esso si sommerà ad esso consentendo la vittoria. Ma gli studiosi dei processi cognitivi ci avvertono che anche questo è un bias.
Poiché ai tempi nostri le popolazioni sono contro la guerra e i loro governi sono invece disposti a rischiarla e, una volta iniziata, a finirla, è evidente che la soluzione giusta per far finire una guerra che è iniziata è quella di far premere le popolazioni contro i propri governi perché ordinino il cessate il fuoco, che è il primo passo verso un trattato di pace, passando per un armistizio, che è la decisione concordata dei belligeranti di sospendere i combattimenti.
Questa pressione popolare può farsi manifestando nelle piazze, come gran parte del mondo cattolico e molte formazioni politiche e sindacali si apprestano a fare il prossimo 5 novembre.
Alcuni ribattono che bisognerebbe anzitutto manifestare contro il governo che ha ordinato l’invasione, nella guerra in Ucraina quello russo. Ma è un errore. Poiché il nostro governo e tra quelli belligeranti, si tratterebbe sostanzialmente di diventare in questo modo cobelligeranti. In realtà bisogna premere su tutti i governi belligeranti, ma a partire dal proprio, che è quello che più può risentire di moti di protesta della propria popolazione. La storia dimostra che funziona: l’esempio più eclatante furono i moti di protesta contro la guerra americana in Vietnam organizzati dai giovani statunitensi alla fine degli anni ’60. Compresero anche il rifiuto di rispondere alle armi. Ma possono esprimersi anche con forme ancora più intense di lotta nonviolenta, secondo il metodo insegnato da Ghandi e, da noi, da Capitinime Lanza del Vasto, come lo sciopero.
I governi, in genere, disprezzano la lotta nonviolenta perché fanno eccessivo affidamento sulla forza degli eserciti ai ordini, inquadrati sotto una gerarchia alla quale debbono obbedire senza discutere: anche questo è un bias. La storia dimostra che moti nonviolenti possono aver ragione di potenti armate, come accadde in India negli anni ’40 del secolo scorso e nell’Europa orientale tra il 1989 e il 1991.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli