Religione povera
Di solito durante le
liturgie mi annoio. Sono fatte di brani biblici e recitativi che si ripetono in
cicli pluriennali e che più o meno tutti stanno scritti in due libretti, il
messale festivo e quello feriale. I commenti dei preti di solito di ripetono
anch’essi, secondo schemi che si
insegnano in seminario o che si imparano nella pratica copiando da come fanno
gli altri. E le liturgie sono le occasioni in cui si vede più gente in chiesa,
anche se si rimane in genere reciprocamente sconosciuti. Per ciò che ne so, nella
formazione religiosa, più che altro centrata sui sacramenti, c’è poco di più. Ciò
che un prete studia nelle scuole religiose gli serve più che altro parlando con
altri preti. Se ne lamentava Lorenzo Milani: l’altra gente sa troppo poco. Di
solito meno si sa, più ci si sente sicuri. In questa prospettiva l’ignoranza è
anche uno strumento di governo. Fatto sta che non mi sorprende che, ad un certo
punto, le persone giovani ci lascino: la religiosità che si propone loro è
troppo poco e non c’è quello che a loro serve.
Lo osservo spesso: stiamo vivendo, come Chiese in Italia, una fase di
passaggio. Da un modello ecclesiale centrato sul clero ad un altro, che ancora
non è ben definito, ma che possiamo con una certa approssimazione indicare come
sinodale, vale a dire più partecipato, in cui ogni persona può avere una
qualche voce in ciò che la riguarda. Questa l’essenza di ciò che chiamiamo libertà.
Una religiosità sinodale è anche
una religiosità più libera. Questo processo potrebbe arricchire la
religiosità, perché siamo una popolazione piuttosto scolarizzata e nella
società c’è molto di più di ciò che circola ora negli ambienti ecclesiali. Ma
che ne uscirà? Non si andrà a finir male?
L’idea che professare una certa fede religiosa porti sempre ad una vita buona è smentita in modo eclatante dalla tremenda
storia delle nostre Chiese. Di fatto la storia non viene insegnata nella
formazione religiosa di base e così i più sono convinti che l’attuale organizzazione
ecclesiastica risalga alle origini, che sono circonfuse da un alone di virtuosità e santità. Questo naturalmente l’accredita e, anche in
questo, così, l’ignoranza, perché quella convinzione è falsa, diventa strumento
di governo. Perché cambiare ciò che va bene da duemila anni? In realtà
le nostre Chiese, nella loro travagliata storia, hanno subito moltissime
metamorfosi, una delle quali è appunto quella che stiamo vivendo, e senza
questo sarebbero state superate (non morte, perché in religione, come in
natura, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma). Del
resto la religiosità, come fenomeno sociale, può essere considerata come parte della natura, tanto è intrinseca e
necessaria all’umanità.
Che il male che può venire dalla religiosità, e che possa venire è
dimostrato dal fatto che storicamente si è prodotto moltissime volte, possa essere prevenuto
o contenuto affidandosi all’autorità di una
singola persona o di senati di illuminati è anch’essa una convinzione smentita dalla storia.
Il bene e il male della nostra religiosità rimangono, in definitiva, affidati a
noi stessi, con la nostra ragionevolezza emotiva che ci porta inevitabilmente a
grossi abbagli. L’avversione di Francesco d’Assisi per la cultura è uno di
questi, eppure affascina ancora la proposta di una vita evangelica naturale, semplice, senza che sia necessario discuterci
tanto sopra. Certo, il Maestro, non lasciò una sua scuola, ma che cosa
lasciò in definitiva? Gran parte di ciò che oggi riteniamo essenziale per la
nostra religiosità fu costruito dopo, in particolare tutto ciò che è espressione
di un potere ecclesiastico. Senza saperci ragionare sopra si va poco lontano e,
di solito, non ci si ragiona sopra lì dove nelle realtà di prossimità la gente si
incontra e prega. Lo si sconsiglia e addirittura lo si vieta, come accaduto nella deludente fase di ascolto nei processi sinodali avviati l'anno scorso.
Certe esperienze ecclesiali del passato furono
particolarmente letali, eppure si aveva in mano i Vangeli. Come può essere
successo? Sta succedendo tuttora nella guerra in Ucraina, animata da gente che
segue religiosità cristiane e non ci trova nulla di male nel massacrare altri
cristiani.
Detto questo, però, quando si cerca di cambiare si incontrano molte resistenze
e, innanzi tutto, quella della gente, perché cercare di saperne di più è più
faticoso che recitare formule devote. C’è poi anche chi, pure tra
persone colte, pensa che la soluzione sia quella di ritornare al vecchio latino
ecclesiastico, quando la gente recitava formule senza comprenderle, cosicché il fatto
di non comprenderle generava quell’aura di magia sacra che compattava intorno al
ceto sacerdotale, l’unico a detenerne il
segreto. Nulla di veramente nuovo, per la verità, anche negli antichi culti
politeistici della classicità latina e greca funzionava così.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa –
Roma, Monte Sacro, Valli