Blog al servizio dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia San Clemente papa, in Roma, Monte Sacro, Valli
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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.
This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.
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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)
Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)
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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.
Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.
Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.
Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.
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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma
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lunedì 28 novembre 2022
La pace come problema religioso e storico-politico
domenica 27 novembre 2022
Sintesi di Mario Ardigò dell’omelia svolta nella messa domenicale delle 8 il 27 novembre 2022 nella chiesa parrocchiale di San Clemente papa
Sintesi
di Mario Ardigò dell’omelia svolta nella messa domenicale delle 8 il 27
novembre 2022 nella chiesa parrocchiale di San Clemente papa
Inizia con l’Avvento il nuovo anno liturgico.
Facciamo memoria della venuta del Signore duemila
anni fa e celebriamo la nostra speranza del suo ritorno alla fine dei tempi. Ma
soprattutto, tra la sua prima e l’ultima venuta, quella in noi ogni giorno, la
seconda. Ci ha detto infatti:
Gesù
si avvicinò e disse: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in
terra. Perciò andate, fate che tutti diventino miei discepoli;
battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo; insegnate loro a ubbidire a tutto ciò che io vi ho comandato. E
sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo».
[Dal
Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti da 16 a 20 – Mt 28, 16-20 – traduzione
in italiano TILC Traduzione interconfessionale in lingua corrente]
I mistici descrivono il nostro incontro con
il Signore come la salita interiore di un monte.
Abbiamo letto il brano di Isaia:
il monte del tempio del Signore
sarà saldo sulla cima dei monti
e s’innalzerà sopra i colli,
e ad esso affluiranno tutte le genti.
[Dal
libro di Isaia, capitolo 2, versetto 2 – Is 2,2]
La cima dei monti più alti buca le nubi e in cima si è
al cospetto della luce. L’incontro con il Signore è descritto dai mistici, ad
esempio da Giovanni della Croce, vissuto in Spagna nel Cinquecento, come un’illuminazione
al termine di quella salita.
Ciascuno di noi ha vissuto momenti simili, in
cui ha sentito la presenza interiore
del Signore.
Un’esperienza simile è descritta nel testo spirituale
La nube della non-conoscenza, di un anonimo del Trecento, probabilmente un
monaco [pubblicato in italiano dall’editore Adelphi nel 1998 – ancora in commercio
ad €15,30].
Unendoci al
Signore siamo uniti anche a tutte le altre persone che confidano e hanno
confidato in lui. E’ ciò che viene descritto come comunione dei santi. Ed è anche ciò che vivono con più continuità e
profondità monache e monaci, i quali solo apparentemente si separano da noi, ma
che nell’esperienza contemplativa sono sempre con noi. Ed è per questo che ci
si sposa in chiesa: per rafforzare l’unione data dalla prossimità fisica con
quella spirituale, nel Signore.
Nella messa
viviamo l’unione spirituale con il Signore. Egli, nostra luce, è il fondamento
della nostra speranza.
Quella luce
e la speranza che ne scaturisce ci danno forza.
Siamo come
viaggiatori: se a un viaggiatore si toglie la speranza di arrivare, come può
avere la forza di continuare il suo viaggio?
giovedì 24 novembre 2022
In parrocchia le persone adulte non sanno che fare
martedì 22 novembre 2022
Programma per una neo-parrocchia - 2 -
- 2 -
La gerarchia cattolica, vale a dire il
ceto che dal punto di vista giuridico accentra il governo ecclesiale, reagì però
prontamente, celebrando un concilio dedicato proprio a questo tema, il Vaticano
2º, a Roma, dal 1962 al 1965, cercando di apportare variazioni all’apparato
mitologico che sacralizzava il governo ecclesiale secondo certi antichi canoni,
lavorando sulla teologia di riferimento. Il tentativo finora ha avuto scarso
successo, fondamentalmente limitato a certe prassi liturgiche. I suoi deliberati ebbero infatti una
rilevantissima importanza dogmatica, creando le basi teologiche della
riforma sinodale che però solo l'anno scorso, a quasi sessant’anni
dalla fine di quel Concilio, un Papa ha
ordinato, dopo averla annunciata praticamente fin dall'inizio del suo regno, ma
esplicitamente dal 2015. Tuttavia non si ottenne, in quella grande assemblea
dei vescovi del mondo, un consenso sufficiente per riorganizzare realmente il
governo ecclesiastico, sia a Roma, quello sinteticamente definito Santa
Sede, sia a livello locale, intorno alle Diocesi, ai Patriarcati nazionali
e alla Conferenze episcopali. Quindi fondamentalmente esso ancora riflette
l'impostazione datagli nel Cinquecento durante il Concilio di Trento,
sulla base di un processo ideologico iniziato nell'Undicesimo secolo e portato
alle estreme conseguenze nel 1870, con il travagliatissimo e incompiuto Concilio
Vaticano I, che diede un assetto autocratico e assolutistico al
primato papale.
Da qui, poi, una progressiva perdita di
attrazione, in Occidente, della Chiesa cattolica, che negli ultimi decenni si è
manifestata particolarmente tra i giovani, e anche tra i giovanissimi, e da
ultimo anche tra le donne, le quali erano rimaste la parte maggiore del
popolo praticante le liturgie.
Ciò che
allora si tentò di ottenere dall’alto per ordine gerarchico e per imposizione
di una nuova teologia di legittimazione del governo ecclesiale, si vorrebbe ora
ottenere dal basso, o meglio partendo da un’inculturazione nella popolazione
delle persone di fede.
In questo quadro parte del clero viene
affascinato da alcuni movimenti neo-tradizionalisti, che inscenano i costumi di
un tempo, nelle liturgie, nella formazione e nel vestiario dei preti, nella
mitologia di riferimento, ma si tratta solo di fatti effimeri e largamente minoritari,
sovrastimati da gerarchi ecclesiastici con un'età media molto alta ai quali
pare di riconoscere in quelle aggregazioni la Chiesa di una volta, la loro Chiesa.
L'abbaglio è accentuato dal costume dei neo-tradizionalisti di ammassarsi con
il ruolo di comparse nei grandi eventi organizzati dalla Santa Sede,
nell'illusione di recuperare in tal modo credito sociale che in realtà non ha
più. È l'effetto del popolo-gregge. A ben vedere, in
particolare in base ai risultati delle indagini demoscopiche sulla religiosità
si tratta di moti che coinvolgono piccole, ma rumorose, minoranze. Le quali
però non di rado, e replicando i tristi costumi di sempre delle nostre Chiese,
una vera e propria tradizione anche se deleteria, si
presentano come l'unica e vera Chiesa, cercando di attrarre
gente con quel l'argomento ingannevole e in tal modo pescando di
frodo, se appunto si pensa alla missione come
un pescare gli uomini, secondo l'immagine evangelica.
In qualche modo è simile la strategia
dei movimenti fondamentalisti, i quali, costruita una neo-mitologia religiosa
utilizzando liberamente elementi tradizionali insieme ad altri di nuova loro invenzione,
la propongono come un complesso di verità, vale a dire di
enunciati che devono essere condivisi e proclamati se si vuole essere inclusi,
non tanto in un movimento, ma nella Chiesa, altrimenti non lo si è. Qui
l'abuso è nell'esercitare un potere che, in base agli statuti vigenti, compete
solo alla gerarchia ecclesiastica. Quei movimenti cercano allora di formare un
proprio clero e di ottenergli l'elevazione all'episcopato e al cardinalato, per
portare la gerarchia dalla propria parte, e, alla fine, anche per conquistare
il papato. Nulla di nuovo, per altro. In passato però erano gli ordini
religiosi a fare così. La riforma imperiale del papato nel
Primo secolo fu progettata e cominciò ad essere attuata da un Papa che
nella sua formazione era stato fortemente influenzato, o addirittura proveniva.
dal potente ordine benedettino di osservanza cluniacense, la grande federazione
monastica che faceva riferimento all'abazia di Cluny, in Francia, rapidamente eclissatasi
dopo circa tre secoli e poi spazzata via definitivamente alla Rivoluzione francese,
secondo la legge sociale che ciò che non riesce a trasformarsi seguendo l’evoluzione
culturale del mondo di riferimento scompare.
La situazione attuale della Chiesa italiana
è ancora marcatamente caratterizzata dal vivo contrasto tra conciliari e anticonciliari, in
cui il discrimine sono il principi di libertà e dignità della persona umana del
Concilio Vaticano 2º: in questo contesto esprimono tendenze fortemente
anticonciliari i neotradizionalisti, moderatamente ma complessivamente anticonciliari i
fondamentalisti (sfruttano le libertà del nuovo
corso per affrancarsi dalla gerarchia ecclesiastica) e quelli del partito della gerarchia, che
vorrebbero ci si attenesse all'interpretazione riduttiva teologica e giuridica
data a quei principi dai papi Giovanni Paolo 2º e Benedetto 16º. La componente
più importante dei conciliari è costituita dall'Azione Cattolica, che ha fatto
dell’attuazione del Concilio il suo principale campo d’azione. Gli
anticonciliari ostacolano, criticandoli apertamente o esprimendo una specie di
resistenza passiva i processi di sinodalitá totale avviati
l'anno scorso in tutto il mondo da papa Francesco.
E’ bene
essere realisticamente consapevoli di tutto ciò, perché altrimenti non ci si riesce
a spiegare ciò che travaglia anche le nostre parrocchie. Esse hanno forza
sociale che il cosiddetto alto della struttura di potere ecclesiastico non
possiede, perché sono realtà sociali di base, le uniche veramente esistenti
come popolazione, mentre tutto il resto, compreso ciò a cui si allude quando
in senso giuridico si parla di Chiesa universale, è solo burocrazia
ecclesiastica, struttura di governo, per quanto struttura sacralizzata, vale
a dire espressa teologicamente in una mitologia che la vuole voluta dalle Potenze
superne e quindi sostanzialmente irriformabile. Prima della riforma del Concilio
Vaticano 2° quella popolazione la si pensava addirittura come appiccicata alla
Chiesa dall’esterno, non indispensabile.
Il
metodo ricorrente degli anticonciliari è di cercare di saturare le realtà di base, trasformandole secondo la
propria mitologia. Per i clericali il segno del successo è dato dalla partecipazione
della popolazione alle liturgie. Per i neotradizionalisti la partecipazione a
liturgie inscenate con i riti preconciliari e l’adozione di modi di esprimere la propria religiosità e le
relazioni nel clero e tra clero e persone laiche. Per i fondamentalisti è l’assoggettamento
della popolazione ai propri ordinamenti comunitari e l’assunzione della propria
neo-mitologia come linea guida per la fede. Avvenuta la saturazione di un ambiente religioso, le persone che non
si adeguano vengano spinte verso l’esterno.
I
conciliari cercano invece di produrre l’inculturazione dei nuovi principi
mediante la mediazione culturale. Si valgono del fatto che essi caratterizzano
già, in Occidente, le società in cui si vive immersi. Ciò che viene oggi
viene definito come sinodalità totale, vale a dire estesa a tutta la
popolazione di fede, è appunto ciò che si vuole ottenere. Un risultato che,
sotto certi aspetti, può essere espresso e vissuto come una liberazione.
E la libertà e dignità della persona umana è appunto al centro di questo movimento.
Nella nostra parrocchia mi pare che
prevalgano largamente gli anticonciliari fondamentalisti e clericali, mentre è
assente il neotradizionalismo. Ma questo tenendo conto di chi in
parrocchia ancora ci va con una certa assiduità. Come la
pensano le altre persone che si limitano a gravitarvi intorno?
Mantenendo la situazione attuale, è prevedibile un ulteriore declino
della partecipazione alle attività sociali, quelle che interessano la dottrina
sociale e che sono favorite dallo
sviluppo di atteggiamenti e organizzazioni
improntati alla sinodalità, che significa anche maggiore reale
partecipazione, anche nelle fasi decisionali, con conseguente maggiore assunzione
di responsabilità, mentre la parrocchia potrebbe continuare a
funzionare bene come semplice erogatrice di servizi religiosi, intesi
come formazione, liturgie e sostegno assistenziale. Almeno se non si deciderà
di affidare nuovamente la parrocchia a un movimento fondamentalista che, come a
lungo avvenuto, cercherà di saturare l’ambiente, il che potrebbe avvenire
incaricando un parroco che si è formato in uno di quei movimenti e ancora vi
aderisce. Nell’attuale situazione il peso del potere parrocchiale del parroco è
ancora rilevantissimo, specialmente da quando è caduto in desuetudine il nostro
Consiglio pastorale parrocchiale. In definitiva, nulla può pretendersi come
legittimato se non ha l’assenso del parroco, neppure nelle minime cose. Questa
è appunto la situazione che il movimento sinodale vorrebbe cambiare.
Se si
vuole tentare di sviluppare una qualche sinodalità parrocchiale, aderendo ai
processi sinodali in corso, anche in questa situazione oggettivamente sfavorevole,
una via è quella di cercare di mettere in secondo piano l’aspra controversia
tra conciliari e anticonciliari, e, in particolare, ogni autorità di fazione
che pretenda obbedienza gerarchica dai propri adepti. L’obbedienza è gerarchica
quando non può essere legittimamente messa in discussione se il gerarca di
riferimento impedisce la discussione, ciò che, ad esempio è avvenuto, nella deludente
fase di ascolto del povero Popolo
di Dio organizzata in Italia secondo le regole della Conferenza episcopale
nazionale e del Sinodo dei Vescovi. Si doveva parlare, dicendo la propria,
senza dialogare. Come ciò sia compatibile con l’obiettivo della
sinodalità è stato spiegato facendo ricorso alla teologia, che, come sempre
avvenuto nelle nostre Chiese fin da quando essa si è manifestata, può essere
piegata ad ogni cosa. Di fatto la mancanza di dialogo non è stata espressione
di consenso e tanto meno di comunione,
in particolare di quella che si vuole espressione del soprannaturale, ma solo
della mancanza di reale sinodalità, con il che ci si è vietati di raggiungere l’obiettivo
dichiarato.
Per
tentare la sinodalità parrocchiale, dunque, occorre costruire un organismo di
partecipazione paritaria in cui le gerarchie particolari vengano messe in
secondo piano e che, come primo atto, definisca due principi di coesistenza
pacifica (anche se non necessariamente armoniosa, questo sarà il risultato di
una sinodalità realmente attuata), vale a dire il vietarsi il controllo totale sui propri adepti, il vietarsi
il considerare la propria via alla
fede come l’unica legittima ed efficace e, soprattutto, il principio inclusivo “Non
senza di me, ma non solo da me”. Il controllo totale dei propri adepti da parte di una gerarchia di
movimento rende impossibile la partecipazione sinodale, così come il
considerare le via degli altri pretestuose, eretiche o addirittura dannose per lo
sviluppo della fede e il proporsi di fare tutto da sé, appunto saturando
l’ambiente parrocchiale.
Va
detto che probabilmente non si otterrà inizialmente neppure il consenso all’avvio
di un organismo di quella sorta, che potrebbe anche essere un ricostituito Consiglio
pastorale parrocchiale, ma che, se il parroco non ne è convinto, non può
essere riorganizzato, perché la sua attuale disciplina lo mette nelle sue mani.
Potrebbe allora pensarsi a qualcosa di diverso come una Conferenza sinodale
parrocchiale che si proponga di sperimentare la sinodalità, innanzi tutto
inculturandola, spiegandone le basi, secondo progetti limitati e obiettivi
precisi. Già il solo fatto di creare una nuova rete di relazioni ispirata alla sinodalità sarebbe un importante
passo avanti. Bisognerebbe che questo nuovo organismo fosse in qualche modo realmente
rappresentativo della popolazione
parrocchiale, sia per cultura, che per orientamento sessuale ed età, il che,
allo stato, non può essere ottenuto ancora con procedure elettorali, perché si
è ancora troppo indietro per organizzarle e si viene dalla storia che sappiamo,
ma può essere conseguito con un lavoro preliminare per coinvolgere le varie
fasce di popolazione che gravitano intorno alla parrocchia e che si dimostrino
anche disposte a un impegno continuativo (del quale, per la verità, la gente in
genere diffida, sempre per la storia a cui ho fatto riferimento).
Infine una
raccomandazione molto importante. Nella nostra situazione ai tentativi di saturazione
si può reagire allargando il processo sinodale alle parrocchie dei
dintorni, in particolare a San Frumenzio, al Redentore e agli Angeli Custodi,
cercando di avanzare insieme conoscendosi meglio. Qui potremmo incontrare difficoltà
nella radicata diffidenza reciproca, perché, anche se si è molto vicini, è come
se si vivesse in città diverse. Eppure, mai come nell’attuale situazione, è l’allargamento
della partecipazione che potrebbe
rafforzare i processi sinodali. E’ del resto una soluzione che si trova anche
nelle raccomandazioni dei vescovi per i processi sinodali in corso.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro Valli.
lunedì 21 novembre 2022
Programma per una neo-parrocchia -1-
Programma per una neo-parrocchia
-1-
Tirando le fila di quanto s’è scritto in precedenza,
possiamo individuare gli elementi per progettare la costruzione di una neo-parrocchia
intesa come società organizzata in grado di replicarsi, quindi feconda.
Perché neo-parrocchia? Per il motivo
che non sarà la riproduzione di
qualcosa che già esiste altrove (modello conservatore) o la ricostituzione di qualcosa che è già esistito prima e
che aveva perso vigore o si era estinto (modello reazionario). Infatti i tempi
nuovi richiedono una diversa struttura
sociale.
L’esperienza ci insegna che è tempo perso
iniziare pasticciando con la teologia. Essa, infatti, funziona solo a
posteriori, per colorare un assetto che si è già consolidato, dandogli
legittimità. Di solito, invece, è proprio da lì che si inizia e quindi poi ci
si impantana. Lasciando da parte la teologia, inoltre, si scanseranno le
trappole delle accuse di eresia che i reazionari invariabilmente lanciano per
blindare sacralizzandolo arbitrariamente ciò che c’è e che, sebbene non funzioni
più, a loro sta bene per vari motivi.
Dunque, ciò a cui miriamo è una sinodalità
totale, vale a dire che tenda a coinvolgere ogni persona di fede che
gravita intorno alla parrocchia, a cominciare da quelle che vi abitano vicino.
Il concetto del gravitare ci
eviterà di impelagarci nei problemi che derivano dal considerare la parrocchia
come possesso di chi ci va (concezione condominiale). Come
mi fu insegnato da bambino, a religione, alle elementari, proprio da un prete
della nostra parrocchia, dobbiamo distinguere la parrocchia come complesso
immobiliare dalla parrocchia come ambiente sociale. Nel primo caso si può fare
questione di possesso e di proprietà, nell’altro si tratta di come si è
insieme agli altri. Le altre persone non devono cadere nelle mani di nessun altro,
come si può immaginare possibile se le si pensa, ad esempio, realmente come un gregge e quindi le si
disumanizza. Nella sinodalità totale devono invece diventare protagoniste di una
trasformazione sociale.
Una persona gravita intorno a un luogo
o ad un ambiente sociale se in qualche modo li include nel proprio immaginario,
vale a dire in una di quelle narrazioni che danno senso all’esistenza. Quindi ecco che gravita intorno
la parrocchia sia il parrocchiano d’elezione, che quindi la considera come luogo e come
ambiente sociale in cui già è o vuole essere incluso, sia il parrocchiano
per prossimità che vive nei
pressi della parrocchia e del suo ambiente sociale, vi passa accanto anche se
non entra e non cerca il contatto
sociale, ma sa che ci sono e non esclude di prendervi familiarità,
come invece un vegetariano accanito escluderà di servirsi di una macelleria e
aborre chi ci lavora e chi ne è cliente, oppure vi è già coinvolto in qualche modo, anche solo perché se si sposa
chiede al parroco, e lo stesso se gli
nasce un figlio e allora chiede che sia battezzato (pur potendo in questo caso,
come sappiamo, anche fare da sé).
Quindi già solo il suo pensare alla parrocchia come a una possibilità
rende interessante una persona per
il nostro lavoro, quindi ancor più chi vi è più coinvolto di così. Questo modo
di ragionare ci libera dal burocratismo canonistico che considera la parrocchia come creazione
di un gerarca e quindi di includere
o escludere a seconda dei criteri che egli, sempre con un certa arbitrarietà,
determina. Naturalmente essi sono utili per certi affari, ad esempio per
delimitare certi poteri di certificazione del parroco o i suoi poteri
nell’organizzazione del clero, ed anche nelle questioni riguardanti i beni
ecclesiastici, ma deve essere sempre chiaro che la comunità preesiste ed è
definita dalla sua forza di attrazione, per cui la gente vi gravita intorno.
Poiché la nostra parrocchia ha vissuto un
forte fenomeno di parrocchiani d’elezione questo è il solo modo di
costruire relazioni inclusive pacifiche e, inoltre, è anche il solo modo per
pensare non solo a chi in parrocchia già ci va, ma anche a tutti coloro che ci piacerebbe
ci venissero, perché appunto li vediamo gravitare intorno a noi o
che, comunque, sappiamo o immaginiamo che gravitino perché pensano a noi come a una possibilità.
Nel gergo teologhese questo viene definito missionarietà ecclesiale, ma
noi non abbiamo bisogno di usare quella terminologia perché si presta ad
equivoci, per come in passato è stata praticata la missionarietà, anche, per la
verità, in modi efferati. Diciamo invece così: sinodalità significa in primo luogo amicizia,
farsi amici e vivere da amici. Ad alcuni può sembrare poco. Ma non
leggiamo forse nel Vangelo:
Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici se fate quel che io vi comando. Io non vi chiamo più schiavi, perché lo schiavo non sa che cosa fa il suo padrone. Vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto sapere tutto quel che ho udito dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho destinati a portare molto frutto, un frutto duraturo. Allora il Padre vi darà tutto quel che chiederete nel nome mio. Questo io vi comando: amatevi gli uni gli altri.
[Dal Vangelo
secondo Giovanni, dal capitolo 15, versetti da 12 a 17 – Gv 15, 12-17 - versione in italiano TILC – Traduzione
interconfessionale in lingua corrente]
Αὕτη ἐστὶν ἡ ἐντολὴ ἡ ἐμὴ ἵνα ἀγαπᾶτε ἀλλήλους καθὼς ἠγάπησα ὑμᾶς· μείζονα ταύτης ἀγάπην οὐδεὶς ἔχει, ἵνα τις τὴν ψυχὴν αὐτοῦ θῇ ὑπὲρ τῶν φίλων αὐτοῦ. ὑμεῖς φίλοι μού ἐστε ἐὰν ποιῆτε ⸀ἃ ἐγὼ ἐντέλλομαι ὑμῖν. οὐκέτι ⸂λέγω ὑμᾶς⸃ δούλους, ὅτι ὁ δοῦλος οὐκ οἶδεν τί ποιεῖ αὐτοῦ ὁ κύριος· ὑμᾶς δὲ εἴρηκα φίλους, ὅτι πάντα ἃ ἤκουσα παρὰ τοῦ πατρός μου ἐγνώρισα ὑμῖν. οὐχ ὑμεῖς με ἐξελέξασθε, ἀλλ’ ἐγὼ ἐξελεξάμην ὑμᾶς, καὶ ἔθηκα ὑμᾶς ἵνα ὑμεῖς ὑπάγητε καὶ καρπὸν φέρητε καὶ ὁ καρπὸς ὑμῶν μένῃ, ἵνα ὅ τι ἂν αἰτήσητε τὸν πατέρα ἐν τῷ ὀνόματί μου δῷ ὑμῖν. ταῦτα ἐντέλλομαι ὑμῖν ἵνα ἀγαπᾶτε ἀλλήλους.
Dal Vangelo secondo Giovanni, dal
capitolo 15, versetti da 12 a 17 – Gv 15, 12-17
- testo in greco dagli antichi manoscritti proposto in Bibbiaedu.it]
L’amicizia, dunque la pace fra noi, è
addirittura il comandamento fondamentale del vangelo riguardo alla vita sociale.
Ma è anche un’esperienza profondamente umana e alla portata di tutti, colti e
incolti, sapienti e non. E poiché alla portata di tutti, è anche doverosa per
tutti: è infatti l’obbedienza a un comandamento, secondo quanto si
ritiene in religione.
Ogni società è caratterizzata da una forza d’attrazione,
che è appunto l’amicizia. E’ anche capace di violenza, in quanto è una
forza della natura e la natura è violenta. L’amicizia trasfigura la natura.
Probabilmente l’amicizia è riscontrabile anche, in qualche forma, nei viventi
non umani con un apparato neurologico più evoluto, ma negli umani assume un aspetto
particolare, caratteristico, che è poi quello
che ci permette di immaginare di organizzare la sopravvivenza degli ormai otto
miliardi di persone in cui consiste l’umanità,
che o è pacifica o non è. E’ densa di aspetti culturali e si è fatta tanto distante
dalla natura da cui emergiamo e di cui continuiamo ad essere fatti da
assumere i connotati del soprannaturale.
Certo, poi, ci costruiamo sopra mitologie appropriate e talvolta sembrano
proprio esse l’essenziale, ma non è così. Nei momenti di transizione culturale,
nell’eclissi delle mitologie del passato e nella genesi di nuove, è necessario
capire ciò che è essenziale nell’amicizia tra gli umani.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.