Proposta di lavoro sinodale al MEIC –
Movimento ecclesiale di impegno culturale - Lazio
La riforma sinodale avviata da Papa Francesco nelle Chiese
che sono in Italia, nelle altre Chiese del mondo, nel Sinodo dei Vescovi e
nella Santa Sede è il processo ecclesiale più importante dalla fine del
Concilio Vaticano 2° e, nelle intenzioni, parte della sua fase attuativa.
L’esperienza di quest’anno dimostra
chiaramente che essa non è ancora praticabile nelle strutture organizzative
superiori, a livello di Diocesi, di Patriarcati, Conferenze episcopali e di Santa
Sede. Chiedersi il perché non è utile, di fatto è così. C’è che le istituzioni,
tutte, sono progettate essenzialmente per conservare e quindi più poteri
accentrano più resistono ai cambiamenti.
L’intuizione di papa Francesco è stata però di
sorreggere quel processo sinodale dal basso, nel senso di realtà di
base, di prossimità, lì dove le persone vivono ed esprimono quotidianamente
la loro fede, probabilmente sulla base di quanto da lui stesso vissuto e
sperimentato in America Latina, nei lavori del CELAM, il Consiglio episcopale
latino-americano, del quale è stato protagonista in particolare nella
conferenza di Aparecida (Messico) del 2007. E’ stato notato che molte delle
idee che vennero da lui sviluppate in
quell’occasione sono poi tornate nel suo magistero pontificio.
Dall’anno passato il Meic regionale
del Lazio ha tenuto, in videoconferenza Zoom, una serie di interessantissimi
incontri su temi ecclesiali e sociali, occupandosi in particolare del processo
sinodale, con la partecipazione di molti professori in varie discipline e anche
mia e di altri amici, che abbiamo esperienza pratica in varie professioni e
istituzioni.
Alla ripresa, questo ottobre, ci siamo
chiesti come proseguire, consapevoli che un lavoro solo di intellettuali tra
intellettuali non basta e non ci soddisfa del tutto.
Siamo credenti e concepiamo il pensiero come
una parte dell’ora benedettino.
Ci manca il labora, la fatica sulle cose concrete, in particolare nella
cura delle società. Quest’ultima è anche un importante banco di prova di sperimentazione
delle idee sul cambiamento. Progettiamo, certo, e di idee ne sono venute
fuori diverse nei nostri incontri, ma come accertarsi che possano funzionare,
se poi non abbiamo occasione di sperimentarle?
Ecco, qui potrebbe tornarci utile il fatto
che tutti partecipiamo a realtà di base ancora molto importanti come le
parrocchie.
Ci siamo detti la nostra insoddisfazione di
come in genere vanno le cose lì, sotto molti profili.
Da quando sono stati istituiti i Consigli
pastorali parrocchiali, le parrocchie sono state dotate di una certa
autonomia organizzativa, che in molte parti d’Italia è stata sfruttata
addirittura per indire Sinodi parrocchiali. Però va detto che in diverse
parrocchie, come la mia, San Clemente papa ai Prati fiscale, nel Nord Est della
Città, nel quartiere Montesacro, rione Valli, per varie ragioni, in genere però
non per cattiva volontà od ostilità all’idea di sinodalità, quell’organismo funziona male o addirittura
non funziona più, benché esso sia obbligatorio per le norme vigenti nella
Diocesi di Roma e in molte altre Diocesi.
Il processo di riforma sinodale dal basso
potrebbe avvantaggiarsi di un movimento sinodale che coinvolga le parrocchie, sorreggendole
nella loro riorganizzazione su basi sinodali, praticabile dal punto di vista
istituzionale per quell’autonomia a cui ho accennato, e mettendole sistematicamente
in rete, mentre ora, in genere, ognuna fa per sé. Qui potremmo essere utili noi del MEIC – Lazio.
Sarebbe
anche un’occasione per constatare come e in che limiti funzionano certe
proposte che veniamo escogitando nella linea della sinodalità.
La possibilità di incontrarci in video
conferenza anche con le parrocchie è un’occasione molto favorevole, in
particolare per dialogare con i preti, che nelle parrocchie sono molto oberati
e non possono spostarsi in città o tra le città, se non nei pochi giorni all’anno
che dedicano al ritiro spirituale di routine e alle famiglie di origine.
Partiamo dalle nostre parrocchie di appartenenza.
Vediamo come funzionano. Sentiamone i protagonisti, clero e persone laiche.
Riflettiamo sui loro problemi concreti. Insceniamo realmente quella fase di ascolto
che in genere si è fatta molto male
nella prima fase dei processi sinodali in corso. Proviamo poi, noi e le parrocchie, a proporre
il nuovo, sinodale, e a viverlo insieme
a loro.
E, infine, scriviamoci su qualcosa come un libro
bianco, da proporre alle nostre Diocesi e alla Conferenza episcopale
italiana.
Che ne pensate?
Mario
Ardigò – MEIC Lazio & AC in San Clemente papa, Roma, Monte Sacro,
Valli