L’apertura del Concilio Vaticano 2°
L’11 ottobre di
sessant’anni fa il papa Giovanni 23° aprì solennemente il Concilio Vaticano 2°.
Fu un ciclo di assemblee legislative dei vescovi del mondo con il Papa. Lavorò
dal 1962 al 1965, in diverse sessioni, creando in tutti grandi e gioiose
aspettative.
Papa Giovanni 23° lo annunciò nel 1959, tre
mesi dopo essere stato eletto. Era stato anche professore di storia
ecclesiastica ed era convinto, dicono i suoi colleghi storici, che nei momenti
di crisi la Chiesa si era riunita in concilio. Per questo ne convocò uno:
riteneva che si fosse in uno di quei momenti. Ma probabilmente non immaginò la
portata del movimento di riforma che avrebbe prodotto. Morì nel corso dei
lavori, nel 1963, e il Concilio si concluse sotto la guida del suo successore,
il papa Paolo 6°.
Dagli anni Cinquanta i teologi cattolici
segnalavano una crescente inadeguatezza dell’organizzazione ecclesiastica
rispetto alle società in cui la Chiesa era immersa, in particolare con riguardo
a quelle Occidentali. Vi erano profili teologici delicati e importanti da
riesaminare. Sotto il papa Pio 12° si era prodotto un forte accentramento delle
funzioni ecclesiastiche intorno alla Santa Sede e una politica ecclesiastica
piuttosto reazionaria. Quest’ultima, a parte la preparazione e la conduzione
del Concilio, fu proseguita da papa Giovanni 23°. Egli pensava necessario un “aggiornamento” in
certe cose. Quello che propose venne però incontro a grandi aspettative e la Chiesa rispose
in massa, non solo nei vescovi, nell’altro
clero e nei religiosi, ma in tutta l’altra gente.
Parlando ai fedeli raccolti in piazza S.
Pietro la sera dell’11 dicembre 1962 lo spiegò alla gente, che guardava anche
mediante la televisione, che non da molto era diventata un elettrodomestico
molto diffuso. E’ il famoso Discorso alla luna, che potete rivedere su
YouTube
https://www.youtube.com/watch?v=QoShzJiwop4
Eccone
il testo:
Cari figliuoli, sento le vostre
voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero; qui tutto
il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata,
stasera – osservatela in alto! – a guardare a questo spettacolo.
Noi chiudiamo una grande giornata di pace; di
pace: « Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà ». Ripetiamo spesso
questo augurio e quando possiamo dire che veramente il raggio, la dolcezza
della pace del Signore ci unisce e ci prende, noi diciamo: “Ecco qui un saggio
di quello che dovrebbe essere la vita, sempre, di tutti i secoli, e della vita
che ci attende per l’eternità”.
Dite un poco: se domandassi, potessi
domandare a ciascuno: “Voi da che parte venite?”, i figli di Roma che sono qui
specialmente rappresentanti [risponderebbero]: “Noi siamo i vostri figliuoli
più vicini, Voi siete il Vescovo di Roma”. Ma voi, figliuoli di Roma, voi
sentite di rappresentare veramente la Roma caput mundi, così come nella
Provvidenza è stata chiamata ad essere: per la diffusione della verità e della
pace cristiana.
In queste parole c'è la risposta al vostro
omaggio. La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato
Padre per la volontà di Nostro Signore, ma tutt’insieme: paternità e
fraternità e grazia di Dio, tutto, tutto!
Continuiamo, dunque, a volerci bene, a
volerci bene così, a volerci bene così, guardandoci così nell’incontro,
cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte quello - se c’è – qualche cosa
che ci può tenere un po’ in difficoltà.
Niente: Fratres sumus! La luce che splende
sopra di noi, che è nei nostri cuori, che è nelle nostre coscienze, è luce di
Cristo, il quale veramente vuol dominare, con la Grazia sua, tutte le anime.
Stamattina è stato uno
spettacolo che neppure la Basilica di San Pietro, che ha quattro secoli di
storia, non ha mai potuto contemplare.
Apparteniamo quindi ad un'epoca, nella quale
siamo sensibili alle voci dall'Alto: e vogliamo essere fedeli e stare secondo
l'indirizzo che il Cristo benedetto ci ha fatto.
Finisco, dandovi la benedizione. Accanto a me
amo invitare la Madonna Santa e benedetta, di cui oggi ricordiamo il grande
mistero.
Ho sentito qualcuno di voi che ha ricordato
Efeso e le lampade accese intorno alla basilica di là, che io ho veduto con i
miei occhi, non a quei tempi, si capisce, ma recentemente, e che ricorda la
proclamazione del Dogma della Divina Maternità di Maria.
Ebbene, invocando Lei, alzando tutti insieme
lo sguardo verso Gesù benedetto, il Figliol suo, ripensando a quello che è con
voi, a quello che è nelle vostre famiglie, di gioia, di pace e anche, un
poco, di tribolazione e di tristezza, la grande benedizione accoglietela di
buon animo.
Questa sera lo spettacolo offertomi è tale da
restare ancora nella mia memoria, come resterà nella vostra. Facciamo onore alla
impressione di questa sera. Che siano sempre i nostri sentimenti come ora li
esprimiamo davanti al Cielo e davanti alla terra: fede, speranza, carità, amore
di Dio, amore dei fratelli; e poi, tutti insieme, aiutati così nella santa pace
del Signore, alle opere del bene !
Tornando a casa, troverete i bambini; date
una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete
qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona. Il Papa è
con noi specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza.
E poi, tutti insieme ci
animiamo cantando, sospirando, piangendo, ma sempre sempre pieni di fiducia nel
Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuare e riprendere il nostro
cammino.
Così, dunque, vogliate attendere alla
Benedizione che vi do ed anche alla buona notte che mi permetto di augurarvi,
con la preghiera, però, che non si cominci solamente…Oggi noi iniziamo un Anno,
un Anno – chi lo sa? – speriamolo bene: il Concilio comincia e non sappiamo
quando finirà. Potesse finire prima di Natale…Ma forse forse non riusciremo a
dir tutto, ad intenderci su tutto bene. Ci vorrà un altro ritrovo. Ma se il
ritrovarci così deve sempre allietare le nostre anime, le nostre famiglie, Roma
e tutto quanto il mondo, tutto intero, vengano pure questi giorni, li
aspettiamo in benedizione.
Dunque, rispondete alle mie
parole, alle mie benedizioni (Benedizione)
Il governo della Chiesa è innanzitutto
espresso dal Papa, ma Egli non fa tutto lui: ha i suoi collaboratori, suoi
confratelli, tutti spesi nell’intesa, sempre, di far trionfare il piano di
Nostro Signore Gesù Cristo. Ecco qua i rappresentanti: -ecco, venite! Venite! -
il Segretario di Stato [ndr:Amleto Giovanni Cicognani], che rappresenta
tutti, questo Segretario di Stato, cardinale, non è mica nato qui intorno,
conosce tutta l’America, ha passato tutta la sua vita così visitando i vari
continenti. E tutti gli altri suoi che sono in collaborazione sua, più o meno
hanno porto l’orecchio a quelle che sono le invocazioni, i desideri del popolo
cristiano. Con loro, e alla presenza loro, un’altra benedizione. Ma poi vi
lascio andare a casa, perché la sera si attarda sopra di noi e la buona notte
deve essere santificata, anche quella.
Ricordo sempre di essere stato uno di quei bambini
che ricevette la carezza di quel Papa. Me la fece mia madre, dopo aver visto il
Papa in televisione: mi disse proprio così, “Questa è la carezza del Papa”.
Spesso sento dire che il Vaticano 2° fu un
concilio pastorale e per pastorale si intende quella parte del lavoro che si fa
nelle relazioni con la società intorno, per distinguerlo da quello che consiste
nell’elaborazione e proclamazione dei principi fondamentali, i dogmi. Ma non è
così: il documento più importante deliberato da quel Concilio è una Costituzione
dogmatica, quella denominata, dalle prime sue parole nel testo latino, Lumen
gentium – Luce per le genti, sulla Chiesa.
Quel Concilio deliberò sulla collegialità dei
vescovi con il Papa, sul ruolo delle persone laiche nella Chiesa, sull’importanza
della riflessione biblica per la Chiesa, sui rapporti con le altre Chiese
cristiane, con le altre religioni e con i non credenti, sull’azione politica
ispirata dalla fede per riformare il mondo secondo i principi evangelici e
decise una profonda riforma della liturgia, consentendo in particolare la
celebrazione della messa nelle lingue nazionali del mondo, mentre fino ad
allora era celebrata nel latino liturgico. La riforma liturgica fu l’unica ad
avere una estesa applicazione, insieme ai nuovi principi in materia di Azione
Cattolica. Per il resto si produsse un grande movimento popolare di
riforma, anche la nostra Azione Cattolica ne fu coinvolta riformando nel 1969 il
proprio statuto, ma questo moto popolare fu gelato sotto i pontificati di
Giovanni Paolo 2° e Benedetto 16°, timorosi di abbandonare i principi giuridici
totalitari del passato, formatisi al tempo della durissima contrapposizione con
la modernità. Essi cercarono di presentare una continuità del Concilio Vaticano 2° con il passato e di
correggere il coinvolgimento laicale nella vita della Chiesa imponendo la comunione
intesa come obbedienza alla gerarchia, così frustrandolo. In
particolare il primo corresse il principio di sinodalità episcopale sviluppato timidamente
dal papa Paolo 6° sulla base di quanto deliberato dal Concilio. Si è ripreso a lavorarci sopra, cercando di
farne tirocinio, sotto il papa Francesco.
Gli esperti ricordano che nei documenti del
Concilio non si rinviene il termine sinodalità, mentre ci si occupò di collegialità,
ma con esclusivo riferimento a quella dei vescovi con il Papa. Ma la nuova
teologia sul laicato scaturente dal concepire la Chiesa intera come Popolo
di Dio, la implica. In precedenza per Chiesa si era finito per intendere solo il clero e i
religiosi, organizzati gerarchicamente sotto il Papa e i vescovi, mentre la
grande moltitudine degli altri fedeli vi era come appiccicata, ma senza
esserne elemento essenziale. La svolta risale al Cinquecento, ma il Papato si trasformò
in un’autocrazia assolutistica solo da metà Ottocento. Fu un portato del
Concilio Vaticano 1°, tenutosi a Roma nel 1870 e sospeso quell’anno, e mai più
ripreso, per la soppressione del Regno Pontificio per conquista militare
attuata dal nuovo Regno d’Italia sotto la dinastia Savoia. Papa Giovanni 23°
denominò il suo Concilio Vaticano
2°, per significare il distacco da metodi e principi del precedente.
Non dovrebbe anche papa Francesco convocare
un nuovo Concilio? Ora sta cercando di indurre un movimento sinodale con suoi
atti di autorità. Probabilmente pensa che finisca con il prendere piede, come è
accaduto nell’esperienza del Consiglio episcopale latino-americano in cui egli
svolse un ruolo molto importante, in particolare nell’assemblea tenuta ad
Aparecida (Brasile) nel 2007. Finora tutto si è però ridotto a una serie di
adempimenti burocratici, e nella solita letteratura in ecclesialese, con scarsissimo coinvolgimento della gente di
fede, mentre clero e religiosi appaiono timorosi e diffidenti. Probabilmente
pensano che sia irrealistico, che le persone di fede siano molto meno e molto
meno ardimentose di quelle che il Papa pensa che siano e che il processo
sinodale è un altro carico che si abbatterà solo sulle loro spalle, per cui
cercano sbrigativamente di archiviare il tutto.
Le persone laiche non mi pare che, in genere, a parte gli ambienti
degli addetti ai lavori, ci abbiano capito granché, anche perché non si
fa formazione popolare e soprattutto della sinodalità non si è mai iniziato a
fare tirocinio.
Sotto questo punto di vista la nostra Azione
Cattolica è privilegiata perché pratica da decenni il metodo sinodale.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli