Perché la pace come valore cristiano?
La questione
del “Perché la pace come valore cristiano?” riguarda tutte le persone di
fede ed è uno dei temi centrali della dottrina sociale, la quale è parte del più vasto pensiero sociale cristiano.
Ha risvolti
teologici molto sofisticati, ma, ad un primo livello di riflessione, può essere
accessibile a tutti.
La
Bibbia è un insieme di testi ritenuti normativi per la nostra fede. Contiene
anche della teologia, soprattutto nelle lettere attribuite a Paolo di
Tarso e nelle altre inserite nel Nuovo Testamento. In prevalenza è fatta di
narrazioni di storie, in parte affidabili dal punto di vista storiografico e in
parte puramente letterarie. Una sezione molto importante è fatta di canti
liturgici, i salmi. Nelle narrazioni bibliche ci sono diversi modi di
considerare la pace. In generale quelle che si presentano come racconti di
eventi realmente accaduti parlano di figure, capi politici, condottieri, molto
poco pacifici. Nel mondo antico praticare
la guerra non era considerato disonorevole, tutt’altro. Nel contesto biblico l’importante
era combattere dalla parte giusta, quella del Dio di Israele. Il Maestro non smentì questo modo di pensare,
anche se personalmente non fu un violento, né un condottiero: esortava alla
conversione, nel senso di tornare al Dio di Israele, e fu un taumaturgo per accreditare
il suo insegnamento. Disse di essere un mite, ma non contrastò la mitologia
guerriera costruita sulle grande figure bibliche, ad esempio Mosè. Mosé,
Giosué, Davide e altri ci vengono raccontati come feroci guerrieri, e nel
quadro biblico lo erano per obbedienza al Dio di Israele.
Il
racconto biblico della conquista di Gerico può rendere l’idea di ciò a cui mi
riferisco:
Giosuè conquista Gerico
Le porte di Gerico erano sbarrate e barricate
per paura degli Israeliti. Dalla città non usciva più nessuno ed era
impossibile entrarvi. Il Signore disse a Giosuè: «Io darò in tuo potere
Gerico, il suo re e i suoi soldati. Ti metterai in marcia con tutti i tuoi
uomini. Farete un giro completo attorno alla città, ogni giorno, per sei giorni
di seguito. Sette sacerdoti prenderanno ognuno una tromba fatta
di corno di ariete e cammineranno davanti all’arca. Il settimo giorno girerete
attorno alla città per sette volte, e i sacerdoti suoneranno la
tromba. 5Appena si sentirà il lungo segnale delle trombe, tutto il popolo
lancerà il grido di guerra e le mura della città crolleranno. Così ogni vostro
soldato troverà la strada aperta davanti a sé».
Giosuè,
figlio di Nun, convocò i sacerdoti e ordinò: «Sollevate l’arca dell’alleanza!
Sette di voi prendano le loro trombe e passino davanti all’arca del
Signore». 7Poi ordinò al popolo: «Mettetevi in marcia e fate il giro
attorno alla città. Un gruppo di soldati passi in testa, davanti all’arca del
Signore».
Appena
Giosuè finì di dare gli ordini al popolo i sette sacerdoti con le sette trombe
di corno si mossero per primi e cominciarono a suonare. L’arca dell’alleanza
del Signore li seguì. Un gruppo di soldati passò in testa, davanti ai
sacerdoti che suonavano le trombe. Gli altri soldati si disposero dietro a
tutti. Il corteo procedeva al suono delle trombe.
Giosuè
aveva ordinato al popolo di avanzare senza gridare e senza parlare, in assoluto
silenzio. Avrebbero lanciato il grido di guerra soltanto più tardi, a un ordine
preciso di Giosuè. L’arca fece un primo giro completo attorno alla città.
Poi gli Israeliti tornarono all’accampamento dove passarono la notte.
L’indomani
Giosuè si alzò di buon mattino. I sacerdoti presero l’arca del Signore. I
sette sacerdoti con le sette trombe marciavano anche questa volta davanti
all’arca del Signore e suonavano. Davanti a loro marciava un gruppo di soldati;
poi c’era l’arca del Signore, seguita da tutti gli altri. Il corteo procedeva
al suono delle trombe. 14Anche quel secondo giorno fecero un giro completo
attorno alla città e poi tornarono all’accampamento. E così fecero per sei
giorni.
Il settimo giorno si alzarono all’alba e
girarono attorno alla città sette volte, nello stesso ordine dei giorni
precedenti. Solo che quel giorno i giri furono sette. Al settimo giro i
sacerdoti suonarono le trombe e Giosuè disse al popolo: «Ora lanciate il grido
di guerra, perché il Signore ha dato la città in vostro potere! Essa è
destinata allo sterminio: tutto quel che si trova dentro la città va distrutto
perché appartiene al Signore. Nessuno sarà risparmiato, eccetto la prostituta
Raab e quelli che sono nella sua casa, perché ha aiutato le nostre spie. Ma
state bene attenti: tutto deve andare distrutto; non dovete prendere niente per
voi, altrimenti renderete maledetto il nostro accampamento e attirerete rovina
su di esso. Tutto l’oro e l’argento, gli oggetti di bronzo e di ferro
appartengono al Signore e dovranno far parte del suo tesoro».
Appena
i sacerdoti suonarono le trombe, il popolo lanciò il grido di guerra. Al
segnale delle trombe e al tremendo urlo del popolo le mura di Gerico crollarono
su se stesse. I soldati trovarono la strada aperta davanti a loro. Entrarono
nella città e la conquistarono. Essi applicarono la legge dello
sterminio: uccisero uomini e donne, giovani e vecchi; ammazzarono anche i buoi,
i montoni e gli asini.
[dal libro di Giosué, capitolo 6, versetti da 1
a 21 – Gios 6, 1-21 – versione in italiano TILC Traduzione interconfessionale
in lingua corrente]
«Essi
applicarono la legge dello sterminio: uccisero uomini e donne, giovani e
vecchi; ammazzarono anche i buoi, i montoni e gli asini». Oggi non consideriamo
più questo un esempio da seguire e tantomeno un comando divino. Ma in passato non
fu così. In questa prospettiva la pace consegue alla vittoria in una guerra giusta.
A questo punto si possono fondere la armi in aratri e falci.
Alla fine il monte dove sorge il tempio del
Signore
sarà il più alto di
tutti e dominerà i colli.
Tutti i popoli si
raduneranno ai suoi piedi e diranno:
«Saliamo sul monte del
Signore,
andiamo al tempio del
Dio d’Israele.
Egli c’insegnerà quel
che dobbiamo fare;
noi impareremo come
comportarci».
Gli insegnamenti del
Signore
vengono da Gerusalemme;
da Sion proviene
la sua parola.
Egli sarà il giudice
delle genti, e l’arbitro dei popoli.
Trasformeranno le loro
spade in aratri e le lance in falci.
Le nazioni non saranno
più in lotta tra loro
e cesseranno di
prepararsi alla guerra.
Ora, Israeliti, seguiamo
il Signore.
Egli è la nostra luce.
[Dal libro del
profeta Isaia, capitolo 2°, versetti da 2 a 5 – Is 2, 1-5 – versione in
italiano TILC Traduzione interconfessionale in lingua corrente]
Il
Maestro, tuttavia, non ammazzò nessuno
né ordinò mai di ammazzare nessuno. Salvò dalla lapidazione la donna accusata d’adulterio
[si legga il Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, versetti da 1 a 11 - Gv 8,1-11]. E’ un modo diverso di affrontare
la questione della violenza. Però egli non condannò lo sterminio praticato dai grandi
condottieri biblici, né le guerre di conquista degli israeliti narrate nella Bibbia,
né la pena della lapidazione per l’adulterio della donna.
Nei Vangeli
non si ritrova un insegnamento esplicito sulla pratica della guerra, in
particolare per precisare a che condizioni possa essere giusta, nel
senso di conforme ai comandi divini, e se si possa disobbedire ad una chiamata
alle armi o al comando di un capo militare. La teologia che si trova nel Nuovo
Testamento ci parla però di una paternità divina universale, a cui consegue una
fratellanza universale. In quest’ottica la pace diventa un valore religioso,
come espressione di agàpe. E’ appunto questa la via seguita sempre dal
pacififismo cristiano, che, ad un certo punto, si manifesta anche nel Magistero
pontificio. Va detto che i Papi, in particolare come capi politici, in
particolare come sovrani nel loro stato nel Centro Italia, non furono in genere
né pacifici né pacifisti. Cominciarono a diventarlo a seguito di quella guerra totale,
cioè con coinvolgimento di tutta la popolazione non solo dei soldati, che
chiamiamo Prima Guerra Mondale (1914-1918), scoppiata in Europa ma
estesasi alle colonie europee nel mondo.
Pensare
alla pace universale come un valore cristiano portò a temperare le conseguenze
della dottrina etica sulla guerra giusta, che cerca di definire a che
condizioni un cristiano posso combattere in guerre e dichiararla. Storicamente gli
stati cristiani si sono duramente combattuti, ma quella dottrina vietava ai fedeli
di rifiutare obbedienza all’ordine di guerra, in quanto riteneva che solo il
legittimo governo potesse decidere quando una guerra fosse giusta. A queste
condizioni ci si poteva massacrare tra cristiani e confidare nel paradiso, di stare
facendo la cosa giusta, in particolare rischiando la vita per amor di patria. E’
ciò che accade oggi anche nella guerra che si combatte in Ucraina tra cristiani.
L’argomento
principale che viene svolto sulla pace come valore cristiano è così sintetizzato
nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e
la speranza - Gaudium et spes, deliberata
dal Concilio Vaticano 2° (1962-1965)
La pace terrena, che nasce
dall'amore del prossimo, è essa stessa immagine ed effetto della pace di Cristo
che promana dal Padre. Il Figlio incarnato infatti, principe della pace, per
mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio; ristabilendo
l'unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne
l'odio e, nella gloria della sua
risurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli uomini.
Pertanto tutti i cristiani
sono chiamati con insistenza a praticare la verità nell'amore (Ef 4,15) e ad
unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della pace per implorarla dal
cielo e per attuarla.
Ma, se una guerra scoppia, come può fare la persona
cristiana a fermarla? Questo è il problema che ci assilla di questi tempi.
Uno dei
modi praticati è quella di cercare di vincerla, neutralizzando la
controparte. E’ questa la via seguita dalla NATO nella guerra in Ucraina.
La via
insegnata dalla pratica della nonviolenza, insegnata dall’indiano Ghandi
e da noi da Aldo Capitini (che iniziò la Marcia per la pace Perugia-Assisi),
è di disobbedire all’ordine di guerra dato dai governi. ll Magistero non
insegna questa via. Ma correnti del pensiero cristiano lo raccomandano.
Gli ultimi anni della vita di Lorenzo Milani,
grande anima, furono travagliati dalla polemica sulla questione dell’obiezione
di coscienza, vale a dire sul rifiuto di rispondere alla chiamata alle armi,
che all’epoca, in cui vigeva il servizio militare obbligatorio maschile, era un
delitto, non essendo ammessa dall’ordinamento. Lorenzo Milani entrò in polemica
con i cappellani militari italiani, vale a dire con i preti inquadrati nelle
formazioni militari per prestare assistenza religiosa ai soldati. Avevano
definito codardi gli obiettori di coscienza. Ho letto che lo fece anche Montini
da Papa.
E’
importante capire questo: la guerra è una forma di violenza collettiva che deve
essere nettamente distinta da quella tra persone o tra fazioni sociali. La
differenza è notevole. Nel secondo caso si conserva la facoltà di decidere se
usare o non la violenza. Nel primo caso si
deve obbedire ad un ordine del proprio governo e non si ha quella facoltà: si deve partecipare al massacro, a meno,
dove è previsto, di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza, ma, anche
in questo caso, si deve comunque partecipare allo sforzo bellico, anche se non
prestando servizio in armi. Gli
insegnamenti evangelici si riferiscono, per quel che ricordo ma correggetemi se
sbaglio, alla violenza tra persone e tra
fazioni: non trattano espressamente della guerra in senso proprio, vale a dire
di quella ordinata dagli stati.
Queste
la coordinate del problema.
Sarebbe
importante rifletterci sopra insieme. Di solito, invece, si scelgono soluzioni
più sbrigative. Non si può dare per scontato che il Maestro, non avendo
praticato la violenza né ordinato di praticarla, ed essendosi dichiarato mite,
abbia anche inteso vietare la guerra, in particolare perché non prese
questa posizione sui tremendi racconti di violenza bellica contenuti nelle
Scritture.
In
genere, i pacifisti cristiani mi pare che si muovano nel filone ghandiano, che
è piuttosto recente, valutata la sua
vetustà secondo il metro bimillenario della nostra storia religiosa. Questo è un
bel problema per una religione come la nostra in cui si dà tanta importanza all’antichità
di una tradizione per definirne l’autorità.
La
questione riguarda anche la nostra ideologia nazionale, che si fonda sull’idea
di Risorgimento come movimento
per l’unificazione nazionale: nella linea politica di Giuseppe Mazzini. infatti
tutte le risorgimentali guerra d’indipendenza furono guerre d’aggressione
condotte contro governi legittimi, con particolare ferocia quella promosse da
Giuseppe Garibaldi. I garibaldini che lo avevano seguito dal Sud America erano
appunto molto temuti per la violenza sanguinaia dei loro assalti all’arma
bianca.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli