di Lorenzo Milani, Lettera ai cappellani militari
toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell’11-2-65, pubblicata il
6-3-65 sul settimanale Rinascita
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Comunicato
dell’11 febbraio 1965
Cappellani
militari toscani
Comunicato
pubblicato sulla Nazione di Firenze, 12 febbraio 1965.
Nell'anniversario
della Conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano, si sono riuniti ieri,
presso l'Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il Magnifico, i
cappellani militari in congedo della Toscana.
Al termine dei
lavori, su proposta del presidente della sezione don Alberto Cambi, è stato
votato il seguente ordine del giorno:
«I cappellani
militari in congedo della regione toscana, nello spirito del recente congresso
nazionale dell'associazione, svoltosi a Napoli, tributano il loro riverente e fraterno
omaggio a tutti i caduti d'Italia, auspicando che abbia termine, finalmente, in
nome di Dio, ogni discriminazione e ogni divisione di parte di fronte ai
soldati di tutti i fronti e di tutte le divise, che morendo si sono sacrificati
per il sacro ideale della Patria.
Considerano un
insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta "obiezione di
coscienza" che, estranea al comandamento cristiano dell'amore, è
espressione di viltà».
L'assemblea ha
avuto termine con una preghiera di suffragio per tutti i caduti.
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Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai
miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo.
Avremmo però voluto fare uno sforzo per capire e
soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita
militare. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia
scuola.
Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il
silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse
domande pubblicamente.
PRIMO perché avete insultato dei cittadini che noi e
molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A
meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana
bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore.
SECONDO perché avete usato, con estrema leggerezza e
senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi.
Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica è oggi più
matura che in altri tempi e non si contenterà né d'un vostro silenzio, né d'una
risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o
volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti
sarò ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi
fossero sfuggite cose non giuste.
Non discuterò qui l'idea di Patria in sé. Non mi
piacciono queste divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il mondo in
italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e
reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato,
privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i
miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia,
di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente
squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri
possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono
migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere,
mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono
nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le
vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione.
Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per
le loro idee pagano di persona.
Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male
molte volte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal
pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la
Patria e valori ben più alti di lei.
Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo.
È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé
non accettò nemmeno la legittima difesa.
Mi riferirò piuttosto alla Costituzione.
Articolo 11 «L'Italia ripudia la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli...».
Articolo 52 «La difesa della Patria è sacro dovere del
cittadino».
Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato
il popolo italiano in un secolo di storia.
Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta
intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i
soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi
dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l'onore della Patria: quelli che
obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il
mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico.
Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo?
E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un
villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi
atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i
processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte
qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri
soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale
ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano
di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o
avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in
faccia ai vostri «superiori» sfidando la prigione o la morte? se siete ancora
vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne
avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la più
elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se
volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a
tutto la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E
se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l'anno) l'esercito, è solo perché
difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità
popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano)
urgeva più che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza.
L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta
troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta
anche troppo.
Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che
parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire
e quando occorreva obiettare.
1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di
Patria, tentò di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua
Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della
loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha
in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria.
A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa è
alle porte.
La Costituzione è pronta a riceverla: «L'Italia consente
alle limitazioni di sovranità necessarie...». I nostri figli rideranno del
vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I
nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani
militari le vedranno solo nei musei.
La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi
c'era stato un accordo con il popolo più attaccabrighe e guerrafondaio del
mondo per aggredire l'Austria insieme.
Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i
Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'è vero che non
la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava
aggredendo, tant'è vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il
Gregorovius spiega nel suo diario: «L'insurrezione annunciata per oggi, è stata
rinviata a causa della pioggia».
Nel 1898 il Re «Buono» onorò della Gran Croce Militare il
generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che è bene ricordare.
L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a
un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo
perché i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse.
Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri
e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti
innumerevoli. Fra i soldati non ci fu né un ferito né un obiettore. Finito il servizio
militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perché era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare «Savoia»
anche quando li portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo
pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era
l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo
europeo.
Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non
vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza
Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti
perché quel giornale considera la vita d'un bianco più che quella di 100 neri.
Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo,
dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne
i mandanti qui in Europa?
Idem per la guerra di Libia.
Poi siamo al '14. L'Italia aggredì l'Austria con cui
questa volta era alleata.
Battisti era un Patriota o un disertore? È un piccolo
particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri
ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di
poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti?
Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui
(450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava,
non chiamava forse a una «inutile strage»? (l'espressione non è d'un vile
obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato).
Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita.
Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se
i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza
«cieca, pronta, assoluta» quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al
mondo (50.000.000 di morti). Così la Patria andò in mano a un pugno di
criminali che violò ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della
parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei
sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra «Patria»,
quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato,
quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla
Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).
Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati
verso una nuova infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per
andar «volontari» a aggredire l'infelice popolo spagnolo.
Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua
Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto
italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riuscì a ottenere quello che
volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello
sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni libertà civile e religiosa.
Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale
ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver
difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei
«volontari» italiani tutto questo non sarebbe successo.
Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli
italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno
spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro
Patria. Gente che aveva obiettato.
Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli
capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali
disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire?
Poi dal '39 in là fu una frana: i soldati italiani
aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato
alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia).
Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno
contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e
sono per ora i due sistemi politici più nobili che l'umanità si sia data.
L'uno rappresenta il più alto tentativo dell'umanità di
dare, anche su questa terra, libertà e dignità umana ai poveri.
L'altro il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche
su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri.
Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro
sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite
piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema
politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione
d'ogni valore morale, di ogni libertà se non per i ricchi e per i malvagi.
Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio
d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore
dispersa nel mondo e sofferente).
Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che
significato possono più avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra è
stata un confronto di ideologie e non di patrie?
Ma in questi cento anni di storia italiana c'è stata
anche una guerra «giusta» (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse
offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana.
Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari.
Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano
obiettato.
Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i
«ribelli», quali i «regolari»?
È una nozione che urge chiarire quando si parla di
Patria. Nel Congo p. es. quali sono i «ribelli»?
Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta
guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono
a ricacciare i nostri soldati.
Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o
operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza
militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un «distinguo» che vi
riallacci alla parola di San Pietro: «Si deve obbedire agli uomini o a Dio?». E
intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare
come ha fatto San Pietro.
In molti paesi civili (in questo più civili del nostro)
la legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera.
Chiedono di sacrificarsi per la Patria più degli altri, non meno. Non è colpa
loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.
Del resto anche in Italia c'è una legge che riconosce
un'obiezione di coscienza. È proprio quel Concordato che voi volevate
celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di
coscienza dei Vescovi e dei Preti.
In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora
pronunziata né contro di loro né contro di voi. La sentenza umana che li ha
condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son
vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene
in mente che non s'è mai sentito dire che la viltà sia patrimonio di pochi,
l'eroismo patrimonio dei più?
Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono
dei profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione, ma non è bello star
dalla parte di chi ce li tiene.
Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per
assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino
Gandhi da giovane l'ha fatto. Più maturo condannò duramente questo suo errore
giovanile. Avete letto la sua vita?
Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i
suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore è «estraneo al
comandamento cristiano dell'amore» allora non sapete di che Spirito siete! che
lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se
non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!
Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi
auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni
divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise
che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Libertà,
Verità.
Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai
giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il
male, fra la verità e l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della
sua vittima.
Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che,
avvelenati senza loro colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il
solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile
ideale umano.
Lorenzo Milani sac.