Uomo del mio tempo
di Salvatore Quasimodo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle
forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo
sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come
uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda,
tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro
cuore.
Ieri
è stato pubblicato, anche in e-book, un libro dal titolo Contro la guerra.
Il coraggio di costruire la pace, Libreria editrice vaticana / RCS, fatto
di omelie, discorsi, documenti di papa Francesco, da quando è vescovo di Roma e
pastore universale della nostra Chiesa.
Parlare contro la guerra espone da noi ad aspre critiche e a
sospetti di connivenza con il nemico. Al Papa viene riservato un
trattamento meno duro, viene semplicemente ignorato.
Eppure bisogna avere il coraggio di continuare a cercare di costruire
la pace, perché altrimenti l’essere cristiani ha poco senso. La guerra si
fa sempre contro Cristo, è un
atto malvagio e già lo è il solo riarmo. Quest’ultimo sporca l’anima, è scritto nel libro del Papa.
In Europa,
guidati da politiche malvagie, abbiamo ripreso a combattere una guerra
continentale, dopo esserci lungamente preparati a questo, anche se avevamo
giurato che non sarebbe accaduto più. Ecco: invece sta accadendo di nuovo. Rapidamente
stiamo rompendo relazioni che avevamo
faticosamente costruito al posto della passata inimicizia e stiamo sprecando per
riarmarci, con armamenti di distruzione di massa, utilizzando le risorse che
centellinavamo quando si trattava di favorire la ripresa dopo la pandemia di
Covid 19 e di mantenere le misure di stato sociale. La guerra, e già il
riarmo, sono molto costosi. Un solo aviogetto da guerra, una delle armi più tremende,
costa tra i cinquanta e i cento milioni di dollari.
Ecco
che ci sorprendiamo ad esultare per la morte dei nemici, per l’affondamento di
una grande nave da guerra, un altro tremendo strumento di morte, ma non tanto
perché non potrà più uccidere, piuttosto perché vi sono morte dentro le persone
che la facevano funzionare, comandate in guerra, perché sono morti dei nemici. Chi esulta per la
morte si fa schiavo della morte.
Scriveva
il grande filosofo Immanuel Kant nel Settecento, nel suo Per la pace
perpetua:
«Non
sarebbe male che un popolo, a guerra finita e dopo aver concluso il trattato di
pace, dopo la festa del ringraziamento decretasse un giorno di espiazione per
chiedere perdono al cielo, in nome dello Stato, per la grave colpa della quale
il genere umano continua a macchiarsi, rifiutando di sottomettersi ad una
costituzione legale che regoli i rapporti con gli altri popoli, e preferendo
usare, fiero della sua indipendenza, il barbaro mezzo della guerra (mediante il
quale tuttavia non si decide ciò che si cerca, vale a dire il diritto dello
Stato). I festeggiamenti coi quali si rende grazie per una vittoria conseguita
in guerra, gli inni cantati … al Signore degli eserciti, non contrastano meno
nettamente con l’idea morale del padre degli uomini; infatti, a parte la già
abbastanza triste indifferenza a riguardo dei mezzi coi quali i popoli
perseguono il proprio reciproco diritto, esprimono per di più la soddisfazione
d’avere annientato un bel numero di uomini, o distrutto la loro felicità»
Come
possiamo osare celebrare la Pasqua dei
cristiani con questi pensieri di morte dentro? La guerra è sempre contro il Dio dei cristiani, perché il nome di
Dio, è scritto, è agàpe, che significa pace perfetta.
«Abbiamo
smarrito la via della pace», con questa frase comincia
il libro del Papa. La guerra che stiamo combattendo deriva da politiche di dominio
e sopraffazione che sono condivise da tutti i belligeranti e di cui fanno le
spese i popoli. Questi ultimi, nelle guerre, sono gli aggrediti; gli aggressori
sono coloro che comandano le guerre, senza distinzione. Il primo nemico di chi
ordina una guerra è il proprio popolo. Le guerre sono sempre uno strumento
di dominio sui popoli.
Il
riarmo e la guerra sta rapidamente distruggendo quell’epocale strumento di pace
che è stato l’Unione Europea. C’è chi la vorrebbe più simile agli Stati Uniti d’America,
con una immane forza militare sotto comando unico. Ma il nostro problema non è
quello, quanto sostituire la deterrenza militare con relazioni tanto intense da
non poter più essere spezzate, non solo economiche, ma culturali, religiose,
umane in ogni senso. Non si è voluto costruire la nostra nuova Europa come una
potenza bellicosa, consapevoli che una grande forza militare sotto comando
unico sarebbe stata un grande pericolo politico per gli stati membri. Il riarmo
è sempre un pericolo per la
democrazia e l’Unione Europea è l’unica grande potenza politica del mondo in
cui la democrazia non meramente formale, non fatta solo di procedure tradite
nella sostanza, è ancora realmente vissuta.
Sui
nostri giornali, a parte pochi e tra essi il nostro Avvenire, vengono
duramente criticati gli italiani restii a seguire la politica di riarmo e di intervento
in guerra, alla quale anche il nostro governo sembra essersi dovuto piegare. Chi
è per la guerra si vergogna di queste remore del nostro popolo, accusandolo di
codardia, la velenosa infamia che si riversa sempre contro gli obiettori di coscienza
contro la guerra. Ma tanti anni di educazione alla pace hanno dato i loro
frutti. In questo i cristiani hanno fatto la loro parte. E’ soprattutto per
merito loro che l’Unione Europea è divenuta una potenza di pace.
Ma
oggi ci vuole coraggio ad obiettare contro la guerra, da qui la frase che c’è
nel titolo del libro del papa: “il coraggio di costruire la pace”.
La
guerra è una dura schiavitù, chi vi ci si trova dentro lo sa bene. La violenza
bellica è come un gorgo che inghiotte tutto. L’unica via di liberazione è non
finirci dentro. Purtroppo le politiche malvagie di riarmo e di guerra è proprio
lì che ci portano, cercando di convincerci che non c’è alternativa. E invece,
la storia lo insegna, l’alternativa c’è sempre. Nulla è perduto con
la pace, tutto può esserlo con la guerra, insegnò il papa Pio 12° pochi
mesi prima dell’esplosione della Seconda guerra mondiale: ecco stiamo vivendo
un periodo simile.
La
fede cristiana e tutti i suoi riti e devozioni, tutte le sue parole, non hanno
più senso se ci si fa schiavi del riarmo e della guerra. Sono solo imposture.
Fede cristiana e guerra non possono stare insieme: questo ci insegna la nostra
tremenda storia ecclesiale. Una Chiesa che si fa schiava della guerra va
combattuta come un’organizzazione criminale, senza riguardo per qualsiasi sua
sacralizzazione, che è solo inganno. La Chiesa che ama, quella ad esempio di
papa Francesco, manifesta Cristo e per questo merita invece di essere amata.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli