Difficile Pasqua
E’ stato difficile vivere questa Quaresima,
sarà ancora più difficile celebrare la Pasqua di quest’anno.
Sull’Europa, infatti, impera la morte, e non ce se ne pente.
Una situazione subita dai più, voluta e ordinata da pochi. La guerra
infatti inizia quando è ordinata. Su quei pochi cade la maledizione per chi si
fa seguace della morte. Perché la nostra è una fede per la vita. Non ce lo
ripetono sempre i nostri maestri?
Chi segue la via della violenza ne diventa schiavo: lo scrisse la
filosofa Simone Weil ragionando sull’Iliade, il poema della forza, come
lo chiamava. L’unica via di liberazione è quindi ripudiarla. Ma, di questi tempi, non siamo spinti
a questo, tutt’altro. Salvo Avvenire e pochi altri mass media, tutti gli altri ci
vogliono convincere che è giusto fare la guerra al fianco dello stato
che è stato invaso. Ed è appunto ciò che già stiamo facendo, con costi
umani ed economici enormi. L’Europa sta entrando in recessione. Le ritorsioni
che abbiamo deliberato contro l’invasore e le ingenti forniture di armi molto potenti
all’altro degli stati belligeranti sono già guerra. Quella guerra che si diceva non
potesse essere combattuta perché avrebbe portato al crollo della nostra civiltà
e forse allo sterminio dell’intera umanità. Ecco, la stiamo già combattendo!
In questo orrendo quadro di morte, il Papa
cerca di guidarci nella via del vangelo, a differenza di altri gerarchi
ecclesiastici che si sono uniti a chi aveva ordinato la guerra. Chi lo segue è
pesantemente diffamato come vile e
servo di Putin.
Pazzia, ha detto il Papa, questa guerra, e pazzia il riarmo.
Si vorrebbe che andasse in visita a Kiev, in Ucraina, come altri capi
politici prima di lui hanno fatto, tornando dicendo che si sarebbero dati da
fare per procurare quello che laggiù chiedevano: armi, armi, armi. Non è
questo l’insegnamento del Papa. Egli è inchiodato al suo ruolo di massimo gerarca
della Chiesa cattolica, sulla carta dotato di un potere religioso senza limiti.
Ma l’unica cosa che conseguirebbe al suo insegnamento sulla guerra, vale a dire
ordinare ai cristiani, tutti, di cessare di partecipare alla guerra, di seguire la coscienza orientata
secondo il vangelo, e di disobbedire a chi ha ordinato la guerra, facendo obiezione di coscienza, non la può fare, e infatti non la farà. E se
non può fare questo, subendone le conseguenze, che sarebbero molto dure, certo,
è inutile che vada a Kiev.
Eppure la guerra terminerà quando sarà
obbedito l’ordine di cessarla: ci vuole qualcuno che abbia il coraggio di darlo
e anche chi abbia il coraggio di obbedirlo. Un coraggio simile non è stato
comune, storicamente, tra i cristiani. Di solito si sono trovate ragioni teologiche
per continuare a massacrare, costruendo la dottrina sulla guerra giusta. Però privando i fedeli di decidere da sé sull’etica
della guerra giusta: sono i loro capi politici che devono avere il monopolio di
questa decisione. Così chi obbedisce al loro ordine di guerra e va a massacrare
e a farsi massacrare può confidare nella salvezza eterna, perché la colpa del
loro peccato - la guerra è sempre un peccato religioso- ricadrà su chi l’ha ordinato. Eppure abbiamo
visto capi sedicenti cristiani che avevano ordinato massacri su scala
vastissima mantenere la reputazione di persone pie. Tra loro, va detto, diversi
Papi. Lorenzo Milani insegnò invece che bisogna sentirsi responsabili di tutto
e che l’obbedienza
non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni. Soprattutto oggi, quando la
decisione di ordinare la guerra può mettere in pericolo la sopravvivenza dell’umanità.
L’altro giorno, cercando ispirazioni dalla Pasqua
per fronteggiare la guerra che si è abbattuta sull’Europa (non c’è più di mezzo
la sola Ucraina), mi è venuto in mente questo: la Pasqua ebraica, organizzata
sul mito degli antichi israeliti, in fondo celebra una fuga. Verso dove? Nel
deserto. Ebbene, quei quarant’anni vissuti nel deserto furono in fondo l’unico
prolungato periodo di pace vissuto da quel popolo. Perché quando poi invasero
Canaan cominciarono tremendi massacri, inflitti e subiti. Quarant’anni nel deserto
vivendo di ciò che il Signore ogni giorno procurava, senza necessità di ammazzare
altri esseri umani. Di questi tempi mi sembra un po’ un paradiso. Eppure quel
tipo di pace noi europei l’avevamo costruita e mantenuta a lungo, dal 1945 al 1991, per quasi cinquant’anni,
fino allo scoppio delle guerre balcaniche.
E la Pasqua di Gesù, l’evento della
Risurrezione? Non fu una fuga, certamente, né veramente una elevazione, perché Gesù rimase quello che
già prima era, ma né solo una manifestazione della divinità che libera dalla
morte, una epifania. A volte viene descritta come l’apertura di una
via. Ma ora ne stiamo seguendo un’altra. Come presentarci davanti al Signore risorto?
Non c’è stato pentimento, non c’è stata conversione, non c’è obbedienza al
vangelo: come possiamo confidare nella salvezza? Collettivamente ci siamo fatti
schiavi della morte.
Mario Ardigò
– Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli