Motivazione alla fede
e all’azione sociale
1. Questo blog è al servizio
di un gruppo parrocchiale di Azione Cattolica, quello in San Clemente papa, a
Roma, Monte Sacro, Valli e si propone di
fornire argomenti all’azione sociale, nello spirito dell’Azione Cattolica, che
nacque proprio per farla. Questa finalità spiega perché si fanno riferimenti
culturali molto più estesi di ciò che avviene quando, nell’attività
catechistica, si cerca anche di motivare alla fede, oltre che spiegarne i
contenuti secondo gli insegnamenti del Magistero. Anzi, va riconosciuto che, in
genere, nella formazione alla fede di primo e secondo livello di certi
argomenti non si parla, per cui vengono in definitiva accostati da una
ristretta minoranza di fedeli più avanti nella vita. Del resto non se ne ha bisogno per la propria
vita di fede, personale e anche comunitaria. Se però ci si propone di incidere
sulla società del proprio tempo, mediante l’azione sociale, anche solo ad
esempio per decidere come organizzare la società parrocchiale e come stabilire
relazioni sociali con la gente intorno, allora è diverso. In questo caso è doveroso almeno averne consapevolezza ad un
primo livello di riflessione, secondo l’espressione utilizzata da un grande
formatore come il teologo tedesco Karl Rahner (1904-1984), che svolse un ruolo
importante nel Concilio Vaticano 2° (1962-1965). Questo perché, in caso
contrario, si corre il rischio di causare disastri sociali, così come quando ci
si mette alla guida di un’autovettura senza aver appreso come farlo.
La motivazione alla fede non si può fare scrivendo su un blog
telematico. Richiede di accostare una comunità di fede vivente nelle persone
che la animano e il sacramento. La Chiesa stessa lo è:
La Chiesa è
sacramento in Cristo
1.
Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito
Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura
(cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che
risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche
modo il sacramento, ossia il segno e lo
strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano,
continuando il tema dei precedenti Concili, intende con maggiore chiarezza
illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria
missione universale. Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente
questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente
congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche
conseguire la piena unità in Cristo.
[dalla Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti - Lumen Gentium, del Concilio Vaticano 2°]
Ecco come, nel Vangelo
secondo Giovanni, si descrive quell’originaria esperienza di motivazione alla
fede che consiste nell’accostarsi:
[35] Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con
due dei suoi discepoli [36] e, fissando lo sguardo su Gesù che
passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!".
[37] E i due discepoli, sentendolo parlare così,
seguirono Gesù.
[38] Gesù allora si voltò e, vedendo che lo
seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che
significa maestro), dove abiti?".
[39] Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono
dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano
circa le quattro del pomeriggio.
[Gv 35-39. Traduzione in
italiano CEI 2008]
In genere, quando si parla
di questo tema, si ricorda anche questo passo degli Atti degli apostoli, che
racconta la vocazione di Paolo di Tarso:
[1] Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e
strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote [2]
e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato
a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di
Cristo, che avesse trovati.
[3] E avvenne che, mentre era in viaggio e stava
per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo
[4] e cadendo a terra udì una voce che gli diceva:
"Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?".
[5] Rispose: "Chi sei, o Signore?". E
la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti!
[6] Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà
detto ciò che devi fare".
[7] Gli uomini che facevano il cammino con lui
si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno.
[8] Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi,
non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, [9]
dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.
[10] Ora c'era a Damasco un discepolo di nome
Anania e il Signore in una visione gli disse: "Anania!". Rispose:
"Eccomi, Signore!". [11] E il Signore a lui: "Su, va’
sulla strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome
Saulo, di Tarso; ecco sta pregando, [12] e ha visto in visione un
uomo, di nome Anania, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista".
[13]
Rispose Anania: "Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti tutto il
male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme.
[14] Inoltre ha l'autorizzazione dai sommi
sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome".
[15] Ma il Signore disse: "Và, perché egli
è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re
e ai figli di Israele;
[16] e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio
nome".
[17] Allora Anania andò, entrò nella casa, gli
impose le mani e disse: "Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il
Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu
riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo".
[18] E improvvisamente gli caddero dagli occhi
come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, [19]
poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a
Damasco, [20] e subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di
Dio.
[At 1,20. CEI 2008]
Dunque chi
si ferma alla lettura di argomenti di
fede, e anche se avesse avuto un’ispirazione soprannaturale, se non si accosta
ad una comunità di fede viva si priva di una vera esperienza di fede e si
limita a conoscere fatti religiosi dall’esterno, come fa l’antropologo quando
capita in uno dei gruppi umani che si propone di studiare. Leggere di argomenti
religiosi non è un’esperienza di fede, anche se può nutrirla
quando la si sta facendo.
Le solennità religiose possono essere una buona occasione, per chi sente
in se stesso un’ispirazione alla fede, per concedersi quell’esperienza, ad
esempio incontrando la nostra
comunità parrocchiale. Avverto che non è sufficiente, a quel fine, presenziare alle liturgie, anche quelle sacramentali. In
quel caso si rimane spettatori e si
corre il rischio di giudicare in base alla propria esperienza emotiva di ciò
che accade, al modo di quando si assiste ad una proiezione cinematografica o ad
uno spettacolo teatrale. E allora si può rimanere delusi, perché le liturgie
parrocchiali non hanno lo splendore coreografico, ad esempio, di quelle che si
celebrano nella basilica vaticana, piene di gesti che evocano il sacro e la sua
magia. L’esperienza di fede, invece,
non delude mai. Nella nostra confessione, come anche in altre tra quelle
cristiane, è stato costituito un ministero, una funzione, per esservi
introdotti, che è quello sacerdotale. Dunque, una via molto diretta e sicura all’esperienza di fede è incontrare un sacerdote. Nella nostra parrocchia sono più
numerosi che in altre, perché accogliamo sacerdoti che completano i loro studi
qui a Roma.
2. La motivazione all’azione sociale è tutt’altra cosa, anche se è
effettivamente collegata ad un’esperienza di fede quando la si fa in Azione
Cattolica. Richiede di prendere realisticamente atto di una storia e di ciò che
accade nel presente. Di essere quindi consapevoli del modo in cui le società si
formano, si incontrano e anche si scontrano, ed evolvono in continue metamorfosi. Di rendersi conto che anche
le espressioni formali delle nostre convinzioni di fede hanno avuto una storia,
così come ogni altro aspetto della nostra vita comunitaria. Che la storia della
nostra Chiesa, come società umana, non è stata diversa da quella delle altre
società e con esse si è profondamente compenetrata, parlandone le varie lingue.
Che nella storia dell’umanità, compresa quella della Chiesa, cerchiamo di
riconoscere un disegno soprannaturale per capire quale sia, oggi, il nostro
dovere, ma che non è facile riuscirci, sia individualmente che collettivamente,
perché siamo esseri limitati.
[5] "Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita".
[6] Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni
e la mia esistenza davanti a te è un nulla.
Solo un soffio è ogni uomo che vive,
[7] come ombra è l'uomo che passa;
solo un soffio che si agita,
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.
[dal Salmo 39. CEI 2008]
Chi
ha un’esperienza superficiale della fede, è tentato dall’assimilarla alla magia, che è quando si è convinti che
certi riti o certe persone possano cambiare le cose per virtù loro, riuscendo
a controllare le potenze soprannaturali e portandole a
mutare il corso degli eventi naturali. L’esperienza magica, che connota certa
spiritualità del miracolo, dei santuari, dei veggenti e dei guaritori, è
vivamente contrastata nella formazione alla
fede, perché distruttiva della fede. E’ pura illusione. In religione si cerca
di smitizzarla, di farne riconoscere in carattere artefatto, anche se occorre
riconoscere che assecondando certe tradizioni popolari a sfondo religioso la si
solletica un po’. In definitiva, si pensa talvolta che non se ne possa fare a
meno e che, comunque, favorendo l’incontro
con comunità di fede, alla fine
possa essere superata, ma nella mia esperienza questo non accade spesso e si
rimane confinati in una illusione di fede e si ha fede in quella magia e in poco
altro.
Quando poi le visioni magiche della fede finiscono ad improntare l’azione
sociale, si generano attese che sono destinate ad essere tradite, perché il
mondo va come va e noi possiamo influirvi secondo le possibilità che in natura
ci sono date, innanzi tutto capendo realisticamente ciò che succede e le leggi
che regolano gli eventi naturali e sociali. Così ad esempio è accaduto storicamente
a tutti i millenarismi, a quelle
correnti religiose che pretendevano di conoscere l’epoca precisa del giudizio
finale sul mondo, quindi della fine
del mondo, in particolare dando certe immaginifiche interpretazioni di oscuri brani
biblici o sulla base di visioni soprannaturali.
Certo, anche avere una visione realistica degli eventi naturali e
sociali può portare a una certa disillusione, perché si scopre che le cose
vanno in modo diverso da come si era immaginato quando le si vedeva con occhi
da bambini. Ma vorrei rassicurare: la fede regge tranquillamente a questo tipo
di disillusione, tanto che fu ed è propria anche di grandi sapienti. Non siamo
costretti, per mantenerla, a rimanere bambini:
[9] La nostra conoscenza è imperfetta e
imperfetta la nostra profezia.
[10] Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello
che è imperfetto scomparirà.
[11] Quand'ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino
l'ho abbandonato.
[12] Ora vediamo come in uno specchio, in maniera
confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto,
ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
[13] Queste dunque le tre cose che rimangono: la
fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!
[1Cor (prima lettera di san Paolo apostolo ai
Corinzi) 13, 9-13]
Ma come
la mettiamo con quel detto evangelico secondo il quale occorre fare come un
bambino?
[13] Gli presentavano dei bambini perché li
accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.
[14] Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse
loro: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a
chi è come loro appartiene il regno di Dio.
[15] In verità vi dico: Chi non accoglie il
regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".
[16] E prendendoli fra le braccia e ponendo le
mani sopra di loro li benediceva.
[Vangelo secondo Marco 10,13-16, CEI 2008]
Di solito
i predicatori mettono in guardia: non si tratta di rimbambire, ma di mantenere l’umiltà di accogliere l’inatteso con lo spirito del bambino.
Riconoscere realisticamente le dinamiche
sociali che hanno influito su come sono organizzate le nostre comunità di fede
e sul loro modo di dire la loro fede, e rendersi conto che non c’è
nulla di magico e che non si è trattato di percorsi lineari ma piuttosto
accidentati, non dice nulla sulla verità della nostra fede, che si è trasmessa nonostante quelle dinamiche, e in questo possiamo
riconoscerle una virtù soprannaturale, perché, per come va il mondo, non era
scontato che accadesse. Soffia ancora, dunque, quella che con linguaggio
religioso chiamiamo Grazia, l’azione
soprannaturale, nei cuori delle persone umane: esse, di generazione in
generazione, appaiono esservi ispirate, nonostante
ogni disillusione. Questo è al centro dell’esperienza di conversione, che è quando si decide di elevarsi al di sopra della
natura dalla quale biologicamente deriviamo e nella quale continuiamo ad essere
immersi, per condursi secondo altri principi, ad esempio secondo la legge della
carità, che nel linguaggio delle
origini delle nostre scritture si diceva nel greco antico agàpe, e significa staccarsi dalla legge naturale della lotta di
tutti contro tutti per la sopravvivenza, e decidere di sopravvivere facendo
posto a tutti, senza alcuna discriminazione, come ad un lieto convito al quale
sia chiamata l’intera umanità, come un’unica famiglia. Questo è soprannaturale non perché comporti una
qualche magia, ma in quanto chi da esso è animato si situa oltre la crudele legge
naturale alla quale sono assoggettati gli altri animali, secondo la quale si
sopravvive ammazzando, e costruisce una vita sociale secondo principi opposti
e, sorprendentemente poi effettivamente sopravvive, e meglio che sotto l’imperio
della legge della giungla. Questa è l’autentica esperienza religiosa dell’umanità
di ogni tempo, da quando se ne hanno informazioni affidabili. Troviamo infatti
l’esperienza religiosa, naturalmente in forme assai diverse, anche in
esperienze sociali molto antiche, anche se, spingendosi a considerare quelle preistoriche, le notizie
si fanno più scarse o mancano del tutto, e allora ci figuriamo quelle comunità
di primitivi al modo in cui sono
quelle contemporanee che consideriamo tali e che manifestano espressioni di
religiosità.
La nostra
azione sociale è indubbiamente animata dall’esperienza di fede, che quindi ne
costituisce un presupposto. Si può agire in società spinti anche da altri
moventi, come quello del potere per il potere o secondo la logica della
supremazia razziale, immaginando che
gli esseri umani siano divisi in razze per la loro costituzione biologica e che ve ne
siano di superiori e inferiori e che quelle superiori, tra le quali di solito
si comprende la propria, siano destinate a prevalere. Questi moventi sono più diffusi
di quello che si pensa e, comunque, anche se non ammessi esplicitamente, sono
al fondo di certe condotte sociali, in particolare di discriminazione,
esclusione o aggressione. Esse certamente non sono coerenti con la fede
religiosa nell’agàpe, anche se
parlano un linguaggio religioso o esibiscono simboli religiosi come feticci o
amuleti, stravolgendone il significato. Una motivazione all’azione sociale
secondo la nostra fede ne comprende, e comporta, la critica, nel quadro di quel
lavoro di discernimento del bene dal male che è caratteristico della
coscienza del fedele. Essere capaci di critica
sociale richiede di saperne di più,
e di sapere meglio, su come vanno le cose del mondo: anche questo rientra nella
motivazione all’azione sociale, perché nessuna critica è valida se non è informata. Una critica non informata è
infatti un puro partito preso, un grido inarticolato, uno sberleffo, e lascia
il tempo che trova.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli