INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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mercoledì 26 dicembre 2018

Alle origini del pensiero sociale ispirato dalla fede religiosa


Alle origini del pensiero sociale ispirato dalla fede religiosa

Contesto storico delle narrazioni bibliche proposte qui sotto:
 Nel Decimo secolo dell’era antica (che procede a ritroso fino al primo secolo, che termina con l’anno ipotizzato della nascita del Maestro) Salomone, re d'Israele, il quale  aveva la sua reggia a Gerusalemme, nella Giudea, vessava le tribù del nord. Per mantenere la sua splendida corte aveva necessità di molte risorse. Scoppiò una ribellione, capeggiata da Geroboamo, un funzionario del re originario del nord,  ma essa fallì e Geroboamo fu costretto a rifugiarsi in Egitto. Roboamo, il successore di Salomone, si recò a Sichem, nel nord, per farsi riconoscere re dalle tribù israelitiche che popolavano quelle regioni. Il popolo del nord gli chiese di ridurre le pretese del regno verso le tribù del nord. Il re si consultò con gli anziani che gli consigliarono di accogliere quelle richieste. Si consultò anche con funzionari più giovani, che invece gli consigliarono una linea dura e anche di minacciare punizioni. E’ così che decise di fare il nuovo re. Allora Geroboamo guidò un’altra rivolta che questa volta riuscì. Venne proclamato re delle tribù del nord: il regno si chiamò regno di Israele  e il suo re si insediò a  Sichem. Al sud continuò ad esistere il regno di Reboamo, nei territori della tribù di Giuda: fu il regno di Giuda. In questo regno c’era, a Gerusalemme, il grande Tempio fatto costruire dal re Salomone, nel quale officiavano i sacerdoti della tribù di Levi, dove si svolgevano i sacrifici rituali.   Geroboamo temette che l’usanza di recarsi a Gerusalemme per motivi liturgici potesse portare il suo popolo di nuovo sotto l’influenza dell’altro regno. Istituì quindi un nuovo culto, del vitello d’oro, facendone mettere una statua a Betel, dove costituì una nuova classe sacerdotale, e un’altra a Dan.
 Nel secolo successivo il profeta Osea criticò i due regni e preannunciò il ristabilimento di un popolo in un  nuovo ordine fondato sulla misericordia non su formalità rituali come i sacrifici.
 Nel Primo secolo della nostra era, il Maestro, criticato da una corrente religiosa integralista del suo tempo, richiamò nella sua replica il pensiero di Osea.

Dal primo Libro dei Re [1Re, 11, 1-10; 27-40. 1Re 12,1-33]

[1] Ma il re Salomone amò donne straniere, moabite, ammonite, idumee, di Sidòne e hittite, [2] appartenenti a popoli, di cui aveva detto il Signore agli Israeliti: "Non andate da loro ed essi non vengano da voi: perché certo faranno deviare i vostri cuori dietro i loro dei". Salomone si legò a loro per amore. 
[3] Aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine; le sue donne gli pervertirono il cuore. 
[4]   Quando Salomone fu vecchio, le sue donne l'attirarono verso dei stranieri e il suo cuore non restò più tutto con il Signore suo Dio come il cuore di Davide suo padre. [5] Salomone seguì Astàrte, dea di quelli di Sidòne, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti. 
[6]  Salomone commise quanto è male agli occhi del Signore e non fu fedele al Signore come lo era stato Davide suo padre. 
[7]   Salomone costruì un'altura in onore di Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche in onore di Milcom, obbrobrio degli Ammoniti. 
[8] Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dei. 
[9] Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone, perché aveva distolto il cuore dal Signore Dio d'Israele, che gli era apparso due volte  [10] e gli aveva comandato di non seguire altri dei, ma Salomone non osservò quanto gli aveva comandato il Signore. 
 Anche Geroboamo, figlio dell'efraimita Nebàt, di Zereda - sua madre, una vedova, si chiamava Zerua -, mentre era al servizio di Salomone, insorse contro il re. 
[…]
[27]   La causa della sua ribellione al re fu la seguente: Salomone costruiva il Millo [una fortezza a Gerusalemme, nota mia] e chiudeva la breccia apertasi nella città di Davide suo padre; [28] Geroboamo era un uomo di riguardo; Salomone, visto come il giovane lavorava, lo nominò sorvegliante di tutti gli operai della casa di Giuseppe
[29] In quel tempo Geroboamo, uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achia di Silo, che indossava un mantello nuovo; erano loro due soli, in campagna. [30] Achia afferrò il mantello nuovo che indossava e lo lacerò in dodici pezzi. [31] Quindi disse a Geroboamo: "Prendine dieci pezzi, poiché dice il Signore, Dio di Israele: Ecco lacererò il regno dalla mano di Salomone e ne darò a te dieci tribù. [32] A lui rimarrà una tribù a causa di Davide mio servo e a causa di Gerusalemme, città da me scelta fra tutte le tribù di Israele. 
[33] Ciò avverrà perché egli mi ha abbandonato, si è prostrato davanti ad Astàrte dea di quelli di Sidòne, a Camos dio dei Moabiti, e a Milcom dio degli Ammoniti, e non ha seguito le mie vie
compiendo ciò che è retto ai miei occhi, osservando i miei comandi e i miei decreti, come aveva fatto Davide suo padre. 
[34] Non gli toglierò il regno di mano, perché l'ho stabilito capo per tutti i giorni della sua vita a causa di Davide, mio servo da me scelto, il quale ha osservato i miei comandi e i miei decreti. 
[35] Toglierò il regno dalla mano di suo figlio e ne consegnerò a te dieci tribù. 
[36] A suo figlio lascerò una tribù perché a causa di Davide mio servo ci sia sempre una lampada dinanzi a me in Gerusalemme, città che mi sono scelta per porvi il mio nome. 
[37] Io prenderò te e tu regnerai su quanto vorrai; sarai re di Israele
[38] Se ascolterai quanto ti comanderò, se seguirai le mie vie e farai quanto è giusto ai miei occhi osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide mio servo, io sarò con te e ti edificherò una casa stabile come l'ho edificata per Davide. Ti consegnerò Israele;  [39] umilierò la discendenza di Davide per questo motivo, ma non per sempre". 
[40] Salomone cercò di uccidere Geroboamo, il quale però trovò rifugio in Egitto presso Sisach, re di quella regione. Geroboamo rimase in Egitto fino alla morte di Salomone. 
[…]
[1 Re, 1-33]
[1] Roboamo [successore di Salomone] andò in Sichem, perché tutto Israele era convenuto in Sichem per proclamarlo re. 
[2] Quando lo seppe, Geroboamo figlio di Nebàt, che era ancora in Egitto ove si era rifugiato per paura del re Salomone, tornò dall'Egitto. 
[3] Lo mandarono a chiamare e Geroboamo venne con tutta l'assemblea di Israele e dissero a Roboamo: [4] "Tuo padre ci ha imposto un pesante giogo; ora tu alleggerisci la dura schiavitù di tuo padre e il giogo pesante che quegli ci ha imposto e noi ti serviremo". 
[5] Rispose loro: "Ritiratevi per tre giorni; poi tornerete da me". Il popolo se ne andò. 
[6]   Il re Roboamo si consigliò con gli anziani, che erano stati al servizio di Salomone suo padre durante la sua vita, domandando: "Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo?". 
[7] Gli dissero: "Se oggi ti mostrerai arrendevole verso questo popolo, se darai loro soddisfazione, se dirai loro parole gentili, essi saranno tuoi servi per sempre". 
[8]   Ma egli trascurò il consiglio che gli anziani gli avevano dato e si consultò con giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio. 
[9] Domandò loro: "Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo che mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto loro da mio padre?". 
[10] I giovani che erano cresciuti con lui gli dissero: "Così risponderai a questo popolo, che ti ha chiesto: Tuo padre ha reso pesante il nostro giogo, tu alleggeriscilo! così dirai loro: Il mio mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. [11] Ora, se mio padre vi caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io vi castigherò con flagelli". 
[12] Quando Geroboamo e tutto il popolo si presentarono a Roboamo il terzo giorno, come il re aveva ordinato affermando: "Ritornate da me il terzo giorno", [13] il re rispose duramente al popolo respingendo il consiglio degli anziani; [14] egli disse loro secondo il consiglio dei giovani: "Mio padre vi ha imposto un giogo pesante; io renderò ancora più grave il vostro giogo. Mio padre vi ha castigati con fruste, io vi castigherò con flagelli". 
[15] Il re non ascoltò il popolo; ciò accadde per disposizione del Signore, perché si attuasse la parola che il Signore aveva rivolta a Geroboamo, figlio di Nebàt, per mezzo di Achia di Silo. 
[16] Quando compresero che il re non dava loro ascolto, tutti gli Israeliti risposero al re: 
"Che parte abbiamo con Davide? 
Non abbiamo eredità con il figlio di Iesse! 
Alle tue tende, Israele! 
Ora pensa alla tua casa, Davide!". 
Israele andò alle sue tende. 
[17] Sugli Israeliti che abitavano nelle città di Giuda regnò Roboamo. 
[18] Il re Roboamo mandò Adoniram, che era sovrintendente ai lavori forzati, ma tutti gli Israeliti lo lapidarono ed egli morì. Allora il re Roboamo salì in fretta sul carro per fuggire in Gerusalemme. 
[19] Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi. 
[20] Quando tutto Israele seppe che era tornato Geroboamo, lo mandarono a chiamare perché partecipasse all'assemblea; lo proclamarono re di tutto Israele.
Nessuno seguì la casa di Davide, se non la tribù di Giuda. 
[21] Roboamo, giunto in Gerusalemme, convocò tutta la casa di Giuda e la tribù di Beniamino, centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele e per restituire il regno a Roboamo, figlio di Salomone. 
[22] Ma il Signore disse a Semeia, uomo di Dio: 
[23] "Riferisci a Roboamo figlio di Salomone, re di Giuda, a tutta la casa di Giuda e di Beniamino e al resto del popolo: 
[24] Dice il Signore: Non marciate per combattere contro i vostri fratelli israeliti; ognuno ritorni a casa, perché questa situazione è stata voluta da me".
Ascoltarono la parola del Signore e tornarono indietro come aveva ordinato loro il Signore. 
[25] Geroboamo fortificò Sichem sulle montagne di Efraim e vi pose la residenza. Uscito di lì, fortificò Penuèl. 
[26] Geroboamo pensò: "In questa situazione il regno potrebbe tornare alla casa di Davide. 
[27] Se questo popolo verrà a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboamo re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboamo, re di Giuda". 
[28] Consigliatosi, il re preparò due vitelli d'oro e disse al popolo: "Siete andati troppo a Gerusalemme! Ecco, Israele, il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto". 
[29] Ne collocò uno a Betel e l'altro lo pose in Dan. [30] Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli. 
[31] Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi qua e là dal popolo, i quali non erano discendenti di Levi. 
[32] Geroboamo istituì una festa nell'ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì sull'altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretti; a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture. 
[33] Il quindici dell'ottavo mese salì sull'altare che aveva eretto a Betel; istituì una festa per gli Israeliti e salì sull'altare per offrire incenso. 


[Os 6,1-11]
[1] "Venite, ritorniamo al Signore: 
egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. 
Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. 

[2] Dopo due giorni ci ridarà la vita 
e il terzo ci farà rialzare 
e noi vivremo alla sua presenza. 

[3] Affrettiamoci a conoscere il Signore, 
la sua venuta è sicura come l'aurora. 
Verrà a noi come la pioggia di autunno, 
come la pioggia di primavera, che feconda la terra". 

[4] Che dovrò fare per te, Efraim, 
che dovrò fare per te, Giuda? 
Il vostro amore è come una nube del mattino, 
come la rugiada che all'alba svanisce. 

[5] Per questo li ho colpiti per mezzo dei profeti, 
li ho uccisi con le parole della mia bocca 
e il mio giudizio sorge come la luce: 

[6] poiché voglio l'amore e non il sacrificio, 
la conoscenza di Dio più degli olocausti. 

[7] Ma essi come Adamo hanno violato l'alleanza, 
ecco dove mi hanno tradito.
 

[8] Gàlaad è una città di malfattori, 
macchiata di sangue. 

[9] Come banditi in agguato 
una ciurma di sacerdoti 
assale sulla strada di Sichem, 
commette scelleratezze. 

[10] Orribili cose ho visto in Betel; 
là si è prostituito Efraim, 
si è contaminato Israele. 

[11] Anche a te, Giuda, io riserbo una mietitura, 
quando ristabilirò il mio popolo. 


Dal Vangelo secondo Matteo  (Mt 9,10-13)

[10] Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. 
[11] Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?". 
[12] Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 
[13] Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". 

[testi nella traduzione CEI 2008]
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 In religione si ritiene che gli scritti biblici contengano la  Rivelazione, vale a dire l'esposizione del  senso della nostra vita e di quello della storia dell’umanità secondo la nostra fede. Il Papa e i vescovi si occupano di spiegarla. Questa è una prima lettura che di quei testi si può dare.
 Li si può accostare anche da filologi, da scienziati che ne indagano il senso letterario, ma anche da antropologi, da sociologi, da filosofi e da sociologi.
 Vi si trova, infine, l’origine di un pensiero sociale ispirato dalla fede che è alla base della nostra dottrina sociale ed è in questo senso che  ho proposto i brani biblici  sopra trascritti. C’è, alla base di quel pensiero,  l’idea di un ordine politico fondato sulla giustizia e di  una giustizia ispirata dalla misericordia. Questo modo di intendere la giustizia era ispirato ad una fede religiosa vissuta molto diversamente da altre religioni del mondo antico. In queste ultime occorreva essenzialmente assicurarsi il favore della divinità mediante sacrifici, vale a dire mediante distruzione rituale di risorse proprie, come offerta  al Cielo. E’ un uso che è descritto anche nei testi biblici, ma che progressivamente venne ad assumere nell'antico ebraismo un senso molto diverso che nelle altre religioni. Questo perché la divinità venne concepita come  amante. In questa prospettiva, essa vuole il bene del popolo che ama e non ha bisogno di sacrifici ma di una conversione  al suo amore, come una sposa per lo sposo. La giustizia e la misericordia le sono propri: accorre in soccorso del popolo amato, anche se ha deviato. Perdona le iniquità dell’amato, è lenta all’ira e grande nell’amore (si veda il salmo 102) I suoi castighi non sono ritorsioni ma aiuti ad allontanarsi  dal male, non sono vendette, ma pedagogia. Ama, diffonde amore, insegna amore, richiede amore.
 E’ un ordine di idee ben rappresentato nel salmo 102:

[3] Egli perdona tutte le tue colpe, 
guarisce tutte le tue malattie; 

[4] salva dalla fossa la tua vita, 
ti corona di grazia e di misericordia; 

[5] egli sazia di beni i tuoi giorni 
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza. 

[6] Il Signore agisce con giustizia 
e con diritto verso tutti gli oppressi. 

[7] Ha rivelato a Mosè le sue vie, 
ai figli d'Israele le sue opere. 

[8] Buono e pietoso è il Signore, 
lento all'ira e grande nell'amore. 


[9] Egli non continua a contestare 
e non conserva per sempre il suo sdegno. 

[10] Non ci tratta secondo i nostri peccati, 
non ci ripaga secondo le nostre colpe. 

[11] Come il cielo è alto sulla terra, 
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono; 

[12] come dista l'oriente dall'occidente, 
così allontana da noi le nostre colpe. 

[13] Come un padre ha pietà dei suoi figli, 
così il Signore ha pietà di quanti lo temono. 

[14] Perché egli sa di che siamo plasmati, 
ricorda che noi siamo polvere. 

[15] Come l'erba sono i giorni dell'uomo, 
come il fiore del campo, così egli fiorisce. 

[16] Lo investe il vento e più non esiste 
e il suo posto non lo riconosce. 

[17] Ma la grazia del Signore è da sempre, 
dura in eterno per quanti lo temono; 
la sua giustizia per i figli dei figli, 
[traduzione CEI 2008]

  Negli antichi regni si perseguivano politiche di potenza e lo splendore delle corti, a costo di opprimere i sudditi. Ai tempi nostri non è molto diverso; in più si è aggiunto l’ideale dell’efficienza secondo la prospettiva pseudo-scientifica che  meritano  di sopravvivere e prosperare solo  i migliori, intesi come quelli che in società hanno la meglio e/o si adattano meglio agli scopi e al volere di chi è più in alto. Questa era la situazione anche quando,  nelle nostre prime comunità di fede, l’antica cultura degli israeliti, che conteneva l’ideale della giustizia fondata sulla misericordia, venne in contatto con l’ellenismo, che conteneva l’universalismo umanitario. La cultura greca ragionava da almeno quattro secoli sulla riforma sociale, analizzando i vari sistemi sociali storicamente realizzati per capirne il senso, i vantaggi e gli svantaggi e progettare una nuova e migliore civiltà. Nei primi cristiani venne in contatto con una versione della cultura ebraica che aveva preso a polemizzare vivacemente nello spirito degli antichi profeti, promuovendo una nuova azione di popolo. Nel corso di un intenso lavorio culturale durato circa tre secoli, da ciò scaturì la nuova cultura politica del cristianesimo che arrivò a fascinare la classe dirigente dell’antico impero romano con l’immagine di un regno  eterno e universale perché fondato su ciò che non passa, non più solo sulla potenza delle armi e la crudeltà delle sanzioni minacciate. E anche con l’immagine di un sovrano  padre dei popoli, al modo in cui anche la divinità si manifestava tale. Complessivamente veramente l’immagine di una nuova civiltà, molto distante dall’originario contesto dell’antico ebraismo, ma anche dalla cultura greco-romana classica,  e lanciata verso l’inculturazione globale.
 Di questa lunga riflessione, che ha portato alle origini dell’avventura del cristianesimo come progetto di organizzazione  politica, nel Quarto secolo della nostra era,  quindi anche alla dottrina sociale, può considerarsi una straordinaria testimonianza l’opera di Agostino d’Ippona (5° secolo, nato  a Tagaste nell’attuale Algeria e morto da vescovo di Ippona, in quella stessa regione)  La Città di Dio, scritto tra il 413 e il 426, tutto condotto riflettendo sulla storia greca e romana e sulle filosofie correnti in quelle culture alla luce delle narrazioni bibliche.
Nel libro 11°, n.1, di quell’opera si legge:
« In base a queste testimonianze a ad altre analoghe, che sarebbe troppo lungo ricordare per intero, abbiamo appreso che esiste una città di Dio di cui ci fa desiderare  ardentemente d’essere cittadini quell’amore  che ci ha ispirato il suo fondatore. I cittadini della città terrena antepongono invece a questo Fondatore della città santa i propri dèi, ignorando che egli è il Dio degli dei, ma non degli dèi falsi, cioè empi e superbi, che, privi della luce immutabile e comune  a tutti  e perciò ridotti ad un ben povero potere, cercano di inseguirne in ogni modo uno personale, esigendo doni divini dai fedeli loro schiavi. Egli è Dio invece di dèi devoti e santi, che trovano la loro gioia più  nel sottomettersi a Dio che nel ricevere la sottomissione di molti, più nel venerare Dio che nell’essere venerati al posto suo.»
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli