Alle origini del pensiero sociale ispirato dalla fede
religiosa
Contesto storico delle narrazioni bibliche proposte
qui sotto:
Nel Decimo secolo dell’era antica (che procede a
ritroso fino al primo secolo, che termina con l’anno ipotizzato della nascita del
Maestro) Salomone, re d'Israele, il quale aveva la sua reggia a Gerusalemme, nella Giudea, vessava
le tribù del nord. Per mantenere la sua splendida corte aveva necessità di
molte risorse. Scoppiò una ribellione, capeggiata da Geroboamo, un funzionario
del re originario del nord, ma essa fallì e Geroboamo fu costretto a
rifugiarsi in Egitto. Roboamo, il successore di Salomone, si recò a Sichem, nel
nord, per farsi riconoscere re dalle tribù israelitiche che popolavano quelle regioni. Il popolo del nord gli chiese di ridurre le
pretese del regno verso le tribù del nord. Il re si consultò con gli anziani
che gli consigliarono di accogliere quelle richieste. Si consultò anche con
funzionari più giovani, che invece gli consigliarono una linea dura e anche di
minacciare punizioni. E’ così che decise di fare il nuovo re. Allora Geroboamo
guidò un’altra rivolta che questa volta riuscì. Venne proclamato re delle tribù
del nord: il regno si chiamò regno di
Israele e il suo re si insediò a Sichem. Al sud continuò ad esistere il regno di Reboamo, nei territori della
tribù di Giuda: fu il regno di Giuda.
In questo regno c’era, a Gerusalemme, il grande Tempio fatto costruire dal re
Salomone, nel quale officiavano i sacerdoti della tribù di Levi, dove si
svolgevano i sacrifici rituali.
Geroboamo temette che l’usanza di recarsi a Gerusalemme per motivi
liturgici potesse portare il suo popolo di nuovo sotto l’influenza dell’altro
regno. Istituì quindi un nuovo culto, del vitello
d’oro, facendone mettere una statua a Betel, dove costituì una nuova classe
sacerdotale, e un’altra a Dan.
Nel secolo successivo il profeta Osea criticò i due regni e preannunciò il ristabilimento di un popolo in un nuovo ordine fondato sulla misericordia non su
formalità rituali come i sacrifici.
Nel Primo secolo della nostra era, il Maestro,
criticato da una corrente religiosa integralista del suo tempo, richiamò nella sua replica il
pensiero di Osea.
Dal primo Libro dei Re [1Re, 11, 1-10; 27-40. 1Re 12,1-33]
[1]
Ma il re Salomone amò donne straniere, moabite, ammonite, idumee, di Sidòne e
hittite, [2] appartenenti a popoli, di cui aveva detto il Signore agli
Israeliti: "Non andate da loro ed essi non vengano da voi: perché certo
faranno deviare i vostri cuori dietro i loro dei". Salomone si legò a loro
per amore.
[3] Aveva settecento principesse per mogli e
trecento concubine; le sue donne gli pervertirono il cuore.
[4]
Quando
Salomone fu vecchio, le sue donne l'attirarono verso dei stranieri e il suo
cuore non restò più tutto con il Signore suo Dio come il cuore di Davide suo
padre. [5] Salomone seguì Astàrte, dea
di quelli di Sidòne, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti.
[6]
Salomone commise quanto è male agli
occhi del Signore e non fu fedele al Signore come lo era stato Davide suo
padre.
[7] Salomone costruì un'altura in onore di
Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche
in onore di Milcom, obbrobrio degli Ammoniti.
[8]
Allo stesso modo fece per tutte le sue
donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dei.
[9]
Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone, perché aveva distolto il cuore dal
Signore Dio d'Israele, che gli era apparso due volte [10] e gli aveva
comandato di non seguire altri dei, ma Salomone non osservò quanto gli aveva
comandato il Signore.
Anche Geroboamo, figlio dell'efraimita Nebàt,
di Zereda - sua madre, una vedova, si chiamava Zerua -, mentre era al servizio
di Salomone, insorse contro il re.
[…]
[27] La causa della sua ribellione al re fu la
seguente: Salomone costruiva il Millo [una fortezza a Gerusalemme, nota mia] e chiudeva la breccia apertasi
nella città di Davide suo padre; [28] Geroboamo
era un uomo di riguardo; Salomone, visto come il giovane lavorava, lo nominò
sorvegliante di tutti gli operai della casa di Giuseppe.
[29]
In quel tempo Geroboamo, uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achia di Silo, che indossava
un mantello nuovo; erano loro due soli, in campagna. [30] Achia afferrò il
mantello nuovo che indossava e lo lacerò in dodici pezzi. [31] Quindi disse a Geroboamo: "Prendine dieci
pezzi, poiché dice il Signore, Dio di Israele: Ecco lacererò il regno dalla mano di Salomone e ne darò a te dieci
tribù. [32] A lui rimarrà una tribù a causa di Davide mio servo e a causa
di Gerusalemme, città da me scelta fra tutte le tribù di Israele.
[33] Ciò avverrà perché egli mi ha abbandonato,
si è prostrato davanti ad Astàrte dea di quelli di Sidòne, a Camos dio dei
Moabiti, e a Milcom dio degli Ammoniti, e non ha seguito le mie vie compiendo ciò che è retto ai miei occhi, osservando i
miei comandi e i miei decreti, come aveva fatto Davide suo padre.
[34] Non gli toglierò il regno di mano, perché
l'ho stabilito capo per tutti i giorni della sua vita a causa di Davide, mio
servo da me scelto, il quale ha osservato i miei comandi e i miei
decreti.
[35]
Toglierò il regno dalla mano di suo
figlio e ne consegnerò a te dieci tribù.
[36] A suo figlio lascerò una tribù perché a
causa di Davide mio servo ci sia sempre una lampada dinanzi a me in
Gerusalemme, città che mi sono scelta per porvi il mio nome.
[37] Io
prenderò te e tu regnerai su quanto vorrai; sarai re di Israele.
[38] Se
ascolterai quanto ti comanderò, se seguirai le mie vie e farai quanto è giusto
ai miei occhi osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide
mio servo, io sarò con te e ti edificherò una casa stabile come l'ho edificata
per Davide. Ti consegnerò Israele; [39] umilierò la discendenza di
Davide per questo motivo, ma non per sempre".
[40]
Salomone cercò di uccidere Geroboamo, il
quale però trovò rifugio in Egitto presso Sisach, re di quella regione.
Geroboamo rimase in Egitto fino alla morte di Salomone.
[…]
[1 Re, 1-33]
[1]
Roboamo [successore di Salomone] andò in
Sichem, perché tutto Israele era convenuto in Sichem per proclamarlo re.
[2] Quando lo seppe, Geroboamo figlio di Nebàt,
che era ancora in Egitto ove si era rifugiato per paura del re Salomone, tornò
dall'Egitto.
[3]
Lo mandarono a chiamare e Geroboamo
venne con tutta l'assemblea di Israele e dissero a Roboamo: [4] "Tuo
padre ci ha imposto un pesante giogo; ora tu alleggerisci la dura schiavitù di
tuo padre e il giogo pesante che quegli ci ha imposto e noi ti serviremo".
[5] Rispose loro: "Ritiratevi per tre
giorni; poi tornerete da me". Il popolo se ne andò.
[6] Il
re Roboamo si consigliò con gli anziani, che erano stati al servizio di
Salomone suo padre durante la sua vita, domandando: "Che cosa mi
consigliate di rispondere a questo popolo?".
[7] Gli dissero: "Se oggi ti mostrerai
arrendevole verso questo popolo, se darai loro soddisfazione, se dirai loro
parole gentili, essi saranno tuoi servi per sempre".
[8]
Ma egli trascurò il consiglio che gli
anziani gli avevano dato e si consultò
con giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio.
[9] Domandò loro: "Che cosa mi consigliate
di rispondere a questo popolo che mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto
loro da mio padre?".
[10] I giovani che erano cresciuti con lui gli
dissero: "Così risponderai a questo popolo, che ti ha chiesto: Tuo padre
ha reso pesante il nostro giogo, tu alleggeriscilo! così dirai loro: Il mio
mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. [11] Ora, se mio padre vi
caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio
padre vi castigò con fruste, io vi castigherò con flagelli".
[12] Quando Geroboamo e tutto il popolo si
presentarono a Roboamo il terzo giorno, come il re aveva ordinato affermando:
"Ritornate da me il terzo giorno", [13] il re rispose duramente al popolo respingendo il consiglio degli
anziani; [14] egli disse loro secondo il consiglio dei
giovani: "Mio padre vi ha imposto un giogo pesante; io renderò ancora più
grave il vostro giogo. Mio padre vi ha castigati con fruste, io vi castigherò
con flagelli".
[15] Il
re non ascoltò il popolo; ciò accadde per disposizione del Signore, perché
si attuasse la parola che il Signore aveva rivolta a Geroboamo, figlio di
Nebàt, per mezzo di Achia di Silo.
[16]
Quando compresero che il re non dava
loro ascolto, tutti gli Israeliti risposero al re:
"Che parte abbiamo con
Davide?
Non abbiamo eredità con il figlio di
Iesse!
Alle tue tende, Israele!
Ora pensa alla tua casa,
Davide!".
Israele andò alle sue tende.
[17]
Sugli Israeliti che abitavano nelle
città di Giuda regnò Roboamo.
[18] Il re Roboamo mandò Adoniram, che era
sovrintendente ai lavori forzati, ma tutti gli Israeliti lo lapidarono ed egli
morì. Allora il re Roboamo salì in fretta sul carro per fuggire in
Gerusalemme.
[19]
Israele si ribellò alla casa di Davide
fino ad oggi.
[20] Quando tutto Israele seppe che era tornato
Geroboamo, lo mandarono a chiamare perché partecipasse all'assemblea; lo
proclamarono re di tutto Israele. Nessuno seguì la casa di Davide, se non la
tribù di Giuda.
[21] Roboamo,
giunto in Gerusalemme, convocò tutta la casa di Giuda e la tribù di Beniamino,
centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele e per
restituire il regno a Roboamo, figlio di Salomone.
[22] Ma
il Signore disse a Semeia, uomo di Dio:
[23] "Riferisci a Roboamo figlio di
Salomone, re di Giuda, a tutta la casa di Giuda e di Beniamino e al resto del
popolo:
[24] Dice il Signore: Non marciate per
combattere contro i vostri fratelli israeliti; ognuno ritorni a casa, perché
questa situazione è stata voluta da me". Ascoltarono la parola del Signore e tornarono indietro come aveva
ordinato loro il Signore.
[25] Geroboamo fortificò Sichem sulle montagne
di Efraim e vi pose la residenza. Uscito di lì, fortificò Penuèl.
[26]
Geroboamo pensò: "In questa
situazione il regno potrebbe tornare alla casa di Davide.
[27] Se questo popolo verrà a
Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio, il cuore di questo popolo si
rivolgerà verso il suo signore, verso Roboamo re di Giuda; mi uccideranno e
ritorneranno da Roboamo, re di Giuda".
[28] Consigliatosi, il re preparò due vitelli
d'oro e disse al popolo: "Siete andati troppo a Gerusalemme! Ecco,
Israele, il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto". [29] Ne collocò uno a Betel e l'altro lo pose in
Dan. [30] Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a
Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli.
[31]
Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi qua e là dal
popolo, i quali non erano discendenti di Levi.
[32]
Geroboamo istituì una festa nell'ottavo mese, il quindici del mese, simile alla
festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì sull'altare; così fece a
Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretti; a Betel stabilì sacerdoti
dei templi da lui eretti sulle alture.
[33]
Il quindici dell'ottavo mese salì sull'altare che aveva eretto a Betel; istituì
una festa per gli Israeliti e salì sull'altare per offrire incenso.
[Os 6,1-11]
[1] "Venite, ritorniamo
al Signore:
egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.
Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.
[2] Dopo due giorni ci ridarà la vita
e il terzo ci farà rialzare
e noi vivremo alla sua presenza.
[3] Affrettiamoci a conoscere il Signore,
la sua venuta è sicura come l'aurora.
Verrà a noi come la pioggia di autunno,
come la pioggia di primavera, che feconda la
terra".
[4] Che
dovrò fare per te, Efraim,
che dovrò fare per te, Giuda?
Il vostro amore è come una nube del
mattino,
come la rugiada che all'alba svanisce.
[5] Per questo li ho colpiti per mezzo dei
profeti,
li ho uccisi con le parole della mia bocca
e il mio giudizio sorge come la luce:
[6] poiché
voglio l'amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocausti.
[7] Ma
essi come Adamo hanno violato l'alleanza,
ecco dove mi hanno tradito.
[8] Gàlaad è una città di malfattori,
macchiata di sangue.
[9] Come banditi in agguato
una ciurma di sacerdoti
assale sulla strada di Sichem,
commette scelleratezze.
[10]
Orribili cose ho visto in Betel;
là si è prostituito Efraim,
si è contaminato Israele.
[11] Anche a te, Giuda, io riserbo una
mietitura,
quando ristabilirò il mio popolo.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 9,10-13)
[10]
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori
e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
[11]
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro
maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?".
[12]
Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati.
[13] Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio.
Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".
[testi
nella traduzione CEI 2008]
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In religione si ritiene che gli scritti
biblici contengano la Rivelazione, vale a dire l'esposizione del senso della nostra vita e di quello della storia dell’umanità secondo la nostra fede. Il Papa e i vescovi si
occupano di spiegarla. Questa è una prima lettura che di quei testi si può
dare.
Li si può accostare anche da filologi, da
scienziati che ne indagano il senso letterario, ma anche da antropologi, da
sociologi, da filosofi e da sociologi.
Vi si trova, infine, l’origine di un pensiero
sociale ispirato dalla fede che è alla base della nostra dottrina sociale ed è
in questo senso che ho proposto i brani biblici sopra trascritti. C’è, alla base di quel pensiero, l’idea di un ordine politico
fondato sulla giustizia e di una
giustizia ispirata dalla misericordia. Questo modo di intendere la giustizia
era ispirato ad una fede religiosa vissuta molto diversamente da altre
religioni del mondo antico. In queste ultime occorreva essenzialmente assicurarsi
il favore della divinità mediante sacrifici,
vale a dire mediante distruzione rituale di risorse proprie, come offerta al Cielo. E’ un uso che è descritto anche nei
testi biblici, ma che progressivamente venne ad assumere nell'antico ebraismo un senso molto diverso
che nelle altre religioni. Questo perché la divinità venne concepita come amante. In questa prospettiva, essa vuole
il bene del popolo che ama e non ha bisogno di sacrifici ma di una conversione al suo amore, come una sposa per lo sposo. La
giustizia e la misericordia le sono propri: accorre in soccorso del popolo
amato, anche se ha deviato. Perdona le iniquità dell’amato, è lenta all’ira e
grande nell’amore (si veda il salmo 102) I suoi castighi non sono ritorsioni ma
aiuti ad allontanarsi dal male, non sono vendette, ma pedagogia. Ama, diffonde amore, insegna amore, richiede amore.
E’ un ordine di idee ben rappresentato nel
salmo 102:
[3] Egli
perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
[4] salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
[5] egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.
[6] Il Signore agisce con giustizia
e con diritto verso tutti gli oppressi.
[7] Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d'Israele le sue opere.
[8] Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
[9] Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
[10] Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
[11] Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
[12] come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
[13] Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
[14] Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
[15] Come l'erba sono i giorni dell'uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
[16] Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce.
[17] Ma la grazia del Signore è da sempre,
dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli,
[traduzione CEI 2008]
Negli antichi regni si perseguivano politiche
di potenza e lo splendore delle corti, a costo di opprimere i sudditi. Ai tempi
nostri non è molto diverso; in più si è aggiunto l’ideale dell’efficienza
secondo la prospettiva pseudo-scientifica che meritano di sopravvivere e prosperare solo i migliori, intesi come quelli che in società
hanno la meglio e/o si adattano meglio agli scopi e al volere di chi è più in alto. Questa
era la situazione anche quando, nelle nostre prime comunità di fede, l’antica cultura degli israeliti, che conteneva l’ideale
della giustizia fondata sulla misericordia, venne in contatto con l’ellenismo, che
conteneva l’universalismo umanitario. La
cultura greca ragionava da almeno quattro secoli sulla riforma sociale,
analizzando i vari sistemi sociali storicamente realizzati per capirne il
senso, i vantaggi e gli svantaggi e progettare una nuova e migliore civiltà. Nei primi cristiani venne in contatto con una versione della
cultura ebraica che aveva preso a polemizzare vivacemente nello spirito degli antichi
profeti, promuovendo una nuova azione di popolo. Nel corso di un intenso
lavorio culturale durato circa tre secoli, da ciò scaturì la nuova cultura
politica del cristianesimo che arrivò a fascinare la classe dirigente dell’antico
impero romano con l’immagine di un regno eterno e
universale perché fondato su ciò che non passa, non più solo sulla potenza
delle armi e la crudeltà delle sanzioni minacciate. E anche con l’immagine di
un sovrano padre dei popoli, al modo in cui anche la
divinità si manifestava tale. Complessivamente veramente l’immagine di una nuova civiltà,
molto distante dall’originario contesto dell’antico ebraismo, ma anche dalla cultura greco-romana classica, e lanciata verso l’inculturazione
globale.
Di questa lunga riflessione, che ha portato
alle origini dell’avventura del cristianesimo come progetto di
organizzazione politica, nel Quarto
secolo della nostra era, quindi anche
alla dottrina sociale, può considerarsi una straordinaria testimonianza l’opera
di Agostino d’Ippona (5° secolo, nato a
Tagaste nell’attuale Algeria e morto da vescovo di Ippona, in quella stessa
regione) La Città di Dio, scritto tra il 413 e il 426, tutto condotto
riflettendo sulla storia greca e romana e sulle filosofie correnti in quelle
culture alla luce delle narrazioni bibliche.
Nel
libro 11°, n.1, di quell’opera si legge:
«
In base a queste testimonianze a ad altre analoghe, che sarebbe troppo lungo
ricordare per intero, abbiamo appreso che esiste una città di Dio di cui ci fa
desiderare ardentemente d’essere
cittadini quell’amore che ci ha ispirato
il suo fondatore. I cittadini della città terrena antepongono invece a questo
Fondatore della città santa i propri dèi, ignorando che egli è il Dio degli
dei, ma non degli dèi falsi, cioè empi e superbi, che, privi della luce immutabile
e comune a tutti e perciò ridotti ad un ben povero potere,
cercano di inseguirne in ogni modo uno personale, esigendo doni divini dai
fedeli loro schiavi. Egli è Dio invece di dèi devoti e santi, che trovano la
loro gioia più nel sottomettersi a Dio
che nel ricevere la sottomissione di molti, più nel venerare Dio che nell’essere
venerati al posto suo.»
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli