Riprende
l’oratorio parrocchiale
Quando, a metà degli anni Sessanta, fui
alunno del catechismo parrocchiale qui da noi a San Clemente papa, c’era
l’oratorio per i ragazzi, la domenica.
Si faceva un po’ di catechismo, poi si
facevano giochi organizzati da animatori e il pomeriggio si andava al cinema
nel teatrino parrocchiale. Alla fine del catechismo, ti davano un biglietto che
esibivi nel pomeriggio per entrare al cinema.
Quando portai
la mia figlia maggiore per il catechismo, nel ’95, l’oratorio non si
faceva più.
L’oratorio è una forma collettiva di lieta
integrazione di fede e vita.
Inizialmente, nel Cinquecento, san Filippo Neri, proprio qui a Roma, l’aveva pensato per tutta la collettività,
anche per gli adulti. Divenne una istituzione essenzialmente per ragazzi ad opera di san Giovanni Bosco,
nell’Ottocento. Si sta insieme, facendo quello che in genere fanno i ragazzi, quello che piace ai ragazzi, ma sempre sotto
la luce dell’esperienza religiosa. Tutti insieme, in particolare nel contatto
ravvicinato con i sacerdoti che guidano ognuno a scoprire la propria vocazione
umana, civile e religiosa, si cresce
e gli anni dell’oratorio rimarranno dentro a ciascuno come essenziale
riferimento su come essere persone di fede nel mondo contemporaneo. Il
cittadino adulto impegnato per affermare i valori di fede nella società del suo
tempo sarà costruito sul ragazzino che
era all’oratorio. Un’esperienza
formativa che io ho vissuto tra gli scout della parrocchia degli Angeli
Custodi.
Da noi si abbandonò la pratica dell’oratorio
perché l’integrazione tra fede e vita la si cercava di costruire nelle persone
solo più tardi, al termine dell’iniziazione religiosa di prima e secondo
livello, spingendole ad inserirsi in piccole comunità molto coese e con una disciplina
di perfezionamento personale strutturata in un percorso di ascesi laicale
centrato sulla famiglia. E’ in questo campo che si profondevano la gran parte
delle energie. Credo di aver capito che
non si ritenesse necessaria un’azione parrocchiale per i ragazzini che andasse
oltre il catechismo per Prima Comunione e Cresima, essenzialmente perché si pensava che la formazione ulteriore dei
più piccoli dovesse farsi in famiglia. Al fondo c’era un’ideologia religiosa
secondo la quale tutto ciò che c’era al di fuori della famiglia aveva scarso
senso per la fede ed, anzi, presentava diversi pericoli.
Di seguito allego la nota pastorale CEI del
2013 sugli oratori, in cui si spiega che cosa sono, quali obiettivi dovrebbero
prefiggersi e come andrebbero organizzati.
Ne allego prima una versione condensata, costruita con le stesse parole del documento
originale, ma estraendo solo alcuni brani, che mi sono sembrati contenere
l’essenza fondamentale del testo. Segue la versione integrale. La versione
condensata offre il vantaggio di una più rapida lettura, per cogliere il
documento in uno sguardo d’insieme.
In realtà, come si osserva nella nota
pastorale, la famiglia è un’importante agenzia educativa, ma non l’unica, ed
inoltre deve essere aiutata nel suo lavoro sui figli.
Si cresce fin da piccoli come cittadini
responsabili, capaci di quel protagonismo sociale che può promuovere i valori di fede nella civiltà contemporanea.
Si deve fare un tirocinio sociale che va molto oltre il catechismo. Lo
richiede, in particolare, il nuovo ruolo richiesto ai laici di fede dopo il
Concilio Vaticano 2°.
L’oratorio parrocchiale e ripreso da alcune
settimane, si va strutturando e ha avuto
molto successo. E’ un segno che la gente ha iniziato a riappropriarsi della
parrocchia, che deve arrivare a considerare come una seconda casa, secondo gli
auspici del documento CEI di cui sopra.
Nell’oratorio sono impegnati don Emanuele, don
Mimmo, e diversi giovani della parrocchia, neocatecumenali e non. Ho visto in
questo il germe di una collettività riconciliata, di una vera comunità
parrocchiale. I giovani sono tanto più bravi di noi adulti a fare queste cose,
a superare divisioni e diffidenze in un attimo. Dobbiamo prendere esempio da
loro.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
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VERSIONE
CONDENSATA
Versione condensata
della nota pastorale della Commissione Episcopale C.E.I. per la cultura e
le comunicazioni sociali Il laboratorio dei talenti sul valore e la missione
degli oratori nel contesto dell’educazione alla vita buona del Vangelo
del 2-2-13
INTRODUZIONE
Negli
orientamenti pastorali decennali sul tema “Educare
alla vita buona del Vangelo”,
[C.E.I. - Orientamenti pastorali
dell'Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 file pdf su <http://www.chiesacattolica.it/documenti/2010/10/00015206_educare_alla_vita_buona_del_vangelo_orien.html>]
nel quadro del più ampio impegno della
Chiesa italiana per affrontare la sfida educativa, si fa esplicito riferimento
al peculiare contributo che viene offerto dagli oratori.
Adattandosi ai diversi contesti,
l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna
animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a
una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio
sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport,
musica, teatro, gioco, studio» (Educare
alla vita buona del Vangelo, n. 42.2).
Si
vuole pertanto incentivare e sostenere l’oratorio quale via privilegiata per
educare alla vita buona del Vangelo [proponendo] alcuni orientamenti pastorali
circa la natura, le finalità e lo stile educativo dell’oratorio nell’attuale contesto
ecclesiale e socioculturale.
L’oratorio,
in questa ottica di pastorale integrata, diventa una proposta qualificata della
comunità cristiana per rigenerare se stessa.
PRIMA PARTE
MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO
1. Alle sorgenti
dell’educazione
Gli
orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il secondo decennio degli anni
duemila richiamano l’urgenza e la bellezza di un rinnovato impegno
nell’affrontare la sfida educativa.
[Lì’]l’oratorio, che può vantare, come poche
altre istituzioni formative, oltre 450 anni di esperienza educativa.
2. Una grande ricchezza di
proposte
Di fatto non disponiamo di una documentazione omogenea, criticamente
vagliata e completa secolare vicenda [dell’oratorio].
È
possibile invece cogliere costanti, caratteristiche peculiari, elementi di
contatto, evoluzioni di un medesimo modello, senza mai dimenticare che, nelle
varie trasformazioni dell’oratorio, la pratica ha in genere preceduto la
teoria.
Dovremo intendere l’oratorio come un’ “esperienza
dinamica”, ovvero come uno snodo educativo capace di attivare ricordi,
suscitare immagini, creare legami. L’uso
del termine nel linguaggio comune della gente richiama poi un’esperienza di
vita buona legata ai tempi della giovinezza.
3. Per una memoria viva
dell’oratorio
Dove e come potrà essere individuata
questa memoria dell’oratorio? Essa deriva da un intreccio di intuizioni,
esperienze, attività ed opere, frutto della grazia dello Spirito, del genio
creativo di non pochi Santi e, nondimeno, di scelte pastorali ponderate e
fedelmente perseguite nel tempo da singole Chiese locali. Senza alcuna pretesa
di completezza e consapevoli di una lettura parziale, possiamo individuare tre
grandi filoni o matrici principali di questa memoria dell’oratorio: la
tradizione filippina, sorta con San Filippo Neri (1515- 1595), la tradizione
ambrosiana e lombarda, con l’opera di grandi Vescovi, quali San Carlo Borromeo
(1538-1584), il cardinale Federico Borromeo (1564-1631), il Beato cardinale
Andrea Carlo Ferrari (1859-1921) fino alle figure più recenti di pastori, tra
cui spicca l’allora cardinale Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI
(1897-1978), e la tradizione piemontese, con San Giovanni Bosco (1815-1888),
Santa Maria Domenica Mazzarello (1837- 1881), San Leonardo Murialdo (1828-1900)
e tanti altri eminenti educatori torinesi e piemontesi.
Dagli
inizi del ‘900, con l’obiettivo di riunire la domenica bambini e fanciulli per
attività ricreative, caritative e di sostegno all’insegnamento catechistico, si
diede impulso a una specifica formazione non solo per direttori di oratori e
sacerdoti, ma anche per seminaristi, quale mirato tirocinio pastorale per
l’oratorio. In questa prospettiva possiamo cogliere il prezioso contributo che
l’Azione Cattolica, con il suo capillare e forte radicamento nelle parrocchie,
ha dato, e continua a dare, alla vita degli oratori.
4. Con la stessa passione
dei grandi maestri dell’educazione
[Le singole esperienze] sono di fatto accomunate dalla loro peculiare
offerta di prossimità alle giovani generazioni, amate, accolte e sostenute
nella loro concretezza storica, sociale, culturale e spirituale. Si tratta di
un atteggiamento suscitato e animato dalla carità evangelica, testimoniato
innanzitutto dai singoli iniziatori, custodito dagli sviluppi e dalle opere
successive e, infine, assunto come specifico stile educativo.
5. Nel solco della
tradizione con risposte nuove e creative
Gli
oratori non nascono come progetti “fatti a tavolino” ma dalla capacità di
lasciarsi provocare e mettere in discussione dalle urgenze e dai bisogni del
proprio tempo.
Gli oratori [hanno] saputo
[promuovere ciò che rientrava nei linguaggi e sensibilità giovanili]: a un
tempo, musica, teatro, letteratura e, contemporaneamente gioco, sport e festa –
formazione umana, culturale e spirituale –, prevenzione sociale,
accompagnamento familiare e avviamento al lavoro. Tuttavia tali proposte non
sono state concepite in senso solo strumentale in vista dell’educazione
religiosa.
L’oratorio
ha sempre custodito come sua preoccupazione primaria l’educazione alla fede
delle giovani generazioni. La vera genialità dell’oratorio è di aver saputo
declinare questo stile in epoche, luoghi, persone e situazioni tra loro molto
diverse ed oggi per noi ancora esemplari.
Oggi
gli oratori devono essere rilanciati anche per diventare sempre più “ponti tra
la Chiesa e la strada”.
La
sfida pertanto è quella di far diventare gli oratori spazi di accoglienza e di
dialogo, dei veri ponti tra il tempo della spensieratezza e quello dell’assunzione
di responsabilità.
SECONDA
PARTE
FONDAMENTI
E DINAMICHE DELL’ORATORIO
I
fondamenti della tradizione oratoriale
6. Il Vangelo, sorgente e fine
dell’attività educativa
La
Chiesa per sua natura è chiamata ad evangelizzare con quello slancio missionario che le permette
di essere prossima ad ogni persona, perché il Vangelo sia annunziato a tutte le
creature.
Il
Vangelo è il presupposto imprescindibile per lo svolgimento della funzione
spirituale e sociale dell’oratorio. E proprio in forza della sua fedeltà al
Vangelo, l’oratorio contribuisce alla crescita di cittadini responsabili
cooperando così alla realizzazione del bene comune, anche rispetto a quelle
situazioni di marginalità e fragilità presenti nelle diverse realtà civili.
7. Con lo sguardo di Gesù
verso le giovani generazioni
L’oratorio rappresenta, nel contesto delle iniziative delle Chiese
locali. [Esso] è l’espressione della comunità ecclesiale che, sospinta dal
Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco dell’età evolutiva, dell’educazione
delle giovani generazioni. In esse vediamo crescere, con il sostegno di adulti
testimoni del messaggio evangelico, i protagonisti e costruttori della società
del domani.
Come
ebbe ad affermare Paolo VI a conclusione del Concilio, rivolgendosi ai giovani:
«Vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad
intendere l’appello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre
giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di
dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le
guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi,
sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale»
(Messaggio
ai giovani a chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano 2°, 8 dicembre 1965.)
8. Il ruolo della comunità
educativa
La
natura educativa dell’oratorio e la sua funzione evangelizzatrice esigono una
comunità cristiana capace di prendersi cura delle giovani generazioni.
La
comunità educativa dell’oratorio è il soggetto fondamentale dell’azione
oratoriale, ed esprime a suo modo la continuazione della missione degli
Apostoli.
L’indole
ecclesiale e lo slancio apostolico fa degli operatori dell’oratorio una
comunità solidale e educativa, attenta all’evangelizzazione e alla crescita
delle giovani generazioni.
Compito, dunque, di tale comunità è l’elaborazione e l’animazione del
progetto educativo dell’oratorio, nell’esercizio della corresponsabilità
pastorale, attraverso tutte le dinamiche che articolano e favoriscono il
protagonismo e la responsabilità dei ragazzi e dei giovani.
9. Una rinnovata
collaborazione con la famiglia
All’interno
della comunità educativa una particolare responsabilità compete alla famiglia.
La famiglia resta la prima e indispensabile
comunità educante.
È
pertanto necessaria una forte e rinnovata alleanza tra le famiglie e l’oratorio.
A
livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la rilevanza
nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal sacramento del matrimonio è
importante per la vita della Chiesa.
È
compito primario dell’oratorio valorizzare il ruolo delle famiglie e
sostenerlo, sviluppando un dialogo aperto e costruttivo.
L’oratorio,
infatti, si configura come ambiente di condivisione e di aggregazione
giovanile, dove i genitori trovano un fecondo supporto per la crescita
integrale e il discernimento vocazionale dei propri figli.
10. Nella prospettiva vocazionale
La
caratteristica fondamentale dell’educazione cristiana è la dimensione
vocazionale. Tale dimensione scaturisce dalla visione della vita come dono che
porta in sé uno stupendo progetto di Dio.
«Occorre iniziare i giovani alla vita come
risposta a una vocazione, aiutandoli a vedere che il loro cammino di sequela di
Cristo va realizzato concretamente in uno stato di vita, senza timore di fare
proposte esigenti e mostrando che per tutti c’è una chiamata e un progetto di
santità» (Educare i giovani alla fede-
Orientamenti emersi dai lavori della 45° Assemblea Generale C.E.I, 1999).
Tutte
le attività dell’oratorio costituiscono pertanto occasioni proficue per far
maturare un adeguato senso vocazionale. La gradualità è il criterio
imprescindibile per accompagnare i ragazzi e i giovani nelle tappe della loro
crescita, tenendo fisso lo sguardo sulla meta del progetto educativo, che
costituisce il paradigma di tutta la proposta oratoriale: la maturità
integrale, umana e religiosa, dei ragazzi e dei giovani.
11. La formazione di cristiani maturi
La
natura ecclesiale dell’oratorio si caratterizza per una specifica proposta
formativa cristiana. Nel progetto educativo trovano ampio spazio gli itinerari
di educazione alla fede, che, muovendo dal progetto catechistico diocesano,
offrono ai ragazzi e ai giovani «una visione integrale della persona di Gesù
Cristo, mediante un annuncio e una catechesi che non abbiano timore di farsi
anche cultura, facendo incontrare la verità sulla storia del Figlio di Dio
fatto uomo con la realtà della vita dei giovani» (Educare i giovani alla fede- Orientamenti emersi dai lavori della
45° Assemblea Generale C.E.I, 1999)..
L’esperienza di gruppo e l’ambiente
accogliente, che i ragazzi vivono in oratorio, favoriscono le condizioni
concrete per un cammino di crescita e d’iniziazione), realizzando il «costante
processo di raccordo tra la fede e la vita».
Attraverso i linguaggi del mondo giovanile,
l’oratorio promuove il primato della persona e la sua dignità, favorendo un
atteggiamento di accoglienza e di attenzione, soprattutto verso i più
bisognosi. È in questo modo che l’esperienza formativa apre i ragazzi alla
disponibilità, alla generosità e alla prossimità, che fanno di loro autentici
testimoni di carità.
12. Nell’orizzonte di una pastorale
giovanile integrata
L’oratorio, che per definizione rimane
uno strumento di animazione dei ragazzi e dei giovani, il cui metodo educativo
li coinvolge a partire dai loro interessi e dai loro bisogni, inserendoli
organicamente in un cammino comunitario, non può essere pensato e non deve
costituire una realtà a sé stante, ma è un’espressione qualificata della
pastorale giovanile di una comunità parrocchiale.
Questa
prospettiva di pastorale integrata cresce grazie al raccordo con tutte le
realtà ecclesiali, gruppi, associazioni e movimenti ecclesiali, che anche nel
contesto dell’oratorio sono chiamate ad offrire il loro peculiare contributo.
Le
dinamiche e lo stile dell’oratorio
13.
Luogo fecondo di evangelizzazione
L’oratorio, si configura come un variegato e
permanente laboratorio di interazione tra fede e vita.
Una
tale configurazione porta a far sì che in oratorio siano compresenti percorsi
differenziati: alcuni chiaramente riferiti all’azione evangelizzatrice della
Chiesa, come i cammini di iniziazione cristiana e di formazione religiosa;
altri che rispondono alle esigenze del primo annuncio, soprattutto
nell’incontro con giovani provenienti da altre culture e religioni oppure di
giovani battezzati non praticanti; insieme a questi vi sono molti percorsi
educativi di aggregazione e formazione che si concretizzano nelle molteplici
attività oratoriali messe in atto come risposta alle sfide culturali e ai
bisogni dei ragazzi e dei giovani stessi: sport, esperienze comunitarie,
animazione, teatro, volontariato sociale e missionario, laboratori artistici,
pellegrinaggi, cinema, web sono solo alcuni degli ambiti in cui la comunità
educativa dell’oratorio si cimenta.
All’interno
di molti oratori si attua concretamente anche il cammino di formazione
religiosa con il completamento dell’iniziazione cristiana e la proposta di
itinerari di fede in grado di garantire una maturazione spirituale progressiva
e integrale.
14. Per una gioiosa trasmissione del
Vangelo.
Tali percorsi, nella loro diversità e
ricchezza, si caratterizzano per uno specifico stile di evangelizzazione,
possibile e tanto più efficace quanto più attua le seguenti condizioni:
- la testimonianza di fede in una
concreta comunità cristiana da parte di coloro che animano l’oratorio;
- l’inserimento del ragazzo e del
giovane in un’esperienza oratoriana che è allo stesso tempo cammino
personalizzato e comunitario. Nel rapporto personale con una guida e nella
preghiera che [si viene aiutati] a fare sintesi di vita e scelte di futuro in
quanto discepolo del Signore;
- l’accoglienza progettuale del ragazzo
e del giovane, avendo come orizzonte l’inserimento responsabile nella comunità
ecclesiale e civile e la propria santificazione;
- la possibilità di percorsi graduali e
differenziati. La missione evangelizzatrice dell’oratorio non si esprime
solamente attraverso la catechesi e l’azione liturgica, per quanto essenziali e
ineludibili siano da considerare tali aspetti; essa tende a innervare ogni
singola attività ed esperienza, i tempi e i luoghi dell’oratorio, a partire
dalle motivazioni chiare e profonde di coloro che vi operano.
15. Il primato della relazione
L’oratorio
educa ed evangelizza, in un contesto ecclesiale di cammino comunitario,
soprattutto attraverso relazioni personali autentiche e significative.
L’oratorio
risponde a questa situazione favorendo il più possibile il consolidarsi di un
preciso stile relazionale fatto di accoglienza semplice e schietta, ascolto
profondo e sintonia empatica. Particolare cura richiede l’accompagnamento
educativo personale.
Tutte
le attività dell’oratorio sono, perciò, improntate a favorire un contesto di
dialogo sereno e costruttivo nella consapevolezza che nessuna attività può
sostituire il primato della relazione personale.
Le
proposte dell’oratorio si nutrono di relazioni e nello stesso tempo ne
costituiscono il contesto naturale e fecondo. L’oratorio si propone di
suscitare e alimentare relazioni costanti nel tempo.
La
qualità delle relazioni incide profondamente sul processo educativo. «La
creatura umana, in quanto di natura spirituale si realizza nelle relazioni
interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria
identità personale.
Non è isolandosi che l’uomo valorizza se
stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali
relazioni diventa quindi fondamentale» (enciclica Caritas
in veritate, del papa Benedetto
16° - Carità nella verità, n. 53.)
Occorre
passare ad una sapiente e qualificata costruzione delle relazioni. La
caratteristica forse più significativa delle relazioni che un ragazzo vive in
oratorio è quella della gratuità che nasce dalla fede ed è totalmente protesa
al bene dell’altro.
16. Un ambiente accogliente nella
chiarezza delle proposte
Normalmente l’oratorio viene immaginato come
un ambiente aperto e accogliente, una seconda casa.
Una tale accoglienza si esprime soprattutto attraverso le persone che
sono all’interno di esso, o in quanto responsabili e collaboratori o in quanto
partecipanti e fruitori: il presentarsi e far conoscenza, il saluto, il
sorriso, le “buone maniere”, l’invito a partecipare alle attività sono le
modalità con cui i frequentatori abituali e i nuovi arrivati si sentono accolti
e messi a proprio agio.
Molte
iniziative e proposte oratoriane esprimono chiaramente la disponibilità e
l’interesse ad entrare in relazione con tutti e negli ambiti più diversi. È il
caso della pratica sportiva, o delle attività in ambito teatrale ed espressivo,
oppure delle iniziative di sostegno scolastico e di volontariato. Più
recentemente l’oratorio si sta confrontando con le novità del digitale e dei
new media, trovando in essi stimoli per nuove proposte e percorsi educativi.
17. Il progetto educativo dell’oratorio
Al
centro del progetto educativo dell’oratorio c’è la crescita e la progressiva
maturazione di ogni singolo ragazzo o giovane secondo la prospettiva
dell’“autorealizzazione”.
Tutti
nell’oratorio devono trovare accoglienza vera e piena. Lo stile di accoglienza
dell’oratorio esige pertanto una chiara impostazione identitaria e progettuale.
Si tratta cioè di uno stile intenzionale, pensato e
L’accoglienza
è realmente progettuale: è frutto di una larga condivisione tra i responsabili
di oratorio, sia di ambiente che di settore, e il consiglio pastorale
parrocchiale e/o oratoriano; fa riferimento a persone concrete che, su mandato
dei responsabili, diano attuazione a quanto stabilito; prevede tempi e modalità
condivise di verifica e valutazione di quanto progettato e messo in atto, sia
in itinere che prima della ripresa di ogni iniziativa. L’espressione “progetto
educativo dell’oratorio” non deve primariamente rimandare a un testo scritto,
un documento, in cui sono state raccolte riflessioni e indicazioni, ma a un
insieme di persone che, nel confronto e nella condivisione, hanno certamente
definito e codificato obiettivi, tempi, attività, percorsi, verifiche, ma
soprattutto hanno chiarito le motivazioni di ciò che propongono, scelto il
“come” realizzarlo e individuato il “chi” si farà carico di dare seguito a tali
indicazioni. L’accoglienza progettuale, quindi, non può essere improvvisata o
lasciata alle buone intenzioni di qualcuno, perché è un aspetto che qualifica e
specifica l’oratorio nella sua identità, e questa è patrimonio e responsabilità
della comunità cristiana tutta e non solo di qualcuno.
18. Educare a un protagonismo
responsabile
In
oratorio si delinea quel processo di coinvolgimento che spesso induce a sentire
l’ambiente oratoriano come la propria seconda casa, il luogo dove ci si sente a
proprio agio e dove si assumono impegni e responsabilità, dove si impara che
c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35) .
Parliamo qui di un protagonismo sano e
virtuoso.
Le
vie attraverso cui in oratorio si educa al protagonismo virtuoso e responsabile
danno origine a un processo di maturazione progressiva, frutto dell’interazione
di più elementi che si intrecciano in modalità e intensità diverse da persona a
persona:
- via privilegiata è quella
dell’“imparare facendo”;
- contesto essenziale al protagonismo
oratoriano è quello dell’agire comunitario;
- percorsi di formazione che siano in grado di
sviluppare processi di approfondimento e assimilazione delle adeguate
motivazioni che sorreggono e muovono l’agire personale.Tutti, in modi e
situazioni diverse, hanno ricevuto del bene da qualcuno. Tutti quindi, ognuno
secondo le proprie possibilità e capacità, sono chiamati a restituire tale bene
diventando dono per altri. L’oratorio deve aiutare ciascuno a scoprire i propri
talenti e a metterli a frutto per il bene di tutti.
19. Alleanze feconde e diversificate
L’educazione
è sempre in qualche misura un’opera corale. Essa richiede l’apporto di diversi
soggetti in grado di ridire le stesse cose, in modo armonico e coordinato,
nella diversità di tempi, luoghi e forme. Così la comunità educante risulterà
arricchita dai molteplici e variegati apporti di sacerdoti, consacrati,
catechisti, animatori, educatori, genitori, nonni e di altre figure che si
renderanno necessarie e disponibili.
L’oratorio per sua natura è chiamato a promuovere ampie e feconde
alleanze educative, gettando ponti verso l’esterno, [in modo da] valorizzare
ciò che di buono è già presente nel territorio, mettendosi cordialmente in
dialogo con le diverse realtà.
La prima e fondamentale alleanza
educativa è certamente quella con la famiglia, come ricordato dai Vescovi. La
Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori nel loro ruolo di
educatori». Il ruolo fondamentale della famiglia nei processi educativi implica
anche una particolare attenzione da parte dei responsabili dell’oratorio verso
quei ragazzi e giovani che hanno in casa situazioni di maggiore fragilità e
sofferenza.
Altro
orizzonte fondamentale di alleanza educativa è quello che fa riferimento al
mondo della scuola.
Particolare attenzione sarà riservata
alla figura del docente di religione cattolica, che potrà concorrere a
stabilire punti di contatto e di sapiente interazione. Tra le attività
dell’oratorio, quella molto diffusa del doposcuola costituisce certamente un
ambito privilegiato di collaborazione che merita di essere incentivato e
incrementato.
Di
grande rilevanza inoltre è la collaborazione con le associazioni sportive che
spesso gravitano attorno all’oratorio. Lo sport, con il suo bagaglio di valori,
costituisce una delle più grandi risorse educative e pertanto deve sentirsi a
casa propria nell’oratorio.
20. L’ambiente dell’oratorio: luogo,
tempi e linguaggi I luoghi.
I luoghi. Spesso si dice che l’oratorio
non è solo un luogo, ma è molto di più; [tuttavia] gli ambienti, il loro
utilizzo e la loro gestione possono dire molto in riferimento alle scelte
educative. È importante che gli ambienti dell’oratorio siano adatti alle
attività educative e quindi sobri, ordinati e dignitosi. Essi dovrebbero essere
percepiti dai ragazzi quasi come una seconda casa e perciò devono essere da
loro in qualche misura custoditi e mantenuti al meglio.
Per
quanto possibile, si cercherà di dotare l’oratorio di tutte le strutture utili
alle attività giovanili, in particolare degli spazi esterni per il gioco libero
e per lo sport e quelli interni per le altre attività, tra cui l’angolo della
preghiera o una piccola cappella. Tutte le strutture di servizio, come un
piccolo bar all’interno dell’oratorio, devono essere in linea con la proposta
educativa dell’oratorio.
I tempi. È sotto gli occhi di tutti il grande
cambiamento nei tempi di vita delle famiglie; questo dato richiede di essere
contemporaneamente assunto ed educato. Non è possibile prescindere dalle
esigenze concrete che la vita spesso impone e tuttavia non ci si può fermare a
rispondere ad esse. L’oratorio, attraverso le sue diverse attività, si farà
carico di aiutare i ragazzi e le loro famiglie ad umanizzare il tempo e a
vivere bene il giorno del Signore. Il progetto educativo dell’oratorio e la sua
declinazione nel programma annuale avranno cura di armonizzare in modo sapiente
i tempi della vita in riferimento alle diverse iniziative proposte e alle altre
attività della parrocchia.
Un
tempo propizio per le attività dell’oratorio è senza dubbio quello estivo. Esso
non esaurisce tutte le proposte dell’oratorio, che anzi trovano il loro
fondamento nelle attività svolte durante l’anno pastorale, ma costituisce un
momento decisamente privilegiato nel quale proporre attività formative e
ludiche, sia in loco che residenziali.
I linguaggi. Il metodo proprio dell’oratorio è
quello dell’animazione, ovvero quello del coinvolgimento diretto; è un metodo
attivo che si caratterizza per il protagonismo del soggetto e per la notevole
carica esperienziale. Esso parte normalmente da un’attività semplice, dinamica
e attraente per comunicare dei contenuti o stimolare una riflessione. Tale
metodo si serve di molti linguaggi a seconda dell’opportunità. L’oratorio assume volentieri i linguaggi del
mondo giovanile contemporaneo, nell’auspicio che ogni interlocutore possa
riconoscere la propria lingua. In particolare sceglierà di servirsi dei
linguaggi del gioco libero e creativo, dello sport spontaneo e organizzato,
della musica, della narrativa, del cinema e di altre dinamiche comunicative
riconosciute, apprezzate e frequentate dai ragazzi. Tra i vari linguaggi,
merita certamente una menzione quello della comunicazione nel nuovo ambiente
digitale.
21. L’oratorio come laboratorio
culturale
La testimonianza appassionata di tante persone
racconta delle molteplici e variegate esperienze vissute in oratorio e di come
attraverso di esse sono cresciute e hanno acquisito valori civili ed
ecclesiali, sensibilità e atteggiamenti, tradizioni e abitudini, criteri e
capacità di valutazione.
L’oratorio si offre come un laboratorio in cui
si produce cultura. Esso propone una
visione di uomo e di donna in relazione con Dio, fa sperimentare una forma
specifica di cittadinanza e di partecipazione responsabile, è una comunità in
cui si fa esperienza di relazioni intergenerazionali e spesso anche
interculturali, è uno spazio in cui ci si confronta con le sfide sociali
provocate dalla crisi economica e dal degrado socio-culturale.
A
questo impatto culturale, estremamente importante e significativo, concorrono
le diverse iniziative, a volte solo apparentemente ricreative e ludiche, che si
possono riscontrare nelle migliaia di oratori sparsi nel territorio italiano:
incontri di gruppo, in cui sovente si affrontano temi e si attivano dinamiche
proprie di una determinata età; scuola di formazione sociale e politica, per
accompagnare la maturazione di cittadini credenti e responsabili; attività
sportive ed espressive (teatro, musica, danza, arte, cinema), considerate
sempre meno passatempi e sempre più come occasioni di approfondimento e di
rinnovamento culturale, innanzitutto per l’oratorio stesso; iniziative di
comunicazione e informazione (web e giornalini), con un’attenzione speciale ai
new media e ai social network, che tanto peso hanno oggi nel prolungare e allo
stesso tempo indebolire le relazioni interpersonali; progetti di accoglienza e
scambio interculturale e interreligioso, per favorire nell’oratorio quella
convivenza a volte così difficile sul proprio territorio; commercio “equo e
solidale”, iniziative di volontariato e solidarietà, sensibilizzazione al tema
del rispetto dell’ambiente e molti altri ancora sono gli ambiti in cui
l’oratorio si confronta con la mentalità corrente e in cui propone la propria
sintesi e visione ispirata alla vita buona del Vangelo. Sinergie e collaborazioni
in questa prospettiva possono esser sviluppate con la Caritas e con le varie
iniziative di solidarietà, tra cui anche il progetto Policoro.
TERZA
PARTE
IMPEGNO
E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE
22. Identità ecclesiale
dell’oratorio
L’oratorio
è espressione della cura materna e paterna della Chiesa. Nasce dall’amore della
comunità ecclesiale per le nuove. L’appartenenza ecclesiale dell’oratorio è
espressa anzitutto a livello di Chiesa particolare attraverso la comunione con
il Vescovo diocesano, il quale indica le principali linee educative e gli
orientamenti pastorali, a cui devono riferirsi anche le realtà promosse da
istituti religiosi o altri soggetti ecclesiali. Per favorire e incentivare un
cammino educativo unitario può essere utile costituire un coordinamento
diocesano.
L’oratorio
deve, inoltre, poter contare su di un clima di costruttiva collaborazione con
tutti i soggetti ecclesiali presenti nel territorio. È fondamentale l’apporto
dei consigli pastorali e delle consulte di pastorale giovanile, ai diversi
livelli (parrocchiale, zonale, vicariale, diocesano) sia per l’elaborazione del
progetto sia per la costante verifica dell’attività educativa dell’oratorio. Il
progetto educativo, deve essere largamente condiviso e verificato da tutti i
soggetti coinvolti: sacerdoti, educatori, giovani e famiglie. Tutto ciò
richiede pazienza, attenzione e corresponsabilità condivisa.
Chi assume il compito di educatore non può farlo semplicemente a titolo
personale, ma deve sentirsi espressione della comunità: stimato e seguito,
incoraggiato e sostenuto. Tale servizio, infatti, rappresenta una vera e
propria chiamata: è una vocazione che ha bisogno del discernimento e del dovuto
accompagnamento formativo.
Il
coinvolgimento della comunità deve vedersi anche nella cura degli ambienti,
delle strutture e delle attività dell’oratorio. La vivacità di un oratorio e la
sua capacità di essere di richiamo per i ragazzi e i giovani si vede anche
dalla collaborazione dei vari membri della comunità che a diverso titolo e in
molte forme possono contribuire al buon andamento dell’esperienza.
23. Formazione e profilo
delle figure educative
Ripercorrendo
la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che ci viene
consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figure educative.
Tutti possono fare qualcosa per il proprio oratorio, ma la disponibilità
da sola non basta, è necessaria anche la competenza che si realizza attraverso
un attento cammino di formazione.
Al
di sopra del fare e dell’organizzare dovrà essere sempre salvaguardata la
relazione, la condivisione dei programmi, la comunione d’intenti, considerando
i ragazzi mai come “utenti” ma sempre come figli di Dio, protagonisti della
loro crescita. Pertanto vanno garantiti, all’interno della progettazione,
momenti e spazi per la formazione della comunità educativa dell’oratorio: è
necessario che periodicamente ci si ritrovi per la formazione, per pregare, per
verificare il lavoro svolto.
La formazione andrà pensata anche in base al
ruolo che ciascuno ricopre, tenendo conto che la dinamica educativa, in un
quadro di comunione e condivisione, esige sempre una chiara articolazione delle
responsabilità.
All’interno di un oratorio è insostituibile la presenza del sacerdote
anche in un tempo in cui, a causa della carenza di vocazioni, diventa difficile
poterla garantire a tempo pieno. Pure laddove non si può beneficiare di una
presenza assidua non potrà mancare una figura sacerdotale di riferimento,
specie per gli aspetti spirituali e formativi.
Vedere
un sacerdote attento alla vita dell’oratorio e felice della propria scelta è un
segno forte e fecondo, anche in vista di proposte vocazionali concrete e
affascinanti. Allo stesso modo anche la presenza dei consacrati è un grande
dono.
Il
responsabile [dell’oratorio] è chiamato a favorire un positivo e armonico
intervento di tutte le altre figure educative: deve possedere pertanto buone
doti di coordinamento e una spiccata attitudine al lavoro comune e condiviso.
Non agisce mai a titolo personale e per questo riceve un incarico dall’autorità
ecclesiale di riferimento che ne certifica la formazione e ne determina la
funzione.
24. Attività sportive, artistiche e
culturali
La bellezza dell’oratorio e la sua forza di attrazione verso i ragazzi e
i giovani dipendono anche da questa molteplicità di offerte in un quadro di
proposta educativa integrata e sinergica.
Tra
le proposte più consolidate e diffuse c’è l’attività sportiva.
L’accoglienza dei linguaggi giovanili e della
loro espressività rende l’oratorio a misura dei più giovani, lo fa sentire
familiare e a loro vicino. La musica, il teatro, la danza e le numerose
manifestazioni artistiche, così come i vari ambiti della creatività, sono tutti
elementi che possono qualificare la proposta educativa dell’oratorio perché
favoriscono una presenza attiva dei ragazzi e permettono loro di esprimersi. Le
varie attività proposte assumono così una valenza culturale, oltre che
educativa.
Una
forte cultura educativa deve essere in grado di generare anche una
significativa educazione a fare cultura. È questa del resto l’esperienza della
fede, che non è tale se non genera cultura. Anche l’oratorio, per molti versi,
contribuisce all’attuazione di quel progetto culturale che dalla metà degli
anni novanta caratterizza la presenza della Chiesa nel nostro Paese.
25. Sfide antiche e nuove:
emarginazione e interculturalità
Fin
dalle sue origini l’oratorio, nelle varie situazioni e tradizioni, ha posto
attenzione alle necessità e alle povertà delle nuove generazioni. Gli oratori,
se per loro natura non sono presidi per il contrasto al disagio sociale,
possono però fare molto in termini di prevenzione e di sostegno ai ragazzi e ai
giovani in difficoltà. Occorre per questo che, oltre ad offrire luoghi protetti
e sicuri, sappiano “stare anche sulla strada” per cercare e per accogliere i
soggetti più feriti e bisognosi.
Di
fronte alla sfida dell’interculturalità, inoltre, gli oratori rappresentano
oggi uno dei luoghi più avanzati e maggiormente coinvolti nei processi di
accoglienza e di integrazione dei figli degli immigrati.
L’oratorio
rimane espressione della comunità cristiana e questa natura non può essere mai
negata o offuscata. All’interno delle attività dell’oratorio, che pur
contemplano l’accoglienza di ragazzi di altre religioni e tradizioni, non si
potrà mai rinunciare alla preghiera e alla formazione cristiana, alla
dimensione missionaria, che implica l’annuncio del messaggio evangelico a
tutti.
26. Al passo con le nuove
generazioni dei “nativi digitali”
L’attuale
mondo giovanile viene giustamente segnalato come il primo abitato dai
cosiddetti “nativi digitali”. L’oratorio non si può sottrarre al confronto con
questo nuovo contesto esistenziale dei ragazzi e dei giovani.
Nello
stesso tempo l’oratorio garantisce ai ragazzi uno spazio reale di confronto con
il virtuale per capirne profondamente potenzialità e limiti.
L’oratorio può quindi contribuire ad attuare concretamente alcune
indicazioni degli orientamenti pastorali del decennio, quando invitano a porre
particolare attenzione al rapporto tra nuove tecnologie e sfida educativa:.
27. Aspetti amministrativi
e collaborazione con altri soggetti
Ogni oratorio, a seconda della sua concreta strutturazione, deciderà
come organizzarsi rispetto alla gestione amministrativa, nel rispetto della
normativa canonica e civile. È importante, comunque, mantenere sempre il
riferimento diretto alla comunità ecclesiale, relazionando periodicamente,
nelle sedi opportune.
Il rapporto tra il mondo dell’oratorio e gli
enti pubblici si è molto evoluto. La realtà civile ha scoperto, e sempre più
apprezza, l’oratorio quale soggetto educativo competente e legato al territorio
con cui intessere patti educativi e creare servizi per le giovani generazioni e
le famiglie.
È importante che questi rapporti non
pregiudichino libertà e iniziativa degli oratori e avvengano nel pieno rispetto
del principio costituzionale della sussidiarietà e della libertà religiosa.
CONCLUSIONE
28. L’oratorio come permanente
laboratorio educativo
Gli oratori sono stati, lo sono ancora e speriamo che lo diventino
sempre di più, dei veri e propri “laboratori educativi”. A questa
consapevolezza vanno ricondotti tutti gli interventi a livello spirituale,
sociale e culturale che vedono oggi impegnata la comunità ecclesiale sul fronte
degli oratori. Se non risulta possibile definire un modello unitario e omogeneo
degli oratori italiani, è comunque necessario e fecondo richiamarne sempre gli
aspetti identitari più significativi, attingendoli dalla memoria delle diverse
tradizioni e ponendoli in relazione con le molteplici configurazioni degli
odierni oratori. Solo così sarà possibile affrontare le sfide educative
dell’oratorio di oggi e di domani. Dalla memoria viva, attraverso l’impegno di
discernimento su un presente drammatico e affascinante, è possibile riconoscere
nel ripensamento e nel rilancio degli oratori una vera forza profetica a
beneficio delle nuove generazioni nella Chiesa e nella società.
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VERSIONE
INTEGRALE
Conferenza
Episcopale Italiana Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni
sociali
“IL LABORATORIO DEI
TALENTI”
Nota pastorale sul
valore e la missione degli oratori nel contesto dell’educazione alla vita buona
del Vangelo
INTRODUZIONE
L’attenzione verso la maturazione umana e la
crescita nella fede delle nuove generazioni è stata sempre al cuore della
missione della Chiesa. Con il Concilio Ecumenico Vaticano II e il Magistero
degli ultimi pontefici tale attenzione si è fatta ancora più marcata e
incisiva. Giovanni Paolo II lo ricordava rivolgendosi direttamente ai giovani:
«Tutti guardiamo in direzione vostra, poiché noi tutti, grazie a voi, in un
certo senso ridiventiamo di continuo giovani. Pertanto, la vostra giovinezza
non è solo proprietà vostra, proprietà personale o di una generazione: essa
appartiene al complesso di quello spazio, che ogni uomo percorre
nell’itinerario della sua vita, ed è al tempo stesso un bene speciale di tutti.
È un bene dell’umanità stessa» (1). Sono sempre più numerose le iniziative
pastorali rivolte ai ragazzi e ai giovani per offrire loro percorsi educativi
in grado di rispondere alle sfide del nostro tempo. Tra le proposte più
significative assume una particolare rilevanza quella dell’oratorio, realtà
ricca di tradizione e nello stesso tempo capace di garantire un continuo
rinnovamento per andare incontro alle odierne esigenze educative.
Negli orientamenti pastorali decennali sul
tema “educare alla vita buona del Vangelo”, nel quadro del più ampio impegno
della Chiesa italiana per affrontare la sfida educativa, si fa esplicito
riferimento al peculiare contributo che viene offerto dagli oratori. «La
necessità di rispondere alle loro esigenze porta a superare i confini
parrocchiali e ad allacciare alleanze con le altre agenzie educative. Tale
dinamica incide anche su quell’espressione, tipica dell’impegno educativo di
tante parrocchie, che è l’oratorio. Esso accompagna nella crescita umana e spirituale
le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro
responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime
il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori,
catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi
armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli
dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica,
teatro, gioco, studio» (2).
Anche
a seguito di queste autorevoli indicazioni stiamo assistendo a un crescente
interesse da parte di molte comunità parrocchiali nei confronti dell’oratorio
quale risposta concreta e dinamica alle nuove e complesse sfide che si
riscontrano nell’educazione delle giovani generazioni. Molte realtà ecclesiali
si stanno impegnando per qualificare gli oratori già esistenti, altre si stanno
adoperando per ridare vita ad esperienze che nel tempo si erano perse, altre
ancora si stanno organizzando per la creazione di nuovi oratori. All’offerta
educativa degli oratori guardano anche con molta attenzione le istituzioni
civili. Negli ultimi tempi si registrano anche diversi interventi legislativi
finalizzati al riconoscimento e al sostegno degli oratori. Molte
amministrazioni hanno manifestato, anche con aiuti concreti, un rinnovato
interesse per gli oratori, offrendo e domandando collaborazione. Si tratta di
situazioni nuove che richiedono un adeguato discernimento e qualche
orientamento comune.
La
presente Nota vuole in primo luogo ribadire l’impegno educativo delle nostre
comunità ecclesiali nei confronti dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani,
riconoscendone la soggettività e valorizzando i talenti di cui sono portatori.
Si vuole pertanto incentivare e sostenere l’oratorio quale via privilegiata per
educare alla vita buona del Vangelo. La Chiesa italiana, anche attraverso
questa Nota, vuole riconoscere e sostenere il peculiare valore e la vita dell’oratorio nell’accompagnamento
della crescita umana e spirituale delle nuove generazioni. Si intende proporre
alle comunità parrocchiali, e in modo particolare agli educatori e animatori,
alcuni orientamenti pastorali circa la natura, le finalità e lo stile educativo
dell’oratorio nell’attuale contesto ecclesiale e socioculturale. Vengono formulati
anche alcuni criteri di discernimento su aspetti della vita e
dell’organizzazione dell’oratorio: la formazione e la responsabilità degli
educatori; il rapporto con la pastorale giovanile; la catechesi in oratorio; le
alleanze educative, in particolare con la famiglia; l’impegno delle
aggregazioni ecclesiali; la sfida dell’integrazione sociale e culturale;
l’animazione dello sport educativo, del gioco e del tempo libero; la titolarità
e la gestione dell’oratorio.
La
Nota non intende trattare tutte le problematiche relative all’oratorio,
peraltro già affrontate nell’ampia letteratura disponibile. Si vuole piuttosto
sviluppare una riflessione in termini di pastorale integrata per rendere ancora
più visibile il volto missionario ed educativo della parrocchia quale risposta
al secolarismo che determina sempre più l’abbandono della fede e della vita
ecclesiale da parte delle nuove generazioni (3). L’oratorio, in questa ottica
di pastorale integrata, diventa una proposta qualificata della comunità
cristiana per rigenerare se stessa e rispondere in maniera appropriata al
relativismo pervasivo che è ben riscontrabile anche nei processi educativi. La
riflessione sugli oratori viene collocata nel contesto sociale odierno al fine
di attualizzarne il ruolo anche rispetto alle grandi sfide educative del nostro
tempo. Destinatari primari della Nota sono tutti coloro che attraverso
l’oratorio svolgono la loro missione educativa a partire dalla comunità
ecclesiale, di cui è emanazione, dalla famiglia – da cui non si può mai
prescindere in ogni attività educativa – per arrivare agli educatori e agli
animatori che sono i protagonisti, assieme ai ragazzi e ai giovani, della vita
dell’oratorio.
+ Enrico Solmi Vescovo di Parma
Presidente della Commissione Episcopale per la
famiglia
+
Claudio Giuliodori
Vescovo di Macerata - Tolentino - Recanati -
Cingoli-Treia
Presidente
della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali.
Roma, 2 febbraio 2013
Festa della Presentazione
del Signore
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PRIMA PARTE
MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO
1. Alle sorgenti
dell’educazione
Gli
orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il secondo decennio degli anni
duemila richiamano l’urgenza e la bellezza di un rinnovato impegno
nell’affrontare la sfida educativa. È una dimensione della vita ecclesiale e
sociale di fronte alla quale tutti si sentono interpellati e che molti vivono
come una vera emergenza. Il carattere di “emergenza” nell’ambito educativo,
secondo le acute analisi di Benedetto XVI, è dato dalla perdita delle fonti che
alimentano il cammino umano: la natura, la Rivelazione e la storia. Solo nel
loro “concerto” si ritrovano «le indicazioni per un’educazione che non è
imposizione, ma realmente apertura dell’“io” al “tu”, al “noi” e al “Tu” di
Dio» (4) . Si tratta dunque di «ritrovare le fonti, il linguaggio delle fonti»
(5) , come esorta il Santo Padre, per interpretare e discernere le condizioni
attuali del nostro impegno educativo e proseguirlo con passione e speranza,
senza cedere a sfiducia e rassegnazione.
Quella
dell’educazione è un’attenzione antica e sempre nuova che ha visto la Chiesa
impegnata in ogni epoca ad individuare le risposte più efficaci e qualificate.
In particolare, «nella storia della Chiesa in Italia sono presenti e
documentate innumerevoli opere e istituzioni formative – scuole, università,
centri di formazione professionale, oratori – promosse da diocesi, parrocchie,
istituti di vita consacrata e aggregazioni laicali. Molte sono le figure
esemplari – tra cui non pochi santi – che hanno fatto dell’impegno educativo la
loro missione e hanno dato vita a iniziative singolari, parecchie delle quali
mantengono ancora oggi la loro validità e sono un prezioso contributo al bene
della società» (6).
Tra queste iniziative brilla di luce
propria l’oratorio, che può vantare, come poche altre istituzioni formative,
oltre 450 anni di esperienza educativa. Ridestare lo stupore per la sua
straordinaria e spesso trascurata memoria educativa può rappresentare il primo
passo per la sua reinterpretazione nell’attuale contesto culturale.
2. Una grande ricchezza di
proposte
Come
non risulta possibile tratteggiare una figura ideale di oratorio, allo stesso
modo non è ipotizzabile una narrazione unitaria e lineare della sua storia. Di
fatto non disponiamo di una documentazione omogenea, criticamente vagliata e
completa della sua secolare vicenda perché essa è inseparabile dalle vicende
biografiche di Santi e figure esemplari e dai concreti cammini storici delle
diverse diocesi. Occorre inoltre vigilare per evitare impropri trasferimenti
anacronistici di categorie contemporanee su realtà storiche assai differenti. È
possibile invece cogliere costanti, caratteristiche peculiari, elementi di contatto,
evoluzioni di un medesimo modello, senza mai dimenticare che, nelle varie
trasformazioni dell’oratorio, la pratica ha in genere preceduto la teoria.
Dovremo
dunque più propriamente riferirci, come ebbe a scrivere lo stesso don Bosco,
alle memorie dell’oratorio o meglio ad una memoria cui implicitamente e
inconsapevolmente si fa riferimento quando si parla di oratorio. Gioverà a
questo proposito intendere l’oratorio come un’“esperienza dinamica”, ovvero
come uno snodo educativo capace di attivare ricordi, suscitare immagini, creare
legami. Conferma ne viene dalla stessa varietà semantica del termine, indicante, a un tempo, un luogo
adibito per la preghiera, un particolare genere musicale e uno stile educativo
tipico del nostro Paese; l’uso del termine nel linguaggio comune della gente
richiama poi un’esperienza di vita buona legata ai tempi della giovinezza.
Bisogna inoltre precisare che, storicamente, oratorio non rappresenta neppure
l’unico riferimento per indicare tale stile formativo: nelle diocesi del
Triveneto, ad esempio, è conosciuto anche come patronato, mentre in molti
luoghi, dagli anni settanta, ha mutato il suo nome in centro giovanile, in casa
della gioventù e sono sorti, in ambito non ecclesiale, strutture simili, quali
i ricreatori laici. In questa prospettiva il termine oratorio risulta perciò
fortemente evocativo e, allo stesso tempo, bisognoso di chiarificazione.
3. Per una memoria viva
dell’oratorio
Dove e come potrà essere individuata
questa memoria dell’oratorio? Essa deriva da un intreccio di intuizioni,
esperienze, attività ed opere, frutto della grazia dello Spirito, del genio
creativo di non pochi Santi e, nondimeno, di scelte pastorali ponderate e
fedelmente perseguite nel tempo da singole Chiese locali. Senza alcuna pretesa
di completezza e consapevoli di una lettura parziale, possiamo individuare tre
grandi filoni o matrici principali di questa memoria dell’oratorio: la
tradizione filippina, sorta con San Filippo Neri (1515- 1595), la tradizione
ambrosiana e lombarda, con l’opera di grandi Vescovi, quali San Carlo Borromeo
(1538-1584), il cardinale Federico Borromeo (1564-1631), il Beato cardinale
Andrea Carlo Ferrari (1859-1921) fino alle figure più recenti di pastori, tra
cui spicca l’allora cardinale Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI
(1897-1978), e la tradizione piemontese, con San Giovanni Bosco (1815-1888),
Santa Maria Domenica Mazzarello (1837- 1881), San Leonardo Murialdo (1828-1900)
e tanti altri eminenti educatori torinesi e piemontesi.
La memoria delle tradizioni dell’oratorio non
si esaurisce tuttavia nelle esperienze di Roma e dell’Italia Settentrionale:
numerose Congregazioni religiose, singoli educatori ed educatrici, consacrati e
laici sono stati protagonisti, anche nel Centro e nel Sud d’Italia, di
esperienze educative simili, al di là delle singole denominazioni, in parte
attingendo da queste fonti più antiche e parimenti arricchendole con le loro
realizzazioni. Tra queste ultime si possono ricordare due esperienze
significative. Il sacerdote cosentino don Gaetano Mauro (1888-1969) istituì un
«ricreatorio per i giovani» e nel 1925 diede vita all’Associazione Religiosa
degli Oratori Rurali (ARDOR), con sacerdoti e laici, per l’insegnamento della
dottrina cristiana nelle campagne, per alleviare miseria, ingiustizia,
ignoranza religiosa, con iniziative di evangelizzazione e di promozione umana.
Notevole fu anche l’attività di diffusione e sostegno degli oratori in Puglia,
legata al Seminario regionale di Molfetta. Dagli inizi del ‘900, con
l’obiettivo di riunire la domenica bambini e fanciulli per attività ricreative,
caritative e di sostegno all’insegnamento catechistico, si diede impulso a una
specifica formazione non solo per direttori di oratori e sacerdoti, ma anche
per seminaristi, quale mirato tirocinio pastorale per l’oratorio. In questa
prospettiva possiamo cogliere il prezioso contributo che l’Azione Cattolica,
con il suo capillare e forte radicamento nelle parrocchie, ha dato, e continua
a dare, alla vita degli oratori.
La
pubblicazione della presente Nota vorrebbe dunque anche incoraggiare la
ricerca, nelle storie locali, di tanti testimoni e iniziative esemplari da
proporre all’attenzione delle nostre comunità ecclesiali e, in particolare,
delle nuove generazioni.
4. Con la stessa passione
dei grandi maestri dell’educazione
«Nell’opera
dei grandi testimoni dell’educazione cristiana, secondo la genialità e la
creatività di ciascuno, troviamo i tratti fondamentali dell’azione educativa:
l’autorevolezza dell’educatore, la centralità della relazione personale,
l’educazione come atto di amore, una visione di fede che dà fondamento e
orizzonte alla ricerca di senso dei giovani, la formazione integrale della
persona, la corresponsabilità per la costruzione del bene comune» (7) .
Opportunamente gli orientamenti pastorali per il decennio delineano quasi una
traccia di lettura delle nostre tradizioni educative, utile anche per una
corretta memoria dell’oratorio. Ad essa ci riferiremo interpellando le diverse
tradizioni alla luce delle questioni e delle domande oggi più urgenti per il
futuro dei nostri oratori, facendo emergere, a seconda dei diversi contesti
storici e culturali, anche le diverse “fratture” della memoria, ovvero le
perdite, le involuzioni o le riduzioni improprie che hanno caratterizzato la
pratica dell’oratorio.
Di
fronte ad una tale ricchezza di esperienze viene da chiedersi quale sia la
chiave interpretativa o la cifra sintetica di una così sorprendente e variegata
pratica pastorale. Nel medesimo e più ampio orizzonte in cui le singole
esperienze si collocano – quello dell’educazione – esse sono di fatto
accomunate dalla loro peculiare offerta di prossimità alle giovani generazioni,
amate, accolte e sostenute nella loro concretezza storica, sociale, culturale e
spirituale. Si tratta di un atteggiamento suscitato e animato dalla carità
evangelica, testimoniato innanzitutto dai singoli iniziatori, custodito dagli
sviluppi e dalle opere successive e, infine, assunto come specifico stile
educativo. Come non pensare alla nota parabola del Vangelo di Luca in cui un
Samaritano, ritrovatosi, per strada, davanti ad un uomo ferito, «vide e ne ebbe
compassione» (Lc 10,33) e non passò oltre come altri prima di lui? L’oratorio
anche oggi si colloca sulle strade frequentate dai giovani per prendersi cura
di loro.
5. Nel solco della
tradizione con risposte nuove e creative
Gli
oratori non nascono come progetti “fatti a tavolino” ma dalla capacità di
lasciarsi provocare e mettere in discussione dalle urgenze e dai bisogni del
proprio tempo. Le precarie condizioni spirituali della gioventù cinquecentesca
di Roma per San Filippo, l’esigenza di scolarizzazione e educazione cristiana
per la diocesi ambrosiana nell’attuazione del Concilio di Trento, l’incontro di
don Bosco con ragazzi “abbandonati e pericolanti”, spesso precocemente
incarcerati a causa delle dure condizioni di vita nella Torino industriale di
metà Ottocento: queste sono state le circostanze che hanno originato le diverse
esperienze educative.
Gli
oratori non si sono poi limitati al recupero, all’istruzione o all’assistenza:
la seconda caratteristica è quella di aver saputo valorizzare e abitare la
qualità etica dei linguaggi e delle sensibilità giovanili, promuovendo, a un
tempo, musica, teatro, letteratura e, contemporaneamente gioco, sport e festa –
formazione umana, culturale e spirituale –, prevenzione sociale,
accompagnamento familiare e avviamento al lavoro. Tuttavia tali proposte non
sono state concepite in senso solo strumentale in vista dell’educazione
religiosa, ma sono state percorse fino in fondo, nella loro capacità di educare
alla relazione e alla responsabilità, come condizione di apertura dell’io,
secondo l’efficace espressione del Papa sopra ricordata: dall’“io” al “tu”, al
“noi” e al “Tu” di Dio (8).
L’oratorio,
infatti, ha sempre custodito come sua preoccupazione primaria l’educazione alla
fede delle giovani generazioni (terza caratteristica) seppur nella logica prima
descritta da Benedetto XVI, investendo cioè su una pluralità di relazioni
affidabili (verticali e orizzontali) che propiziassero l’uscita da “sé” e
l’apertura dell’“io”. Il Vangelo, già implicitamente sperimentato
nell’accoglienza incondizionata e nella condivisione della vita quotidiana,
poteva così sprigionare tutta la sua carica di trasformazione dell’identità
plasmando le personalità e dischiudendo la via della conversione o una ripresa
del cammino di fede. In questo dinamismo di crescita umana e spirituale è stato
sempre favorito anche il riconoscimento della propria vocazione. La vera
genialità dell’oratorio è di aver saputo declinare questo stile in epoche,
luoghi, persone e situazioni tra loro molto diverse ed oggi per noi ancora
esemplari.
Oggi
gli oratori devono essere rilanciati anche per diventare sempre più “ponti tra
la Chiesa e la strada”. Lo ricordava il Beato Giovanni Paolo II parlando ai
giovani di Roma: «Condividendo la vita dei vostri coetanei nei luoghi dello
studio, del divertimento, dello sport e della cultura, cercate di recare loro
l’annuncio liberante del Vangelo. Rilanciate gli oratori, adeguandoli alle
esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare
attenzione per chi è emarginato e attraversa momenti di disagio, o è caduto
nelle maglie della devianza e della delinquenza» (9). La sfida pertanto è quella
di far diventare gli oratori spazi di accoglienza e di dialogo, dei veri ponti
tra l’istituzionale e l’informale, tra la ricerca emotiva di Dio e la proposta
di un incontro concreto con Lui, tra la realtà locale e le sfide planetarie,
tra il virtuale e il reale, tra il tempo della spensieratezza e quello
dell’assunzione di responsabilità.
SECONDA
PARTE
FONDAMENTI
E DINAMICHE DELL’ORATORIO
I
fondamenti della tradizione oratoriale
6. Il Vangelo, sorgente e fine
dell’attività educativa
«Il Vangelo è il più grande dono di cui
dispongano i cristiani» (10) e costituisce il fondamento da cui sgorga tutta
l’azione educativa in oratorio. In esso gli educatori trovano il principio che
sostiene e orienta l’impegno a favore della crescita integrale delle giovani generazioni.
Dalla coerenza di vita con l’insegnamento evangelico deriva anche la
credibilità educativa e l’autorevolezza (11) del servizio offerto dagli
operatori pastorali impegnati negli oratori.
La
Chiesa per sua natura è chiamata ad evangelizzare (12) con quello slancio
missionario che le permette di essere prossima ad ogni persona, perché il
Vangelo sia annunziato a tutte le creature (13). È all’interno della
prossimità, spazio indicato da Gesù per vivere il comandamento dell’amore (14),
che si svolge l’attività educativa oratoriale, attenta alle fragilità e alle
povertà dei ragazzi di ogni tempo, ma anche capace di svilupparne le risorse e
le potenzialità per una vera promozione della persona.
La
tradizione ecclesiale conferma che ogni autentica esperienza educativa rivolta
alle giovani generazioni manifesta storicamente e concretamente la compassione
di Cristo verso le esigenze e i bisogni del tempo. In questa prospettiva il
Vangelo è il presupposto imprescindibile per lo svolgimento della funzione
spirituale e sociale dell’oratorio. E proprio in forza della sua fedeltà al
Vangelo, l’oratorio contribuisce alla crescita di cittadini responsabili
cooperando così alla realizzazione del bene comune, anche rispetto a quelle
situazioni di marginalità e fragilità presenti nelle diverse realtà civili.
Il
Vangelo, come parola di vita e nutrimento spirituale, è il bene più prezioso
che la Chiesa possa offrire alle nuove generazioni attraverso la singolare e
multiforme esperienza dell’oratorio. È, pertanto, l’incontro vivo e palpitante
con il Signore Gesù che ispira e sostiene l’attività educativa dei nostri
oratori. Questi luoghi sono stati, e devono diventarlo sempre di più, una
manifestazione di quella «carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone
con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la
principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità
intera» (15).
7. Con lo sguardo di Gesù
verso le giovani generazioni
Le
nostre comunità ecclesiali, impegnate principalmente nella trasmissione della
fede, da sempre dedicano alle giovani generazioni un’attenzione speciale con
cui intendono esprimere la loro responsabilità educativa e pastorale (16).
Benedetto XVI ha definito «fortunati» i ragazzi che hanno la possibilità di
frequentare gli oratori e ha ricordato che «l’oratorio, come dice la parola, è
un luogo dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si
fa catechesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere».
Ha incoraggiato i giovani ad essere frequentatori assidui dell’oratorio «per
maturare sempre più nella conoscenza e nella sequela del Signore» (17). I
progetti oratoriali possono contribuire in modo determinante al processo di
crescita umana e spirituale, dalla fanciullezza fino alla giovinezza.
L’oratorio rappresenta, nel contesto delle iniziative delle Chiese locali, «un
punto solido per la pastorale dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani» (18).
Ma
a chi si rivolge l’oratorio e chi ne è il protagonista? Uno sguardo attento
alla realtà dell’oratorio e al suo sviluppo ci porta a dire che se in passato
l’attenzione prevalente era per i ragazzi fino all’adolescenza, oggi appare
necessario adeguare le sue proposte ad una giovinezza sempre più prolungata che
arriva alle soglie dei trent’anni. Si presentano nuove criticità e nuove
situazioni nel mondo giovanile a cui gli oratori possono offrire risposte
concrete e pertinenti, valutando attentamente le esigenze e le reali capacità
di intervento.
In
questa prospettiva, possiamo affermare che l’oratorio è l’espressione della
comunità ecclesiale che, sospinta dal Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco
dell’età evolutiva, dell’educazione delle giovani generazioni. In esse vediamo
crescere, con il sostegno di adulti testimoni del messaggio evangelico, i
protagonisti e costruttori della società del domani, come ebbe ad affermare
Paolo VI a conclusione del Concilio, rivolgendosi ai giovani: «Vi esortiamo ad
ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello
dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro
servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli
istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste
corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite
nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale»(19).
8. Il ruolo della comunità educativa
La
natura educativa dell’oratorio e la sua funzione evangelizzatrice esigono una
comunità cristiana capace di prendersi cura delle giovani generazioni.
Quest’aspetto si realizza nella Chiesa quando tutti concorrono «alla vita e
alla crescita del corpo ecclesiale» (20), ciascuno secondo i carismi e i doni
che lo Spirito suscita. All’interno della più ampia comunità parrocchiale o
religiosa, tenendo conto anche delle nuove situazioni delle realtà ecclesiali
organizzate in unità pastorali, l’équipe educativa dell’oratorio comprende i
sacerdoti, gli educatori e gli animatori il cui compito è la strutturazione,
l’attuazione e la verifica degli itinerari educativi nel quadro di un progetto
ben articolato.
La
comunità educativa dell’oratorio è il soggetto fondamentale dell’azione
oratoriale, ed esprime a suo modo la continuazione della missione degli
Apostoli la cui «comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti
insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio
verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre
a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente
solidale conil genere umano e con la sua storia» (21). L’indole ecclesiale e lo
slancio apostolico fa degli operatori dell’oratorio una comunità solidale e
educativa, attenta all’evangelizzazione e alla crescita delle giovani
generazioni.
La
comunità educativa, pertanto, è l’espressione della carità pastorale della
Chiesa che, in forza della sua natura missionaria, provvede all’accoglienza e
all’accompagnamento di tutti i ragazzi e i giovani attraverso il progetto
educativo, elaborato secondo le esigenze della realtà ecclesiale di
riferimento. Compito, dunque, di tale comunità è l’elaborazione e l’animazione
del progetto educativo dell’oratorio, nell’esercizio della corresponsabilità
pastorale, attraverso tutte le dinamiche che articolano e favoriscono il
protagonismo e la responsabilità dei ragazzi e dei giovani.
9. Una rinnovata
collaborazione con la famiglia
All’interno
della comunità educativa una particolare responsabilità compete alla famiglia
che, per sua indole e vocazione, «possiede vincoli vitali e organici con la
società, perché ne costituisce il fondamento e l’alimento continuo mediante il
suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia, infatti, nascono i cittadini
e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono
l’anima della vita e dello sviluppo della società stessa» (22). Il compito
educativo, connaturale alla sua identità, fa sì che «nell’orizzonte della
comunità cristiana, la famiglia resta la prima e indispensabile comunità
educante. Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso
alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito
educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non
può essere delegato né surrogato» (23).
È
pertanto necessaria una forte e rinnovata alleanza tra le famiglie e l’oratorio
perché, come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI ad Ancona parlando ai
sacerdoti e agli sposi responsabili della pastorale familiare: «La famiglia è
ricchezza per gli sposi, bene insostituibile per i figli, fondamento
indispensabile della società, comunità vitale per il cammino della Chiesa. A
livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la rilevanza
nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal sacramento del matrimonio è
importante per la vita della Chiesa: la famiglia è luogo privilegiato di
educazione umana e cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata
del ministero sacerdotale; essa è un dono prezioso per l’edificazione della
comunità» (24).
È
compito primario dell’oratorio valorizzare il ruolo delle famiglie e
sostenerlo, sviluppando un dialogo aperto e costruttivo. La soggettività
educativa della famiglia in oratorio deve modularsi in modo da favorire la
tipicità del luogo che, nel rispetto degli spazi propri destinati ai ragazzi e
ai giovani, deve rimanere tipicamente giovanile. L’oratorio, infatti, si
configura come ambiente di condivisione e di aggregazione giovanile, dove i
genitori trovano un fecondo supporto per la crescita integrale e il
discernimento vocazionale dei propri figli (25). In una fase storica in cui i
cambiamenti culturali e sociali in atto nel nostro Paese richiedono una
rinnovata alleanza tra la famiglia e le agenzie educative, il rapporto tra
oratorio e famiglia si configura come laboratorio quanto mai fecondo per
sperimentare anche nuovi percorsi di corresponsabilità educativa. È importante
che nell’oratorio si respiri un clima familiare anche per aiutare i tanti
ragazzi e giovani alle prese con situazioni familiari problematiche, per i
quali spesso l’oratorio diventa una seconda famiglia.
10. Nella prospettiva vocazionale
La
caratteristica fondamentale dell’educazione cristiana è la dimensione
vocazionale, che in oratorio si intreccia con l’accompagnamento dei ragazzi e
la testimonianza di vita data dagli educatori. Tale dimensione scaturisce dalla
visione della vita come dono che porta in sé uno stupendo progetto di Dio. La
realizzazione di una progettualità vocazionale, capace di rispondere al
desiderio di felicità, alla ricerca della verità e al bisogno di comunione
fraterna, offre ai ragazzi e ai giovani gli elementi necessari per un cammino
di autentico discernimento verso la piena maturità. L’approccio vocazionale
favorisce e sostiene il progressivo manifestarsi del progetto di Dio nella vita
di tutti coloro che frequentano l’oratorio. «Occorre iniziare i giovani alla
vita come risposta a una vocazione, aiutandoli a vedere che il loro cammino di
sequela di Cristo va realizzato concretamente in uno stato di vita, senza
timore di fare proposte esigenti e mostrando che per tutti c’è una chiamata e
un progetto di santità» (26).
Il profilo vocazionale della proposta
oratoriale si manifesta concretamente nello stile di animazione degli educatori
e nella proposta degli itinerari educativi. Tutte le attività dell’oratorio
costituiscono pertanto occasioni proficue per far maturare un adeguato senso
vocazionale. La gradualità è il criterio imprescindibile per accompagnare i
ragazzi e i giovani nelle tappe della loro crescita, tenendo fisso lo sguardo
sulla meta del progetto educativo, che costituisce il paradigma di tutta la
proposta oratoriale: la maturità integrale, umana e religiosa, dei ragazzi e
dei giovani.
11. La formazione di cristiani maturi
La
natura ecclesiale dell’oratorio si caratterizza per una specifica proposta
formativa cristiana. Nel progetto educativo trovano ampio spazio gli itinerari
di educazione alla fede, che, muovendo dal progetto catechistico diocesano,
offrono ai ragazzi e ai giovani «una visione integrale della persona di Gesù
Cristo, mediante un annuncio e una catechesi che non abbiano timore di farsi
anche cultura, facendo incontrare la verità sulla storia del Figlio di Dio
fatto uomo con la realtà della vita dei giovani» (27).
L’esperienza di gruppo e l’ambiente
accogliente, che i ragazzi vivono in oratorio, favoriscono le condizioni
concrete per un cammino di crescita e d’iniziazione cristiana (28), realizzando
il «costante processo di raccordo tra la fede e la vita» (29). L’oratorio,
rispetto ad altri luoghi formativi, si caratterizza per la specifica identità
cristiana, i cui principi educativi s’ispirano al Vangelo e alla tradizione
cristiana alla luce del Magistero della Chiesa. Per questo motivo ogni proposta
offerta ai ragazzi ha un carattere formativo, ispirato e sostenuto dalla
ricerca di un concreto e significativo incontro con la persona di Gesù Cristo,
garanzia di una vita davvero felice e di una crescita nella pienezza
dell’amore.
Attraverso i linguaggi del mondo giovanile,
l’oratorio promuove il primato della persona e la sua dignità, favorendo un
atteggiamento di accoglienza e di attenzione, soprattutto verso i più
bisognosi. È in questo modo che l’esperienza formativa apre i ragazzi alla
disponibilità, alla generosità e alla prossimità, che fanno di loro autentici
testimoni di carità. Di fronte alla crescente presenza di ragazzi e giovani
appartenenti ad altre culture e religioni deve crescere la capacità di
accoglienza senza venire meno all’identità del luogo e alla peculiarità della
proposta educativa improntata ai valori cristiani. Si tratta di nuove e
preziose occasioni di dialogo e di evangelizzazione.
12. Nell’orizzonte di una pastorale giovanile
integrata
Consapevoli
della ricca verità di esperienze ecclesiali diffuse nel nostro Paese, da cui
deriva una pluralità di proposte per la formazione e l’accompagnamento delle
giovani generazioni, è fondamentale ribadire lo stretto legame che intercorre
tra pastorale giovanile e oratorio. L’attenzione da parte delle Chiese locali
per l’educazione dei giovani, lungo tutto l’arco dell’età evolutiva, ha
ispirato l’elaborazione di molteplici itinerari di educazione alla fede che,
secondo le urgenze locali, ha sviluppato modelli diversi di pastorale
giovanile. Essendo l’oratorio uno strumento privilegiato con cui la comunità
educa e accompagna i giovani all’integrazione fede-vita, la pastorale giovanile
ne accoglie la funzione educativa nel suo progetto, riconoscendo e promuovendo
nelle parrocchie la sua diffusione. In virtù di questa funzione è opportuno
garantire la presenza dei responsabili degli oratori negli organismi di
coordinamento e di consulta del Servizio per la pastorale giovanile e la loro
rappresentatività nei Consigli pastorali diocesani e parrocchiali.
L’oratorio, che per definizione rimane uno
strumento di animazione dei ragazzi e dei giovani, il cui metodo educativo li
coinvolge a partire dai loro interessi e dai loro bisogni, inserendoli
organicamente in un cammino comunitario, non può essere pensato e non deve
costituire una realtà a sé stante, ma è un’espressione qualificata della
pastorale giovanile di una comunità parrocchiale. La promozione e
l’organizzazione dell’oratorio concorrono allo sviluppo di una forma sinergica
e condivisa di pastorale giovanile integrata, dove la comunità educativa
comprende e sostiene l’impegno di chi, su mandato della comunità ecclesiale,
concorre al bene e all’educazione cristiana delle giovani generazioni. Questa
prospettiva di pastorale integrata cresce grazie al raccordo con tutte le
realtà ecclesiali, gruppi, associazioni e movimenti ecclesiali, che anche nel
contesto dell’oratorio sono chiamate ad offrire il loro peculiare contributo.
Le
dinamiche e lo stile dell’oratorio
13.
Luogo fecondo di evangelizzazione
L’oratorio, in quanto espressione educativa
della comunità ecclesiale, condivide con essa il desiderio e l’urgenza della
missione evangelizzatrice, che «consiste nel realizzare l’annuncio e la
trasmissione del Vangelo» e insieme «annunciare il Signore Gesù con parole e
azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo» (30).
Nel
compiere tale missione l’oratorio ha un suo modo specifico che si caratterizza
nello stile e nel metodo, assumendo forme e attività adeguate alle esigenze e
ai cammini sia del singolo che dei gruppi: esso «accompagna nella crescita
umana e spirituale» (31) inserendosi nel ritmo quotidiano delle persone e della
comunità civile e proponendo iniziative, percorsi, esperienze, relazioni e
contenuti che, in modo esplicito o implicito, vogliono favorire l’incontro con
il Signore Gesù e con il suo dono di vita buona.
Per
questo l’oratorio si configura come un variegato e permanente laboratorio di
interazione tra fede e vita. Quanti sono coinvolti nella vita oratoriale, a
vario titolo, siano essi ragazzi, giovani, famiglie e adulti, sono chiamati a
vivere un’esperienza globale che trae dal Vangelo forza e significato, e che ha
nell’incontro con il Signore Gesù la sua fonte e il suo culmine. Una tale
configurazione porta a far sì che in oratorio siano compresenti percorsi
differenziati: alcuni chiaramente riferiti all’azione evangelizzatrice della
Chiesa, come i cammini di iniziazione cristiana e di formazione religiosa;
altri che rispondono alle esigenze del primo annuncio, soprattutto
nell’incontro con giovani provenienti da altre culture e religioni oppure di
giovani battezzati non praticanti; insieme a questi vi sono molti percorsi
educativi di aggregazione e formazione che si concretizzano nelle molteplici
attività oratoriali messe in atto come risposta alle sfide culturali e ai
bisogni dei ragazzi e dei giovani stessi: sport, esperienze comunitarie,
animazione, teatro, volontariato sociale e missionario, laboratori artistici,
pellegrinaggi, cinema, web sono solo alcuni degli ambiti in cui la comunità
educativa dell’oratorio si cimenta.
All’interno
di molti oratori si attua concretamente anche il cammino di formazione
religiosa con il completamento dell’iniziazione cristiana e la proposta di
itinerari di fede in grado di garantire una maturazione spirituale progressiva
e integrale. Questa prassi ampiamente diffusa è molto importante e risponde
all’esigenza di sviluppare una crescita armonica e solida in cui la catechesi
sia costantemente coniugata con le scelte di vita, al fine di condurre i
giovani ad una piena maturità cristiana. Sono sempre più frequenti anche i casi
in cui l’iniziazione cristiana viene avviata proprio grazie alla frequentazione
dell’oratorio (32).
14. Per una gioiosa trasmissione del
Vangelo.
Tali percorsi, nella loro diversità e
ricchezza, si caratterizzano per uno specifico stile di evangelizzazione,
possibile e tanto più efficace quanto più attua le seguenti condizioni:
- la testimonianza di fede (33) in una
concreta comunità cristiana da parte di coloro che animano l’oratorio: passione
e competenza educative hanno nella consapevolezza del mandato ecclesiale e nel
riferimento a Cristo buon pastore il loro fondamento sorgivo;
- l’inserimento del ragazzo e del
giovane in un’esperienza oratoriana che è allo stesso tempo cammino
personalizzato e comunitario: l’ambiente nel suo insieme, con la ricchezza di
relazioni personali, attività ed esperienze, ne accompagna e illumina la crescita
(presenza di molteplici figure adulte, anno liturgico e pastorale, incontri ed
attività di gruppo, attività estive, feste patronali, iniziative di carità e di
solidarietà…); tuttavia è nel rapporto personale con una guida e nella
preghiera che egli viene aiutato a fare sintesi di vita e scelte di futuro in
quanto discepolo del Signore;
- l’accoglienza progettuale del ragazzo
e del giovane, rispettati nel loro percorso storico di vita e nei loro
interessi espressivi e ricreativi, ma insieme pro-vocati e sollecitati nel loro
cammino di crescita e maturazione verso la pienezza di maturità in Cristo,
avendo come orizzonte l’inserimento responsabile nella comunità ecclesiale e
civile e la propria santificazione;
- la possibilità di percorsi graduali e differenziati:
ragazzi e giovani, pur appartenendo alla medesima fascia di età oppure
frequentando le medesime attività scolastiche e oratoriali, hanno esigenze e
storie diverse, per cui è opportuno che il dono di vita buona del Vangelo si
adatti ad ogni singola persona, incontrando i giovani al punto in cui si trova
la loro libertà e accompagnandoli nella loro piena maturazione. Di conseguenza
emerge con chiarezza che la missione evangelizzatrice dell’oratorio non si
esprime solamente attraverso la catechesi e l’azione liturgica, per quanto
essenziali e ineludibili siano da considerare tali aspetti; essa tende a
innervare ogni singola attività ed esperienza, i tempi e i luoghi
dell’oratorio, a partire dalle motivazioni chiare e profonde di coloro che vi
operano (34).
15. Il primato della relazione
L’oratorio
educa ed evangelizza, in un contesto ecclesiale di cammino comunitario,
soprattutto attraverso relazioni personali autentiche e significative. Esse
costituiscono la sua vera forza e si attuano sia attraverso percorsi
strutturati sia attraverso espressioni informali. L’attuale emergenza educativa
è letta da più parti come esito di un impoverimento delle relazioni educative
personali. In particolare va sottolineato come l’accrescersi esponenziale della
comunicazione virtuale costituisca una sorta di surrogato della relazione, che
rischia di trarre in inganno molti giovani. Anche laddove i social network
sembrano semplicemente prolungare e rafforzare rapporti di amicizia, appare
necessario aiutare i giovani che abitano il mondo della rete a scendere in
profondità coltivando relazioni vere e sincere.
n
L’oratorio risponde a questa situazione favorendo il più possibile il
consolidarsi di un preciso stile relazionale fatto di accoglienza semplice e
schietta, ascolto profondo e sintonia empatica. Particolare cura richiede
l’accompagnamento educativo personale, specie a partire dall’età delle
preadolescenza, che permette di verificare la reale assimilazione degli
obiettivi proposti e di ricalibrare continuamente in itinere la proposta
formativa. Tutte le attività dell’oratorio sono, perciò, improntate a favorire
un contesto di dialogo sereno e costruttivo nella consapevolezza che nessuna
attività può sostituire il primato della relazione personale.
Le
proposte dell’oratorio si nutrono di relazioni e nello stesso tempo ne
costituiscono il contesto naturale e fecondo. In un tempo segnato dalla
consumazione immediata del presente e dal continuo cambiamento, dalla
frammentazione delle esperienze, l’oratorio si propone di suscitare e
alimentare relazioni costanti nel tempo senza sfuggire le responsabilità e le
sfide del “rischio educativo”. La qualità delle relazioni incide profondamente
sul processo educativo. «La creatura umana, in quanto di natura spirituale si
realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più
matura anche la propria identità personale.
Non è isolandosi che l’uomo valorizza se
stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali
relazioni diventa quindi fondamentale» (35).
Molto spesso il tempo concorre notevolmente a
definire lo spessore della relazione; perciò l’oratorio favorirà, per quanto
possibile, una continuità relazionale, senza la quale difficilmente si potrà
costruire un percorso educativo promettente. Oltre a essere costanti e
qualificate, quelle che si vivono in oratorio mirano ad essere anche relazioni
autorevoli in grado di aiutare i ragazzi e i giovani a fare sintesi. La vita
dei ragazzi e dei giovani è segnata da diversi rapporti, per lo più settoriali,
che raramente riescono a fissare l’attenzione su tutta l’ampiezza e la
complessità del vissuto personale. Occorre passare dalla “consumazione delle
relazioni” ad una sapiente e qualificata “costruzione delle relazioni”.
L’esperienza insegna che spesso l’oratorio finisce per essere di fatto il luogo
unificante del vissuto, aiutando chi lo frequenta a superare il rischio, oggi
tutt’altro che ipotetico, della frammentazione e della dispersione. La
caratteristica forse più significativa delle relazioni che un ragazzo vive in
oratorio è quella della gratuità che nasce dalla fede ed è totalmente protesa
al bene dell’altro. Tale atteggiamento genera stupore e dischiude orizzonti di
fiducia, insieme al desiderio di mettersi in gioco e di imitare chi si spende
con generosità per gli altri.
16. Un ambiente accogliente nella
chiarezza delle proposte
Normalmente l’oratorio viene immaginato come
un ambiente aperto e accogliente, un luogo in cui è facile entrare, un contesto
in cui il ragazzo e il giovane si trovano a proprio agio, una seconda casa: in
termini di intervento sociale potrebbe essere definito un “servizio a bassa
soglia”, pensando al fatto che uno scalino più o meno alto può porsi come un
filtro all’ingresso. Tale rappresentazione ideale fa centro su una delle
caratteristiche più qualificanti la realtà oratoriana, che ha nella capacità di
accoglienza la sua strategia e il suo potere di attrazione. Una tale
accoglienza, però, non può mai comportare disimpegno o svendita dei valori
educativi.
Essa
si manifesta in molteplici forme e contesti. Certamente si riferisce alla
possibilità fisica di accedere con facilità e naturalezza agli spazi interni
dell’oratorio: un ingresso visibile, aperto e accessibile. Tuttavia si esprime
soprattutto attraverso le persone che sono all’interno di esso, o in quanto
responsabili e collaboratori o in quanto partecipanti e fruitori: il
presentarsi e far conoscenza, il saluto, il sorriso, le “buone maniere”,
l’invito a partecipare alle attività sono le modalità con cui i frequentatori
abituali e i nuovi arrivati si sentono accolti e messi a proprio agio. Un
elemento da prendere in considerazione per valutare e potenziare la capacità di
accoglienza di un ambiente oratoriano riguarda la struttura dell’oratorio: piccolo
o grande che sia, l’elemento strutturale dice molto di sé, sia a livello di
stato di conservazione che di cura nell’arredamento e nell’allestimento di
attrezzature e materiali, come anche nella disposizione degli spazi dedicati
alle varie attività.
Ci sono poi alcuni aspetti che esplicitano la
volontà e il desiderio di andare sempre incontro ai ragazzi e ai giovani. Molte
iniziative e proposte oratoriane esprimono chiaramente la disponibilità e
l’interesse ad entrare in relazione con tutti e negli ambiti più diversi. È il
caso della pratica sportiva, o delle attività in ambito teatrale ed espressivo,
oppure delle iniziative di sostegno scolastico e di volontariato. Più
recentemente l’oratorio si sta confrontando con le novità del digitale e dei
new media, trovando in essi stimoli per nuove proposte e percorsi educativi.
Anche la presenza di ragazzi e giovani provenienti da altre culture e religioni
è motivo e occasione di ripensamento e di riorganizzazione della proposta
oratoriana. Occorre, inoltre, misurarsi anche con situazioni di grave degrado
sociale e culturale (criminalità organizzata, disoccupazione, alcolismo,
droga…): di fronte a tali contesti, con lo spirito del buon samaritano
l’oratorio si fa “prossimo”, reinventando modalità e iniziative per rispondere
alle nuove emergenze educative.
17. Il progetto educativo dell’oratorio
Al
centro del progetto educativo dell’oratorio c’è la crescita e la progressiva
maturazione di ogni singolo ragazzo o giovane secondo la prospettiva
dell’“autorealizzazione” ben delineata da Giovanni Paolo II: «Davanti alla
vista interiore della personalità in sviluppo di un giovane o di una giovane,
gradualmente e successivamente si scopre quella specifica e, in un certo senso,
unica e irripetibile potenzialità di una concreta umanità, nella quale è come
inscritto l’intero progetto della vita futura. La vita si delinea come la
realizzazione di quel progetto: come “auto-realizzazione”» (36).
Tutti
nell’oratorio devono trovare accoglienza vera e piena. Lo stile di accoglienza
dell’oratorio esige pertanto una chiara impostazione identitaria e progettuale.
Si tratta cioè di uno stile intenzionale, pensato e voluto, e per quanto è
possibile organizzato. Si può parlare di accoglienza progettuale laddove ci
sono persone che hanno tematizzato le problematiche e che hanno deciso di
mettere in gioco le proprie risorse di tempo, di passione e di competenza per
rispondere a tali sollecitazioni.
L’accoglienza
è realmente progettuale, e quindi sensata e finalizzata, nella misura in cui
rispetta alcune condizioni di base: è frutto di una larga condivisione tra i
responsabili di oratorio, sia di ambiente che di settore, e il consiglio
pastorale parrocchiale e/o oratoriano; fa riferimento a persone concrete che,
su mandato dei responsabili, diano attuazione a quanto stabilito; prevede tempi
e modalità condivise di verifica e valutazione di quanto progettato e messo in
atto, sia in itinere che prima della ripresa di ogni iniziativa. L’espressione
“progetto educativo dell’oratorio” non deve primariamente rimandare a un testo
scritto, un documento, in cui sono state raccolte riflessioni e indicazioni, ma
a un insieme di persone che, nel confronto e nella condivisione, hanno
certamente definito e codificato obiettivi, tempi, attività, percorsi,
verifiche, ma soprattutto hanno chiarito le motivazioni di ciò che propongono,
scelto il “come” realizzarlo e individuato il “chi” si farà carico di dare
seguito a tali indicazioni. L’accoglienza progettuale, quindi, non può essere
improvvisata o lasciata alle buone intenzioni di qualcuno, perché è un aspetto
che qualifica e specifica l’oratorio nella sua identità, e questa è patrimonio
e responsabilità della comunità cristiana tutta e non solo di qualcuno.
18. Educare a un protagonismo
responsabile
In
oratorio chi arriva nuovo così come chi lo abita da tempo, il ragazzo come
l’adulto, vi trova il suo spazio di espressione e di partecipazione, la
valorizzazione delle capacità, e soprattutto l’opportunità di essere
riconosciuto e accolto come persona. Da una fase iniziale a quella più avanzata
si delinea quel processo di coinvolgimento che spesso induce a sentire
l’ambiente oratoriano come la propria seconda casa, il luogo dove ci si sente a
proprio agio e dove si assumono impegni e responsabilità, dove si impara che
c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35) .
Parliamo qui di un protagonismo sano e
virtuoso che non ha nulla a che fare con le connotazioni negative riscontrabili
nella cultura odierna. Si registra, infatti, una dannosa tendenza
all’esibizionismo e al narcisismo, che generalmente si esprime in un accentuato
individualismo, interpretabile anche come forma di compensazione della propria
fragilità personale, percepita o reale. Nonostante questi reali limiti e
possibili rischi, il protagonismo, sia giovanile che adulto, rimane la migliore
risorsa dell’oratorio per avviare percorsi di educazione alla partecipazione e
all’assunzione di responsabilità.
Le
vie attraverso cui in oratorio si educa al protagonismo virtuoso e responsabile
danno origine a un processo di maturazione progressiva, frutto dell’interazione
di più elementi che si intrecciano in modalità e intensità diverse da persona a
persona:
- via privilegiata è quella
dell’“imparare facendo”, che certamente richiede un minimo di competenza, ma
che soprattutto esige disponibilità ad apprendere, passione nel dedicarsi e
fedeltà nel mantenere gli impegni presi;
- contesto essenziale al protagonismo
oratoriano è quello dell’agire comunitario, basato sul confronto e sulla condivisione,
ragione per cui non si opera mai da soli e in forma isolata o autoreferenziale;
- percorsi di formazione che siano in grado di
sviluppare processi di approfondimento e assimilazione delle adeguate
motivazioni che sorreggono e muovono l’agire personale. A sostegno della
proposta oratoriana di graduale e progressivo coinvolgimento di tutti, ragazzi,
giovani, adulti e famiglie a servizio degli altri sovente viene proposta la
dinamica della “restituzione”. Tutti, in modi e situazioni diverse, hanno ricevuto
del bene da qualcuno. Tutti quindi, ognuno secondo le proprie possibilità e
capacità, sono chiamati a restituire tale bene diventando dono per altri.
L’oratorio deve aiutare ciascuno a scoprire i propri talenti e a metterli a
frutto per il bene di tutti. In tale dinamica si inserisce anche l’esperienza
del bene sommo, la grazia divina, che tutti abbiamo ricevuto nella passione,
morte e risurrezione del Signore Gesù, e a cui tutti siamo chiamati a
rispondere diventando a nostra volta dono.
19. Alleanze feconde e diversificate
L’educazione
è sempre in qualche misura un’opera corale. Essa richiede l’apporto di diversi
soggetti in grado di ridire le stesse cose, in modo armonico e coordinato,
nella diversità di tempi, luoghi e forme. La reale forza di un processo
educativo dipende in gran parte dall’interazione di più soggetti capaci di
trasmettere lo stesso messaggio attraverso una molteplicità di esperienze e
linguaggi. Su questo presupposto si basa la forma stessa dell’oratorio che
prevede, nella quasi totalità dei casi, la presenza di diverse figure educative
che operano in sinergia. Così la comunità educante risulterà arricchita dai
molteplici e variegati apporti di sacerdoti, consacrati, catechisti, animatori,
educatori, genitori, nonni e di altre figure che si renderanno necessarie e
disponibili.
L’oratorio
può apparire già di per sé, al suo interno, un’alleanza educativa compiuta.
Questo però non giustifica alcun ripiegamento o il pensarsi in modo
autoreferenziale. L’oratorio per sua natura è chiamato a promuovere ampie e
feconde alleanze educative, gettando ponti verso l’esterno. Si rende così più
visibile ed evidente la sua natura estroversa, tesa a valorizzare ciò che di
buono è già presente nel territorio, mettendosi cordialmente in dialogo con le
diverse realtà.
La prima e fondamentale alleanza
educativa è certamente quella con la famiglia, come ricordato dai Vescovi: «Se
è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice, soprattutto nei
confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è
un’impronta che essa sola può dare e che rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto,
si impegna a sostenere i genitori nel loro ruolo di educatori» (37). Il ruolo
fondamentale della famiglia nei processi educativi implica anche una particolare
attenzione da parte dei responsabili dell’oratorio verso quei ragazzi e giovani
che hanno in casa situazioni di maggiore fragilità e sofferenza.
Altro
orizzonte fondamentale di alleanza educativa è quello che fa riferimento al
mondo della scuola, con il quale l’oratorio crea quanto più possibile una
collaborazione permanente ai diversi livelli, nell’interesse reciproco e prima
ancora dei ragazzi stessi. Particolare attenzione sarà riservata alla figura
del docente di religione cattolica, che potrà concorrere a stabilire punti di
contatto e di sapiente interazione. Tra le attività dell’oratorio, quella molto
diffusa del doposcuola costituisce certamente un ambito privilegiato di
collaborazione che merita di essere incentivato e incrementato.
Di
grande rilevanza inoltre è la collaborazione con le associazioni sportive che
spesso gravitano attorno all’oratorio. Lo sport, con il suo bagaglio di valori,
costituisce una delle più grandi risorse educative e pertanto deve sentirsi a
casa propria nell’oratorio. Occorre però vigilare affinché gli aspetti
agonistici non prendano mai il sopravvento sulle finalità educative.
L’oratorio, oltre a promuovere al suo interno attività sportive, potrà anche
valutare, di volta in volta e dopo adeguato discernimento, l’opportunità di
sviluppare collaborazioni con le altre realtà sportive del territorio.
20. L’ambiente dell’oratorio: luogo,
tempi e linguaggi I luoghi.
I luoghi. Spesso si dice che l’oratorio
non è solo un luogo, ma è molto di più. Questa affermazione, pur molto vera,
rischia di farci dimenticare l’importanza dell’avere un luogo che si possa
considerare oratorio. Ciò non significa che il luogo sia indispensabile per
iniziare, o che bisogna partire necessariamente da un luogo. Si possono
valorizzare al meglio i luoghi che ci sono e pensare con cura a nuove
strutture. Gli ambienti, il loro utilizzo e la loro gestione possono dire molto
in riferimento alle scelte educative. È importante che gli ambienti
dell’oratorio siano adatti alle attività educative e quindi sobri, ordinati e
dignitosi. Essi dovrebbero essere percepiti dai ragazzi quasi come una seconda
casa e perciò devono essere da loro in qualche misura custoditi e mantenuti al
meglio. Ogni scelta relativa agli ambienti dell’oratorio va contemperata con le
esigenze delle attività educative e non deve snaturare le finalità principali
dell’oratorio. Per quanto possibile, si cercherà di dotare l’oratorio di tutte
le strutture utili alle attività giovanili, in particolare degli spazi esterni
per il gioco libero e per lo sport e quelli interni per le altre attività, tra
cui l’angolo della preghiera o una piccola cappella. Tutte le strutture di
servizio, come un piccolo bar all’interno dell’oratorio, devono essere in linea
con la proposta educativa dell’oratorio.
I tempi. La dinamica dei tempi dell’oratorio
costituisce oggi indubbiamente una questione che richiede una profonda
riflessione e un intenso discernimento comunitario. È sotto gli occhi di tutti
il grande cambiamento nei tempi di vita delle famiglie; questo dato richiede di
essere contemporaneamente assunto ed educato. Non è possibile prescindere dalle
esigenze concrete che la vita spesso impone e tuttavia non ci si può fermare a
rispondere ad esse. L’oratorio, attraverso le sue diverse attività, si farà
carico di aiutare i ragazzi e le loro famiglie ad umanizzare il tempo e a
vivere bene il giorno del Signore. Il progetto educativo dell’oratorio e la sua
declinazione nel programma annuale avranno cura di armonizzare in modo sapiente
i tempi della vita in riferimento alle diverse iniziative proposte e alle altre
attività della parrocchia. Inoltre il progetto educativo di ciascun oratorio
saprà indicare i momenti e tempi più opportuni in riferimento alle attività
settimanali feriali e festive, così come nell’ambito del programma annuale. Una
particolare attenzione dovrà essere riservata anche ai tempi liturgici e a
quelli della crescita nella fede. Un tempo propizio per le attività
dell’oratorio è senza dubbio quello estivo. Esso non esaurisce tutte le proposte
dell’oratorio, che anzi trovano il loro fondamento nelle attività svolte
durante l’anno pastorale, ma costituisce un momento decisamente privilegiato
nel quale proporre attività formative e ludiche, sia in loco che residenziali.
I linguaggi. Il metodo proprio dell’oratorio è
quello dell’animazione, ovvero quello del coinvolgimento diretto; è un metodo
attivo che si caratterizza per il protagonismo del soggetto e per la notevole
carica esperienziale. Esso parte normalmente da un’attività semplice, dinamica
e attraente per comunicare dei contenuti o stimolare una riflessione. Tale
metodo si serve di molti linguaggi a seconda dell’opportunità. Molto spesso la
ricchezza di una proposta educativa dipende in grande misura dalla varietà dei
linguaggi attraverso i quali riesce a esprimersi. L’utilizzo di più linguaggi
può permettere un’assimilazione dei contenuti più precisa e profonda, oltre che
dare la possibilità a ciascuno di esprimersi a partire dalle proprie
inclinazioni naturali. L’oratorio assume volentieri i linguaggi del mondo
giovanile contemporaneo, nell’auspicio che ogni interlocutore possa riconoscere
la propria lingua. In particolare sceglierà di servirsi dei linguaggi del gioco
libero e creativo, dello sport spontaneo e organizzato, della musica, della
narrativa, del cinema e di altre dinamiche comunicative riconosciute,
apprezzate e frequentate dai ragazzi. Tra i vari linguaggi, merita certamente
una menzione quello della comunicazione nel nuovo ambiente digitale.
21. L’oratorio come laboratorio
culturale
La testimonianza appassionata di tante persone
racconta delle molteplici e variegate esperienze vissute in oratorio e di come
attraverso di esse sono cresciute e hanno acquisito valori civili ed
ecclesiali, sensibilità e atteggiamenti, tradizioni e abitudini, criteri e
capacità di valutazione: pur nella diversità delle sue realizzazioni, nei
tempi, negli spazi e nelle modalità, l’oratorio si offre come un laboratorio in
cui si produce cultura. Certamente il suo ambito di azione e le sue modalità
ordinarie non lo inducono a forme culturali di tipo accademico, anche se non
mancano, tra le attività proposte dagli oratori, convegni, giornate di studio,
dibattiti, aggiornamenti, specialmente in ambito educativo. Nel contesto della
direzione indicata anche dagli orientamenti pastorali per questo decennio,
varrà la pena di investire tempo ed energie per partecipare anche al dibattito
pubblico sui temi e i compiti educativi della società civile e della comunità
ecclesiale.
Tuttavia, non si può negare che l’oratorio
svolga molte funzioni culturali, sia quanto a contenuti che a modalità: esso
propone una visione di uomo e di donna in relazione con Dio, fa sperimentare
una forma specifica di cittadinanza e di partecipazione responsabile, è una
comunità in cui si fa esperienza di relazioni intergenerazionali e spesso anche
interculturali, è uno spazio in cui ci si confronta con le sfide sociali
provocate dalla crisi economica e dal degrado socio-culturale.
A
questo impatto culturale, estremamente importante e significativo, concorrono
le diverse iniziative, a volte solo apparentemente ricreative e ludiche, che si
possono riscontrare nelle migliaia di oratori sparsi nel territorio italiano:
incontri di gruppo, in cui sovente si affrontano temi e si attivano dinamiche
proprie di una determinata età; scuola di formazione sociale e politica, per
accompagnare la maturazione di cittadini credenti e responsabili; attività
sportive ed espressive (teatro, musica, danza, arte, cinema), considerate
sempre meno passatempi e sempre più come occasioni di approfondimento e di
rinnovamento culturale, innanzitutto per l’oratorio stesso; iniziative di
comunicazione e informazione (web e giornalini), con un’attenzione speciale ai
new media e ai social network, che tanto peso hanno oggi nel prolungare e allo
stesso tempo indebolire le relazioni interpersonali; progetti di accoglienza e
scambio interculturale e interreligioso, per favorire nell’oratorio quella
convivenza a volte così difficile sul proprio territorio; commercio “equo e
solidale”, iniziative di volontariato e solidarietà, sensibilizzazione al tema
del rispetto dell’ambiente e molti altri ancora sono gli ambiti in cui
l’oratorio si confronta con la mentalità corrente e in cui propone la propria
sintesi e visione ispirata alla vita buona del Vangelo. Sinergie e
collaborazioni in questa prospettiva possono esser sviluppate con la Caritas e
con le varie iniziative di solidarietà, tra cui anche il progetto Policoro.
TERZA
PARTE
IMPEGNO
E RESPONSABILITÀ ECCLESIALE
22. Identità ecclesiale
dell’oratorio
L’oratorio
è espressione della cura materna e paterna della Chiesa. Nasce dall’amore della
comunità ecclesiale per le nuove generazioni e, quindi, non può essere affidato
ad altri soggetti, seppur competenti, che non abbiano le stesse finalità,
perché quando viene meno una chiara appartenenza ecclesiale l’oratorio perde la
sua identità. Quest’originaria e vitale appartenenza va declinata nelle diverse
situazioni e nelle molteplici forme con cui la Chiesa è presente nel territorio.
L’appartenenza ecclesiale dell’oratorio è espressa anzitutto a livello di
Chiesa particolare attraverso la comunione con il Vescovo diocesano, il quale
indica le principali linee educative e gli orientamenti pastorali, a cui devono
riferirsi anche le realtà promosse da istituti religiosi o altri soggetti
ecclesiali. Per favorire e incentivare un cammino educativo unitario può essere
utile costituire un coordinamento diocesano.
L’oratorio
deve, inoltre, poter contare su di un clima di costruttiva collaborazione con
tutti i soggetti ecclesiali presenti nel territorio. È fondamentale l’apporto
dei consigli pastorali e delle consulte di pastorale giovanile, ai diversi
livelli (parrocchiale, zonale, vicariale, diocesano) sia per l’elaborazione del
progetto sia per la costante verifica dell’attività educativa dell’oratorio. Il
progetto educativo, mentre evidenzia l’identità dell’oratorio, ne favorisce
anche la crescita nella condivisione e nella sapiente regia, nella
progettualità, nella responsabilità, nella operatività di tutti i soggetti e di
tutte le persone coinvolte. Tale progetto deve essere largamente condiviso e
verificato da tutti i soggetti coinvolti: sacerdoti, educatori, giovani e
famiglie. Tutto ciò richiede pazienza, attenzione e corresponsabilità
condivisa.
La
convergenza di tutti attorno al progetto educativo dell’oratorio potrà favorire
anche la valorizzazione di una “ministerialità educativa” in grado di
promuovere i carismi, valorizzare i talenti e mettere a frutto i doni suscitati
dallo Spirito. Preziose sono le iniziative degli ordini religiosi e degli
istituti di vita consacrata, così come il coinvolgimento delle aggregazioni
laicali, soprattutto di quelle particolarmente contrassegnate da un carattere
educativo. Interpreti fondamentali dell’identità ecclesiale dell’oratorio sono
i responsabili e gli educatori. Chi assume il compito di educatore non può
farlo semplicemente a titolo personale, ma deve sentirsi espressione della
comunità: stimato e seguito, incoraggiato e sostenuto. Tale servizio, infatti,
rappresenta una vera e propria chiamata: è una vocazione che ha bisogno del
discernimento e del dovuto accompagnamento formativo.
Il
coinvolgimento della comunità deve vedersi anche nella cura degli ambienti,
delle strutture e delle attività dell’oratorio. La vivacità di un oratorio e la
sua capacità di essere di richiamo per i ragazzi e i giovani si vede anche
dalla collaborazione dei vari membri della comunità che a diverso titolo e in
molte forme possono contribuire al buon andamento dell’esperienza. L’oratorio
può trarre notevoli vantaggi da una precisa e organica strutturazione delle
collaborazioni che, evitando sovrapposizioni e invadenze, favorisca il
coinvolgimento di tutti con un senso profondo di comunione e di partecipazione
alla sfida educativa. Anche gli ammalati con il loro silenzioso apostolato
contribuiscono non poco al bene dell’oratorio: preziosa è la sofferenza donata,
testimoniata e vissuta con i figli nell’amore.
23. Formazione e profilo
delle figure educative
Ripercorrendo
la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che ci viene
consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figure educative.
Centrale è la figura del “padre e della madre secondo lo spirito”: San Filippo
era chiamato padre nell’accezione più intensa dai giovani romani che
frequentavano l’oratorio per gli eccezionali sentimenti di paternità con lui
sperimentati e don Bosco volle ricreare nei suoi oratori un ambiente di
famiglia sotto la sua cura di padre, maestro e amico. Altrettanto si dovrebbe
dire delle opere femminili, ad esempio delle Orsoline di Sant’Angela Merici o
delle Figlie di Maria Ausiliatrice. In molte diocesi i giovani sacerdoti erano
quasi interamente dediti all’oratorio, in taluni casi risiedendo addirittura
nella stessa struttura oratoriana e assumendone la responsabilità educativa e
gestionale.
Ancor
oggi il più grande patrimonio dei nostri oratori è rappresentato dalle decine
di migliaia di educatori, formatori, animatori e collaboratori che prestano un
generoso servizio, donando tempo e competenze. Tutti possono fare qualcosa per
il proprio oratorio, ma secondo i ruoli e le responsabilità non potrà mancare
una specifica e adeguata formazione. La disponibilità da sola non basta, è
necessaria anche la competenza che si realizza attraverso un attento cammino di
formazione pensato e progettato insieme nei luoghi e nelle forme più
appropriate. Perciò tutti, parrocchie, istituti di vita consacrata,
aggregazioni laicali con un carisma educativo devono sentire forte la necessità
di camminare insieme e stringere alleanze educative per il servizio da offrire
a supporto dei singoli oratori.
In
ogni oratorio si porrà poi la dovuta attenzione affinché la gestione delle
attività non diventi mai prevalente rispetto al fine educativo. Al di sopra del
fare e dell’organizzare dovrà essere sempre salvaguardata la relazione, la
condivisione dei programmi, la comunione d’intenti, considerando i ragazzi mai
come “utenti” ma sempre come figli di Dio, protagonisti della loro crescita.
Pertanto vanno garantiti, all’interno della progettazione, momenti e spazi per
la formazione della comunità educativa dell’oratorio: è necessario che
periodicamente ci si ritrovi per la formazione, per pregare, per verificare il
lavoro svolto. La formazione andrà pensata anche in base al ruolo che ciascuno
ricopre, tenendo conto che la dinamica educativa, in un quadro di comunione e
condivisione, esige sempre una chiara articolazione delle responsabilità. In
considerazione dello sviluppo che gli oratori stanno registrando su tutto il
territorio nazionale, si dovranno sempre più prevedere e organizzare momenti
qualificati di formazione a livello parrocchiale, diocesano, interdiocesano,
regionale e nazionale, anche con il supporto di centri universitari
specializzati, facoltà e istituti teologici, istituti superiori di scienze
religiose.
All’interno
di un oratorio è insostituibile la presenza del sacerdote anche in un tempo in
cui, a causa della carenza di vocazioni, diventa difficile poterla garantire a
tempo pieno. Pure laddove non si può beneficiare di una presenza assidua non
potrà mancare una figura sacerdotale di riferimento, specie per gli aspetti
spirituali e formativi. Peraltro questa presenza non deve essere relegata solo
ai giovani sacerdoti: l’esperienza insegna che l’efficacia educativa non
coincide con la vicinanza generazionale fra educatori e ragazzi, anche se
questo aspetto a volte può avere un suo valore. È sempre più necessario che i
sacerdoti stiano in oratorio più per gli aspetti religiosi che per quelli
organizzativi, per favorire un autentico clima di scambio, di conoscenza, di
stima e per offrire un accompagnamento umano e spirituale ai ragazzi e agli
educatori. Vedere un sacerdote attento alla vita dell’oratorio e felice della
propria scelta è un segno forte e fecondo, anche in vista di proposte
vocazionali concrete e affascinanti. Allo stesso modo anche la presenza dei
consacrati è un grande dono. Essi, con la professione dei consigli evangelici,
danno concreta testimonianza di un amore libero e disinteressato che si fa
carico, in particolare, dei più poveri, deboli e indifesi. Tra tutte le
presenze non deve essere assolutamente trascurata quella degli stessi giovani
adulti, il cui protagonismo deve essere sostenuto e orientato al servizio.
La necessità di avere in oratorio figure
stabili di riferimento è indiscutibile: tradizionalmente essa è individuata nel
direttore, coordinatore o responsabile dell’oratorio, ma in alcuni grandi
oratori operano stabilmente diversi educatori. I ruoli di responsabilità, in
passato, venivano svolti per lo più da sacerdoti o religiosi/religiose. Oggi,
sempre più spesso, tale compito viene affidato a dei laici preparati. Al di là
delle tradizioni e delle odierne situazioni, chiunque, su mandato ecclesiale,
ne assuma la responsabilità deve operare perché l’oratorio “funzioni bene”,
coordinando le varie attività, operando nell’ottica evangelica e vocazionale,
garantendo la cura delle relazioni interpersonali, lo stile dell’accoglienza e
la qualità educativa dell’ambiente. Il responsabile è chiamato a favorire un
positivo e armonico intervento di tutte le altre figure educative: deve
possedere pertanto buone doti di coordinamento e una spiccata attitudine al
lavoro comune e condiviso. Non agisce mai a titolo personale e per questo
riceve un incarico dall’autorità ecclesiale di riferimento che ne certifica la
formazione e ne determina la funzione.
La
questione dell’eventuale remunerazione di laici impegnati in modo stabile deve
essere affrontata con prudenza e saggezza, tenendo conto che è sempre bene
promuovere la gratuità e il volontariato, anche per una chiara scelta
educativa, senza però che questo pregiudichi la qualità della proposta. Quando
l’impegno richiesto e il mandato affidato assumono carattere di prolungata
stabilità ed implicano alta professionalità, non sempre possono essere
ricondotti ad un profilo di solo volontariato. Le soluzioni possono essere
molteplici e vanno individuate in base alle situazioni concrete, alle
esperienze e alle determinazioni dell’autorità ecclesiastica. In ogni caso
occorre tener presenti alcuni criteri: l’appartenenza e la dedizione
ecclesiale, la testimonianza di vita coerente con la morale cattolica, le
competenze e la professionalità, il livello di responsabilità e l’impegno
richiesto, il senso della giustizia, la sostenibilità dell’onere da parte della
comunità o dell’ente titolare dell’oratorio.
24. Attività sportive,
artistiche e culturali
Nell’oratorio
convergono una molteplicità di percorsi e di linguaggi, un variegato insieme di
proposte culturali e sportive, una ricca offerta formativa. La bellezza
dell’oratorio e la sua forza di attrazione verso i ragazzi e i giovani
dipendono anche da questa molteplicità di offerte in un quadro di proposta educativa
integrata e sinergica.
Tra
le proposte più consolidate e diffuse c’è l’attività sportiva. Lo sport in
oratorio è un dono per tutti a patto che si rispettino alcune caratteristiche
proprie della natura educativa di questo ambiente: lo sport come gioco e
divertimento che viene prima della competizione; la possibilità di un esercizio
dello sport aperto a tutti, senza discriminazioni di alcun tipo; la
diversificazione della pratica sportiva per evitare una assolutizzazione di
alcuni sport; la presenza di educatori sportivi che vivano autenticamente
l’appartenenza all’oratorio; un progetto sullo sport dichiaratamente educativo,
che sia stimolo anche al di fuori dall’ambiente oratoriano.
La
presenza sul territorio nazionale di associazioni cattoliche che operano per la
promozione e l’organizzazione dell’ambito sportivo – prima fra tutte per la sua
storia e la sua presenza capillare il Centro Sportivo Italiano – è di grande
aiuto per gli oratori. Ad esse viene richiesto non solo di collaborare nell’ambito
delle attività sportive, ma di integrarsi pienamente nella vita dell’oratorio
assumendone fino in fondo le finalità educative. Deve essere pertanto
incentivato il collegamento fra di esse e le strutture di coordinamento degli
oratori al fine di creare maggiori sinergie e unità di intenti a beneficio dei
ragazzi e dei giovani.
L’accoglienza dei linguaggi giovanili e della
loro espressività rende l’oratorio a misura dei più giovani, lo fa sentire
familiare e a loro vicino. La musica, il teatro, la danza e le numerose
manifestazioni artistiche, così come i vari ambiti della creatività, sono tutti
elementi che possono qualificare la proposta educativa dell’oratorio perché
favoriscono una presenza attiva dei ragazzi e permettono loro di esprimersi. Le
varie attività proposte assumono così una valenza culturale, oltre che
educativa.
Una
forte cultura educativa deve essere in grado di generare anche una
significativa educazione a fare cultura. È questa del resto l’esperienza della
fede, che non è tale se non genera cultura. Anche l’oratorio, per molti versi,
contribuisce all’attuazione di quel progetto culturale che dalla metà degli
anni novanta caratterizza la presenza della Chiesa nel nostro Paese. La
dimensione culturale delle attività educative, oltre al valore intrinseco e al
beneficio che apporta alla crescita dei ragazzi e dei giovani, può diventare
ulteriore motivo di coinvolgimento delle famiglie e della comunità. L’oratorio,
con le sue attività culturali, diviene così protagonista della vita spirituale
e sociale della comunità. All’interno di un’autentica rete educativa tali
attività possono risultare strategiche anche per dialogare con il mondo
scolastico o con altri circuiti culturali presenti nel territorio.
25. Sfide antiche e nuove:
emarginazione e interculturalità
Fin
dalle sue origini l’oratorio, nelle varie situazioni e tradizioni, ha posto
attenzione alle necessità e alle povertà delle nuove generazioni. In modo
particolare don Bosco, con la sua sensibilità per l’abbandono in cui versavano
masse di ragazzi, si fece carico della loro formazione e istruzione, non solo
religiosa: la nascita di scuole e collegi manifestò come il Vangelo non potesse
limitarsi al catechismo, ma chiedesse, in quel contesto, un’attenzione nuova e
diversa. Oggi occorre prendere atto che molti oratori faticano a perseverare in
questa medesima apertura, per la complessità delle sfide culturali sociali che
li coinvolge. In altri quartieri o paesi, invece, l’oratorio resta l’unico vero
punto di riferimento ecclesiale e sociale, non di rado capace di denuncia e di
rottura rispetto a ingiustizie e degrado. Purtroppo non sono poche, anche tra i
più giovani, le situazioni in cui il disagio scivola in comportamenti a rischio
fino alla dipendenza da alcol e droghe. Gli oratori, se per loro natura non
sono presidi per il contrasto al disagio sociale, possono però fare molto in
termini di prevenzione e di sostegno ai ragazzi e ai giovani in difficoltà.
Occorre per questo che, oltre ad offrire luoghi protetti e sicuri, sappiano “stare
anche sulla strada” per cercare e per accogliere i soggetti più feriti e
bisognosi.
Di
fronte alla sfida dell’interculturalità, inoltre, gli oratori rappresentano
oggi uno dei luoghi più avanzati e maggiormente coinvolti nei processi di
accoglienza e di integrazione dei figli degli immigrati. Sono gli stessi
ragazzi, messi nella condizione di confrontarsi con i coetanei di altre
nazionalità e di altre religioni, che aiutano le nostre comunità a crescere
nella dimensione dell’apertura, della cordiale convivenza e della testimonianza
della fede. Il linguaggio dell’accoglienza fa già parte, di fatto, del
patrimonio e della sensibilità educativa dell’oratorio. Tale contesto può
favorire un confronto, anche per superare una certa indifferenza diffusa, rispetto
alle questioni più profonde dell’identità, compresa quella religiosa.
Pur
nel rispetto di tutte le provenienze e sensibilità religiose è da escludere
che, all’interno degli oratori, siano ospitati momenti di culto pubblico di
altre religioni. L’oratorio rimane espressione della comunità cristiana e
questa natura non può essere mai negata o offuscata. All’interno delle attività
dell’oratorio, che pur contemplano l’accoglienza di ragazzi di altre religioni
e tradizioni, non si potrà mai rinunciare alla preghiera e alla formazione
cristiana, alla dimensione missionaria, che implica l’annuncio del messaggio
evangelico a tutti. Il rispetto della sensibilità dei ragazzi e dei giovani di
altre religioni richiede che la partecipazione ai momenti più tipicamente
religiosi non sia obbligatoria. Appare comunque fondamentale offrire a tutti la
possibilità di comprendere la tradizione cattolica, i contenuti della fede e
delle espressioni spirituali. Una tale conoscenza li aiuterà a integrarsi
meglio con i loro compagni e nell’ambiente oratoriano in cui si trovano a
vivere.
26. Al passo con le nuove
generazioni dei “nativi digitali”
Trovandosi
a diretto contatto con il mondo dei ragazzi, in continua e veloce evoluzione,
l’oratorio deve affrontare situazioni sempre nuove e inedite. L’attuale mondo
giovanile viene giustamente segnalato come il primo abitato dai cosiddetti
“nativi digitali”. L’oratorio non si può sottrarre al confronto con questo
nuovo contesto esistenziale dei ragazzi e dei giovani. Può farlo assumendo le
possibilità delle nuove tecnologie digitali con intelligenza e prudente
innovazione, abitando con naturalezza questi stessi mondi e “facendo oratorio”
anche dentro queste nuove tecnologie, privilegiando elementi come il confronto,
la relazione, l’informazione, la vicinanza, la circolazione delle idee, il
protagonismo dei ragazzi, le nuove abilità che hanno sviluppato in termini
relazionali e di apprendimento. Nello stesso tempo l’oratorio garantisce ai
ragazzi uno spazio reale di confronto con il virtuale per capirne profondamente
potenzialità e limiti. In un tempo in cui la realtà rischia di diventare sempre
più liquida e priva di peso specifico, l’oratorio offre un’appartenenza reale,
concreta, con obiettivi da raggiungere insieme attraverso esperienze dirette
che permettono di misurarsi con se stessi e di percepire la proposta bella e
affascinante della vita buona del Vangelo.
L’oratorio
può quindi contribuire ad attuare concretamente alcune indicazioni degli
orientamenti pastorali del decennio, quando invitano a porre particolare
attenzione al rapporto tra nuove tecnologie e sfida educativa: «Il loro ruolo
nei processi educativi è sempre più rilevante: le tradizionali agenzie
educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico. Un
obiettivo da raggiungere, dunque, sarà anzitutto quello di educare alla
conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza
quanto al loro uso… Pure in questo campo, l’impresa educativa richiede
un’alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie
a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle
giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette… L’impegno educativo
sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire
un ambito privilegiato per la missione della Chiesa»(38).
27. Aspetti amministrativi
e collaborazione con altri soggetti
Le
attività dell’oratorio si svolgono in ambienti e strutture di vario genere:
pertinenze dell’edificio di culto, sale della comunità, saloni, spazi musicali,
biblioteche, campi sportivi, parchi, tanto per citare quelli più comuni. A
volte si tratta di spazi limitati, altre volte di complessi e strutture di
notevole estensione. Anche le attività educative esercitate al suo interno si
configurano in diversi modi: spontanee, organizzate, servizi alla persona,
incontri, percorsi. Alcune attività possono svolgersi in collaborazione con
realtà diverse: associazioni sportive e di oratorio, gruppi, enti di vario
genere, associazioni culturali… In questi casi deve essere chiara e fatta
sempre salva la responsabilità ultima dell’ente ecclesiale titolare
dell’oratorio. È bene che tali collaborazioni siano definite con cura, se
necessario, anche dal punto di vista giuridico con convenzioni e specifici
accordi. La gestione di un oratorio, quindi, dal punto di vista amministrativo,
può essere molto complessa e per alcuni aspetti anche in continua evoluzione.
Il rispetto delle leggi e delle norme relative a tali attività è parte
integrante della proposta educativa di un oratorio. Vanno evitate forme di
spontaneismo e di improvvisazione garantendo all’oratorio una precisa
configurazione giuridica e organizzativa. Ogni oratorio, a seconda della sua
concreta strutturazione, deciderà come organizzarsi rispetto alla gestione
amministrativa, nel rispetto della normativa canonica e civile. È importante,
comunque, mantenere sempre il riferimento diretto alla comunità ecclesiale,
relazionando periodicamente, nelle sedi opportune, sulla conduzione economica
dell’oratorio e condividendo con le autorità ecclesiastiche preposte anche le
fondamentali scelte di carattere giuridico e amministrativo.
Il rapporto tra il mondo dell’oratorio e gli
enti pubblici si è molto evoluto. Si registra un crescente interesse da parte
delle istituzioni pubbliche che a diversi livelli hanno anche legiferato e
promosso azioni amministrative a sostegno degli oratori. Negli ultimi anni
l’oratorio ha ottenuto ampi riconoscimenti della propria funzione sociale ed educativa,
ad ogni livello, nazionale, regionale e locale. La realtà civile ha scoperto, e
sempre più apprezza, l’oratorio quale soggetto educativo competente e legato al
territorio con cui intessere patti educativi e creare servizi per le giovani
generazioni e le famiglie.
È importante che questi rapporti non
pregiudichino libertà e iniziativa degli oratori e avvengano nel pieno rispetto
del principio costituzionale della sussidiarietà e della libertà religiosa.
Occorre pertanto vigilare affinché tali collaborazioni, di per sé positive e
finalizzate al bene comune, non determinino vincoli o restrizioni alla libertà
di indirizzo e di gestione educativa della comunità ecclesiale e non finiscano
per generare improprie e inaccettabili commistioni. Nel futuro risulterà ancora
più interessante allargare queste collaborazioni anche ad altri enti pubblici
con cui, in questo momento, risulta più faticosa una collaborazione strutturata
(mondo scolastico in primis), preferendo sempre di più, rispetto alle
strutture, accordi che agevolino la creazione o il consolidamento di servizi
educativi.
Al
fine di gestire in modo adeguato il rapporto con gli enti pubblici è necessario
avere qualificati supporti dal punto di vista amministrativo e giuridico. In
ambito nazionale tale esigenza è realizzata dalla Segreteria Generale della
Conferenza Episcopale Italiana attraverso gli uffici competenti, i quali si
avvalgono anche delle attività del Forum degli Oratori Italiani (FOI),
costituito dagli organismi di coordinamento regionale, dalle associazioni
ecclesiali di rilevanza nazionale e dagli istituti di vita consacrata che
riconoscono l’oratorio quale ambito di pastorale dell’età evolutiva e
giovanile. A livello regionale è bene che il soggetto di riferimento siano le
rispettive Conferenze Episcopali. I coordinamenti diocesani sono poi importanti
per seguire gli oratori presenti nel territorio, suggerendo e monitorando gli
accordi con le amministrazioni locali, sempre nel rispetto delle reciproche
autonomie, al fine di rendere concreto il comune interesse e la collaborazione
per la crescita serena e positiva dei ragazzi e dei giovani.
L’oratorio
normalmente non ha personalità giuridica per cui gli accordi con gli enti
pubblici vanno stipulati tramite i soggetti ecclesiali di riferimento. Essendo
l’oratorio espressione della comunità ecclesiale, in genere della parrocchia, è
bene che gli accordi con gli enti pubblici siano stipulati dall’ente
ecclesiastico civilmente riconosciuto di cui l’oratorio è espressione o da enti
la cui responsabilità sia direttamente riconducibile all’autorità
ecclesiastica, evitando che altri soggetti operino in nome e per conto
dell’oratorio. Va sempre garantita la titolarità e la responsabilità ecclesiale
della gestione dell’oratorio, soprattutto in presenza di accordi e convenzioni
con enti pubblici e privati non ecclesiali, rispettando eventuali indicazioni
dell’Ordinario in materia (39). La saggezza dell’esperienza suggerisce di
stipulare accordi solo laddove esista, da parte dei rappresentanti dell’ente di
riferimento, un pieno rispetto della natura e delle finalità proprie
dell’oratorio e la condivisione delle modalità tipicamente ecclesiali di
servizio al bene delle nuove generazioni.
CONCLUSIONE
28. L’oratorio come
permanente laboratorio educativo
Nella
prima parte di questa Nota abbiamo visto come l’oratorio sia sorto per favorire
l’educazione alla fede in modo adeguato alle diverse situazioni delle giovani
generazioni. È evidente l’opera dello Spirito Santo che, unita alla
disponibilità e genialità dei fondatori, ha dato vita ad una creativa risposta
alle esigenze dei ragazzi e dei giovani. Questa opera continua e si rafforza a
partire da queste solide radici. Nella cultura filippina, l’oratorio indicava
inizialmente proprio l’incontro (domenicale o di tutte le sere della settimana)
durante il quale si alternavano letture spirituali, sermoni (i cosiddetti
ragionamenti sul libro) in un clima festoso e allietato da musica e canto.
Strettamente legati alle scuole della Dottrina Cristiana, nate su iniziativa di
Castellino da Castello (1480-1566) per un’istruzione e una catechesi di massa
per tutti, gli oratori milanesi si strutturarono di fatto come vere e proprie
scuole parrocchiali. E don Bosco, incontrando l’8 dicembre 1841 un giovane
immigrato analfabeta, Bartolomeo Garelli, in quello che poi riconobbe come il
momento scelto dalla Provvidenza per iniziare la sua opera, gli propose un
“catechismo a parte”, un catechismo speciale per lui più conveniente.
Questa convenienza educativa si è tradotta nel tempo in uno sviluppo
sorprendente di tanti altri aspetti, che possono essere sintetizzati nella
prospettiva pedagogica dell’educazione integrale. Infatti gli oratori
sostengono e favoriscono il pieno sviluppo di tutte le dimensioni della
persona, intellettive, affettive, relazionali e spirituali. In questa luce va
considerata la convinta valorizzazione del gioco, della musica, del teatro,
dello sport, della natura, del viaggio, della festa e, parimenti, la promozione
della cultura, del volontariato, e della solidarietà. Forti di una consolidata
tradizione, gli oratori devono oggi affrontare con coraggio, per un verso, il
ripensamento della trasmissione della fede alle nuove generazioni nel contesto
di sfida della nuova evangelizzazione e, dall’altro, l’assunzione dei nuovi
linguaggi giovanili, così come dei rapidi cambiamenti dischiusi dall’avvento
delle nuove tecnologie informatiche. Sempre più la riflessione pastorale
intercetta la questione antropologica.
Così
gli oratori sono stati, lo sono ancora e speriamo che lo diventino sempre di
più, dei veri e propri “laboratori educativi”. A questa consapevolezza vanno
ricondotti tutti gli interventi a livello spirituale, sociale e culturale che
vedono oggi impegnata la comunità ecclesiale sul fronte degli oratori. Se non
risulta possibile definire un modello unitario e omogeneo degli oratori
italiani, è comunque necessario e fecondo richiamarne sempre gli aspetti
identitari più significativi, attingendoli dalla memoria delle diverse
tradizioni e ponendoli in relazione con le molteplici configurazioni degli
odierni oratori. Solo così sarà possibile affrontare le sfide educative
dell’oratorio di oggi e di domani. Dalla memoria viva, attraverso l’impegno di
discernimento su un presente drammatico e affascinante, è possibile riconoscere
nel ripensamento e nel rilancio degli oratori una vera forza profetica a
beneficio delle nuove generazioni nella Chiesa e nella società.
NOTE:
1 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai giovani
Dilecti amici, 31 marzo 1985, n. 1.
2 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,
Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato
italiano per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010, n. 42.
3 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il
volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota pastorale
dell’Episcopato italiano, 30 maggio 2004, nn. 6-7.
4 BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a
Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
5 Ib.
6 Educare alla vita buona del Vangelo,
n. 34.
7 Ib., n. 34.
8 Cfr BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a
Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
9 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai giovani
di Roma, 5 aprile 2001, n. 5.
10 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,
Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001, n. 32.
11 Cfr BENEDETTO XVI, Lettera alle
diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio
2008, n. 21.
12 Cfr PAOLO VI, Esortazione apostolica
Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 14.
13 Cfr Mt 16,15.
14 Cfr Mt 22,39.
15 BENEDETTO XVI, Lettera enciclica
Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 1.
16 Cfr PRESIDENZA DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Educare i giovani alla fede. Orientamenti emersi dalla XLV
Assemblea Generale, 27 febbraio 1999.
17 BENEDETTO XVI, Incontro con i
cresimandi e i cresimati della diocesi di Milano, 2 giugno 2012.
18 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Atti
della 58 a Assemblea Generale, p. 109.
19 PAOLO VI, Messaggio ai giovani a
chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 8 dicembre 1965.
20 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 35.
21 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II,
Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 1.
22 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione
apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 42.
23 Educare alla vita buona del Vangelo,
n. 36.
24 BENEDETTO XVI, Incontro con le
famiglie e con i sacerdoti ad Ancona, 11 settembre 2011.
25 «L’impegno della comunità, in
particolare nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, è fondamentale per offrire
alle famiglie il necessario supporto. Spetta ai genitori, insieme agli altri
educatori, promuovere il cammino vocazionale dei figli, anche attraverso
esperienze condivise, nelle quali i ragazzi possano affrontare i temi della
crescita fisica, affettiva, relazionale per una positiva educazione all’amore
casto e responsabile» (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 37).
26 Educare i giovani alla fede, n. 2.
27 Ib.
28 Cfr CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE,
L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei
ragazzi dai 7 ai 14 anni, Nota pastorale, 23 maggio 1999, n. 27.
29 UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, La
catechesi e il catechismo dei giovani, 8 dicembre 1999, n. 1.
30 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA
FEDE, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, 3 dicembre 2007,
n. 2.
31 Educare alla vita buona del Vangelo,
n. 42.
32 Cfr L’iniziazione cristiana. 2.
Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni.
33 Cfr BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a
Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.
34 Cfr Educare alla vita buona del
Vangelo, n. 42.
35 Caritas in
veritate, n. 53.
36 Dilecti amici, n. 3.
37 Educare alla vita buona del Vangelo,
n. 36.
38 Educare alla vita buona del Vangelo,
n. 51.
39 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,
Istruzione in materia amministrativa, 1° settembre 2005, nn. 10. 21.
INDICE
INTRODUZIONE
PRIMA PARTE: MEMORIA E ATTUALITÀ DELL’ORATORIO
1. Alle sorgenti dell’educazione
2. Una grande ricchezza di proposte
3. Per una memoria viva dell’oratorio
4. Con la stessa passione dei grandi maestri
dell’educazione
5. Nel solco della tradizione con risposte
nuove e creative
SECONDA PARTE: FONDAMENTI
E DINAMICHE DELL’ORATORIO
I fondamenti della tradizione oratoriale
6. Il Vangelo, sorgente e fine
dell’attività educativa
7. Con lo sguardo di Gesù verso le
giovani generazioni
8. Il ruolo della comunità educativa
9. Una rinnovata collaborazione con la
famiglia.
10. Nella prospettiva vocazionale
11. La formazione di cristiani maturi
12. Nell’orizzonte di una pastorale
giovanile integrata
Le dinamiche e lo stile
dell’oratorio
13. Luogo fecondo di evangelizzazione
14. Per una gioiosa trasmissione del
Vangelo
15. Il primato della relazione
16. Un ambiente accogliente nella
chiarezza delle proposte
17. Il progetto educativo dell’oratorio
18. Educare a un protagonismo
responsabile
19. Alleanze feconde e diversificate
20. L’ambiente dell’oratorio: luogo,
tempi e linguaggi
21. L’oratorio come laboratorio
culturale T
TERZA PARTE: IMPEGNO E
RESPONSABILITÀ ECCLESIALE
22. Identità ecclesiale dell’oratorio
23. Formazione e profilo delle figure
educative
24. Attività sportive, artistiche e
culturali
25. Sfide antiche e nuove: emarginazione
e interculturalità
26. Al passo con le nuove generazioni
dei “nativi digitali”
27. Aspetti amministrativi e
collaborazione con altri soggetti
CONCLUSIONE
28. L’oratorio come permanente
laboratorio educativo