Che
cosa ha prodotto il Concilio Vaticano 2° (1962-1965)
Ecco come Giovanni Battista Montini, durante
il suo ministero papale, sintetizzò i documenti prodotti dal Concilio Vaticano
2°, il ventunesimo concilio ecumenico nella storia della Chiesa:
Sintesi dei documenti
conciliari
1. LE
QUATTRO COSTITUZIONI CONCILIARI
La
Costituzione dogmatica sulla Chiesa
Questo
documento, il più solenne di tutto il Concilio, comincia con le parole «Lumen gentium» (luce dei popoli). Il primo
capitolo parla del mistero della Chiesa che «è, nel Cristo, in qualche modo il
sacramento, vale a dire il segno e il mezzo dell’unione intima con Dio e
dell’unità di tutto il genere umano». Dopo questo primo capitolo che delinea la
relazione della Chiesa con Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, il secondo
capitolo presenta la Chiesa come il Popolo di Dio, costituito dal Battesimo e
di cui il capo è Cristo, in cammino attraverso la storia e destinato a riunire
tutti gli uomini. Questo capitolo ricorda i legami tra la Chiesa e i Cristiani
non cattolici, i suoi rapporti con i non-cristiani e afferma il carattere
missionario del Popolo di Dio.
La
Costituzione presenta in seguito i membri del Popolo di Dio: la gerarchia
(vescovi, preti e diaconi) e i laici. E il terzo capitolo, sulla gerarchia, che
afferma la collegialità dell’episcopato (i vescovi successori degli apostoli,
intorno al Papa successore di Pietro, loro Capo, hanno ricevuto da Cristo la
responsabilità della Chiesa universale) e decide che gli Episcopati locali
possono restaurare il diaconato come Ordine permanente, e conferire questo
Ordine a uomini sposati. Il capitolo quarto, sui laici, mostra la loro
partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa (culto, annuncio del
Vangelo, orientamento verso il Cristo della vita e delle attività di rutta
l’umanità).
Il quinto
capitolo parla della vocazione alla santità da parte di tutti i membri del
Popolo di Dio.
Il
capitolo sesto, sui Religiosi, spiega la funzione della vita religiosa in
rapporto alla vita spirituale di tutto il popolo cristiano.
Il settimo
capitolo presenta la Chiesa, pellegrinante sulla terra, verso la vita eterna,
in comunione con la Chiesa celeste.
Il
capitolo ottavo espone infine la funzione materna della Vergine Maria nel
mistero di Cristo e della Chiesa. È in sintonia con questo testo che Paolo VI,
il 21 novembre 1964, ha dato alla Vergine il titolo di Madre della Chiesa,
perché essa, in quanto madre di Cristo, è anche madre di tutto il Popolo di
Dio, sia dei fedeli come dei pastori.
La
Costituzione dogmatica sulla Rivelazione
Come ha
detto il Cardinale Florit, arcivescovo di Firenze, questo testo che comincia
con le parole «Dei Verbum» (la Parola di Dio), si inserisce
«nel cuore del mistero della Chiesa ed è all’epicentro del problema
dell’ecumenismo».
Dio ha
parlato agli uomini. Il Cristo, Parola (Verbo) di Dio, per cui tutto è stato
creato, è la pienezza della Rivelazione. La Costituzione mostra come nella
Sacra Scrittura si trovi la Parola di Dio fissata per iscritto sotto
l’ispirazione dello Spirito Santo, mentre la Parola di Dio, confidata da Cristo
agli Apostoli, .è trasmessa integralmente dalla Tradizione ai successori degli
apostoli.
La
Gerarchia ha il compito d’interpretare autenticamente la Parola di Dio. La
Costituzione sottolinea il ruolo fondamentale che deve avere la Sacra Scrittura
in tutta la vita della Chiesa.
La
Costituzione sulla Sacra Liturgia
Questo
testo lo si conosce dai suoi effetti, dato che la riforma della liturgia latina
è in via di realizzazione in tutti i paesi del mondo. La Costituzione si è
limitata a fissare le linee direttive della riforma, la cui esecuzione è stata
affidata in larga misura alle Conferenze episcopali (si tratta della prima
attribuzione di una competenza giuridica data alle Conferenze Episcopali da
parte del Concilio). Il primo capitolo di questa Costituzione (accettata nella
sua sostanza già dalla prima Sessione, il 7 dicembre 1962, con 1922 placet, 11
non placet e 180 placet juxta modum) fissa i principii generali della riforma e
presenta un carattere dottrinale. Fa vedere come la liturgia è «il vertice
verso cui tende l’azione della Chiesa, e nel medesimo tempo la sorgente da cui
scaturisce la sua forza».
Il
capitolo fissa dottrinalmente la partecipazione attiva dei laici, mentre
sviluppa chiara la nozione di Popolo di Dio, in mezzo al quale la Gerarchia ha
una funzione di servizio come ha precisato in seguito la Costituzione dogmatica
sulla Chiesa.
La
Costituzione sulla Chiesa nel mondo del nostro tempo
Questa
Costituzione, di cui è stata fatta la promulgazione oggi 1 dicembre, si compone
di una prima parte sulla vocazione
dell’uomo, e di una seconda su alcuni
problemi più urgenti.
Un’introduzione
descrive dapprima la condizione del mondo attuale, con le sue trasformazioni
profonde, le sue speranze e le sue angosce. La Chiesa vuole captare tutto
quanto è segno della presenza e della volontà di Dio negli avvenimenti, nelle
esigenze e aspirazioni degli uomini. Essa vuole giudicare alla luce della fede
i valori ai quali gli uomini di oggi credono; questi valori essa li vuole
riallacciare alla loro sorgente, che è Dio, ciò che comporta il raddrizzamento
delle deviazioni causate dal peccato.
La prima
parte della Costituzione risponde ad alcuni interrogativi: che ne pensa la
Chiesa della dignità dell’uomo (cap. 1)? che cosa si deve raccomandare per
l’edificazione della società moderna (cap. 2)? qual è il significato ultimo
della attività umana (cap. 3)? Il capitolo 4 mostra come il Popolo di Dio e l’umanità
in cui questo Popolo si inserisce, si aiutino vicendevolmente, in modo tale che
la missione della Chiesa appare religiosa e profondamente umana insieme.
La seconda
parte studia successivamente la dignità del matrimonio e della famiglia, la
promozione della cultura, la vita economica e sociale, la vita della comunità
politica, e infine la pace e la promozione della comunità dei popoli.
«A partire
da queste premesse, pur cosciente dei suoi limiti, la Chiesa in tutto questo
non si propone che un fine: aiutare con la sua luce là dove essa può; aiutare
con la sua speranza; la sua mano nella mano degli uomini, apertamente, per
salvare l’uomo» (Mons. Garrone, arcivescovo di Tolosa, nella relazione sullo
schema).
2. I NOVE
DECRETI CONCILIARI
Ad
eccezione del Decreto sui Mezzi di Comunicazione Sociale, poiché promulgato
prima della Costituzione sulla Chiesa, tutti gli altri poggiano sul fondamento
dottrinale della Costituzione sulla Chiesa e ne sviluppano alcuni aspetti,
soprattutto per quanto concerne un programma concreto di aggiornamento.
I doveri
pastorali dei Vescovi
Questo
Decreto che inizia con le parole «Christus Dominus» (Cristo Signore) spiega
dapprima le applicazioni pratiche della collegialità dell’Episcopato
(partecipazione di tutti i vescovi alla responsabilità della Chiesa
universale). In seguito studia il compito del vescovo nella sua diocesi (questa
parte del decreto ha incorporato l’essenziale di uno schema già preparato sul
Ministero dei Sacerdoti). Infine il Decreto parla dell’attività delle
Conferenze Episcopali.
Il
ministero e la vita sacerdotali
Già nel
cap. 3 della Costituzione sulla Chiesa e nel Decreto sui doveri pastorali dei
Vescovi si parla del posto che il sacerdote occupa nella Chiesa e del suo
campito. Questo Decreto è consacrato specialmente ai sacerdoti, perché essi
dovranno avere un ruolo particolarmente importante nell’opera di rinnovamento della
Chiesa. Il Decreto espone le funzioni del sacerdote, le sue relazioni con il
vescovo, con i suoi confratelli e con i laici, e dimostra come il ministero sia
per il sacerdote sorgente di vita spirituale e come la sua unione al Cristo per
mezzo del suo sacerdozio gli permetta di realizzare l’unità della sua
esistenza. Questo testo riafferma la legge del celibato per i sacerdoti della
Chiesa latina, mentre esorta i sacerdoti sposati delle Chiese orientali a
vivere una vita familiare esemplare e una vita sacerdotale interamente
consacrata al servizio dei loro fedeli. Il Decreto sottolinea con forza l’unità
della missione di tutti i sacerdoti, che è sostanzialmente la stessa qualunque
sia il compito particolare affidato a ciascuno.
La
formazione sacerdotale
Questo
Decreto traccia il quadro generale di un rinnovamento della formazione data nei
seminari, in armonia con lo sforzo di aggiornamento di tutta la Chiesa; i
seminaristi devono essere preparati in modo da essere capaci di assumere le
pesanti responsabilità in un tempo di rinnovamento come il nostro.
Il
rinnovamento della vita religiosa
Questo
Decreto fissa le regole generali per una revisione delle condizioni della vita
religiosa, in modo tale che essa possa adempiere meglio al suo compito, non
solo di santificazione dei singoli, ma in rapporto alla vita spirituale di
tutta la Chiesa.
L’apostolato
dei laici
Questo
Decreto che inizia con le parole «Apostolicam actuositatem» (l’attività
apostolica) sviluppa la dottrina della vocazione dei laici all’apostolato,
precisa i fini di questo apostolato (annuncio del messaggio evangelico e sua
applicazione in tutta la vita dell’umanità), ne mostra le differenti forme e
fissa delle regole generali di organizzazione concernenti soprattutto i
rapporti con la Gerarchia. Queste regole dovranno venir applicate in concreto
dalle Conferenze Episcopali locali in modo adatto alle situazioni di ogni
paese.
L'attività
missionaria della Chiesa
Il Decreto
inizia con le parole «Ad Gentes» (ai popoli). Esso sottolinea e
approfondisce il carattere essenzialmente missionario della Chiesa. La missione
risponde alla volontà espressa da Dio per la salvezza di tutti gli uomini. Il
Decreto studia l’opera missionaria che conduce alla formazione di nuove chiese,
precisa in che consiste la vocazione dei missionari e quale debba essere la
loro formazione, e traccia le grandi linee di una riorganizzazione di tutta la
Chiesa a questa attività.
Le Chiese
orientali cattoliche
Questo
Decreto sottolinea la legittima diversità delle Chiese locali nell’unità della
Chiesa universale, afferma l’uguaglianza assoluta delle Chiese locali, e
proclama il diritto e il dovere, per le Chiese orientali, di conservare e
sviluppare gelosamente il loro patrimonio ecclesiastico e spirituale. I diritti
dei patriarcati orientali sono messi in risalto dal testo che tratta, infine,
delle relazioni tra Orientali cattolici e ortodossi, specialmente per quanto
concerne la possibilità per gli ortodossi di ricevere i Sacramenti nella Chiesa
cattolica e viceversa.
L’Ecumenismo
Questo
Decreto che inizia con le parole «Unitatis redintegratio» (restaurazione
dell’unità) vuol suggerire a tutti i cattolici gli aiuti, le direttive e i
mezzi per rispondere al comando divino che vuole l’unità della sua Chiesa e
suscita oggi in tutti i cristiani un vivo desiderio di unione. Questo testo
dice chiaro che l’azione ecumenica comincia con il rinnovamento della Chiesa, a
cui ogni membro deve partecipare. L’azione e il dialogo ecumenici non
costituiscono tanto un’attività a parte quanto piuttosto una dimensione di
tutte le altre attività. È perciò in riferimento a questo Decreto che si è
stati attenti perché gli altri testi conciliari presentassero effettivamente
questa dimensione ecumenica. L’ultimo capitolo di questo Decreto spiega come la
Chiesa cattolica vede le comunità separate da Roma, da un lato le Chiese d’Oriente
e dall’altro lato le comunità ecclesiali in Occidente (anglicani e
protestanti). Il testo dice brevemente quanto abbiamo in comune, nello stesso
tempo fa notare i punti di divisione.
I mezzi di
comunicazione sociale
Questo
Decreto, intitolato «Inter Mirifica», studia i mezzi in se stessi, in
seguito spiega come la Chiesa possa utilizzarli. Questo testo promulgato verso
la fine della seconda Sessione, non ha potuto usufruire dei risultati acquisiti
con gli altri testi conciliari posteriori. La Commissione, già composta, di cui
il Decreto prevedeva la costituzione, ha un compito particolarmente importante.
3. LE TRE
DICHIARAZIONI CONCILIARI
L’educazione
cristiana
Di fronte
allo sviluppo attuale della istruzione e dell’educazione dei giovani e degli
adulti grazie ai mezzi più diversi che si vanno sempre più perfezionando,
questa Dichiarazione si propone di fissare alcuni principii fondamentali sulla
educazione cristiana, soprattutto nelle scuole. Questi principii, dovranno
essere in seguito sviluppati e applicati secondo le situazioni dei vari paesi.
Il testo sottolinea il diritto inalienabile di ogni uomo a una educazione
pienamente e veramente umana e quello di ogni battezzato a una educazione
cristiana; e ricorda i diritti e i doveri che ne scaturiscono sia per la
persona come per la famiglia, la società e la Chiesa. Il testo spiega il ruolo
delle scuole e delle università cattoliche e dà delle direttive affinché queste
istituzioni adempiano pienamente quel servizio che è la loro ragione d’essere,
sul piano della formazione umana e religiosa.
I rapporti
della Chiesa con le Religioni non cristiane
Questa
Dichiarazione si fonda sul cap. 2 della Costituzione sulla Chiesa, consacrato
al Popolo di Dio, che contiene una esposizione teologica sui legami con i
non-Cristiani. Si propone di mettere in evidenza quanto può costituire la base
di un dialogo. Dopo uno sguardo d’insieme sulle religioni non cristiane in
generale la dichiarazione parla del posto speciale che occupa l’induismo, e
presenta in seguito i rapporti con l’Islam. Il testo si diffonde più lungamente
sugli Ebrei facendo vedere come la. Chiesa è radicata nel Vecchio Testamento ed
espone l’insegnamento autentico della Chiesa riguardo la responsabilità per la
morte di Cristo, che non può essere addossata né agli Ebrei di allora né
tantomeno ai loro discendenti; ha parole di riprovazione e di deplorazione per
le persecuzioni subite dagli Ebrei e per le manifestazioni di antisemitismo.
Infine la Dichiarazione sottolinea l’unità della famiglia umana, di cui Dio è
Padre, per cui deve cadere ogni forma di discriminazione é di persecuzione.
La libertà
religiosa
Un
sottotitolo precisa che si tratta «del diritto della persona e delle comunità
alla libertà sociale e civile in materia di religione». Questa libertà consiste
in questo: nessuna potenza umana può costringere ad agire contro la propria
coscienza e nessuno deve essere impedito ad agire in conformità alla propria
coscienza.
Questo
diritto è fondato sulla dignità della persona umana; da questa dignità
scaturisce in effetti il dovere morale di ricercare la verità, soprattutto in
materia di religione, e di vivere secondo gli insegnamenti della verità; ogni
costrizione esercitata dagli uomini intralcia la ricerca della verità. I
diritti delle comunità religiose e della famiglia scaturiscono dalia natura
sociale dell’uomo. La libertà religiosa deve essere garantita dalla legge; il
testo studia attentamente i doveri e i diritti delle autorità civili in questo
campo.
La
Dichiarazione spiega come questa dottrina affondi le radici nella Rivelazione e
come l’esercizio giuridico della libertà religiosa garantisca alla Chiesa
cattolica la libertà alla quale ha diritto per la missione stessa che Dio, le
ha affidato. Essa spiega ancora come la libertà religiosa così concepita lasci
intatti gli obblighi morali dell’uomo verso Dio e verso la vera fede.
I documenti approvati dal Concilio Vaticano 2°
si presentano come un complesso organico di leggi, indipendentemente dal nome
attribuito al singolo atto: costituzione,
decreto, dichiarazione.
La natura di comandi propriamente giuridici
dei documenti, quindi di atti che obbligano, che impongono dei doveri, è evidente, in particolare, dalla loro
formulazione. Ecco, ad esempio, come si esprime la Dichiarazione “Nel nostro tempo”, sulle relazioni
della Chiesa con le religioni non-cristiane:
“E se è vero che la Chiesa è il nuovo
popolo di Dio, gli Ebrei non devono
essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò
scaturisse dalla Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione
della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità
del Vangelo e dello Spirito di Cristo.”
Il comando di cessare la persecuzione dell’ebraismo
contrastò un prassi bimillenaria in senso contrario e addirittura il pensiero
di alcuni Padri della Chiesa.
Non dobbiamo quindi leggere i documenti del
Concilio Vaticano 2° come altri scritti teologici provenienti da studiosi anche
autorevoli, ma come fonti normative, come atti d’autorità al massimo livello, l’autorità
espressa secondo il diritto della Chiesa dal Concilio ecumenico con il Papa (il
quale comunque, anche nell’assetto post-conciliare, rimane l’organo legislativo
supremo).
Naturalmente
il valore giuridico dei vari documenti e delle varie parti di questi ultimi è
diverso a seconda di ciò che viene comandato. Quando in quella Dichiarazione si è scritto che “gli Ebrei non devono essere
presentati come rigettati da Dio, il comando è preciso, attuale, definito,
non bisognoso di integrazioni o norme di dettaglio per essere immediatamente
eseguito: con esso si volle porre fine,
subito, a prassi riconosciute come contrarie alla legge divina e pertanto
gravemente peccaminose. Dove invece, come nella Costituzione La gioia e la speranza si legge (n.63) “Anche nella vita economico-sociale sono da
tenere in massimo rilievo e da promuovere la dignità della persona umana, la
sua vocazione integrale e il bene dell’intera società”, si è di fronte a
una norma di indirizzo, che può essere attuata in molti modi a seconda delle
situazioni concrete.
Se si fosse trattato di ribadire comandi già
dati nei precedenti venti concili ecumenici, non sarebbe stato necessario
convocare un ulteriore concilio: lo osservò Angelo Roncalli nel discorso di
apertura del Concilio Vaticano 2°, l’11 ottobre 1962, detto “Gioisce la madre Chiesa”.
L’intento del Roncalli era invece quello di riesaminare, largamente e a fondo, l’intero insegnamento cristiano “secondo
quanto richiesto dai tempi”, in
particolare per adottare una forma di
esposizione che agevolasse il compito dei vescovi tra i popoli contemporanei, tenendo
conto che
“Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità
che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il
quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa
accezione.”
L’idea del Roncalli non era di
riformulare le verità fondamentali della fede, ma di apportare degli emendamenti alla dottrina corrente secondo quanto richiesto dai tempi, in
particolare nella forma di esposizione.
Questo modi di procedere venne definito nel corso del Concilio come un aggiornamento: questa è una delle parole
chiave del Concilio, insieme con rinnovamento.
In realtà il Concilio Vaticano 2° andò molto
oltre questo proposito. In particolare approvò due Costituzioni, due leggi
fondamentali, dogmatiche, la Luce per le genti e la Parola
di Dio, così denominate, come gli altri documenti del Concilio, dalle loro
parole iniziali nel testo latino, che è quello ufficiale. Esse riguardano verità fondamentali della fede.
L’oggetto principale dei lavori del
Concilio è stata la Chiesa. Dunque la Costituzione dogmatica Luce per le genti, sulla Chiesa, può
essere considerato il suo documento centrale.
Disse Giovanni Battista Montini,
papa con il nome di Paolo 6°, nel suo ultimo discorso ai partecipanti al
Concilio, il 7-12-15:
Si dirà che
il Concilio più che delle divine verità si è occupato principalmente della
Chiesa, della sua natura, della sua composizione, della sua vocazione
ecumenica, della sua attività apostolica e missionaria. Questa secolare società
religiosa, che è la Chiesa, ha cercato di compiere un atto riflesso su se
stessa, per conoscersi meglio, per meglio definirsi, e per disporre di
conseguenza i suoi sentimenti ed i suoi precetti. È vero. Ma questa
introspezione non è stata fine a se stessa, non è stata atto di pura sapienza
umana, di sola cultura terrena; la Chiesa si è raccolta nella sua intima
coscienza spirituale, non per compiacersi di erudite analisi di psicologia
religiosa o di storia delle sue esperienze, ovvero per dedicarsi a riaffermare
i suoi diritti e a descrivere le sue leggi, ma per ritrovare in se stessa
vivente ed operante, nello Spirito Santo, la parola di Cristo, e per scrutare
più a fondo il mistero, cioè il disegno e la presenza di Dio sopra e dentro di
sé, e per ravvivare in sé quella fede, ch’è il segreto della sua sicurezza e della
sapienza, e quell’amore che la obbliga a cantare senza posa le lodi di Dio: cantare
amantis est [=canta chi ama], dice S. Agostino (Serm. 336; P.L.38, 1472).
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli