Liturgie
L’esercizio del potere
sociale è sempre mediato da liturgie. Lo stiamo constatando in modo
eclatante in questi giorni.
Con l’aiuto
dell’algoritmo di intelligenza non umana ChatGPT sintetizziamo il concetto di liturgia
secondo l’antropologia.
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Secondo l’antropologia, la liturgia può essere definita come una forma codificata e simbolica di
comportamento rituale,
attraverso cui una comunità esprime, rinnova e trasmette la propria visione del
mondo, i suoi valori fondamentali e la relazione con il sacro.
In questo senso, la liturgia non si limita al culto religioso in senso
stretto, ma è intesa come un fenomeno culturale e sociale che struttura l’esperienza collettiva del tempo, dello spazio e
dell’identità. Essa comprende gesti, parole, oggetti,
ritmi e ruoli sociali, i quali, attraverso la ripetizione
e la formalizzazione, rendono presente qualcosa che la comunità considera fondativo o trascendente.
Antropologi come Victor Turner
e Clifford Geertz hanno sottolineato il valore della
liturgia come dramma
simbolico, che
permette di rendere visibili e condivisibili le strutture profonde di
significato di una società.
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Senza liturgie,
dense di elementi simbolici, non è possibile la costruzione sociale, perché,
come organismi biologici, siamo confinati, per insuperabili limiti cognitivi, in
ambienti sociali molto piccoli, fatti di pochi individui.
Le liturgie rendono
intelligibile la realtà intorno a noi.
Sono elementi
culturali ed è molto importante mantenere consapevolezza di questa loro natura.
Come tali, la loro plasticità dipende dalle dinamiche delle società di
riferimento.
Consistono essenzialmente in narrazioni e rappresentazioni
sceniche.
Avvalendoci di nuovo
di ChatGPT cerchiamo di formarci un’idea della differenza tra elementi
culturali e naturali.
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Un elemento culturale è qualsiasi componente dell’esperienza umana che non è determinato
biologicamente o naturalmente, ma che è appreso, condiviso e trasmesso all’interno
di una società. Si tratta di creazioni simboliche e comportamentali — come la lingua, i miti, le tecniche,
le regole morali, i riti, le istituzioni sociali — che modellano il modo in cui
un gruppo umano vive, pensa e interagisce.
La
distinzione tra cultura e natura si fonda su questo principio:
·
La
natura comprende
ciò che è innato,
universale, biologico,
come la fame, il sonno, la sessualità.
·
La
cultura comprende
ciò che è acquisito,
variabile, simbolico,
come i modi di mangiare, dormire o regolare la sessualità.
Ad esempio:
·
Il
bisogno di nutrirsi è naturale.
·
I
modi di cucinare, gli alimenti considerati commestibili, i rituali del pasto
sono culturali.
In sintesi: un elemento culturale è ciò che dà forma umana e sociale all’esperienza naturale.
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Le narrazioni delle
liturgie sono arricchite con elementi mitici. Nelle narrazioni che riguardano i principali ruoli liturgici il mito assume carattere di leggenda.
Con l’aiuto di ChatGPT
cerchiamo di chiarire la differenza tra mito e leggenda secondo l’antropologia corrente.
Certo! In antropologia (e più in generale nelle scienze umane), la differenza
tra "mito" e "leggenda" riguarda principalmente la
funzione, il contenuto e il rapporto con la realtà storica:
MITO
·
Origine sacra o religiosa: il mito spiega le origini del mondo, degli dèi, degli esseri umani o di
certi fenomeni naturali.
·
Fuori dal tempo storico: avviene in un “tempo delle origini”, mitico, che non è databile.
·
Personaggi sovrumani: dèi, eroi divinizzati, creature soprannaturali.
·
Funzione: serve a fondare, giustificare o spiegare credenze, rituali e strutture
sociali di una cultura.
·
Esempio: il mito di Prometeo che ruba il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini.
LEGGENDA
·
Origine più storica o locale: nasce da eventi o personaggi che potrebbero avere un fondamento reale.
·
Tempo storico riconoscibile: è collocata in un passato relativamente vicino, anche se abbellito.
·
Personaggi umani o quasi: eroi, santi, re, spesso idealizzati.
·
Funzione: trasmette valori morali, identità collettiva, o memoria storica di un
popolo o di un luogo.
·
Esempio: la leggenda di Romolo e Remo fondatori di Roma.
In breve: il mito parla dell’origine e del sacro, la leggenda
parla del passato umano e locale, anche se entrambi mescolano realtà e
immaginazione.
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Ogni liturgia è centrata su alcuni ruoli, impersonati
da un singolo individuo o da piccoli gruppi. Intorno ad essi si svolge la rappresentazione
liturgica. Quest’ultima si avvale di un apparato scenico, che, nei casi più evoluti,
si esprime con architetture. Uno di questi apparati è costituiti dall’architettura
di piazza San Pietro, a Roma, uno dei luoghi di celebrazione di liturgie
fondamentali per il potere ecclesiastico cattolico.
In chi partecipa ad una liturgia, qualsiasi
sia il suo ruolo, anche di semplice comparsa (ma in una liturgia non si è mai
semplici spettatori), tende a svanire la capacità di cogliere la distinzione
tra natura e cultura,
perché si è travolti da potenti emozioni suscitate dagli eventi in cui ci si
muove. Questo è fondamentale per
consolidare il potere sociale che si avvale della liturgia, inducendo un’adesione
carica di elementi emotivi in chi a quest’ultima partecipa.
Nel mentre si celebra, la liturgia subisce
una variazione del mito e delle leggende su cui è costruita, perché essa, come
elemento culturale, ha una plasticità che dipende dall’ambiente sociale. E ciò
anche se, mediante il diritto, si cerchi di limitare questo fenomeno: anche il
diritto è un elemento culturale e ha la medesima plasticità.
Ecco allora che, ad esempio, la decisione, da
parte di chi impersona ruoli centrali, di indossare un certo elemento di un
abito cerimoniale, contribuisce a creare una certa leggenda su quella persona in
riferimento a quel ruolo.
La mitopoiesi e la costruzione leggendaria sono sempre
attive nelle società umane, perché rispondono a un bisogno emotivamente molto
urgente e potente di costruirsi un modello di ciò che accade, per potervisi
inserire.
In questi giorni è molto evidente, ad esempio,
la costruzione di una leggenda intorno al nuovo sovrano, eletto nel corso di
una liturgia sacralizzata: è persona che aveva scarsissimo rilievo pubblico,
prima, nel senso che era poco conosciuta al di fuori delle istituzioni e degli
ambienti sociali in cui aveva operato. Dunque, si stanno raccogliendo notizie
della sua vita precedente, e addirittura dei suoi avi, per costruirvi sopra una
leggenda personale per capire chi si ha davanti.
E’ ciò che si è potuto constatare in questi
giorni anche nell’accorrere di centinaia di migliaia di persone sul luogo di
liturgie religiose di legittimazione di un nuovo sistema di potere ecclesiastico,
a prescindere dalle motivazioni religiose di chi diveniva, in tal modo, parte
di quelle liturgie, che prevedono la manifestazione di un popolo e per questo si svolgono in quella piazza romana.
Non pochi di quelli che c’erano, se interpellati si definivano non credenti.
E sui mass media anche persone dichiaratamente non credenti hanno contribuito a costruire la leggenda. Si
sono lasciate coinvolgere dalla relativa mitologia. Questo può sorprendere se
non si tiene conto che, appunto, in certe occasioni liturgiche natura e cultura
si confondono nella mente delle persone.
La funzione sociale della liturgia è di
legittimare un potere sociale. Per capire il senso di una liturgia è
indispensabile studiare l’assetto di potere sociale che la mette in scena.
La liturgia non riguarda solo i poteri che
rivendicano una legittimazione soprannaturale, e dunque, in quel senso, sacralizzati,
ma ogni tipo di potere sociale. Ogni
potere sociale si manifesta dunque (anche) per via liturgica. Sono liturgie le
elezioni politiche e i referendum nei sistemi politici democratici.
Non vi è liturgia dietro la quale non possa
essere individuato un potere sociale che per via liturgia cerca legittimazione.
E Non vi è potere sociale che possa fare
a meno di un apparato liturgico. La violenza bruta che caratterizzava le
ancestrali dinamiche di dominio non basta più quando si tratta di affermare un
potere sociale in società evolute. In queste ultime, anche la violenza assume
caratteri liturgici.
Dalle caratteristiche delle liturgie si può
cominciare a capire quelle del potere sociale di riferimento.
Ora voglio invitarvi ad un interessante
esercizio. Prendetevi tutto il tempo che serve.
Aprite i quattro Vangeli canonici, centrati
sulla persona e sul ministero di Gesù di Nazaret. Provate a individuarvi delle liturgie
e traetene delle conclusioni.
Mario Ardigò – Azione Cattolica
in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli