Prendere sul serio la sinodalità
Gli organismi biologici nascono e muoiono, così è la vita. Le società umane sono costruite per superare questo limite. Per riuscirci, però, devono trasformarsi. Se non lo fanno muoiono anch’esse. Però quelle più evolute e popolate in genere vanno incontro a metamorfosi radicali e permangono in diversi ambienti culturali. Così senz’altro elementi degli antichi culti mediterranei sopravvivono nelle nostre pratiche religiose. Ma le trasformazioni delle culture e delle società dell’Europa occidentale sono state così vertiginose che difficilmente quel processo di spontaneo adattamento si ripeterà. Le persone più avvedute se ne sono rese ben conto, e tra esse i gesuiti, e ci avvertono che il voler fare come s’è sempre fatto è una scelta miope, anche se può confortare le psicologie delle persone più anziane. Ma nella nostra parrocchia abbiamo qualche difficoltà a capirlo. Per questo a chi vorrebbe cominciare a lavorare sulla sinodalità si risponde “vedremo… parliamone”, e poi tutto finisce lì.
Non è colpa dei preti, che fanno quello che possono e sanno. Sono pochi, specialmente in un contesto di quartiere in cui si sono stabilite tra noi molte nuove famiglie con bambini che premono per dare ai figli una formazione etica di base, per cui c’è molto da fare. Mi pare che sbaglino nel voler fare e controllare tutto loro: è chiaro che così non arrivano. Ma evidentemente sono stati formati così, e ho letto e sentito molte critiche a come si lavora nei seminari sui giovani chierici. E’ tutt’altro rispetto a com’era negli anni ’70 in cui i giovani erano entusiasti sperimentatori, e a noi ragazzi piaceva così.
I nuovi preti hanno poca familiarità con l’altra gente e tendono a diffidarne. Come fare sinodalità in un contesto simile? La sinodalità significa appunto fare spazio anche alle altre persone. È quello che si raccomanda nel nuovo Statuto dei Consigli pastorali parrocchiali della Diocesi di Roma. Dipende dalla riforma delle strutture diocesane disposta con la Costituzione apostolica Nella comunione delle Chiese- In ecclesiarum comunione dello scorso 6 gennaio, che ci vuole sinodali a tutti i livelli.
In parrocchia si parte da una situazione non sinodale, in cui tra i vari gruppi ci si guarda in cagnesco. Ogni fazione vorrebbe fare la parrocchia a modo suo. Intanto le persone giovani ci lasciano ancor prima della Cresima e allora si vorrebbe anticiparla più a ridosso della Prima Comunione, con il rischio che molte cose non si radichino in personalità ancora poco mature.
Naturalmente quasi tutti gli sforzi, a parte la liturgia e i sacramenti, sono concentrati su bambini e ragazzi, perché con loro non si può aspettare, crescono velocemente. Però in materia di sinodalità bisognerebbe aprire un cantiere coinvolgendo trentenni e quarantenni, esattamente l’età dei genitori che ci portano i figli per il catechismo. L’altr’anno si è tentato di fare qualcosa tra loro, ma, a cose fatte, mi pare che si sia incorsi in un clamoroso errore strategico, organizzando incontri per insegnar loro a fare i genitori. Così poi la cosa non mi pare aver avuto seguito.
“Ma tu, che mi fai tanto il grillo parlante, che contributo hai dato?”, mi si potrebbe chiedere. È una buona domanda, e concerne appunto, la sinodalità come ne parla Francesco. Non è così facile partecipare, nella nostra parrocchia, anche volendolo e dando quindi la propria disponibilità. Sono tutti molto cortesi, ma tant’è, si rimane fuori. In questo su scala ridotta condivido, mi pare, la situazione in cui si trovò mio zio Achille, negli ultimi anni della sua vita, dopo che per tanti anni era stato ascoltato profeta e maestro nella nostra Chiesa. Insomma si va in direzione contraria alle linee guida in materia.
Non dico che la sinodalità sia, in genere, cosa facile da realizzare, in particolare poi nella nostra parrocchia, dove è attiva una componente fondamentalista animata da molta gente che non abita tra noi e che, quindi, secondo il diritto canonico, non potrebbe essere annoverata tra i parrocchiani. Ma su questo è il Codice di diritto canonico ad essere obsoleto: non conosce i parrocchiani d’elezione, legati a una parrocchia diversa da quella di residenza, né la multiparrocchialità di chi frequenta più parrocchie. Ed è anche uno dei limiti del nuovo Statuto dei nostri Consigli pastorali parrocchiali.
Il principio fondamentale che dovrebbe guidare la sinodalità parrocchiale penso dovrebbe essere quello per il quale la parrocchia è la casa di tutte le persone cristiane, quindi anche dei fondamentalisti e dei tradizionalisti, come degli spiritualisti estatici, dei conciliari e, addirittura, dei cattolici democratici. Da esso consegue il ripudio dell’esclusione di una qualche componente, gruppo o persona solo sulla base di qualche caratteristica peculiare sgradita, se rimane l’adesione ai fondamentali sintetizzati nel Credo niceno-costantinopolitano che di solito si recita a messa. Ce l’abbiamo dal Quarto secolo è ancora può fare bene il lavoro per cui è stato pensato. Nella catechesi, invece, bisogna seguire gli orientamenti diocesani, non quelli del proprio gruppo o quelli ai quali si è legati nella propria spiritualità, perché il vescovo c’è proprio per questo. Tutto il resto è campo sinodale, in cui, innanzi tutto, bisogna cercare un modo non solo di coesistere, come si fa in un condominio in cui a parte le litigate in assemblea si sta ognuno per conto proprio, ma anche di rimanere vicini e solidali con spirito fraterno. Bisogna provarci e riprovarci, correggendosi sulla base dell’esperienza, senza desistere. Non è detto, naturalmente, che ci si riesca e che ciò che esce, anche quando qualcosa esce bene, sia frutto dello Spirito come dicono. Volerei più basso, rispettando Colui che soffia dove vuole e non è nelle nostre mani. Ci si può appassionare ed emozionare, ma non bisogna confondere questo, che scaturisce dal nostro organismo come la fame, la sete e l’amore, con il Fondamento. Cerchiamo di non sopravvalutare mai l’opera delle nostre mani, che scopriremo sempre perfettibile.
Negli incontri sinodali che abbiamo tenuto in parrocchia nella primavera dello scorso anno in genere abbiamo tenuto a dire che non sentivamo la necessità degli altri. Eppure ricordo bene che ogni volta c’è stato anche chi ha proposto di continuare a vederci. È stato un peccato non aver colto quell’occasione…
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli