Noi e il nazionalismo
Dobbiamo fare i conti con il nazionalismo, perché ci viene riproposto
come orientamento politico.
La nazione è definita come una collettività umana con
legami etnici più stretti che con le altre popolazioni e caratterizzata da una
civiltà. Una civiltà è un complesso di culture, intese come usi e costumi,
integrate per sorreggere una forma di governo sociale, quindi anche un’etica e
un diritto, vale a dire direttive interiori ed esteriori dell’azione sociale
che riescono ad imporsi alla gente. I confini
di una nazione sono dati dalla forze
del potere politico che riesce a dominarla e che accredita i miti fondativi della collettività nazionale,
secondo i quali, ad esempio, si immagina che la nazione scaturisca dalla terra,
come le zucchine, o dalle tribù che l’abitano, come nella generazione degli
esseri umani immaginando che la cultura sociale si trasmetta per via genetica al modo della forma del naso, o dal volere di una qualche divinità. In realtà la nazione è una
costruzione sociale come altre. Oggi, in genere, la pensiamo estesa quanto gli
stati: le organizzazioni politiche nelle quali ci si trova inclusi nascendo e
che immaginano di potersi sganciare da qualsiasi potere superiore, e per quanto
si immaginano sovrane, che significa appunto non avere
nulla sopra di sé. Storicamente, però, le forme politiche che oggi chiamiamo stati
in genere inglobavano più nazioni. Aggiungo
che tuttora è così. L’idea di costituire stati nazionali, vale a dire stati
corrispondenti ad una sola nazione, è piuttosto recente, risale all’Ottocento.
Lo costruzione dello stato-nazione si
fece selezionando arbitrariamente elementi culturali correnti nel territorio
dominato da uno stato, immaginandoli come una civiltà. In ogni stato-nazione così immaginato e costruito gli
antropologi riescono a individuare altre nazioni, ridotte allo stato per così
dire embrionale o potenziale. Ogni stato-nazione si è fatto secondo una certa
idea di civiltà, ma le cose potevano
andare diversamente. In occasione di rivolgimento storici è possibile che
nazioni presenti solo allo stato potenziale, perché sovrastate dai processi di
costruzione di uno stato-nazione, possano emergere. E’ ciò che si tentò di
produrre in Italia dagli anni ’80 del secolo scorso fino ai primi dieci anni
del secolo attuale, nel secessionismo nordista. L’idea di nazione, poi, serve a
rafforzare il potere politico di una struttura di governo, in particolare per
ottenere obbedienza sociale. Chi obbedisce pensa si guadagnarci. Gli si inculca
infatti l’idea che, per il fatto di essere incluso in una nazione, sarà
preferito agli altri che non ne fanno parte.
Questo perché, si crede, il far parte di una nazione rende migliori degli altri. Ogni nazione, infatti, viene
immaginata migliore delle altre, non solo diversa. Questa ideologia regge solo
se le popolazioni costituite in nazione vengono mantenute isolate dalle altre,
o almeno il più isolate possibile. Il confronto con altre culture porta di
solito alla disillusione sul fatto di essere migliori. In particolare, ogni
sistema sociale ha problemi e non è detto che nella propria nazione si viva
meglio, anche se se ne è riconosciuti parte. Non sempre il fatto di vivere in
una nazione più progredita costituisce un vantaggio, sotto questo profilo. Si
impara anche da chi è più primitivo. La legge generale del miglioramento
sociale è quella dell’ibridazione, quando cioè le civiltà evolvono stabilendo
relazioni culturali che consentano l’acquisizione di elementi altrui. Sotto
molti profili l’antico ebraismo era, a cavallo dell’era antica e di quella
nostra, più primitivo della civiltà greco-romana che caratterizzava l’Impero
romano di allora, che l’aveva conquistato, eppure una variante della sua
cultura divenne dominante in quell’impero.
In Italia, nell’Ottocento, il nazionalismo italiano venne vivamente
contrastato dalla politica del Papato romano, che voleva mantenere il suo regno
territoriale nell’Italia centrale. Lo fece suscitando un movimento di popolo a
carattere non nazionalistico, ma fondamentalmente etico. Il nazionalismo che in
quell’epoca promosse l’unità nazionale venne presentato come un fattore di
contaminazione della nazione italiana caratterizzata dalla sua devozione al
Papato. Poiché questo popolo ancora sottomesso al Papato era in gran parte
nelle campagne e costituiva una classe subalterna, questo orientamento fu
marcatamente antiborghese. Il borghese era il possidente colto che pretendeva
di usare la propria ragione per discernere tra il bene e il male, agendo nelle
istituzioni dello stato che si erano fatte democratiche, secondo i principi
liberali. Il Papato prese le difese di chi possidente non era e nel conflitto
sociale aveva la peggio. Anche i socialisti agivano con quello scopo, ma erano
anticlericali perché consideravano la religione come un’impostura a difesa
delle classi dominanti. Per questo il Papato contrastò anche loro. Il primo
documento della dottrina sociale moderna, l’enciclica Le Novità - Rerum Novarum,
diffuso nel 1891 dal papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°, era
antiborghese e antisocialista. L’obiezione principale della dottrina sociale
nei confronti del nazionalismo, del liberalismo borghese e del socialismo era
che l’umanità era voluta del Cielo come un’unica famiglia e dunque andavano
superate le divisioni tra le nazioni e tra ricchi e poveri, costruendo
politiche solidali. Si aveva chiara consapevolezza che il nazionalismo e le
sperequazioni sociali avrebbero portato fatalmente al conflitto. In passato
quest’ultimo era stato accettato come ineliminabile, in quanto connaturato all’animo
umano. Da metà Ottocento, nel conflitto di civiltà con liberalismo e
socialismo, il Papato romano ne affermò invece l’immoralità e la necessità di superarlo anche
per via politica, oltre che etica. La pace
giusta divenne un obiettivo politico
ragionevole e doveroso, nel contesto della dottrina sociale, fino a
caratterizzare l’immagine di una nuova civiltà. Per costruire l’agente sociale di
questa nuova civiltà si pensò poi una nuova immagine di popolo religioso, che è quella affermata dai saggi del Concilio
Vaticano 2°. Un percorso sintetizzato da san Giovanni Battista Montini - Paolo
6° in un breve discorso tenuto il 17-5-70, Pentecoste, dopo la recita della
preghiera del Regina Coeli [=Regina
del Cielo]:
«Oggi, come sapete, è festa grande per la Chiesa, e, vogliamo
aggiungere, per il mondo.
Possiamo considerare la Pentecoste come il giorno della nascita della
Chiesa, perché la prima comunità dei seguaci di Cristo ha ricevuto in quel
giorno l’animazione dello Spirito Santo, diventando così suo vivo Corpo
mistico. Oggi il Nostro pensiero e ancor più il Nostro cuore va alla Chiesa, a
questo fenomeno storico, sociale, umano e spirituale, visibile e misterioso
insieme, la Chiesa di Cristo.
Il Concilio recente ci ha offerto
sul fatto e sul mistero della Chiesa un grande discorso, che faremo bene a
studiare e a tradurre nella nostra vita spirituale e nel nostro rinnovato
costume cristiano.
Una crescita di fedeltà e di amore alla Chiesa, non il contrario,
dovrebbe essere il frutto del Concilio e l’impegno della nostra vita religiosa,
sia personale che comunitaria.
E per quanto possa sembrare strano, la Pentecoste è altresì un
avvenimento che interessa anche il mondo profano. Scaturisce da essa se non altro una nuova sociologia, quella penetrata
dai valori dello spirito, quella che descrive la gerarchia dei valori, e si
polarizza verso i veri e più alti destini umani, quella che ha il senso della
dignità della persona umana e del costume civile, quella specialmente che tende
risolutamente a superare le divisioni ed i conflitti fra gli uomini, e a fare
dell’umanità una sola famiglia di figli di Dio, liberi e fratelli. Ricordiamo
come simbolo ed inizio di questa difficile storia il miracolo delle lingue
diverse, rese dallo Spirito a tutti comprensibili. È la civiltà dell’amore e della pace, che la Pentecoste ha inaugurato;
e tutti sappiamo se ancor oggi di amore e di pace abbia bisogno il mondo!
Una preghiera alla Madonna, che a
quel prodigioso nascimento, come Madre della Chiesa e dell’umanità da redimere,
fu presente, oggi sia da noi innalzata piena di speranza.
E siate con Noi spiritualmente
uniti, e di presenza se potete, quest’oggi, che, su questa piazza, a onore
dello Spirito Santo e a conforto della Chiesa, celebreremo una grande
cerimonia; straordinaria!: la ordinazione sacerdotale di 278 Diaconi, di Roma,
d’Italia, d’Europa e di altre parti del mondo. Una bella Pentecoste!»
Ed è proprio l’obiezione della civiltà dell’amore e della pace che la dottrina sociale pone di
nuovo, oggi, in modo particolarmente pressante, ai risorgenti nazionalismi europei,
tra cui quello italiano, nel loro proporsi “Prima noi”¸ abbandonando gli altri al
loro destino o, peggio, strumentalizzandoli per i propri interessi. Ne vuole
distogliere i fedeli, additandoli come peccaminosi, in quanto contrastanti con
lo spirito di Pentecoste. Non è più
in ballo lo staterello del Papato intorno a Roma, come nell’Ottocento, ma sopravvivenza dell’umanità. “La paura ci rende pazzi” ha detto ieri
il Papa in viaggio per Panama, a proposito dell’idea di isolare le nazioni
costruendo muri. Fatalmente il nazionalismo porta a marcare i confini e a trincerarsi
dietro barriere: muri, montagne, mari,
dietro tutto ciò che serva a dividere. Dalle divisioni nascono poi i conflitti,
che infatti rinascono in Europa che pensava di averli definitivamente superati,
raccogliendo anche gli aneliti della moderna giustizia sociale. Ma la nostra sopravvivenza, in un mondo
globalizzato, dipende invece dal saper collaborare. Costruire istituzioni che
lo consentano è la missione della politica con la “P” maiuscola.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San
Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
English translation made with the help of Google Translator
We and nationalism
We have to deal
with nationalism, because it is proposed again as a political orientation.
The nation is defined
as a human collectivity with closer ethnic ties than with other populations and
characterized by a civilization. A civilization is a complex of cultures,
understood as uses and customs, integrated to support a form of social governance,
therefore also an ethic and a right, that is to say interior and exterior
directives of social action that succeed in imposing itself on people. The
boundaries of a nation are given by the forces of political power that manages
to dominate it and which accredits the founding myths of the national
collectivity, according to which, for example, one imagines that the nation
springs from the earth, like zucchini, or from the tribes that they inhabit it,
as in the generation of human beings, imagining that social culture is
transmitted genetically to the form of the nose, or from the will of some
divinity. In reality the nation is a social construction like others. Today, in
general, we think it is as extensive as the states: the political organizations
in which we find ourselves included, born and imagine themselves able to
disengage from any superior power, and for what they imagine sovereign, which
means having nothing above themselves. Historically, however, the political
forms we now call states generally encompass multiple nations. I add that this
is still the case. The idea of constituting national states, that is to say,
states corresponding to a single nation, is rather recent, dating back to the
nineteenth century. The construction of the nation-state was arbitrarily
selecting current cultural elements in the territory dominated by a state,
imagining them as a civilization. In every nation-state so imagined and
constructed, anthropologists can identify other nations, reduced to the
embryonic or potential state as it were. Every nation-state has been made
according to a certain idea of civilization, but things could have been
different. On the occasion of historical revolutions, it is possible that
nations present only in the potential state, because they are overwhelmed by
the processes of construction of a nation-state, can emerge. This is what we
tried to produce in Italy from the 80s of the last century up to the first ten
years of the present century, in the secessionism of the north. The idea of
nation, then, serves to strengthen the political power of a government
structure, in particular to achieve social obedience. Those who obey think they
will make money. In fact, the idea is instilled that, by being included in a
nation, will be preferred to others who are not part of it. This is because, it
is believed, being part of a nation makes it better than others. Every nation,
in fact, is imagined better than the others, not just different. This ideology
holds only if the populations constituted in nation are kept isolated from the
others, or at least as isolated as possible. Comparison with other cultures
usually leads to disillusionment about being better. In particular, every
social system has problems and it is not said that one lives better in one's
own country, even if one is recognized as part of it. Not always the fact of
living in a more advanced nation is an advantage in this respect. You also
learn from those who are more primitive. The general law of social improvement
is that of hybridization, when civilizations evolve by establishing cultural
relationships that allow the acquisition of other elements. In many respects
ancient Judaism was, at the turn of the ancient and our era, more primitive
than the Greco-Roman civilization that characterized the Roman Empire of that
time, which had conquered it, yet a variant of its culture became dominant in
that empire.
In Italy, in the
nineteenth century, Italian nationalism was strongly opposed by the policy of
the Roman Papacy, which wanted to maintain its territorial reign in central
Italy. He did so by provoking a non-nationalistic movement of people, but
fundamentally ethical. The nationalism that at that time promoted national
unity was presented as a factor of contamination of the Italian nation
characterized by its devotion to the Papacy. Since this people still subjected
to the Papacy was largely in the countryside and constituted a subaltern class,
this orientation was markedly anti-bourgeois. The bourgeois was the educated
landowner who claimed to use his reason to discern between good and evil,
acting in the institutions of the state that had become democratic, according
to liberal principles. The Papacy took the defense of those who possessed it
was not and in the social conflict had the worst. Even the socialists acted
with that purpose, but they were anticlerical because they considered religion
to be an imposture in defense of the ruling classes. This is why the Papacy
also opposed them.
The first document of modern
social doctrine, the encyclical Le Novelty - Rerum Novarum, published in 1891
by Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13 °, was anti-bourgeois and
anti-socialist. The main objection of the social doctrine towards nationalism,
bourgeois liberalism and socialism was that humanity wanted heaven as a single
family and therefore the divisions between nations and between rich and poor
were overcome, building solidarity policies. . There was a clear awareness that
nationalism and social inequality would inevitably lead to conflict. In the
past, the latter had been accepted as unavoidable because it was inherent to
the human soul. From the mid-nineteenth century, in the conflict of
civilization with liberalism and socialism, the Roman papacy affirmed instead
the immorality and the need to overcome it also by political means, as well as
ethics. Just peace became a reasonable and dutiful political objective, in the
context of social doctrine, to characterize the image of a new civilization. To
build the social agent of this new civilization a new image of religious people
was thought, which is the one affirmed by the sages of the Second Vatican
Council. A journey summarized by St. John Baptist Montini - Paul 6th in a short
speech on 17-5-70, Pentecost, after the recitation of the prayer of Regina
Coeli [= Queen of Heaven]:
"Today, as you know, it is a
great feast for the Church, and, we want to add, for the world.
We can consider
Pentecost as the day of the birth of the Church, because on that day the first
community of followers of Christ received the animation of the Holy Spirit,
thus becoming his living Mystical Body. Today Our thought and even more Our
heart goes to the Church, to this historical, social, human and spiritual
phenomenon, visible and mysterious together, the Church of Christ.
The recent Council has offered us
a great discourse on the fact and on the mystery of the Church, which we will
do well to study and translate into our spiritual life and our renewed
Christian custom.
A growth of fidelity
and love for the Church, not the other way around, should be the fruit of the
Council and the commitment of our religious life, both personal and communal.
And although it may
seem strange, Pentecost is also an event that also affects the profane world.
It springs from it if nothing else, a new sociology, that penetrated by the
values of the spirit, the one that describes the hierarchy of values, and is
polarized towards the true and higher human destinies, the one that has the
sense of dignity of the human person and of the custom. civil, especially that
which resolutely strives to overcome divisions and conflicts among men, and to
make humanity one family of children of God, free and brothers. Let us remember
as a symbol and beginning of this difficult history the miracle of the
different languages, made by the Spirit to all understandable. It is the
civilization of love and peace, which Pentecost has inaugurated; and we all
know if the world still needs love and peace!
A prayer to Our Lady, who was
present at that miraculous birth as Mother of the Church and of humanity to be
redeemed, today be raised by us full of hope.
And be with us spiritually
united, and of presence if you can, today, that on this square, in honor of the
Holy Spirit and to the comfort of the Church, we will celebrate a great
ceremony; extraordinary !: the priestly ordination of 278 Deacons, of Rome, of
Italy, of Europe and of other parts of the world. A beautiful Pentecost! "
And it is precisely the
objection of the civilization of love and peace that the social doctrine poses
again, today, in a particularly pressing way, to the resurgent European
nationalisms, including the Italian one, in their proposal "Prima
noi" ¸ abandoning the others to their fate or, worse, exploiting them for
their own interests. He wants to distract the faithful, pointing out to them as
sinful, as opposed to the spirit of Pentecost. The little reign of the Papacy around Rome is no
longer at stake, as in the nineteenth century, but the survival of humanity.
"Fear makes us crazy," the Pope said on a trip to Panama yesterday,
about the idea of isolating nations by building walls. Fatally nationalism
leads to marking the boundaries and to hiding behind barriers: walls,
mountains, seas, behind everything that serves to divide. Conflicts arise from
the divisions, which in fact are reborn in Europe that thought they had
definitively overcome them, also collecting the yearnings of modern social
justice. But our survival, in a globalized world, depends instead on knowing
how to collaborate. Building institutions that allow it is the mission of
politics with a capital "P".
Mario Ardigò - Catholic
Action in San Clemente pope - Rome, Monte Sacro, Valli