INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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lunedì 28 gennaio 2019

Confini


Confini

 Quasi tutti gli attuali confini del mondo sono stati tracciati storicamente dagli europei con precisione geometrica tra il Settecento e il Novecento. Non corrispondono quasi mai ai confini etnici o culturali tra le popolazioni che vi sono incluse. Sono invece strettamente legati allo sviluppo delle organizzazioni statali che progressivamente vi si sono trincerate dentro, sia all’interno degli stati che tra gli stati. All’interno  i confini definiscono l’ambito territoriale delle amministrazioni pubbliche, all’esterno definiscono le  frontiere,  vale a dire i confini degli stati, l’estensione territoriale della loro sovranità. Gli stati moderni, che si sono progressivamente sviluppati dal Cinquecento, affermano di essere sovrani in quanto non riconoscono nessuna autorità superiore: questo appunto significa sovranità. Ai nostri tempi nessuno stato è più veramente sovrano perché tutti sono inglobati in una comunità internazionale che li limita in misura più o meno forte, in particolare mediante una rete di trattati internazionali, tra i quali quelli che regolano l’Organizzazione delle Nazioni Unite  e l’Organizzazione Mondiale del Commercio sono quelli più importanti. Comunque è sicuramente distinguibile un potere  pubblico molto penetrante all’interno  degli stati, che in linea di principio esclude l’ingerenza di altri stati, e che  differenzia  uno stato dall’altro, e poi una rete di relazioni tra stati che serve anche a garantire a ciascuno l’integrità delle sue frontiere e quindi il proprio potere pubblico   all’interno.
  Nell’antichità e fino al Settecento le frontiere non era così precisamente delimitate. In particolare, nell’antichità, quando sulla terra viveva molto meno gente di adesso, il potere territoriale degli stati di allora, che erano molto diversi da quelli che ci sono adesso, si concentrava nelle zone più intensamente popolate e sfumava allontanandosene. Tra le città vi erano ampi territori con popolazione scarsissima. Le culture umane, il complesso di usi e costumi, comprese le lingue, che caratterizzano le popolazioni si formava nelle zone più intensamente popolate e ai margini tendevano a differenziarsi e ad assimilare anche caratteristiche delle culture di popolazioni vicine, con i quali c’erano relazioni di vario genere, a volte intense come quelle con il centro della cultura di riferimento. Lo studio dei territori di frontiera ancora oggi consente di osservare situazioni simili e questo anche nelle zone di confine interne negli stati. In Italia, ad esempio, vi sono notevoli affinità culturali tra la Romagna e le zone delle Marche confinanti con la Romagna, a partire dal dialetto.
  L’idea di frontiera si sviluppò da quella di confine e quest’ultima dal diritto privato degli antichi romani: il confine fu all’inizio anzitutto quello tra i terreni di proprietà privata. Ad un certo punto le grandi monarchie europee, intorno alle quali vennero costruiti gli stati moderni, pensarono di essere proprietarie delle popolazioni dominate, oltre che dei territori su cui erano stanziate e iniziarono a introdurre misure di polizia per impedirne le migrazioni.
  Nel Novecento le frontiere dominate dagli europei si sono fatte impenetrabili. Ancora nel Settecento, si narra, un borghese poteva girare l’Europa senza passaporto. Il sistema del passaporti, dei documenti che consentono di varcare le frontiere, venne introdotto dall’Ottocento ed è regolato anche da convenzioni internazionali. Fu necessario introdurlo perché divenne molto più facile spostarsi e gli esseri umani, da sempre, fin a epoca preistorica, migrano per trovare posti dove vivere meglio.
   Tra le principali vie di migrazione storicamente vi sono state quelle marittime. E’ così che, ad esempio, gli antichi greci colonizzarono l’Italia meridionale, costituendo quella che chiamarono  Magna Grecia (=Grande Grecia). Gli stati antichi controllavano le fasce marittime costiere, ma senza delimitarle in frontiere. Del resto la tecnologia per riuscire a farlo si sviluppò più tardi.  Il mare oltre la zona che gli stati pretendevano di controllare non aveva nessun confine e tuttora è così, anche se convenzioni internazionali regolano con più precisione le pretese marittime degli stati. Ora si distingue un  mare territoriale  dalle acque internazionali e il primo va da 12 a 24 miglia marine dalla costa. In questo modo si sono definite  frontiere  degli stati anche oltre la costa, nel mare. Questo ha importanti effetti giuridici, perché ciò che avviene dentro  le frontiere è regolato dal diritto dello stato di riferimento. Nel mare territoriale le forze di polizia e le forze armate possono impedire alle navi di allontanarsi o di avvicinarsi e le possono ispezionare a certe condizioni. Se per l’esportazione o l’importazione di merci lo stato impone dei dazi, pretende il versamento di un tributo, le forze di polizia possono svolgere attività per controllare se l’importazione o l’esportazione rispetti le norme tributarie. Un altro aspetto importante è quello del controllo dell’emigrazione o dell’immigrazione, che ogni stato ammette in certi limiti e con l’osservanza di certe formalità amministrative.
  Di recente nel Mediterraneo ha assunto crescente importanza l’istituzione di un altro tipo di confine, quello delle zone marittime S.A.R., acronimo che significa in inglese  Search And Rescue, vale a dire Ricerca e Soccorso, che è l’area marittima, molto più estesa delle acque territoriali, entro la quale uno stato si impegna ad esercitare attività di ricerca e soccorso marittimo.  Questa attività è regolata da una convenzione internazionale del 1979 alla quale l’Italia aderisce. L’attività di soccorso in mare nel Mediterraneo al largo della nostre coste meridionali è divenuta molto critica dagli anni ’90 perché il tratto di mare tra l’Africa e quelle nostre coste è una delle vie di migrazione irregolare verso l’Europa. La gente parte di là senza passaporto e senza osservare le altre formalità che regolano l’immigrazione, che spesso prevedono un visto, vale a dire un consenso preventivo del nostro stato. Le migrazioni, come sempre nella storia dell’umanità, sono motivate dall’idea di poter vivere meglio altrove e, in particolare, dalle difficili condizioni politiche ed economiche in cui si trovano molti stati dell’Africa e dell’Asia. Quelle migrazioni avvengono con imbarcazioni precarie e sovraffollate, che in genere, una volta individuate in zona SAR italiana, non possono essere respinte, ma vanno soccorse, perché altrimenti se ne rischierebbe il naufragio.
  L’Italia non ha la forza militare, né la volontà politica, né il diritto, per impedire con la forza quelle migrazioni fin dall’origine, vale a dire dalle coste africane di partenza. Farlo equivarrebbe ad imporre un dominio di tipo coloniale sugli stati africani di partenza o addirittura invaderli. Di fatto però esercita una notevole influenza sull’organizzazione statale in formazione nella Libia occidentale. L’ha quindi indotta a stabilire una propria zona SAR, in tal modo creando i presupposti per l’intervento delle forze di polizia marittima libiche ben al di là della frontiere marittime di quello stato. Ha anche dotato le forze di polizia marittima libiche di  un certo numero di piccole vedette  dismesse dalla forze armate italiane.  Da quando quella SAR libica è stata creata, l’Italia rifiuta il soccorso per le navi dei migranti dirette verso le nostre coste che vengono individuate in quella SAR, benché mantenga nostre navi militari nel tratto di mare tra le nostre coste e l’Africa ad altri fini, ma anche nel quadro di una missione internazionale denominata Sophia (si legge  Sofia)  che ha scopo di contrastare le organizzazioni che gestiscono le migrazioni marittime illegali e il traffico illegale di armi verso l’Africa. Le navi soccorse nella SAR libica  da forze libiche vengono riportate in Libia, prima che si avvicinino alla nostra SAR La Libia tuttavia, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite non può essere considerata un stato sicuro  per la gente che là vi è ricondotta, e questo per vari e seri motivi. Ed è stato osservato che la Libia occidentale non ha ancora mezzi sufficienti per soccorrere prontamente ed efficacemente le navi dei migranti, secondo quanto sarebbe necessario approntare considerate le dimensioni del fenomeno migratorio. Oggettivamente l’istituzione di una zona SAR libica ha consentito di rafforzare le nostre frontiere marittime, contrastando le migrazioni irregolari per via mare verso le nostre coste. Nel contempo è stato segnalato un aumento della mortalità delle migrazioni per via di mare, che va considerato un effetto diretto di quelle  politiche italiane di soccorso in mare. Si è infatti contrastata l’immigrazione irregolare accettando il rischio di naufragi letali, in particolare distogliendo le nostre navi militari dall’azione di sorveglianza ravvicinata di soccorso in mare a ridosso delle coste libiche, demandata ora alla polizia marittima libica. Si è anche  esplicitamente confidato  che la prospettiva di una maggiore rischiosità della traversata, sotto il profilo dell'aumentato tasso di mortalità e della prospettiva di poter finire in un centro di internamento libico nel caso di soccorso in mare attuato dalle forze libiche, scoraggiasse  i migranti. In effetti i flussi migratori dal mare meridionale negli ultimi mesi si sono ridotti e hanno mutato il tipo di imbarcazioni utilizzate. Vengono preferite imbarcazioni più piccole in grado, in teoria, di completare la traversata, come avveniva negli anni ’90. Da quando, nel 2013, si erano attivate attività di soccorso in mare più ravvicinate rispetto alle coste libiche, dopo un drammatico naufragio al largo dell’isola italiana di Lampedusa, si era cominciato  ad utilizzare grandi gommoni, più fragili ma meno costosi, nella speranza che fossero intercettati prima che affondassero. Qualche giorno fa uno di questi gommoni è affondato tra le nostre coste e  quelle libiche e si stima che vi siano state un centinaio di persone morte.
 Il paradosso è che un'attività di S.A.R., di soccorso in mare, finalizzata alla riduzione della mortalità in mare e non al contrasto dell'immigrazione irregolare, è stata oggettivamente organizzata in modo tale da rafforzare l'impenetrabilità dall'esterno delle nostre frontiere marittime meridionali, con un aumento del tasso di mortalità, vale a dire della proporzione tra le partenze stimate e i morti in mare,  a seguito di naufragio o di altri eventi letali (ne sono anche accaduti di dolosi), stimati o accertati.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli.

Translations in English and Spanish made with the help of Google Translator
Traducciones en inglés y español hechas con la ayuda de Google Translator.


Borders
Almost all the current borders of the world have been traced historically by Europeans with geometric precision between the eighteenth and twentieth centuries. They almost never correspond to ethnic or cultural boundaries between the populations included in it. Instead, they are closely linked to the development of state organizations that have gradually become entrenched inside, both within states and between states. Inside the borders define the territorial scope of the public administrations, outside they define the borders, that is to say the borders of the states, the territorial extension of their sovereignty. The modern states, which have progressively developed since the sixteenth century, claim to be sovereign because they do not recognize any superior authority: this precisely means sovereignty. In our times no state is more truly sovereign because they are all incorporated into an international community that limits them to a more or less strong degree, in particular through a network of international treaties, including those that regulate the United Nations Organization and 'World Trade Organization are the most important ones. However, a very penetrating public power within states is definitely distinguishable, which in principle excludes interference from other states, and which differentiates one state from another, and then a network of relations between states that also serves to guarantee to each the integrity of its borders and therefore its public power within.
  In antiquity and up to the eighteenth century, the frontiers were not so precisely defined. In particular, in ancient times, when on earth lived far fewer people than now, the territorial power of the states of the time, which were very different from those that are now, concentrated in the most intensely populated areas and faded away. Among the cities there were large territories with very low population. Human cultures, the complex of habits and customs, including languages, that characterize populations formed in the most intensely populated areas and at the margins tended to differentiate and assimilate characteristics of the cultures of nearby populations, with whom there were of various kinds, sometimes as intense as those with the center of the reference culture. The study of the frontier territories still today allows observing similar situations and this even in the internal border areas in the states. In Italy, for example, there are significant cultural affinities between Romagna and the areas of the Marche bordering on Romagna, starting from the dialect.
  The idea of ​​a frontier developed from that of the border and the latter from the private law of the ancient Romans: the border was first and foremost that of private land. At a certain point the great European monarchies, around which the modern states were built, thought they were the owners of the dominated populations, as well as the territories on which they were allocated and began to introduce police measures to prevent their migration.
  In the twentieth century the borders dominated by the Europeans became impenetrable. Still in the eighteenth century, it is said, a bourgeois could travel Europe without a passport. The passport system, documents that allow us to cross borders, was introduced in the nineteenth century and is also governed by international conventions. It was necessary to introduce it because it became much easier to move around and human beings have always migrated to prehistoric times to find places to live better.
   Among the main migration routes historically there have been maritime routes. This is how, for example, the ancient Greeks colonized southern Italy, constituting what they called Magna Grecia (= Great Greece). The ancient states controlled the coastal maritime bands, but without delimiting them in frontiers. After all, the technology to do so developed later. The sea beyond the area that the states claimed to control had no border and still is so, even if international conventions regulate more precisely the maritime claims of the states. Now a territorial sea is distinguished from international waters and the first ranges from 12 to 24 nautical miles from the coast. In this way, state borders have been defined even beyond the coast, in the sea. This has important legal effects, because what happens inside the borders is regulated by the law of the reference state. In the territorial sea, police forces and armed forces can prevent ships from leaving or approaching and can inspect them under certain conditions. If the state imposes duties for the export or import of goods, demands the payment of a tax, the police forces can carry out activities to check whether the import or export complies with the tax rules. Another important aspect is that of the control of emigration or immigration, which each state admits in certain limits and with the observance of certain administrative formalities.
Recently in the Mediterranean the establishment of another type of border, the one of the SAR maritime zones, which means in English Search and Rescue, the the maritime area, much more extensive compared to territorial waters, which has become increasingly important, within which a state undertakes to carry out maritime search and rescue activities. This activity is regulated by an international convention of 1979 to which Italy adheres. The sea rescue activity in the Mediterranean off our southern coast has become very critical since the '90s because the stretch of sea between Africa and our coasts is one of the routes of irregular migration to Europe. People leave without a passport and without observing the other formalities that regulate immigration, which often require a visa, that is to say, a preventive consensus of our state. Migrations, as always in the history of humanity, are motivated by the idea of ​​being able to live better elsewhere and, in particular, by the difficult political and economic conditions in which many states of Africa and Asia are to be found. Those migrations occur with precarious and overcrowded boats, which in general, once identified in the Italian SAR area, can not be rejected, but must be rescued, because otherwise the shipwreck would risk.
  Italy does not have the military force, nor the political will, nor the right, to prevent by force those migrations from the beginning, that is to say from the African coasts of departure. To do so would be to impose colonial rule on the African states of departure or even invade them. In fact, however, it exerts a considerable influence on the state organization in formation in western Libya. It therefore induced it to establish its own SAR area, thereby creating the conditions for the intervention of the Libyan maritime police forces well beyond the maritime borders of that state. He also endowed the Libyan maritime police forces with a number of small disused lookouts by the Italian armed forces. Since that Libyan SAR has been created, Italy refuses the rescue for the ships of migrants headed to our coasts that are identified in that SAR, although it keeps our military ships in the stretch of sea between our coasts and Africa to other purposes, but also in the framework of an international mission called Sophia (reads Sofia) which aims to fight the organizations that manage illegal maritime migration and illegal arms trafficking to Africa. The ships rescued in Libyan SAR by Libyan forces are brought back to Libya, before they approach our SAR Libya however, according to the United Nations Organization can not be considered a safe state for the people brought back there, and this for various and serious reasons. And it has been observed that Western Libya does not yet have sufficient resources to respond promptly and effectively to the ships of migrants, as it would be necessary to take into account the size of the migratory phenomenon. Objectively, the establishment of a Libyan SAR area has allowed us to strengthen our maritime borders, countering irregular migrations by sea to our coasts. At the same time, an increase in the mortality of migrations by sea was reported, which should be considered a direct effect of Italian rescue policies at sea. In fact, irregular immigration has been countered by accepting the risk of lethal shipwrecks, in particular by diverting our military vessels from the close surveillance action of rescue at sea close to the Libyan coast, now referred to the Libyan maritime police. It was also explicitly confided that the prospect of greater riskiness of the crossing, in terms of the increased mortality rate and the prospect of being able to end up in a Libyan detention center in the case of sea rescue by the Libyan forces, discouraged migrants . In fact, the migratory flows from the southern sea in recent months have been reduced and have changed the type of boats used. Smaller boats are preferred, in theory, to complete the crossing, as was the case in the 90s. Since, in 2013, more sea rescue activities were activated than the Libyan coasts, after a dramatic shipwreck off the Italian island of Lampedusa, it had begun to use large boats, more fragile but less expensive, in the hope that they were intercepted before they sank. A few days ago one of these dinghies sank between our coasts and the Libyan ones and it is estimated that there were a hundred dead people.
The paradox is that an activity of SAR, of rescue at sea, aimed at reducing mortality at sea and not at contrasting irregular immigration, has been objectively organized in such a way as to strengthen the impenetrability from outside of our maritime borders southern, with an increase in the mortality rate, that is to say the proportion between the estimated departures and the deaths at sea, following shipwreck or other lethal events (they have also happened to be malicious), estimated or verified.
Mario Ardigò - Catholic Action in San Clemente Pope - Rome, Monte Sacro, Valli.

Fronteras

 Casi todos los límites actuales del mundo han sido trazados históricamente por los europeos con una precisión geométrica entre los siglos XVIII y XX. Casi nunca corresponden a límites étnicos o culturales entre las poblaciones incluidas en él. En cambio, están estrechamente vinculados con el desarrollo de organizaciones estatales que gradualmente se han afianzado en el interior, tanto dentro de los estados como entre los estados. Dentro de las fronteras se define el ámbito territorial de las administraciones públicas, fuera de las fronteras se definen las fronteras, es decir, las fronteras de los estados, la extensión territorial de su soberanía. Los estados modernos, que se han desarrollado progresivamente desde el siglo XVI, afirman ser soberanos porque no reconocen ninguna autoridad superior: esto precisamente significa soberanía. En nuestros tiempos, ningún estado es más verdaderamente soberano porque todos están incorporados en una comunidad internacional que los limita en mayor o menor grado, en particular a través de una red de tratados internacionales, incluidos los que regulan la Organización de las Naciones Unidas y 'Organización Mundial del Comercio son los más importantes. Sin embargo, un poder público muy penetrante dentro de los estados es definitivamente distinguible, que en principio excluye la interferencia de otros estados, y que diferencia un estado de otro, y luego una red de relaciones entre estados que también sirve para garantizar A cada uno la integridad de sus fronteras y, por tanto, su poder público interno.
  En la antigüedad y hasta el siglo XVIII, las fronteras no se definían con tanta precisión. En particular, en la antigüedad, cuando en la tierra vivía mucha menos gente que ahora, el poder territorial de los estados de la época, que eran muy diferentes de los actuales, se concentraba en las áreas más pobladas y se desvanecía. Entre las ciudades había grandes territorios con muy baja población. Las culturas humanas, el complejo de hábitos y costumbres, incluidas las lenguas, que caracterizan a las poblaciones formadas en las áreas más intensamente pobladas y en los márgenes tienden a diferenciar y asimilar las características de las culturas de las poblaciones cercanas, con las que existían De diversos tipos, a veces tan intensos como los que tienen el centro de la cultura de referencia. El estudio de los territorios fronterizos aún hoy permite observar situaciones similares y esto incluso en las áreas de la frontera interna en los estados. En Italia, por ejemplo, existen importantes afinidades culturales entre Romaña y las áreas de las Marcas que limitan con Romaña, a partir del dialecto.
  La idea de una frontera se desarrolló a partir de la frontera y esta última del derecho privado de los antiguos romanos: la frontera era, ante todo, la de las tierras privadas. En cierto momento, las grandes monarquías europeas, alrededor de las cuales se construyeron los estados modernos, pensaron que eran los dueños de las poblaciones dominadas, así como los territorios en los que fueron asignados y comenzaron a introducir medidas policiales para evitar su migración.
En el siglo XX, las fronteras dominadas por los europeos se hicieron impenetrables. Aún en el siglo XVIII, se dice, un burgués podría viajar a Europa sin un pasaporte. El sistema de pasaportes, documentos que nos permiten cruzar fronteras, se introdujo en el siglo XIX y también se rige por convenios internacionales. Era necesario introducirlo porque era mucho más fácil moverse y los seres humanos siempre han migrado a los tiempos prehistóricos para encontrar lugares para vivir mejor.
   Entre las principales rutas de migración históricamente han existido las rutas marítimas. Así es como, por ejemplo, los antiguos griegos colonizaron el sur de Italia, constituyendo lo que llamaron Magna Grecia (= Gran Grecia). Los antiguos estados controlaban las bandas marítimas costeras, pero sin delimitarlas en las fronteras. Después de todo, la tecnología para hacerlo se desarrolló más tarde. El mar más allá del área que los estados reclamaban controlar no tenía fronteras y aún lo es, incluso si las convenciones internacionales regulan más precisamente las reclamaciones marítimas de los estados. Ahora, un mar territorial se distingue de las aguas internacionales y el primero varía de 12 a 24 millas náuticas desde la costa. De esta manera, las fronteras estatales se han definido incluso más allá de la costa, en el mar. Esto tiene efectos legales importantes, porque lo que sucede dentro de las fronteras está regulado por la ley del estado de referencia. En el mar territorial, las fuerzas policiales y las fuerzas armadas pueden impedir que los barcos salgan o se acerquen y pueden inspeccionarlos bajo ciertas condiciones. Si el estado impone derechos para la exportación o importación de bienes, exige el pago de un impuesto, las fuerzas policiales pueden llevar a cabo actividades para verificar si la importación o exportación cumple con las normas tributarias. Otro aspecto importante es el del control de la emigración o inmigración, que cada estado admite en ciertos límites y con el cumplimiento de ciertas formalidades administrativas.
Recientemente, en el Mediterráneo, el establecimiento de otro tipo de frontera, la de las zonas marítimas SAR, que significa en Búsqueda y rescate en inglés, es decir, Búsqueda y Rescate, que es el área marítima, mucho más extensa, se ha vuelto cada vez más importante. aguas territoriales, dentro de las cuales un Estado se compromete a realizar actividades de búsqueda y salvamento marítimo. Esta actividad está regulada por una convención internacional de 1979 a la que se adhiere Italia. La actividad de rescate marítimo en el Mediterráneo frente a nuestra costa sur se ha vuelto muy crítica desde los años 90 porque el tramo de mar entre África y nuestras costas es una de las rutas de migración irregular hacia Europa. Las personas se van sin pasaporte y sin observar las otras formalidades que regulan la inmigración, que a menudo requieren una visa, es decir, un consenso preventivo de nuestro estado. Las migraciones, como siempre en la historia de la humanidad, están motivadas por la idea de poder vivir mejor en otros lugares y, en particular, por las difíciles condiciones políticas y económicas en las que se encuentran muchos estados de África y Asia. Esas migraciones se producen con embarcaciones precarias y superpobladas, que en general, una vez identificadas en el área de la SAR  italiana, no pueden ser rechazadas, pero deben ser rescatadas, porque de lo contrario se arriesgaría el naufragio.
Italia no tiene la fuerza militar, ni la voluntad política, ni el derecho de impedir por la fuerza esas migraciones desde el principio, es decir, desde las costas africanas de partida. Hacer eso sería imponer un gobierno colonial a los estados de partida africanos o incluso invadirlos. De hecho, sin embargo, ejerce una influencia considerable en la organización estatal en formación en el este de Libia occidental. Por lo tanto, lo indujo a establecer su propia área SAR, creando así las condiciones para la intervención de las fuerzas de la policía marítima libia más allá de las fronteras marítimas de ese estado. También dotó a las fuerzas de la policía marítima de Libia con una serie de pequeños vigías en desuso de las fuerzas armadas italianas. Desde que se creó la SAR de Libia, Italia rechaza el rescate de los barcos de migrantes que se dirigen a nuestras costas que se identifican en esa SAR, aunque mantiene nuestras naves militares en el tramo de mar entre nuestras costas y África para Otros propósitos, pero también en el marco de una misión internacional llamada Sophia (se menciona a Sofía) que tiene como objetivo luchar contra las organizaciones que gestionan la migración marítima ilegal y el tráfico ilegal de armas a África. Los barcos rescatados en la SAR de Libia por las fuerzas libias son devueltos a Libia, antes de que se aproximen a nuestra SAR de Libia. Sin embargo, según la Organización de las Naciones Unidas no puede considerarse un estado seguro para las personas que regresaron allí, y esto Por diversas y serias razones. Y se ha observado que el este de Libia occidental aún no cuenta con recursos suficientes para responder con prontitud y eficacia a los buques de migrantes, ya que sería necesario tener en cuenta el tamaño del fenómeno migratorio. Objetivamente, el establecimiento de un área de la ASAR de Libia nos ha permitido fortalecer nuestras fronteras marítimas, combatiendo las migraciones irregulares por mar hacia nuestras costas. Al mismo tiempo, se informó un aumento en la mortalidad de las migraciones por mar, lo que debería considerarse un efecto directo de las políticas de rescate italianas en el mar. De hecho, la inmigración irregular ha sido contrarrestada aceptando el riesgo de naufragios letales, en particular desviando a nuestros buques militares de la estrecha vigilancia de rescate en el mar cerca de la costa libia, ahora referida a la policía marítima libia. También se confió explícitamente que la posibilidad de un mayor riesgo de cruzar, en términos del aumento de la tasa de mortalidad y la posibilidad de terminar en un centro de detención libio en el caso del rescate marítimo por parte de las fuerzas libias, desalentó a los migrantes. . De hecho, los flujos migratorios desde el mar del sur en los últimos meses se han reducido y han cambiado el tipo de barcos utilizados. Los barcos más pequeños son preferidos, en teoría, para completar el cruce, como fue el caso en los años 90. Desde 2013, se activaron más actividades de rescate en el mar que las costas de Libia, luego de un dramático naufragio en la isla italiana de Lampedusa, comenzó a utilizar grandes botes, más frágiles pero menos costosos, con la esperanza de que fueron interceptados antes de que se hundieran. Hace unos días, uno de estos botes se hundió entre nuestras costas y los libios y se estima que hubo un centenar de muertos.
La paradoja es que una actividad de SAR, de rescate en el mar, dirigida a reducir la mortalidad en el mar y no a contrastar la inmigración irregular, se ha organizado objetivamente de tal manera que refuerce la impenetrabilidad desde fuera de nuestras fronteras marítimas. sur, con un aumento en la tasa de mortalidad, es decir, la proporción entre las salidas estimadas y las muertes en el mar, después de un naufragio u otros eventos letales (también resultaron ser maliciosos), estimados o verificados.

Mario Ardigò - Acción católica en la parroquia del Papa de San Clemente - Roma, Monte Sacro, Valli.