Confini
Quasi tutti gli attuali confini del mondo sono
stati tracciati storicamente dagli europei con precisione geometrica tra il
Settecento e il Novecento. Non corrispondono quasi mai ai confini etnici o
culturali tra le popolazioni che vi sono incluse. Sono invece strettamente
legati allo sviluppo delle organizzazioni statali che progressivamente vi si
sono trincerate dentro, sia all’interno degli stati che tra gli stati.
All’interno i confini definiscono l’ambito
territoriale delle amministrazioni pubbliche, all’esterno definiscono le frontiere, vale a dire i confini degli stati,
l’estensione territoriale della loro sovranità.
Gli stati moderni, che si sono progressivamente sviluppati dal Cinquecento, affermano
di essere sovrani in quanto non
riconoscono nessuna autorità superiore: questo appunto significa sovranità. Ai nostri tempi nessuno stato
è più veramente sovrano perché tutti
sono inglobati in una comunità internazionale che li limita in misura più o
meno forte, in particolare mediante una rete di trattati internazionali, tra i
quali quelli che regolano l’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale del Commercio
sono quelli più importanti. Comunque è sicuramente distinguibile un potere pubblico
molto penetrante all’interno degli stati, che in linea di principio esclude
l’ingerenza di altri stati, e che differenzia uno stato dall’altro, e poi una rete di
relazioni tra stati che serve anche a
garantire a ciascuno l’integrità delle sue frontiere e quindi il proprio potere
pubblico all’interno.
Nell’antichità e fino al Settecento le frontiere non era così
precisamente delimitate. In particolare, nell’antichità, quando sulla terra viveva molto meno gente di adesso, il potere territoriale degli stati di allora,
che erano molto diversi da quelli che ci sono adesso, si concentrava nelle zone
più intensamente popolate e sfumava allontanandosene. Tra le città vi erano
ampi territori con popolazione scarsissima. Le culture umane, il complesso di
usi e costumi, comprese le lingue, che caratterizzano le popolazioni si formava
nelle zone più intensamente popolate e ai margini tendevano a differenziarsi e
ad assimilare anche caratteristiche delle culture di popolazioni vicine, con i
quali c’erano relazioni di vario genere, a volte intense come quelle con il
centro della cultura di riferimento. Lo studio dei territori di frontiera
ancora oggi consente di osservare situazioni simili e questo anche nelle zone
di confine interne negli stati. In Italia, ad esempio, vi sono notevoli affinità
culturali tra la Romagna e le zone delle Marche confinanti con la Romagna, a
partire dal dialetto.
L’idea di frontiera si sviluppò da quella di confine e quest’ultima dal
diritto privato degli antichi romani: il confine fu all’inizio anzitutto quello
tra i terreni di proprietà privata. Ad un certo punto le grandi monarchie
europee, intorno alle quali vennero costruiti gli stati moderni, pensarono di
essere proprietarie delle popolazioni dominate, oltre che dei territori su cui
erano stanziate e iniziarono a introdurre misure di polizia per impedirne le
migrazioni.
Nel
Novecento le frontiere dominate dagli europei si sono fatte impenetrabili.
Ancora nel Settecento, si narra, un borghese poteva girare l’Europa senza
passaporto. Il sistema del passaporti, dei documenti che consentono di varcare
le frontiere, venne introdotto dall’Ottocento ed è regolato anche da
convenzioni internazionali. Fu necessario introdurlo perché divenne molto più
facile spostarsi e gli esseri umani, da sempre, fin a epoca preistorica,
migrano per trovare posti dove vivere meglio.
Tra le principali vie di migrazione storicamente vi sono state quelle
marittime. E’ così che, ad esempio, gli antichi greci colonizzarono l’Italia
meridionale, costituendo quella che chiamarono Magna Grecia (=Grande
Grecia). Gli stati antichi controllavano le fasce marittime costiere, ma senza
delimitarle in frontiere. Del resto la tecnologia per riuscire a farlo si
sviluppò più tardi. Il mare oltre la
zona che gli stati pretendevano di controllare non aveva nessun confine e
tuttora è così, anche se convenzioni internazionali regolano con più precisione
le pretese marittime degli stati. Ora si distingue un mare territoriale dalle acque
internazionali e il primo va da 12 a 24 miglia marine dalla costa. In
questo modo si sono definite frontiere degli stati anche oltre la costa, nel mare.
Questo ha importanti effetti giuridici, perché ciò che avviene dentro le frontiere è regolato dal diritto dello
stato di riferimento. Nel mare territoriale le forze di polizia e le forze
armate possono impedire alle navi di allontanarsi o di avvicinarsi e le possono
ispezionare a certe condizioni. Se per l’esportazione o l’importazione di merci
lo stato impone dei dazi, pretende il versamento di un tributo, le forze di
polizia possono svolgere attività per controllare se l’importazione o
l’esportazione rispetti le norme tributarie. Un altro aspetto importante è
quello del controllo dell’emigrazione o dell’immigrazione, che ogni stato
ammette in certi limiti e con l’osservanza di certe formalità amministrative.
Di recente nel Mediterraneo ha assunto crescente importanza
l’istituzione di un altro tipo di confine, quello delle zone marittime S.A.R., acronimo che significa in
inglese Search And Rescue, vale a dire Ricerca e Soccorso, che è l’area
marittima, molto più estesa delle acque territoriali, entro la quale uno stato
si impegna ad esercitare attività di ricerca e soccorso marittimo. Questa attività è regolata da una convenzione
internazionale del 1979 alla quale l’Italia aderisce. L’attività di soccorso in
mare nel Mediterraneo al largo della nostre coste meridionali è divenuta molto
critica dagli anni ’90 perché il tratto di mare tra l’Africa e quelle nostre coste è una delle vie di migrazione irregolare verso l’Europa. La gente parte
di là senza passaporto e senza osservare le altre formalità che regolano
l’immigrazione, che spesso prevedono un visto, vale a dire un consenso
preventivo del nostro stato. Le migrazioni, come sempre nella storia
dell’umanità, sono motivate dall’idea di poter vivere meglio altrove e, in
particolare, dalle difficili condizioni politiche ed economiche in cui si
trovano molti stati dell’Africa e dell’Asia. Quelle migrazioni avvengono con
imbarcazioni precarie e sovraffollate, che in genere, una volta individuate in
zona SAR italiana, non possono essere respinte, ma vanno soccorse, perché
altrimenti se ne rischierebbe il naufragio.
L’Italia non ha la forza militare, né la volontà politica, né il
diritto, per impedire con la forza quelle migrazioni fin dall’origine, vale a
dire dalle coste africane di partenza. Farlo equivarrebbe ad imporre un dominio
di tipo coloniale sugli stati africani di partenza o addirittura invaderli. Di
fatto però esercita una notevole influenza sull’organizzazione statale in
formazione nella Libia occidentale. L’ha quindi indotta a stabilire una propria
zona SAR, in tal modo creando i presupposti per l’intervento delle forze di
polizia marittima libiche ben al di là della frontiere marittime di quello
stato. Ha anche dotato le forze di polizia marittima libiche di un certo numero di piccole vedette dismesse dalla forze armate italiane. Da quando quella SAR libica è stata creata, l’Italia
rifiuta il soccorso per le navi dei migranti dirette verso le nostre coste che
vengono individuate in quella SAR, benché mantenga nostre navi militari nel tratto
di mare tra le nostre coste e l’Africa ad altri fini, ma anche nel quadro di
una missione internazionale denominata Sophia
(si legge Sofia)
che ha scopo di contrastare le
organizzazioni che gestiscono le migrazioni marittime illegali e il traffico
illegale di armi verso l’Africa. Le navi soccorse nella SAR libica da forze libiche vengono riportate in Libia,
prima che si avvicinino alla nostra SAR La Libia tuttavia, secondo
l’Organizzazione delle Nazioni Unite non può essere considerata un stato sicuro per la gente che là vi è ricondotta, e questo
per vari e seri motivi. Ed è stato osservato che la Libia occidentale non ha
ancora mezzi sufficienti per soccorrere prontamente ed efficacemente le navi
dei migranti, secondo quanto sarebbe necessario approntare considerate le
dimensioni del fenomeno migratorio. Oggettivamente l’istituzione di una zona
SAR libica ha consentito di rafforzare le nostre frontiere marittime,
contrastando le migrazioni irregolari per via mare verso le nostre coste. Nel
contempo è stato segnalato un aumento della mortalità delle migrazioni per via
di mare, che va considerato un effetto diretto di quelle politiche italiane di soccorso in mare. Si è
infatti contrastata l’immigrazione irregolare accettando il rischio di naufragi
letali, in particolare distogliendo le nostre navi militari dall’azione di
sorveglianza ravvicinata di soccorso in mare a ridosso delle coste libiche,
demandata ora alla polizia marittima libica. Si è anche esplicitamente confidato che la prospettiva di una maggiore
rischiosità della traversata, sotto il profilo dell'aumentato tasso di mortalità e della prospettiva di poter finire in un centro di internamento libico nel caso di soccorso in mare attuato dalle forze libiche, scoraggiasse i migranti. In effetti i flussi migratori dal
mare meridionale negli ultimi mesi si sono ridotti e hanno mutato il tipo di
imbarcazioni utilizzate. Vengono preferite imbarcazioni più piccole in grado,
in teoria, di completare la traversata, come avveniva negli anni ’90. Da
quando, nel 2013, si erano attivate attività di soccorso in mare più
ravvicinate rispetto alle coste libiche, dopo un drammatico naufragio al largo
dell’isola italiana di Lampedusa, si era cominciato ad utilizzare grandi gommoni, più fragili ma
meno costosi, nella speranza che fossero intercettati prima che affondassero.
Qualche giorno fa uno di questi gommoni è affondato tra le nostre coste e quelle libiche e si stima che vi siano state
un centinaio di persone morte.
Il paradosso è che un'attività di S.A.R., di soccorso in mare, finalizzata alla riduzione della mortalità in mare e non al contrasto dell'immigrazione irregolare, è stata oggettivamente organizzata in modo tale da rafforzare l'impenetrabilità dall'esterno delle nostre frontiere marittime meridionali, con un aumento del tasso di mortalità, vale a dire della proporzione tra le partenze stimate e i morti in mare, a seguito di naufragio o di altri eventi letali (ne sono anche accaduti di dolosi), stimati o accertati.
Mario Ardigò - Azione Cattolica
in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli.
Translations in English and Spanish made with the help of Google Translator
Traducciones en inglés y español hechas con la ayuda de Google Translator.
Borders
Almost all the current borders of the world have been traced
historically by Europeans with geometric precision between the eighteenth and
twentieth centuries. They almost never correspond to ethnic or cultural
boundaries between the populations included in it. Instead, they are closely
linked to the development of state organizations that have gradually become
entrenched inside, both within states and between states. Inside the borders
define the territorial scope of the public administrations, outside they define
the borders, that is to say the borders of the states, the territorial
extension of their sovereignty. The modern states, which have progressively
developed since the sixteenth century, claim to be sovereign because they do
not recognize any superior authority: this precisely means sovereignty. In our
times no state is more truly sovereign because they are all incorporated into
an international community that limits them to a more or less strong degree, in
particular through a network of international treaties, including those that
regulate the United Nations Organization and 'World Trade Organization are the
most important ones. However, a very penetrating public power within states is
definitely distinguishable, which in principle excludes interference from other
states, and which differentiates one state from another, and then a network of
relations between states that also serves to guarantee to each the integrity of
its borders and therefore its public power within.
In antiquity and up to the eighteenth century, the
frontiers were not so precisely defined. In particular, in ancient times, when on earth lived far fewer people than now, the territorial power of the states of
the time, which were very different from those that are now, concentrated in
the most intensely populated areas and faded away. Among the cities there were
large territories with very low population. Human cultures, the complex of
habits and customs, including languages, that characterize populations formed
in the most intensely populated areas and at the margins tended to
differentiate and assimilate characteristics of the cultures of nearby
populations, with whom there were of various kinds, sometimes as intense as
those with the center of the reference culture. The study of the frontier
territories still today allows observing similar situations and this even in
the internal border areas in the states. In Italy, for example, there are
significant cultural affinities between Romagna and the areas of the Marche
bordering on Romagna, starting from the dialect.
The idea of a frontier
developed from that of the border and the latter from the private law of the
ancient Romans: the border was first and foremost that of private land. At a
certain point the great European monarchies, around which the modern states
were built, thought they were the owners of the dominated populations, as well
as the territories on which they were allocated and began to introduce police
measures to prevent their migration.
In the twentieth century the borders dominated by the
Europeans became impenetrable. Still in the eighteenth century, it is said, a
bourgeois could travel Europe without a passport. The passport system,
documents that allow us to cross borders, was introduced in the nineteenth
century and is also governed by international conventions. It was necessary to
introduce it because it became much easier to move around and human beings have
always migrated to prehistoric times to find places to live better.
Among the main migration routes historically there
have been maritime routes. This is how, for example, the ancient Greeks
colonized southern Italy, constituting what they called Magna Grecia (= Great
Greece). The ancient states controlled the coastal maritime bands, but without
delimiting them in frontiers. After all, the technology to do so developed
later. The sea beyond the area that the states claimed to control had no border
and still is so, even if international conventions regulate more precisely the
maritime claims of the states. Now a territorial sea is distinguished from
international waters and the first ranges from 12 to 24 nautical miles from the
coast. In this way, state borders have been defined even beyond the coast, in
the sea. This has important legal effects, because what happens inside the
borders is regulated by the law of the reference state. In the territorial sea,
police forces and armed forces can prevent ships from leaving or approaching
and can inspect them under certain conditions. If the state imposes duties for
the export or import of goods, demands the payment of a tax, the police forces
can carry out activities to check whether the import or export complies with
the tax rules. Another important aspect is that of the control of emigration or
immigration, which each state admits in certain limits and with the observance
of certain administrative formalities.
Recently in the Mediterranean the establishment of another type of
border, the one of the SAR maritime zones, which means in English Search and
Rescue, the the maritime area, much more extensive compared to territorial waters, which has become increasingly important, within which a state
undertakes to carry out maritime search and rescue activities. This activity is
regulated by an international convention of 1979 to which Italy adheres. The
sea rescue activity in the Mediterranean off our southern coast has become very
critical since the '90s because the stretch of sea between Africa and our
coasts is one of the routes of irregular migration to Europe. People leave
without a passport and without observing the other formalities that regulate
immigration, which often require a visa, that is to say, a preventive consensus
of our state. Migrations, as always in the history of humanity, are motivated
by the idea of being able to live better elsewhere and, in particular, by the
difficult political and economic conditions in which many states of Africa and
Asia are to be found. Those migrations occur with precarious and overcrowded
boats, which in general, once identified in the Italian SAR area, can not be
rejected, but must be rescued, because otherwise the shipwreck would risk.
Italy does not have the military force, nor the political
will, nor the right, to prevent by force those migrations from the beginning,
that is to say from the African coasts of departure. To do so would be to
impose colonial rule on the African states of departure or even invade them. In
fact, however, it exerts a considerable influence on the state organization in
formation in western Libya. It therefore induced it to establish its own SAR
area, thereby creating the conditions for the intervention of the Libyan
maritime police forces well beyond the maritime borders of that state. He also
endowed the Libyan maritime police forces with a number of small disused
lookouts by the Italian armed forces. Since that Libyan SAR has been created,
Italy refuses the rescue for the ships of migrants headed to our coasts that
are identified in that SAR, although it keeps our military ships in the stretch
of sea between our coasts and Africa to other purposes, but also in the
framework of an international mission called Sophia (reads Sofia) which
aims to fight the organizations that manage illegal maritime migration and
illegal arms trafficking to Africa. The ships rescued in Libyan SAR by Libyan
forces are brought back to Libya, before they approach our SAR Libya however,
according to the United Nations Organization can not be considered a safe state
for the people brought back there, and this for various and serious reasons.
And it has been observed that Western Libya does not yet have sufficient
resources to respond promptly and effectively to the ships of migrants, as it
would be necessary to take into account the size of the migratory phenomenon.
Objectively, the establishment of a Libyan SAR area has allowed us to
strengthen our maritime borders, countering irregular migrations by sea to our
coasts. At the same time, an increase in the mortality of migrations by sea was
reported, which should be considered a direct effect of Italian rescue policies
at sea. In fact, irregular immigration has been countered by accepting the risk
of lethal shipwrecks, in particular by diverting our military vessels from the close
surveillance action of rescue at sea close to the Libyan coast, now referred to
the Libyan maritime police. It was also explicitly confided that the prospect
of greater riskiness of the crossing, in terms of the increased mortality rate
and the prospect of being able to end up in a Libyan detention center in the
case of sea rescue by the Libyan forces, discouraged migrants . In fact, the
migratory flows from the southern sea in recent months have been reduced and
have changed the type of boats used. Smaller boats are preferred, in theory, to
complete the crossing, as was the case in the 90s. Since, in 2013, more sea
rescue activities were activated than the Libyan coasts, after a dramatic
shipwreck off the Italian island of Lampedusa, it had begun to use large boats,
more fragile but less expensive, in the hope that they were intercepted before
they sank. A few days ago one of these dinghies sank between our coasts and the
Libyan ones and it is estimated that there were a hundred dead people.
The paradox is that an activity of SAR, of rescue at sea, aimed at
reducing mortality at sea and not at contrasting irregular immigration, has
been objectively organized in such a way as to strengthen the impenetrability
from outside of our maritime borders southern, with an increase in the
mortality rate, that is to say the proportion between the estimated departures
and the deaths at sea, following shipwreck or other lethal events (they have
also happened to be malicious), estimated or verified.
Mario Ardigò - Catholic Action in San Clemente Pope - Rome, Monte
Sacro, Valli.
Fronteras
Casi todos los límites actuales del mundo han sido trazados
históricamente por los europeos con una precisión geométrica entre los siglos
XVIII y XX. Casi nunca corresponden a límites étnicos o culturales entre las
poblaciones incluidas en él. En cambio, están estrechamente vinculados con el
desarrollo de organizaciones estatales que gradualmente se han afianzado en el
interior, tanto dentro de los estados como entre los estados. Dentro de las
fronteras se define el ámbito territorial de las administraciones públicas,
fuera de las fronteras se definen las fronteras, es decir, las fronteras de los
estados, la extensión territorial de su soberanía. Los estados modernos, que se
han desarrollado progresivamente desde el siglo XVI, afirman ser soberanos
porque no reconocen ninguna autoridad superior: esto precisamente significa
soberanía. En nuestros tiempos, ningún estado es más verdaderamente soberano
porque todos están incorporados en una comunidad internacional que los limita
en mayor o menor grado, en particular a través de una red de tratados
internacionales, incluidos los que regulan la Organización de las Naciones
Unidas y 'Organización Mundial del Comercio son los más importantes. Sin embargo,
un poder público muy penetrante dentro de los estados es definitivamente
distinguible, que en principio excluye la interferencia de otros estados, y que
diferencia un estado de otro, y luego una red de relaciones entre estados que
también sirve para garantizar A cada uno la integridad de sus fronteras y, por
tanto, su poder público interno.
En la antigüedad y hasta el siglo XVIII, las fronteras no
se definían con tanta precisión. En particular, en la antigüedad, cuando en la tierra vivía mucha menos gente que ahora, el poder territorial de los estados de
la época, que eran muy diferentes de los actuales, se concentraba en las áreas
más pobladas y se desvanecía. Entre las ciudades había grandes territorios con
muy baja población. Las culturas humanas, el complejo de hábitos y costumbres,
incluidas las lenguas, que caracterizan a las poblaciones formadas en las áreas
más intensamente pobladas y en los márgenes tienden a diferenciar y asimilar
las características de las culturas de las poblaciones cercanas, con las que
existían De diversos tipos, a veces tan intensos como los que tienen el centro
de la cultura de referencia. El estudio de los territorios fronterizos aún hoy
permite observar situaciones similares y esto incluso en las áreas de la
frontera interna en los estados. En Italia, por ejemplo, existen importantes
afinidades culturales entre Romaña y las áreas de las Marcas que limitan con
Romaña, a partir del dialecto.
La idea de una frontera se desarrolló a partir de la
frontera y esta última del derecho privado de los antiguos romanos: la frontera
era, ante todo, la de las tierras privadas. En cierto momento, las grandes
monarquías europeas, alrededor de las cuales se construyeron los estados
modernos, pensaron que eran los dueños de las poblaciones dominadas, así como
los territorios en los que fueron asignados y comenzaron a introducir medidas
policiales para evitar su migración.
En el siglo XX, las fronteras dominadas por los europeos se hicieron
impenetrables. Aún en el siglo XVIII, se dice, un burgués podría viajar a
Europa sin un pasaporte. El sistema de pasaportes, documentos que nos permiten
cruzar fronteras, se introdujo en el siglo XIX y también se rige por convenios
internacionales. Era necesario introducirlo porque era mucho más fácil moverse
y los seres humanos siempre han migrado a los tiempos prehistóricos para
encontrar lugares para vivir mejor.
Entre las principales rutas de migración
históricamente han existido las rutas marítimas. Así es como, por ejemplo, los
antiguos griegos colonizaron el sur de Italia, constituyendo lo que llamaron
Magna Grecia (= Gran Grecia). Los antiguos estados controlaban las bandas
marítimas costeras, pero sin delimitarlas en las fronteras. Después de todo, la
tecnología para hacerlo se desarrolló más tarde. El mar más allá del área que
los estados reclamaban controlar no tenía fronteras y aún lo es, incluso si las
convenciones internacionales regulan más precisamente las reclamaciones
marítimas de los estados. Ahora, un mar territorial se distingue de las aguas
internacionales y el primero varía de 12 a 24 millas náuticas desde la costa.
De esta manera, las fronteras estatales se han definido incluso más allá de la
costa, en el mar. Esto tiene efectos legales importantes, porque lo que sucede
dentro de las fronteras está regulado por la ley del estado de referencia. En
el mar territorial, las fuerzas policiales y las fuerzas armadas pueden impedir
que los barcos salgan o se acerquen y pueden inspeccionarlos bajo ciertas
condiciones. Si el estado impone derechos para la exportación o importación de
bienes, exige el pago de un impuesto, las fuerzas policiales pueden llevar a
cabo actividades para verificar si la importación o exportación cumple con las
normas tributarias. Otro aspecto importante es el del control de la emigración
o inmigración, que cada estado admite en ciertos límites y con el cumplimiento
de ciertas formalidades administrativas.
Recientemente, en el Mediterráneo, el establecimiento de otro tipo de
frontera, la de las zonas marítimas SAR, que significa en Búsqueda y rescate en
inglés, es decir, Búsqueda y Rescate, que es el área marítima, mucho más
extensa, se ha vuelto cada vez más importante. aguas territoriales, dentro de
las cuales un Estado se compromete a realizar actividades de búsqueda y
salvamento marítimo. Esta actividad está regulada por una convención
internacional de 1979 a la que se adhiere Italia. La actividad de rescate
marítimo en el Mediterráneo frente a nuestra costa sur se ha vuelto muy crítica
desde los años 90 porque el tramo de mar entre África y nuestras costas es una
de las rutas de migración irregular hacia Europa. Las personas se van sin
pasaporte y sin observar las otras formalidades que regulan la inmigración, que
a menudo requieren una visa, es decir, un consenso preventivo de nuestro estado.
Las migraciones, como siempre en la historia de la humanidad, están motivadas
por la idea de poder vivir mejor en otros lugares y, en particular, por las
difíciles condiciones políticas y económicas en las que se encuentran muchos
estados de África y Asia. Esas migraciones se producen con embarcaciones
precarias y superpobladas, que en general, una vez identificadas en el área de
la SAR italiana, no pueden ser rechazadas, pero deben ser rescatadas, porque de
lo contrario se arriesgaría el naufragio.
Italia no tiene la fuerza militar, ni la voluntad política, ni el
derecho de impedir por la fuerza esas migraciones desde el principio, es decir,
desde las costas africanas de partida. Hacer eso sería imponer un gobierno
colonial a los estados de partida africanos o incluso invadirlos. De hecho, sin
embargo, ejerce una influencia considerable en la organización estatal en
formación en el este de Libia occidental. Por lo tanto, lo indujo a establecer su propia
área SAR, creando así las condiciones para la intervención de las fuerzas de la
policía marítima libia más allá de las fronteras marítimas de ese estado.
También dotó a las fuerzas de la policía marítima de Libia con una serie de
pequeños vigías en desuso de las fuerzas armadas italianas. Desde que se creó
la SAR de Libia, Italia rechaza el rescate de los barcos de migrantes que se
dirigen a nuestras costas que se identifican en esa SAR, aunque mantiene
nuestras naves militares en el tramo de mar entre nuestras costas y África para
Otros propósitos, pero también en el marco de una misión internacional llamada
Sophia (se menciona a Sofía) que tiene como objetivo luchar contra las
organizaciones que gestionan la migración marítima ilegal y el tráfico ilegal
de armas a África. Los barcos rescatados en la SAR de Libia por las fuerzas
libias son devueltos a Libia, antes de que se aproximen a nuestra SAR de Libia.
Sin embargo, según la Organización de las Naciones Unidas no puede considerarse
un estado seguro para las personas que regresaron allí, y esto Por diversas y
serias razones. Y se ha observado que el este de Libia occidental aún no cuenta con
recursos suficientes para responder con prontitud y eficacia a los buques de
migrantes, ya que sería necesario tener en cuenta el tamaño del fenómeno
migratorio. Objetivamente, el establecimiento de un área de la ASAR de Libia nos
ha permitido fortalecer nuestras fronteras marítimas, combatiendo las
migraciones irregulares por mar hacia nuestras costas. Al mismo tiempo, se
informó un aumento en la mortalidad de las migraciones por mar, lo que debería
considerarse un efecto directo de las políticas de rescate italianas en el mar.
De hecho, la inmigración irregular ha sido contrarrestada aceptando el riesgo
de naufragios letales, en particular desviando a nuestros buques militares de
la estrecha vigilancia de rescate en el mar cerca de la costa libia, ahora
referida a la policía marítima libia. También se confió explícitamente que la
posibilidad de un mayor riesgo de cruzar, en términos del aumento de la tasa de
mortalidad y la posibilidad de terminar en un centro de detención libio en el
caso del rescate marítimo por parte de las fuerzas libias, desalentó a los
migrantes. . De hecho, los flujos migratorios desde el mar del sur en los
últimos meses se han reducido y han cambiado el tipo de barcos utilizados. Los
barcos más pequeños son preferidos, en teoría, para completar el cruce, como
fue el caso en los años 90. Desde 2013, se activaron más actividades de rescate
en el mar que las costas de Libia, luego de un dramático naufragio en la isla
italiana de Lampedusa, comenzó a utilizar grandes botes, más frágiles pero
menos costosos, con la esperanza de que fueron interceptados antes de que se
hundieran. Hace unos días, uno de estos botes se hundió entre nuestras costas y
los libios y se estima que hubo un centenar de muertos.
La paradoja es que una actividad de SAR,
de rescate en el mar, dirigida a reducir la mortalidad en el mar y no a
contrastar la inmigración irregular, se ha organizado objetivamente de tal
manera que refuerce la impenetrabilidad desde fuera de nuestras fronteras
marítimas. sur, con un aumento en la tasa de mortalidad, es decir, la
proporción entre las salidas estimadas y las muertes en el mar, después de un
naufragio u otros eventos letales (también resultaron ser maliciosos),
estimados o verificados.
Mario Ardigò - Acción católica en la
parroquia del Papa de San Clemente - Roma, Monte Sacro, Valli.