Pratica di azione
sociale
La dottrina sociale è un settore del pensiero sociale ispirato alla
fede. Si tratta di teologia e di teologia orientata alla pratica, all’azione
sociale. E’ stata diffusa storicamente, in gran parte, dal Papato, ma anche da
singoli vescovi e, più recentemente, da Conferenze episcopali nazionali o da
organismi religiosi internazionali come il CELAM, il Consiglio episcopale
latino-americano. Nell’età contemporanea, più o meno da metà Ottocento, l’influenza
del pensiero cattolico nel mondo, e in particolare nelle nazioni europee e in quelle extraeuropee con la maggiore presenza di
cattolici, è stata fondamentalmente legata all’azione sociale ispirata e
promossa dalla dottrina sociale. Questa situazione è progressivamente mutata a partire dai
passati anni ’90, ai quali risale l’ultima enciclica sociale del Papato
nel Secondo millennio, la Il
Centenario – Centesimus Annus, del papa Karol Wojtyla – Giovanni Paolo 2°,
del 1991. E’ bisognato attendere fino al 2009 per una nuova enciclica papale
di quel tipo, la Carità nella verità –
Caritas in veritate del papa Joseph
Ratzinger – Benedetto 16°. Diciotto anni, nel corso dei quali il mondo è
profondamente cambiato. In questo lungo periodo sono stati i vescovi ad
intervenire in materia, come emerge, ad esempio, dalle numerose citazioni di
documenti di Conferenze episcopali contenute nell’enciclica Laudato si’, l'ultima enciclica sociale, diffusa nel 2015 da papa Bergoglio – Francesco.
Storicamente l’impulso
determinante all’azione sociale dei cattolici era venuto dal Papato. Il lungo
silenzio di quest’ultimo per quasi un ventennio ha influito negativamente su di
essa. Questo perché non è stata stimolata, nel contempo, l’autonomia in materia
dei fedeli laici, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano 2°. Anzi, la si
è contrastata. Sul tema può essere interessante rileggere il libro di Fulvio De
Giorgi, Il brutto anatroccolo. Il laicato
cattolico italiano, Paoline Editoriale Libri, 2008, ancora disponibile in
commercio anche in e-book.
L’attuale
Papato ha inteso promuovere una ripresa dell’azione sociale, ma non trova in Italia un
agente politico disposto ad occuparsene, e capace di farlo. E’ mancata a lungo
una formazione specifica, in particolare nelle parrocchie, la più capillare
rete oggi esistente per occuparsi (anche) di questioni sociali.
Si sono riaperti spazi dottrinari, ha osservato qualche giorno fa il
cardinale Gualtiero Bassetti, parlando ai vescovi riuniti nell’Assemblea
Generale della Conferenza Episcopale Italiana, ma restano vuoti.
Probabilmente a lungo si è pensato che, in definitiva, l’azione sociale
avesse controindicazioni tali da non compensare gli effetti positivi. Essa infatti stimolava l’autonomia e la creatività del laicato e questo era considerato potenzialmente
pericoloso per l’integrità del corpo sociale ecclesiale, ancora diretto con crescenti difficoltà mediante un
anacronistico apparato feudale che dimostra per intero i suoi oltre mille anni
di vita.
La carenza di azione sociale ha avuto effetti molto gravi in Italia, che
dall’inizio della Repubblica, oltre settant’anni fa, aveva avuto un sistema politico democratico
organizzato ispirandosi anche alla dottrina sociale, con l’apporto determinante di un
partito di massa cattolico. E’ anche
per questo che il cardinale Gualtiero Bassetti, nello scorso settembre, parlò
di responsabilità altissima dei cattolici verso il Paese. Questa
responsabilità è stata disattesa.
Al prodursi di una gravissima crisi della politica nazionale, la voce
dei cattolici italiani è stata debole o addirittura inesistente. E’ totalmente mancato, ed
è un fatto unico nella storia nazionale, dall’unità d’Italia, l’apporto del
Papato. Quest’ultimo ha certamente parlato al mondo, ma non all’Italia in
particolare. E’ mancato anche l’apporto dei vescovi, in particolare della Conferenza
Episcopale Italiana. Quello dell’altro giorno è tardivo. Ma più di tutto è
mancata l’iniziativa di noi laici di fede, dai quali, nell’Ottocento, era
venuto quel protagonismo sociale che poi era stato assentito dalla dottrina
sociale contemporanea. Si tratta di un insieme di carenze che si sono
intrecciate, condizionandosi a vicenda. Il clero ha temuto di non avere dietro
di sé un laicato capace e quest’ultimo non ha sentito l’appoggio del clero. Per
come sono organizzate oggi le cose nella Chiesa, ad ogni livello, a partire da quello parrocchiale, il laicato non può fare a meno dell’appoggio
del clero e quest’ultimo di quello del laicato. Probabilmente la soluzione sta
nell’impegnarsi di più nel creare questa collaborazione, un nuovo attivismo sociale, a partire dalle realtà
di base, dalle parrocchie, correggendone la deriva meramente catechistica e
riprendendo la formazione e il tirocinio all’azione sociale.
Parlando qualche giorno fa al nostro gruppo parrocchiale dell’Azione
Cattolica ho chiesto ai presenti se sapessero chi aveva fatto l’Unione Europea,
questa grande potenza di pace che ci ha effettivamente garantito la pace per oltre settant’anni, un fatto unico nella storia dell’umanità. Mi hanno guardato
titubanti. “L’abbiamo fatta noi cattolici!”,
ho ricordato, ed è vero, anche se se ne è persa consapevolezza. Dell’Unione
Europea si considerano in genere, per criticarli, gli obblighi, che in essa abbiamo contribuito
a deliberare nell’interesse comune e dai quali oggi ci sentiamo oppressi, e gli
errori che si sono fatti nelle politiche monetarie, non promuovendo a
sufficienza lo sviluppo sociale ed economico di aree che stavano avendo la
peggio nell’economia globalizzata in cui siamo immersi. Non si considerano invece nel
giusto rilievo la pace, la stabilità, la solidarietà, l’unificazione delle
normative verso alti principi sociali, che hanno pure caratterizzato le
politiche europee. E, soprattutto, non si ha coscienza che abbiamo costruito una potenza molto
diversa da quella che volevano realizzare altri che miravano all’unità europea.
La volevano simile agli Stati Uniti d’America, uno stato federale alquanto bellicoso. Invece l’unità si è
fatta secondo il principio di sussidiarietà,
escogitato dalla dottrina sociale e applicato per l’influenza determinante dei
cattolici, a partire dalla prima fase del processo di unificazione negli
scorsi anni Cinquanta. Questo ha permesso un’unità pacificante, mantenendo vive
le culture particolari delle nazioni dell’Unione, ciascuna con una propria lingua e alcune con più lingue, comprese le culture religiose. Altro che dispotismo europeo!
Il processo di unificazione europea, dal quale
è dipesa la lunga pace di cui abbiamo beneficiato, si è organizzato intorno a
tre nazioni: la Francia, la Germania e l’Italia. Si parla di treppiede della vita a proposito dell’encefalo, del
cuore e dei polmoni: la crisi di uno di questi organi mette in pericolo la
vita. Francia, Germania e Italia sono il treppiede
dell’Unione Europea: la defezione di
uno di questi attori politici metterebbe in crisi terminale il processo di
unificazione europea, e, con esso, la pace europea. Noi, Chiesa, non ci siamo
spesi a sufficienza per impedirla, in particolare in Italia. Al fondo, perché negarlo?, c’è stata anche una crescente irritazione che si è
avvertita nella gerarchia per certe decisioni europee, non tanto dell’Unione
Europea quanto del Consiglio d’Europa, in materia di valori, e quindi una crescente
distanza e disaffezione dal processo di
unificazione europea.
Fatto sta che il Papato rischia ora di ritrovarsi, in Italia, nelle stesse condizioni in cui era durante il fascismo mussoliniano, vale a dire in una nazione che progressivamente si chiude ed entra in polemica con gli altri europei, e questo non solo su questioni economiche e monetarie, ma sui grandi valori che hanno caratterizzato il processo di unificazione europea, quelli che riguardano la promozione della dignità umana universale. In un contesto, per di più, nel quale la nuova politica egemone non ha alcun interesse ad una conciliazione con il Papato, essendo altamente laicizzata.
E' possibile ancora incidere per impedire che le cose si mettano peggio di come stanno ora? E' possibile. Però non servono tanto ulteriori pronunce della gerarchia in materia di dottrina sociale, perché già ci sono e abbondanti, e gli spazi sono stati aperti come ha detto il cardinale Bassetti, quanto la ripresa dell'organizzazione pratica dell'azione sociale, con la collaborazione di clero e laici, la formazione capillare e continua in quel campo, il tirocinio concreto a partire dalle parrocchie e fin dall'età del primo catechismo in ogni settore, gruppo, associazione, movimento, e infine la promozione dell'impegno sociale in tutti i settori in cui esso può avvenire sollecitando e sostenendo l'iniziativa laicale.
E' la pratica di azione sociale che dobbiamo impegnarci a migliorare.
Mario Ardigò – Azione Cattolica
in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.