INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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giovedì 31 maggio 2018

Non sottraiamoci all'appello del cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza episcopale italiana, "Prima il bene comune"


Non sottraiamoci all'appello del cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza episcopale italiana,  Prima il bene comune  

  Nessun credente si sottragga all’appello Prima il bene comune dei nostri vescovi, rappresentati dal cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della  Conferenza episcopale italiana! Parole come quelle sono storicamente venute nei momenti più gravi della nostra storia nazionale e obbligano in coscienza. Sono tanto diverse da quelle correnti nella politica di oggi. Misurano la bruciante differenza tra ciò che si dovrebbe essere, come comunità politica, e ciò che si è. Non sono rivolte, come altre volte nel passato, solo ai governanti, ma a tutti noi, credenti e non, perché, forse mai come oggi, il futuro è nelle nostre mani, nelle mani di ciascuno di noi, e perciò è grandissima la nostra personale responsabilità. Viviamo in una nazione libera, nella quale la volontà popolare ha modo di imporsi. Ci si può sbagliare, certo. Il popolo non è infallibile in politica. Ma davanti alla storia e alle generazioni future non ci sarà scusa per noi se decidiamo consapevolmente per il male, sapendo che è male. Ed è il male che stiamo facendo, proprio adesso, ciascuno di noi, dovunque, anche nelle realtà di prossimità nelle quali facciamo  politica, contribuendo alla volontà collettiva. E’ questo che ci dicono i nostri vescovi, scongiurandoci, in nome della legge d’amore della fede, dell’Italia e dell’unità del Paese, di cambiare.
  L’appello è rivolto anche a te che stai leggendo. Ad esempio quando scrivi sul WEB o su qualche rete sociale o parli della politica nella tua vita di tutti i giorni, a casa, sul lavoro, nel tempo libero, al bar o su un mezzo pubblico. Ricorda che ogni cosa che scrivi, dici o fai  è  politica e contribuisce ad orientare gli altri. Sentiti per questo responsabile, e come credente obbligato in coscienza, tu per primo, a pacificare gli animi, a  dare dei segnali concreti di speranza attraverso un linguaggio sobrio e consapevole, un linguaggio di verità, parlando con franchezza, senza nascondere le difficoltà, senza fare promesse irrealizzabili ma indicando una strada e una meta. Anche questo significa prendersi cura del nostro amatissimo Paese con un umile spirito di servizio e senza piegarsi a visioni ideologiche, utilitaristiche o di parte. E’ dovere, e dovere anche religioso. Fare il contrario è male, è ciò che in religione viene definito peccato sociale, perché viene da una collettività e fa male ad una collettività, trascinando gli altri verso il male. E’ cosa da ripudiare nell’esame di coscienza che ciascun credente fa la sera.
  C’è chi «soffia sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale. Una rabbia che in queste ore trova drammaticamente spazio in uso irresponsabile ed esecrabile dei social network persino contro la persona del Presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini.», scrive il cardinale Bassetti a nome dei nostri vescovi. Questo è il male, è peccato sociale. Ripudiamolo! Allontaniamoci da chi fa il male e dalle vie che ci indica, cerchiamo di distogliere da lui chi si è lasciato trascinare, facciamo sentire la nostra voce per cercare di far cambiare chi fa il male e spinge gli altri verso di esso! Convertiamoci al bene! In particolare noi fedeli che seguiamo la legge d’amore insegnata dal nostro Maestro. «Servono, dunque, parole di concordia e di dialogo per abbattere i muri di inimicizia e per superare lo spirito di divisione che sembra diffondersi nel Paese», si legge nell’appello del cardinale Bassetti. Contrastiamo attivamente l’inimicizia e lo spirito di divisione dovunque e in chiunque lo troviamo!
È infatti eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità,  scrive il cardinale Bassetti. Che significa, per un credente, eticamente doveroso, se non che agendo diversamente si fa peccato? Sappiamo ancora fare una esame di coscienza personale? Sappiamo ancora individuare il peccato nella nostra vita? Agire con carità e con senso del dovere  dobbiamo: i nostri vescovi ci invitano a riprendere a sentire come obbligo morale il seguire la legge d’amore che ci è stata insegnata nella fede. A volte sembra, da come ci comportiamo nella vita comune,  essere diventata un peso insopportabile invece che via di salvezza. Ci lasciamo tentare al male, mentre dovremmo essere e dimostrarci pubblicamente  liberi e forti, sentendo   alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria. Per il bene delle famiglie, dei giovani e dei figli del popolo italiano,  e del mondo intero. Perché, nella fede, siamo seguaci di Colui che ama ogni essere umano  e  a questo  guida i popoli. E’ cieco e malvagio il popolo che si lascia distogliere dalla legge dell’amore. Che cos’è dunque questa rabbia verso gli altri europei, come se non condividessimo con loro un prezioso patrimonio di civiltà? Non sarà una scusa per noi l’essere stati traviati da guide cattive, perché siamo un popolo libero, la democrazia ci ha reso liberi, e  come popolo contiamo ancora. Davanti al tribunale della storia condivideremo quindi le colpe alle quali ci lasceremo trascinare.
 Custodire  e salvare  è l’impegno urgente di tutti gli italiani  di oggi: per riuscirci occorre  lavorare insieme, questa è appunto la politica. Stiamo scrivendo, tutti insieme, come popolo, una pagina importante della storia nazionale.  Come saremo ricordati dalle generazioni future? Che cosa stiamo costruendo nell’Italia e nell’Europa?
 L’appello del cardinale Bassetti si conclude con una preghiera. Essa accompagna tutta la vita del credente. Ci sorregge nei difficili frangenti della vita. Ci rincuora dove l’animo e le forze non sembrano bastare. Nonostante le apparenze, il mondo non è nelle mani dei malvagi. Da chi ci verrà l’aiuto?, preghiamo nel salmo:  il nostro aiuto  è nel nome del Signore che ha fatto Cielo e terra.  Che Dio benedica l’Italia!, dunque. E interceda per noi il grande santo vescovo dell’età contemporanea, san Giovanni Paolo II, romano e italiano d’adozione, evocato dal cardinale Bassetti.  Ci aiuti a rinnovare il nostro impegno di fronte alla crisi sociale e politica in cui è precipitata la nazione. A ricostruire l’unità di tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli



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Prima il bene comune. 
Appello del Presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti,  su Avvenire  del 30-5-18
[dal WEB: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/appello-del-presidente-della-cei]

  Di fronte alla crisi sociale e politica in cui è precipitata la «nostra diletta Italia» ogni persona di buona volontà ha il dovere di rinnovare il proprio impegno, ciascuno nel suo ruolo, per il bene supremo del Paese. Mai come oggi c’è un urgente bisogno di uomini e donne che sappiano usare un linguaggio di verità, parlando con franchezza, senza nascondere le difficoltà, senza fare promesse irrealizzabili ma indicando una strada e una meta. Questo è il tempo grave della responsabilità e non certo dello scontro istituzionale, politico e sociale. Per il bene delle famiglie, dei giovani e dei figli del popolo italiano.
  Invito tutti gli uomini e le donne di buona volontà affinché si prendano cura del nostro amatissimo Paese con un umile spirito di servizio e senza piegarsi a visioni ideologiche, utilitaristiche o di parte. E rinnovo l’appello di don Luigi Sturzo a «tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria». È infatti eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale. Una rabbia che in queste ore trova drammaticamente spazio in uso irresponsabile ed esecrabile dei social network persino contro la persona del Presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini.
   Mai come in questi giorni c’è assoluto bisogno di rispettare la volontà popolare, che si è espressa liberamente il 4 marzo, e tutte le Istituzioni civili che rappresentano l’architrave insostituibile della nostra democrazia e della nostra libertà: dalla più elevata, il Capo dello Stato, alla più rappresentativa, il Parlamento.
  In questo momento difficile servono, dunque, parole di concordia e di dialogo per abbattere i muri di inimicizia e per superare lo spirito di divisione che sembra diffondersi nel Paese. Noi tutti rivestiti di responsabilità abbiamo il compito, per primi, di pacificare gli animi e di dare dei segnali concreti di speranza attraverso un linguaggio sobrio e consapevole. E oggi, tutti assieme, con carità e con senso del dovere, possiamo scrivere la prima pagina, forse la più importante.
  Nel nome dell’Italia e dell’unità del Paese.
  Esorto, quindi, tutti i credenti a pregare, e tutti gli italiani a lavorare, insieme, per la custodia e la salvezza del nostro grande e bellissimo Paese. A questo proposito, faccio mie alcune preziose parole della preghiera per l’Italia scritta da san Giovanni Paolo II: «O Dio, nostro Padre, ti lodiamo e ringraziamo. Tu che ami ogni uomo e guidi tutti i popoli, accompagna i passi della nostra nazione, spesso difficili ma colmi di speranza. (…) La tua legge d’amore conduca la nostra comunità civile a giustizia e solidarietà, a riconciliazione e pace». Che Dio benedica l’Italia!



mercoledì 30 maggio 2018

Appello del presidente della Conferenza episcopale italiana su Avvenire del 30-5-18

Prima il bene comune. 
Appello del Presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti,  su Avvenire  del 30-5-18
[dal WEB: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/appello-del-presidente-della-cei]

  Di fronte alla crisi sociale e politica in cui è precipitata la «nostra diletta Italia» ogni persona di buona volontà ha il dovere di rinnovare il proprio impegno, ciascuno nel suo ruolo, per il bene supremo del Paese. Mai come oggi c’è un urgente bisogno di uomini e donne che sappiano usare un linguaggio di verità, parlando con franchezza, senza nascondere le difficoltà, senza fare promesse irrealizzabili ma indicando una strada e una meta. Questo è il tempo grave della responsabilità e non certo dello scontro istituzionale, politico e sociale. Per il bene delle famiglie, dei giovani e dei figli del popolo italiano.
  Invito tutti gli uomini e le donne di buona volontà affinché si prendano cura del nostro amatissimo Paese con un umile spirito di servizio e senza piegarsi a visioni ideologiche, utilitaristiche o di parte. E rinnovo l’appello di don Luigi Sturzo a «tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria». È infatti eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale. Una rabbia che in queste ore trova drammaticamente spazio in uso irresponsabile ed esecrabile dei social network persino contro la persona del Presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini.
   Mai come in questi giorni c’è assoluto bisogno di rispettare la volontà popolare, che si è espressa liberamente il 4 marzo, e tutte le Istituzioni civili che rappresentano l’architrave insostituibile della nostra democrazia e della nostra libertà: dalla più elevata, il Capo dello Stato, alla più rappresentativa, il Parlamento.
  In questo momento difficile servono, dunque, parole di concordia e di dialogo per abbattere i muri di inimicizia e per superare lo spirito di divisione che sembra diffondersi nel Paese. Noi tutti rivestiti di responsabilità abbiamo il compito, per primi, di pacificare gli animi e di dare dei segnali concreti di speranza attraverso un linguaggio sobrio e consapevole. E oggi, tutti assieme, con carità e con senso del dovere, possiamo scrivere la prima pagina, forse la più importante.
  Nel nome dell’Italia e dell’unità del Paese.
  Esorto, quindi, tutti i credenti a pregare, e tutti gli italiani a lavorare, insieme, per la custodia e la salvezza del nostro grande e bellissimo Paese. A questo proposito, faccio mie alcune preziose parole della preghiera per l’Italia scritta da san Giovanni Paolo II: «O Dio, nostro Padre, ti lodiamo e ringraziamo. Tu che ami ogni uomo e guidi tutti i popoli, accompagna i passi della nostra nazione, spesso difficili ma colmi di speranza. (…) La tua legge d’amore conduca la nostra comunità civile a giustizia e solidarietà, a riconciliazione e pace». Che Dio benedica l’Italia!


lunedì 28 maggio 2018

Il politico virtuoso secondo la dottrina sociale: un uomo educato, pacifico e benevolo verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.


Il politico virtuoso secondo la dottrina sociale: un uomo educato, pacifico e benevolo verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.

 Principi dell’azione politica tratti dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes,  del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)

  Dalla politica nazionale dipendono le nostre vite e il nostro benessere. In democrazia ne siamo tutti responsabili. Siamo ogni giorno chiamati a scelte importanti in quel campo, ma vi sono epoche storiche di transizione in cui lo sono molto di più. Viviamo in uno di quei tempi. Abbiamo nella dottrina sociale un prezioso strumento di orientamento. Facciamovi ricorso. Ne propongo di seguito una sintesi tratta dall’enciclica La gioia e la speranza - Gaudium et spes,  del Concilio Vaticano 2°. Cerchiamo, nel panorama politico nazionale, le persone che più si avvicinino al profilo ideale proposto dai saggi del Concilio.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa. Roma, Monte Sacro, Valli

LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
 La tutela  dei diritti della persona è condizione necessaria perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica.
   Per instaurare una vita politica veramente umana non c'è niente di meglio che coltivare il senso interiore della giustizia, dell'amore e del servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni fondamentali sulla vera natura della comunità politica e sul fine, sul buon esercizio e sui limiti di competenza dell'autorità pubblica.
  La comunità politica esiste dunque in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che costituisce la base originaria del suo diritto all'esistenza.
  Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione.
   E’ necessaria un'autorità capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come forza morale che si appoggia sulla libertà e sul senso di responsabilità.
   La comunità politica e l'autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all'ordine fissato da Dio, anche se la determinazione dei regimi politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione dei cittadini.
  L'esercizio dell'autorità politica, sia da parte della comunità come tale, sia da parte degli organismi che rappresentano lo Stato, deve sempre svolgersi nell'ambito dell'ordine morale, per il conseguimento del bene comune (ma concepito in forma dinamica), secondo le norme di un ordine giuridico già definito o da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire. Da ciò risulta chiaramente la responsabilità, la dignità e l’importanza del ruolo di coloro che governano.
  Le strutture e l'equilibrio dei pubblici poteri possono variare, secondo l'indole dei diversi popoli e il cammino della storia; ma sempre devono mirare alla formazione di un uomo educato, pacifico e benevolo verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.
   I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l'amore verso la patria, ma senza grettezza di spirito, cioè in modo tale da prendere anche contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da innumerevoli legami.
  Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. In ciò che concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista.
  I partiti devono promuovere ciò che, a loro parere, è richiesto dal bene comune; mai però è lecito anteporre il proprio interesse a tale bene.
  Bisogna curare assiduamente la educazione civica e politica, oggi particolarmente necessaria, sia per l'insieme del popolo, sia soprattutto per i giovani, affinché tutti i cittadini possano svolgere il loro ruolo nella vita della comunità politica. Coloro che sono o possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così nobile vi si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e a vantaggi materiali. Agiscano con integrità e saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione, l'assolutismo e l'intolleranza d'un solo uomo e d'un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica.



domenica 27 maggio 2018


Domenica  27-5-18 – Solennità della Santissima Trinità -   Lezionario dell’anno B per le domeniche e le solennità –  colore liturgico: bianco – salterio proprio del tempo -   Letture e sintesi dell’omelia delle  Messa domenicale delle nove - avvisi  del parroco e di   A.C.

Osservazioni ambientali: cielo nuvoloso, con nubi alte, stratificate; temperatura ambientale 26° C.

Alla Messa delle nove il gruppo di A.C. si siede nei banchi di sinistra, a fianco dell’altare, guardando l’abside.

Canti della Messa delle nove: ingresso, Te lodiamo Trinità; Offertorio, Accogli i nostri doni;  Comunione, Pane del cielo;  finale,  Giovane Donna;


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Pillola di Concilio
Dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes,  del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)

LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
73. La vita pubblica contemporanea
[…]
 Da una coscienza più viva della dignità umana sorge, in diverse regioni del mondo, lo sforzo di instaurare un ordine politico-giuridico nel quale siano meglio tutelati nella vita pubblica i diritti della persona: ad esempio, il diritto di liberamente riunirsi, associarsi, esprimere le proprie opinioni e professare la religione in privato e in pubblico. La tutela, infatti dei diritti della persona è condizione necessaria perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica.
  Assieme al progresso culturale, economico e sociale, si rafforza in molti il desiderio di assumere maggiori responsabilità nell'organizzare la vita della comunità politica.
  Nella coscienza di molti aumenta la preoccupazione di salvaguardare i diritti delle minoranze di una nazione, senza che queste dimentichino il loro dovere verso la comunità politica. Cresce inoltre il rispetto verso le persone che hanno altre opinioni o professano religioni diverse. Contemporaneamente si instaura una più larga collaborazione, tesa a garantire a tutti i cittadini, e non solo a pochi privilegiati, l'effettivo godimento dei diritti personali.
[…]
 Per instaurare una vita politica veramente umana non c'è niente di meglio che coltivare il senso interiore della giustizia, dell'amore e del servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni fondamentali sulla vera natura della comunità politica e sul fine, sul buon esercizio e sui limiti di competenza dell'autorità pubblica.
74. Natura e fine della comunità politica
Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la comunità civile sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della natura umana e avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune.
Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità politica.
  La comunità politica esiste dunque in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che costituisce la base originaria del suo diritto all'esistenza.
  Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione.
  Ma nella comunità politica si riuniscono insieme uomini numerosi e differenti, che legittimamente possono indirizzarsi verso decisioni diverse. Affinché la comunità politica non venga rovinata dal divergere di ciascuno verso la propria opinione, è necessaria un'autorità capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come forza morale che si appoggia sulla libertà e sul senso di responsabilità.
  È dunque evidente che la comunità politica e l'autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all'ordine fissato da Dio, anche se la determinazione dei regimi politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione dei cittadini.
  Ne segue parimenti che l'esercizio dell'autorità politica, sia da parte della comunità come tale, sia da parte degli organismi che rappresentano lo Stato, deve sempre svolgersi nell'ambito dell'ordine morale, per il conseguimento del bene comune (ma concepito in forma dinamica), secondo le norme di un ordine giuridico già definito o da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire. Da ciò risulta chiaramente la responsabilità, la dignità e l’importanza del ruolo di coloro che governano.
[…]
  Le modalità concrete con le quali la comunità politica organizza le proprie strutture e l'equilibrio dei pubblici poteri possono variare, secondo l'indole dei diversi popoli e il cammino della storia; ma sempre devono mirare alla formazione di un uomo educato, pacifico e benevolo verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.
75. Collaborazione di tutti alla vita pubblica
È pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo degli affari pubblici, sia alla determinazione del campo d'azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei governanti.
Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune.
La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità.
[…]
  Si guardino i governanti dall'ostacolare i gruppi familiari, sociali o culturali, i corpi o istituti intermedi, né li privino delle loro legittime ed efficaci attività, che al contrario devono volentieri e ordinatamente favorire.
  Quanto ai cittadini, individualmente o in gruppo, evitino di attribuire un potere eccessivo all'autorità pubblica, né chiedano inopportunamente ad essa troppi servizi e troppi vantaggi, col rischio di diminuire così la responsabilità delle persone, delle famiglie e dei gruppi sociali.
[…]
  I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l'amore verso la patria, ma senza grettezza di spirito, cioè in modo tale da prendere anche contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da innumerevoli legami.
  Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. In ciò che concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista.
  I partiti devono promuovere ciò che, a loro parere, è richiesto dal bene comune; mai però è lecito anteporre il proprio interesse a tale bene.
  Bisogna curare assiduamente la educazione civica e politica, oggi particolarmente necessaria, sia per l'insieme del popolo, sia soprattutto per i giovani, affinché tutti i cittadini possano svolgere il loro ruolo nella vita della comunità politica. Coloro che sono o possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così nobile vi si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e a vantaggi materiali. Agiscano con integrità e saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione, l'assolutismo e l'intolleranza d'un solo uomo e d'un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica.


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Prima lettura
Dal libro del Deuteronomio (Dt 4,32-34.39-4)

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità all'altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e che rimanesse vivo?
O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?
Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è altro.
Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».

Salmo responsoriale
Dal salmo 32

Ritornello:
Beato il popolo scelto dal Signore.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell'amore del Signore è piena la terra.
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto. 
Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. 
L'anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. 


Seconda lettura
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,14-17)


  Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
  Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
a Dio che è, che era e che viene. (Cfr. Ap 1,8)
Alleluia.


Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28, 16-20)
Mt 28,16-20
  In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
  Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
  Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».


Sintesi dell’omelia della Messa della domenicale delle nove

   Questa domenica celebriamo la solennità della Santissima Trinità, Dio uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo.   Le letture sono orientate a farcene capire il senso.
  La prima lettura ci presenta un Dio che parla al suo popolo. Dio è in relazione. Ci parla e possiamo parlargli, nella preghiera. Possiamo parlare con lui perché ci  è Padre, come scritto nella seconda lettura.
  E’ lo Spirito Santo che ci mette nella disposizione giusta per parlargli, da figli di Dio. Lo Spirito Santo agisce in noi: noi dobbiamo solo aprirgli il nostro cuore. Nulla, così, è impossibile a Dio in noi. Lo Spirito Santo ci spinge ad essere come Gesù, il Figlio, ci vuole. Gesù è la via e la verità.
  Nella preghiera chiediamo dunque di essere sempre aperti all’azione dello Spirito Santo in noi.


Sintesi di Mario Ardigò, per come ha inteso le parole del celebrante – Azione Cattolica in San Clemente Papa– Roma, Monte Sacro Valli



Avvisi del parroco:
- si sta organizzando l’Oratorio estivo. Tutti i genitori sono invitati non solo a farvi partecipare i propri ragazzi, ma anche a partecipare loro stessi per prendersi cura dei più giovani, per collaborare così alla loro formazione umana e di fede.
- Domenica prossima, 3 giugno, dopo la Messa vespertina delle 19, si terrà la tradizionale processione per la solennità del Corpus Domini.

Avvisi di A.C.
martedì 29-5-17, alle ore 19, il gruppo di AC parteciperà alla Messa Vespertina. Al termine ceneremo insieme nel vicino ristorante, a conclusione delle attività prima della pausa estiva. Riprenderanno il primo martedì di ottobre.





















Massimo di visibilità mediatica, minimo di influenza sociale. La necessità di un’assunzione di responsabilità dei vescovi italiani


Massimo di visibilità mediatica, minimo di influenza sociale. La necessità di un’assunzione di responsabilità dei vescovi italiani

 In Europa, salvo l’Italia, e nel resto del mondo il Papato conta ormai poco, sia sul piano culturale, che su quello sociale e politico.  La ragione è che non vi  è più motivo, né modo, di strumentalizzarlo nei conflitti che travagliano la Terra, la Terza guerra mondiale a pezzi, secondo l’espressione di papa Jorge Mario Bergoglio - Francesco. Non serve più a quei fini e quindi è stato marginalizzato. L’esempio più eclatante non lo si trova in Europa, ma in Asia, nelle Filippine, una nazione in passato caratterizzata da un vivace attivismo dei vescovi cattolici nell’azione sociale.
   L’Italia, in questo scenario, si trova in una situazione differente. Il Papato vi ha infatti un massimo di visibilità mediatica. Questo può farsi risalire allo stile di Karol Wojtyla - Giovanni Paolo 2°. Ma è condizionato fortemente dalla situazione locale, di una nazione alla quale il Papato  romano  è stato sempre più legato che ad altre, venendo riconosciuto socialmente come uno dei più importanti attori politici. La visibilità mediatica segnala che le parole del Papa hanno ancora, in Italia, orecchie desiderose di intenderle. Che si cerca in esse? Fondamentalmente un orientamento, in una società in cui gli altri punti di riferimento stanno progressivamente venendo meno. A questo corrisponde però,  in linea con quello che accade nel mondo, un minimo di influenza sociale. Ciò ha mandato in crisi la democrazia italiana, che è stata storicamente organizzata e sorretta intorno ad un partito  cristiano, la cui politica era ispirata alla dottrina sociale, e, dall’inizio degli anni ’90, cessato quel partito, caratterizzata da un marcato attivismo direttamente dei vescovi italiani, nelle stagioni della Conferenza episcopale italiana sotto le presidenze di Camillo Ruini e Angelo Bagnasco, rispettivamente dal 1991 al 2007 e dal 2007 al 2017.
  Il politologo Gianni Baget Bozzo (1925-2009), storico del  partito cristiano, profondo conoscitore della politica italiana e prete di profonda fede, nella sua opera Il partito cristiano al potere. La DC di De Gasperi e Dossetti,  del 1974, reperibile usato su Amazon e in biblioteca, spiegò bene il meccanismo sociale di investitura dei politici democristiani ancora negli anni ’70 (ma esso sopravvisse fino alla fine di quel partito, nel 1994, anche se dalla metà degli anni ’80 quella formazione politica andò progressivamente laicizzandosi). Esso trovava origine in un mandato ricevuto da un vescovo, o direttamente dal Papa per i politici più importanti. Questo si ritrova nelle biografie dei più importanti politici democristiani e spiega, in particolare, la relazione molto intensa che vi fu, ad esempio, tra Aldo Moro e Giovanni Battista Montini, e più tardi tra Giulio Andreotti e Karol Wojtyla. Quest’ultima fu, ad un certo punto, piuttosto controversa nel mondo cattolico italiano e ricordo che, durante una visita nella vicina parrocchia degli Angeli Custodi, a piazza Sempione, il Wojtyla subì su quel tema una plateale contestazione, quando un ragazzo, chiamato a leggere un’intenzione nella Preghiera dei fedeli durante la Messa papale, non lesse il testo concordato ma un appello al Papa perché si distanziasse da quel politico.
  Alcide De Gasperi ebbe momenti di tensione politica con Eugenio Pacelli - Pio 12°, il quale lo sollecitava per un’alleanza con il Movimento sociale italiana, fondato da reduci del fascismo storico, alle elezioni comunali di Roma. Nel 1952 gli fu rifiutata udienza in Vaticano. Scrisse allora al nostro ambasciatore presso la Santa Sede, perché, evidentemente, ne informasse il  Papa:
 «Come cristiano accetto l’umiliazione, benché non sappia come giustificarla; come presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, la dignità e l’autorità che rappresento e di cui non mi posso spogliare, anche nei rapporti privati, m’impone di esprimere stupore per un rifiuto così eccezionale e di riservarmi di provocare dalla Segreteria di Stato un chiarimento». 
  In merito a quell’episodio, Sergio Romano, scrisse sul Corriere della Sera, nel 2008 [<https://www.corriere.it/romano/08-01-07/01.spm>]:

Qualche mese dopo un alto prelato, monsignor Pavan, fece visita a De Gasperi in Valsugana, dove passava le vacanze, e gli accennò alla possibilità di una udienza papale, ma chiese quale sarebbe stato in tal caso l’atteggiamento del presidente del Consiglio [sulla questione dell’apertura alla destra]. Esiste a questo proposito un promemoria di mons. Pavan, ritrovato da Andrea Riccardi, da cui risulta quale fu la risposta di De Gasperi:
«Esporrei al Papa con tutta franchezza la mia tesi:
«1) Se il Santo Padre mostra di tenerla in considerazione, niente di meglio. 
2) Se il Santo Padre — per ragioni sue proprie — non la ritiene convincente, ma lascia libertà di scelta, essendo io profondamente convinto della aderenza della mia tesi alla contingenza storica, agirei di conseguenza, nella certezza di fare il bene dell’Italia e della Chiesa.
3) Se il Santo Padre decide diversamente, in tal caso mi ritirerei dalla vita politica. 
Sono cristiano, sono sul finire dei miei giorni e non sarà mai che agisca contro la volontà espressa del Santo Padre (...). Mi ritirerei dalla vita politica, non potendo svolgere un’azione politica in coscienza ritenuta svantaggiosa alla Patria e alla stessa Chiesa. In tal caso altri mi sostituirà ».
L’udienza non ebbe luogo. 
Canavero ricorda che un paio di mesi dopo, parlando con Nenni, De Gasperi disse:
«Sono il primo presidente del Consiglio cattolico. Credo avere fatto verso la Chiesa tutto il mio dovere. Eppure sono appena un tollerato».

 Questa situazione è rimasta sostanzialmente invariata fino al renzismo, la corrente politica che fa riferimento al  fiorentino Matteo Renzi, il quale, formatosi da ragazzo nell’associazionismo cattolico, iniziò a impegnarsi nella politica senza far riferimento ad un mandato episcopale e cercandosi autonomamente la propria base elettorale.     
   La dipendenza dei politici ispirati alla dottrina sociale da un mandato episcopale si è addirittura rafforzata, dopo la fine del partito cristiano,  durante le presidenze Ruini  - Bagnasco della Conferenza Episcopale Italiana, in particolare, prima, per scoraggiare la collaborazione e integrazione con ciò che residuava del socialismo italiano e, successivamente, nel tentativo di indurre la politica dei  valori non negoziabili originata dal magistero di Joseph Ratzinger - Benedetto 16°, per ottenere che si facesse blocco sui temi legislativi di finanziamenti pubblici alla scuola cattolica - finanziamenti pubblici alla Chiesa - famiglia - contraccezione e interruzione della gravidanza - procreazione assistita - matrimonio e divorzio - fine vita.
  La ragione di questo particolare assetto politico di sostanziale dipendenza da un mandato episcopale va ricercata nell'incompleta  attuazione dei principi del Concilio Vaticano 2° relativi all’autonomia del laicato nel campo del  temporale, da intendersi come il mondo della società e della politica che, a differenza degli  eterni  principi di fede, è suscettibile di adattamento e cambiamento nel procedere della storia e, quindi, dei tempi. Il laicato italiano è ancora sostanzialmente rimasto succube del clero: nessuna iniziativa può in concreto avere successo, anche a partire da realtà di base come le parrocchie, senza un assenso del clero. Clero e laicato sono rimasti legati a filo doppio anche nell’azione sociale. Una più marcata autonomia  di un laico ne comporta  sostanzialmente la discriminazione e comunque l’isolamento. Non gli si dà più credito, non viene più ascoltato né consultato; gli si fa il vuoto attorno. E’ ciò che mi parve accadere a mio zio Achille Ardigò, sociologo bolognese un tempo molto ascoltato negli ambienti cattolici, quando ebbe delle divergenze pubbliche con l’arcivescovo Giacomo Biffi su temi dell’immigrazione. Si lamentava di non essere più invitato da nessuna parte in ambito ecclesiale.  Si cercò sostanzialmente di dimenticarlo. Capitò anche a Gianni Baget Bozzo quando fu eletto al Parlamento europeo. Problemi analoghi ebbe un altro bolognese, Romano Prodi. Per giustificare certe sue prese di posizione politiche si definì  “cristiano adulto” e questo non fu apprezzato tra i vescovi italiani. L’occasione fu la questione dell’astensione al referendum del 2005 sulla procreazione assistita (legata al tema del  valori non negoziabili). La Conferenza episcopale italiana aveva raccomandato fortemente l’astensione per far fallire la consultazione, in modo che non raggiungesse il numero minimo di partecipanti al voto richiesto dalla Costituzione. «Sono un cattolico adulto e vado a votare», disse pubblicamente Prodi. Adulto  va inteso come autonomo, capace quindi di autodeterminarsi individuando in coscienza sulla base dei principi le scelte concrete in politica. Questa autonomia, almeno fino all’inizio del papato di Jorge Mario Bergoglio, è stata intesa come indisciplina e sanzionata con l’isolamento sociale, e a volte con un presa di distanza pubblica.
  La riprova che quel legame  di dipendenza  è ancora attivo in Italia la si ha constatando che da quando, con il Papato  di Bergoglio - Francesco, sono venute meno direttive concrete, l’azione politica dei cattolico-sociali si  è esaurita. In mancanza di un mandato, non si agisce. Naturalmente non dovrebbe essere così nelle prospettive aperte dal Concilio Vaticano 2°. Nell’emozionante enciclica Lo sviluppo dei popoli - Populorum progressio,  del 1967, il papa Giovanni Battista Montini - Paolo 2° insegnò:

81. Noi scongiuriamo per primi tutti i Nostri figli. Nei paesi in via di sviluppo non meno che altrove, i laici devono assumere come loro compito specifico il rinnovamento dell’ordine temporale. Se l’ufficio della gerarchia è quello di insegnare e interpretare in modo autentico i principi morali da seguire in questo campo, spetta a loro, attraverso la loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive, di penetrare di spirito cristiano la mentalità della loro comunità di vita. Sono necessari dei cambiamenti, indispensabili delle riforme profonde: essi devono impegnarsi risolutamente a infonder loro il soffio dello spirito evangelico. 

  E ora sembra che il cardinale Gualtiero Bassetti, attuale Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, si voglia collegare a quell’appello, quando afferma, come ha fatto lo scorso 22 maggio:

Cari amici, la fede non può essere fumo, ma fuoco nel cuore delle nostre comunità. Credo che, con lo spirito critico di sempre, sia giunto il momento di cogliere la sfida del nuovo che avanza nella politica italiana per fare un esame di coscienza e, soprattutto, per rinnovare la nostra pedagogia politica e aiutare coloro che sentono che la loro fede, senza l’impegno pubblico, non è piena. Sono molti, sono pochi? Ancora una volta, non è questione di numero, ma di luce, lievito e sale: ogni società vive e progredisce se minoranze attive ne animano la vita spirituale e si mettono al servizio di chi nemmeno spera più.

 Ma il tempo stringe. Gli eventi ci travolgeranno se si attenderà l’attuazione di  una svolta nel senso indicato dal Concilio Vaticano 2° che finora è stata ostacolata con successo. I laici italiani non si muoveranno senza un mandato episcopale. E’ da lì, dai vescovi italiani, dalla Conferenza episcopale e dal suo Presidente,  quindi, che ci si attende un’assunzione di responsabilità. Quella che, ad esempio, orientò la Conferenza Episcopale Italiana, richiesta a gran voce dai mezzi di comunicazione di massa italiana, ad intervenire nel settembre del 2011, in occasione di una crisi politica tutto sommato meno grave di quella attuale, che vede nell’angolo un Presidente della Repubblica proveniente dalla grande tradizione politica ispirata alla dottrina sociale.
Mario Ardigò  - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli.