Paternità, sovranità, vangelo
Nel mito, i sovrani sono immaginati come padri dei popoli. Vi si costruisce sopra, quindi, una leggenda, nella quale sono accentuati i tratti della loro personalità riconducibili alla paternità.
È sovrano il potere senza alcun limite se non in sé medesimo. Di fatto non esiste realmente alcun potere così, se non nel mito. E quest’ultimo viene sempre ad assumere caratteristiche soprannaturali. Ciò significa che il potere sovrano è sempre sacralizzato. Questo tipicamente accade nel Papato romano, un potere sovrano nel senso che ho indicato. Il suo diritto lo descrive, appunto, sovrano. E analogamente in altre monarchie con carattere dinastico. In queste ultime, la generazione biologica crea l’impressione di immortalità del potere sovrano. Il Papato romano non è propriamente una monarchia dinastica, ma ne riproduce il mito nel collegio cardinalizio a cui spetta di scegliere un nuovo sovrano quando quello in carica deve cedere alla natura: in qualche modo i cardinali vengono a ricoprire un ruolo filiale rispetto a lui.
Il Papato romano e le monarchie sovrane dinastiche hanno in comune la caratteristica di inglobare nel mito un’istituzione, vale a dire un organismo strutturato giuridicamente per l’esercizio del potere sovrano, che viene anch’esso sacralizzato, per rafforzarlo. È sacralizzato il potere che si assume voluto da un dio o da altre forze che reggono la natura, quindi da entità che si assumono onnipotenti e quindi in massimo grado sovrane. La natura reca in sé l’evidenza della plasticità e della caducità. Quei poteri assumono quindi attributi soprannaturali.
Nel mito, al cedere della persona del sovrano corrisponde una crisi cosmica che interessa l’intera natura, compresa la società di riferimento. La successione viene quindi mediata da liturgie sacralizzate, che mettono in scena forze soprannaturali per ricostituire l’ordine fattosi precario. Una liturgia è un rito procedurale che coinvolge, ma solo empaticamente, una popolazione. È sacralizzato quando coinvolge potenze soprannaturali, che nel rito vengono evocate. Si tratta di schemi ancestrali che possiamo considerare legati all’idea di paternità. Da qui, appunto, il mito del sovrano come padre del popolo.
Nella successione di un Papa troviamo inscenati tutti quegli elementi mitici. Nei giorni scorsi vi abbiamo visti coinvolte persone che sono titolari di poteri al vertice nei principali Stati della Terra, sovrani o non.
In una democrazia nessun potere è sacralizzato, così come non lo è nessuna procedura istituzionale, anche a carattere liturgico, come tipicamente sono quelle elettorali. La secolarizzazione, che è il contrario della sacralizzazione, è essenziale alla democrazia. Eppure l’altro giorno abbiamo visto titolari di uffici di vertice in importanti democrazie coinvolti nella liturgia sacralizzata delle esequie di un sovrano sacralizzato morto. La loro presenza, come la presenza di esponenti di dinastie sacralizzate tuttora mantenute al potere, ha avuto una funzione di reciproca legittimazione: riconosciuti, quei poteri, come pari dal potere sovrano che stava celebrando quella liturgia, lo hanno nel contempo legittimato e si sono reciprocamente legittimati. In questo contesto si sono avuti gesti spettacolari, come il colloquio a tu per tu, ma in mondovisione, in un angolo della basilica vaticana, tra il presidente federale statunitense e il capo del regime ucraino, tra i quali nelle settimane scorse vi era stata forte tensione. L’altra popolazione che ha partecipato solo come comparsa liturgica all’evento, quindi più presenziato che realmente partecipato, e che mi pare, ad occhio e croce, essere stata ampiamente sovrastimata, ha avuto la funzione di manifestare una sorta di plebiscito legittimante i poteri sulla scena, miticamente rendendo presente tutto il popolo. Tanto che ho letto che un cardinale elettore avrebbe detto, riferendosi al prossimo conclave, l’assemblea sacralizzata dei cardinali elettori che sceglierà il nuovo Papa, che il popolo ha già scelto, vale a dire che vuole che la politica ecclesiastica del Papa morto prosegua nel nuovo Papato.
Che cosa ha a che fare tutto questo con il vangelo cristiano? Quest’ultimo ha la funzione di elemento sacralizzante.
Nelle interviste e dichiarazioni che sono state pubblicate sui mezzi di comunicazione di massa, di solito si è messa in risalto la bontà paterna del morto, come accade nella costruzione dei miti sovrani: egli però aveva assunto il suo alto ministero con l’intento di evangelizzazione. Non di rado gli intervistati si sono dichiarati non credenti, quindi presenziavano alle spettacolari esequie fascinati più che altro dal mito sovrano che implicavano. Il morto aveva però spiegato che l’ evangelizzazione richiedeva l’impegno di tutte le persone di fede intorno al vangelo e aveva messo in guardia da quel mito di sovranità. Per questo aveva avviato processi di riforma in senso sinodale della nostra Chiesa. Sinodalità significa partecipazione ed è l’antitesi di sovranità, perché non vi può essere vera sinodalità se non costituendo limiti ad ogni potere, ed è sovrano, per definizione, solo il potere che non ne tollera alcuno.
L’altro giorno abbiamo così visto, nella popolazione, plaudente manifestatasi intorno alla liturgia funebre del sovrano morto, l’antitesi della sinodalità ecclesiale promossa dal morto. Egli, in vita, aveva platealmente rifiutato alcuni segni della sovranità, innanzi tutto di abitare nella reggia pontificia. Aveva raccomandato semplicità nelle esequie, e la sua volontà è stata tradita. Il suo corpo e il suo mito sovrano, che non ebbe il tempo e la forza di scrollarsi di dosso, sono rimasti nelle mani dei gerarchi che stanno dirigendo le liturgie di transizione. È stato esaudito nel suo voler essere seppellito lontano dalla reggia dei pontefici, nella basilica di Santa Maria Maggiore, tanto cara alla gente di fede di Roma, lontano dal vanaglorioso chiesone vaticano eretto a celebrare un Papato fattosi imperiale, nel nome di Colui che disse che il suo Regno non era di questo mondo. Forse questo consentirà, diradandosi il polverone liturgico-mediatico della transizione, di riscoprire in lui il buon pastore nel senso del vangelo, quale prima di ogni altra cosa volle essere.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli