Cambiare il mondo
Quand’ero ragazzo, negli anni ’70, ci si appassionava dell’idea di rivoluzione, come cambiamento radicale, un rovesciamento della società. Si pensava che vi fosse connaturata una certa violenza, ed in effetti storicamente agli esordi è stato spesso così. La violenza viene facile, fondamentalmente perché anche una persona stupida può praticarla. Così anche una persona alle prime armi, come tipicamente si è in gioventù, può farlo. Ma riflettendoci bene si capisce presto che i cambiamenti più profondi è duraturi non sono conseguiti alla violenza, e anche che la violenza non è mai servita ad arginarli.
Prendete i fenomeni migratori da Africa, Asia e America Latina verso l’Unione Europea. Stiamo esercitando sempre più violenza per contrastarli ed essi in sé sono molto pericolosi per i migranti si mettono in viaggio senza autorizzazione degli stati di destinazione, per cui la gente deve mettersi per mare in modo molto rischioso o avventurarsi per sentieri impervi per varcare le frontiere terrestri. Tutto inutile. Le migrazioni continuano. Non c’è proprio verso di fermarle.
Quando c’erano, in Europa orientale, l’Unione Sovietica e gli stati comunisti suoi alleati, avevano il problema opposto: la gente tendeva a fuggire verso Occidente. La repressione era feroce, si tentava di bloccare l’emigrazione, ma la gente sognava di trasferirsi in Occidente e, alla fine, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, crollò tutto, a Oriente, e le frontiere divennero improvvisamente permeabili. Non solo accogliemmo di buon grado quei migranti, ma, piuttosto rapidamente integrammo nell’Unione Europea gran parte dell’Europa orientale uscita dal comunismo.
La caduta dei regimi comunisti dell’Europa orientale, preconizzata da poche persone e anche temuta in Occidente, è avvenuta con poca violenza, anche se è stata una vera rivoluzione, un cambiamento epocale.
Lo stesso si può dire di molti dei profondi cambiamenti sociali avvenuti negli scorsi anni Sessanta e Settanta.
Nel 1945 in Italia cadde il regime fascista mussoliniano, ma la vera rivoluzione si produsse negli anni seguenti, con la costruzione di una nuova democrazia repubblicana.
E si potrebbe proseguire su questa via, esaminando origine e sviluppo dei cambiamenti sociali considerati rivoluzionari.
La costruzione sociale, anche quando assume carattere rivoluzionario, non consegue alla violenza, ma a un cambio di mentalità e di consuetudini sociali che prendono a diffondersi in una popolazione, affermandosi. E quando ciò avviene, si rivela vano cercare di contrastarlo con la violenza. Tutto ciò che necessita di violenza per essere mantenuto ha vita breve.
Ci siamo tanto combattuti e ammazzati con gli austriaci e che ne è venuto? Terminati gli eccidi si è tornati sempre ad intendersi ed ora, addirittura, la frontiera è svanita.
Ora si critica l’Unione Europea perché non si è riusciti a dotarla di una forza militare pari a quella degli Stati Uniti d’America, tuttavia, in questo modo, e benché essa sia fatta di popolazioni che si erano incessantemente combattute negli ultimi duemila anni, essa ha avuto ottant’anni di pace, mentre gli Stati Uniti non l’hanno mai avuta nella loro bellicosa storia.
La consuetudine è alla base della formazione del diritto. Oggi consideriamo veramente tale quasi solo le norme formali, le leggi, gli statuti, i regolamenti e gli altri atti normativi, ma in realtà, al di là della loro legittimazione formale, se non vengono effettivamente obbediti, e ciò rientra nella consuetudine, diventano evanescenti e svaniscono.
Consuetudini sociali ferree riguardano ad esempio il modo di vestire e di parlare una lingua. Non ci sono leggi che dicano come vestire, al di fuori dei corpi militari e poco altro, e come parlare in italiano. Ci sono consuetudini, ma osservate come se fossero leggi.
Le nostre leggi vietano il commercio degli stupefacenti e l’evasione fiscale, ma si tratta di attività che si continua ampiamente a praticare. Le Chiese cristiane predicano la devozione sotto minaccia dell’inferno, ma la gente pratica la religione come vuole e non ci si può fare nulla: è sempre andata così, ma oggi lo si fa apertamente, senza più dover temere il discredito sociale.
Ora c’è guerra in Ucraina tra Unione Europea, che sostiene il governo locale, e la Federazione Russa, e da noi si discute di estenderla, “riarmandoci” (come se non fossimo già armati fino ai denti), ma poi si tornerà a intendersi, perché è sempre andata così, e la guerra non sarà servita a nulla.
Le guerre dividono ma i cambiamenti più radicali conseguono al mescolarsi delle culture, quindi è la pace ad essere realmente rivoluzionaria. Eppure la forza rivoluzionaria della violenza verrà sempre mitizzata, perché colpisce l’immaginario. Non dovrebbe essere tanto difficile da capire che è quando si costruisce che tutto inizia a cambiare, non quando si demolisce.
A che servirono, veramente, gli eccidi della rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche? Fu molto più “rivoluzionario” il nuovo Codice civile voluto da Napoleone Bonaparte, ma scritto dai giuristi francesi.
La violenza è sempre bestiale, perché in quel campo non ci differenziamo tanto dalla bestia, e stupida, perché a portata di chiunque, anche senza pensarci tanto. Costruire la società tessendo relazioni che durino è tutt’altra cosa. Bisogna imparare a farlo.
Quand’è che si può capire di essere sulla via giusta nella costruzione sociale? Quando in un certo ambiente sociale certi comportamenti vengono ripetuti con regolarità.
È come quando, nel mezzo di uno spazio erboso, la gente comincia a camminare per una certa traiettoria e allora vi si forma un sentiero, al quale a un certo punto si dà un nome, per distinguerlo da altri.
Naturalmente il più delle volte le consuetudini hanno scarso valore sociale. Quest’ultimo si misura dall’utilità sociale di una certa consuetudine, vale a dire dal bene che ne viene per una certa popolazione. Ad esempio, di solito in città si evita la violenza e questo ha un evidente valore sociale. Ma, anche, non si osserva il limite massimo di velocità di cinquanta chilometri all’ora e questo incrementa inutilmente il rischio della circolazione, non ha utilità sociale, ci si adegua a ciò che fanno gli altri, temendo di essere tamponati andando più piano. In definitiva si cede a una violenza collettiva associandovisi.
In genere le consuetudini sociali si formano per imitazione, ma quelle più complesse richiedono di organizzare una narrazione che le giustifichi e le descriva. È il caso di tutto ciò che si muove nelle religioni.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa -Roma, Monte Sacro, Valli