Creare la società. La profezia
Ai nostri tempi moltissime persone diagnosticano le crisi sociali, ad esempio osservando che non si riesce più a tenere insieme grandi partiti di massa con una organizzazione capillare come c’erano fino agli inizi degli scorsi anni ’90, ma quasi nessuna prova a pensare a come rimediare al problema e chi ci prova in genere dà consigli che si rivelano fallaci, non funzionano. In sostanza ci si improvvisa sociologi.
Ci fu un tempo, lo scrisse Zygmunt Bauman, nel quale al sociologo si chiedeva l’arte della profezia, vale a dire di saper interpretare ciò che stava accadendo in società in modo da capire non solo com’era fatta ma anche come si stava sviluppando, in modo da potervi incidere. I sociologi in genere osservano che la loro disciplina è una scienza e che la profezia non è scientifica, e hanno ragione. Quando ci si distacca dall’osservazione realistica, ordinata e sistematica della realtà si sfocia nel mito, e allora non c’è più scienza.
Il mito è immaginazione, ma quest’ultima ci consente di pensare il futuro, ciò che non c’è ma che sicuramente ci sarà, anche se non ne possono essere calcolate rigorosamente le caratteristiche, come invece si fa descrivendo una reazione chimica o calcolando le traiettorie di un artefatto che lanciamo nello spazio.
Mio zio Achille Ardigò, sociologo bolognese, professore nell’Alma Mater, l’antica università di Bologna che nel 2009 gli intitolò il Dipartimento di sociologia, era anche profeta, e profeta piuttosto ascoltato nel mondo cattolico. Tutto cambiò molto velocemente dagli scorsi anni ’90, quando anche tutto il mondo prese il corso in cui ancora ci troviamo e, in particolare, con la fine del partito della Democrazia Cristiana e con l’avvento di Giacomo Biffi come arcivescovo della città. Con quest’ultimo ebbe uno scontro pubblico piuttosto acceso sui temi dell’immigrazione, perché sembrò che l’ ecclesiastico suggerisse di favorire quella di gente cristiana discriminando le persone di altre fedi, e ne fu emarginato. L’ostracismo da parte della gerarchia diocesana era molto sensibile ai tempi del suo funerale, nel 2008, celebrato da diversi preti, ma nessuno dei quali inviato dall’arcivescovo, e mi parve finire solo l’anno successivo, quando il nuovo arcivescovo Carlo Caffarra venne a benedire la targa di intitolazione del Dipartimento di sociologia. Mio zio Achille fu seguace e stretto collaboratore di Giuseppe Dossetti, che fino alla sua fine, nel 1996, ebbe una parte importante nella storia civile e religiosa italiana. Anche Dossetti era profeta.
Per creare società umane occorrere esserlo. È consigliabile avere sempre una visione realistica dei fenomeni sociali, ma occorre anche immaginare un futuro non precisamente calcolabile e quindi avere dimestichezza con i miti, anzi occorre saperli immaginare e narrare.
La profezia è al centro delle narrazioni bibliche: chi ha dimestichezza con la Bibbia ha quindi tra le mani un potente strumento di costruzione sociale, che storicamente è stato utilizzato spesso con buone intenzioni, ma altrettanto spesso con risultati malvagi. Di questa ambivalenza dei fatti religiosi bisogna sempre essere consapevoli, ma in genere non lo si è perché la formazione religiosa che si fa per la gran parte della gente è pura propaganda ecclesiastica. Non stupisce che la nostra gioventù, che è altamente scolarizzata anche se spesso della scuola non ha una grande considerazione (e sbaglia), sia restia a lasciarsene irretire.
Negli anni ’80, mio zio Achille consigliò ai dirigenti della Democrazia Cristiana di organizzare la Festa Nazionale ddll’Amicizia, un evento politico di massa molto importante, in un piccolo centro, in modo da saturarlo di democristiani. Questo avrebbe spinto altra gente ad avere fiducia nel partito, perché così funziona la socialità umana su grandi scale: funziona per imitazione del contesto. Fatto sta che nell’agosto del 1986 quella Festa venne organizzata a Cervia, in Romagna, in piazza Andrea Costa, proprio davanti a casa sua. Anch’io in quei giorni ero lì in vacanza, ma non vi potei presenziare perché proprio allora morì mio padre. So però che l’evento ebbe successo, anche se forse non nella misura profetizzata da mio zio. Del resto la Romagna era ancora piuttosto anticlericale e la Democrazia Cristiana era legata a filo doppio con la gerarchia cattolica, anche se sapeva laicamente tenervi testa, senza alcun servilismo.
Se ne ricava questa lezione: non sempre ciò che si fa nella costruzione sociale funziona come si immagina, anzi in genere le cose vanno diversamente, e allora l’atteggiamento più produttivo è imparare la lezione per non insistere su strade sbagliate. Questo però, avverto, è molto difficile. È compito del profeta suggerire nuove vie.
Quand’è che nasce una società? Mi rifaccio al pensiero esposto dall’antropologo inglese Robin Dunbar nel suo saggio “Amici”, edito in italiano da Einaudi nel 2022, anche in eBook: quando almeno cinque persone si frequentano abitualmente, programmando attività in comune.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli