Sinodalità e storia
Nei prossimi giorni esaminerò in dettaglio la Relazione di sintesi approvata lo scorso 28 ottobre 2023 al termine della Prima sessione della 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, alla quale ha partecipato altra gente oltre ai vescovi.
Osservo che i riferimenti teologici complicano la lettura, come anche lo stile grosso modo omiletico.
I lavori si sono svolti in modo riservato e quella Relazione è tutto ciò che per ora ne abbiamo, oltre a quest’altro documento:
Lettera della
XVI Assemblea Generale Ordinaria
del Sinodo dei Vescovi
al popolo di Dio
Care sorelle, cari fratelli,
mentre si avviano alla conclusione i lavori della prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, vogliamo, con tutti voi, rendere grazie a Dio per la bella e ricca esperienza che abbiamo appena vissuto. Questo tempo benedetto lo abbiamo vissuto in profonda comunione con tutti voi. Siamo stati sostenuti dalle vostre preghiere, portando con noi le vostre aspettative, le vostre domande e anche le vostre paure. Sono già trascorsi due anni da quando, su richiesta di Papa Francesco, è iniziato un lungo processo di ascolto e discernimento, aperto a tutto il popolo di Dio, nessuno escluso, per “camminare insieme”, sotto la guida dello Spirito Santo, discepoli missionari alla sequela di Cristo Gesù.
La sessione che ci ha riuniti a Roma dal 30 settembre costituisce una tappa importante in questo processo. Per molti versi, è stata un’esperienza senza precedenti. Per la prima volta, su invito di Papa Francesco, uomini e donne sono stati invitati, in virtù del loro battesimo, a sedersi allo stesso tavolo per prendere parte non solo alle discussioni ma anche alle votazioni di questa Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Insieme, nella complementarità delle nostre vocazioni, dei nostri carismi e dei nostri ministeri, abbiamo ascoltato intensamente la Parola di Dio e l'esperienza degli altri. Utilizzando il metodo della conversazione nello Spirito, abbiamo condiviso con umiltà le ricchezze e le povertà delle nostre comunità in tutti i continenti, cercando di discernere ciò che lo Spirito Santo vuole dire alla Chiesa oggi. Abbiamo così sperimentato anche l'importanza di favorire scambi reciproci tra la tradizione latina e le tradizioni dell'Oriente cristiano. La partecipazione di delegati fraterni di altre Chiese e Comunità ecclesiali ha arricchito profondamente i nostri dibattiti.
La nostra assemblea si è svolta nel contesto di un mondo in crisi, le cui ferite e scandalose disuguaglianze hanno risuonato dolorosamente nei nostri cuori e hanno dato ai nostri lavori una peculiare gravità, tanto più che alcuni di noi venivano da paesi dove la guerra infuria. Abbiamo pregato per le vittime della violenza omicida, senza dimenticare tutti coloro che la miseria e la corruzione hanno gettato sulle strade pericolose della migrazione. Abbiamo assicurato la nostra solidarietà e il nostro impegno a fianco delle donne e degli uomini che in ogni luogo del mondo si adoperano come artigiani di giustizia e di pace.
Su invito del Santo Padre, abbiamo dato uno spazio importante al silenzio, per favorire tra noi l'ascolto rispettoso e il desiderio di comunione nello Spirito. Durante la veglia ecumenica di apertura, abbiamo sperimentato come la sete di unità cresca nella contemplazione silenziosa di Cristo crocifisso. “La croce è, infatti, l'unica cattedra di Colui che, dando la vita per la salvezza del mondo, ha affidato i suoi discepoli al Padre, perché “tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21)”. Saldamente uniti nella speranza che ci dona la Sua risurrezione, Gli abbiamo affidato la nostra Casa comune dove risuonano sempre più urgenti il clamore della terra e il clamore dei poveri: “Laudate Deum!”», ha ricordato Papa Francesco proprio all'inizio dei nostri lavori.
Giorno dopo giorno, abbiamo sentito pressante l’appello alla conversione pastorale e missionaria. Perché la vocazione della Chiesa è annunciare il Vangelo non concentrandosi su se stessa, ma ponendosi al servizio dell'amore infinito con cui Dio ama il mondo (cfr Gv 3,16). Di fronte alla domanda fatta a loro, su ciò che essi si aspettano dalla Chiesa in occasione di questo sinodo, alcune persone senzatetto che vivono nei pressi di Piazza San Pietro hanno risposto: “Amore! ". Questo amore deve rimanere sempre il cuore ardente della Chiesa, amore trinitario ed eucaristico, come ha ricordato il Papa evocando il 15 ottobre, a metà del cammino della nostra assemblea, il messaggio di Santa Teresa di Gesù Bambino. “È la fiducia” che ci dà l'audacia e la libertà interiore che abbiamo sperimentato, non esitando a esprimere le nostre convergenze e le nostre differenze, i nostri desideri e le nostre domande, liberamente e umilmente.
E adesso? Ci auguriamo che i mesi che ci separano dalla seconda sessione, nell’ottobre 2024, permettano a ognuno di partecipare concretamente al dinamismo della comunione missionaria indicata dalla parola “sinodo”. Non si tratta di un'ideologia ma di un'esperienza radicata nella Tradizione Apostolica. Come ci ha ricordato il Papa all'inizio di questo processo: «Comunione e missione rischiano di restare termini un po’ astratti se non si coltiva una prassi ecclesiale che esprima la concretezza della sinodalità (…), promuovendo il reale coinvolgimento di tutti» (9 ottobre 2021). Le sfide sono molteplici e le domande numerose: la relazione di sintesi della prima sessione chiarirà i punti di accordo raggiunti, evidenzierà le questioni aperte e indicherà come proseguire il lavoro.
Per progredire nel suo discernimento, la Chiesa ha assolutamente bisogno di ascoltare tutti, a cominciare dai più poveri. Ciò richiede da parte sua un cammino di conversione, che è anche cammino di lode: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10,21)! Si tratta di ascoltare coloro che non hanno diritto di parola nella società o che si sentono esclusi, anche dalla Chiesa. Ascoltare le persone vittime del razzismo in tutte le sue forme, in particolare, in alcune regioni, dei popoli indigeni le cui culture sono state schernite. Soprattutto, la Chiesa del nostro tempo ha il dovere di ascoltare, in spirito di conversione, coloro che sono stati vittime di abusi commessi da membri del corpo ecclesiale, e di impegnarsi concretamente e strutturalmente affinché ciò non accada più.
La Chiesa ha anche bisogno di ascoltare i laici, donne e uomini, tutti chiamati alla santità in virtù della loro vocazione battesimale: la testimonianza dei catechisti, che in molte situazioni sono i primi ad annunciare il Vangelo; la semplicità e la vivacità dei bambini, l'entusiasmo dei giovani, le loro domande e i loro richiami; i sogni degli anziani, la loro saggezza e la loro memoria. La Chiesa ha bisogno di mettersi in ascolto delle famiglie, delle loro preoccupazioni educative, della testimonianza cristiana che offrono nel mondo di oggi. Ha bisogno di accogliere le voci di coloro che desiderano essere coinvolti in ministeri laicali o in organismi partecipativi di discernimento e di decisione.
La Chiesa ha particolarmente bisogno, per progredire nel discernimento sinodale, di raccogliere ancora di più le parole e l'esperienza dei ministri ordinati: i sacerdoti, primi collaboratori dei vescovi, il cui ministero sacramentale è indispensabile alla vita di tutto il corpo; i diaconi, che attraverso il loro ministero significano la sollecitudine di tutta la Chiesa al servizio dei più vulnerabili. Deve anche lasciarsi interpellare dalla voce profetica della vita consacrata, sentinella vigile delle chiamate dello Spirito. E deve anche essere attenta a coloro che non condividono la sua fede ma cercano la verità, e nei quali è presente e attivo lo Spirito, Lui che da "a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale” (Gaudium et spes 22, 5).
“Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio” (Papa Francesco, 17 ottobre 2015). Non dobbiamo avere paura di rispondere a questa chiamata.
La Vergine Maria, prima nel cammino, ci accompagna nel nostro pellegrinaggio. Nelle gioie e nei dolori Ella ci mostra suo Figlio e ci invita alla fiducia. È Lui, Gesù, la nostra unica speranza!
Città del Vaticano, 25 ottobre 2023
“La Chiesa ha assolutamente bisogno di ascoltare tutti” si scrive nella Lettera. Ma, quando in quell’espressione si parla di Chiesa, a chi ci si riferisce? In modo più sinodale si potrebbe dire “Nella Chiesa c’è assolutamente bisogno di ascoltare tutti”. C’è una differenza: nella prima espressione la Chiesa fronteggia i tutti, nell’altra questi ultimi ascoltano in quanto Chiesa ed è più chiaro che l’ascolto è un dovere anche loro.
Di solito si condivide la considerazione che la nostra Chiesa generalmente è organizzata in modo poco o nulla sinodale, nel senso di poco partecipata, e da diversi decenni anche sempre meno frequentata, almeno in Europa occidentale. In America Latina sono esplosi i culti evangelicali, le denominazioni neoprotestanti che sembrano più in sintonia con le attese della gente. In Africa e Asia penso che si subisca ancora il fascino del cattolicesimo come religione degli europei, e quindi come via di elevazione sociale.
Naturalmente sinodalità è più del semplice ascolto. Le cose possono entrare da un orecchio e uscire dall’altro. Si vorrebbe più considerazione della gente, che quindi in qualche modo fosse coinvolta nelle decisioni. Nelle realtà di prossimità questo potrebbe farsi senza troppi problemi dottrinali, ma richiederebbe uno sforzo per la formazione delle persone.
Sì, proporsi di ascoltare è bello, ma bisogna tener conto che la maggior parte delle persone non fa altro in chiesa. Sono quelli che comandano che ascoltano poco o nulla: è evidente che è a loro che, principalmente, si raccomanda l’ascolto. Si dice e scrive ascolto, ma si vuole intendere tener conto. Di solito in Chiesa sono pochi a decidere e non considerano molto l’altra gente, alla quale tradizionalmente veniva predicato di ascoltare e obbedire. Dagli scorsi anni ’70 però, almeno in Europa occidentale, la gente non obbedisce più e si tratta di un fenomeno di massa che ha scioccato la gerarchia. In Italia se ne è cominciata ad avere conferma plateale nel ’74, al tempo del referendum popolare promosso su ispirazione, e anche pressione, della gerarchia cattolica per l’abrogazione della legge del ’70 che aveva introdotto il divorzio, e la cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso istituito in esecuzione del Concordato Lateranense del 1929.
Non tutte le persone hanno qualcosa da dire e i più non sanno come dirlo parlando in ambito ecclesiale. I più penso sentano che le cose così come vanno non vanno bene. Se andassero bene non si sarebbe sentito il bisogno di una riorganizzazione sinodale. Questo problema ha una sua storia che in particolare riguarda l’Europa occidentale, e naturalmente l’Italia.
È stato osservato che nella nostra Chiesa parlare di storia è un incentivo potente alla riforma. Nella Relazione di sintesi, però, non c’è.
Penso che questo dipenda dal fatto che la storia ecclesiale degli ultimi due secoli è stata la storia dell’umiliazione di quello che enfaticamente viene definito Popolo di Dio, poco ascoltato, piuttosto silenziato, considerato più che altro massa di manovra.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli