Mondo, storia, senso
Ogni
generazione in un certo senso apre occhi innocenti sul mondo nel quale è
immersa, nel senso che è inconsapevole del fatto che non è l’unico possibile.
Vede gente delle generazioni precedenti: da dove vengono? Non si pone questa
domanda se non a un livello più avanzato di riflessione, maturando. Vengono da
altri mondi. Crescendo, si diviene coscienti che ce ne saranno ancora altri in
futuro. Ma anche che ciò che percepiamo come mondo cambia per ciascuna persona man
mano che passa da un’età all’altra della vita. Definiamo mondo la
natura, cioè quello che non dipende dalle società umane, e le relazioni sociali,
vale a dire quello che ne dipende. E le relazioni sociali di una persona sono fortemente dipendenti dalla
sua età. Così il mio mondo non è quello di un ventenne, ma anche il mio mondo
di ventenne è diverso da quello di un ventenne d’oggi. La cultura, patrimonio condiviso
in società, dà un senso a tutto questo e le religioni non ne sono che un
aspetto.
Quando fui ventenne nella formazione
religiosa ci si occupava anche di far maturare la consapevolezza interiore
della successione dei mondi, in tutti i modi in cui si manifestava. Oggi, a
quanto ne so, molto meno. E’ più centrata sull’interiorità e sulla psicologia
individuale. La religione è vista un po’ come cura dell’anima. Nella relazione
di sintesi approvata al termine della recente Assemblea sinodale del Sinodo dei
vescovi sulla sinodalità tra gli elementi di convergenza, quindi di
maggior consenso, c’è stata l’esigenza di collegare il lavoro sull’interiorità
a quello nel mondo, al servizio.
E tuttavia la consapevolezza del succedersi
dei mondi, e anche della compresenza di mondi diversi, non è di solito vissuta
serenamente in religione, dove si preferisce mettere l’accento su ciò che
persiste. Eppure tutto cambia, anche la natura, seppure meno rapidamente delle
società. Queste ultime, poi, da qualche decennio hanno preso ad evolvere
freneticamente, sia per l’evoluzione tecnologica, sia perché il numero degli
umani sulla Terra è molto aumentato. E, in un certo senso, ogni persona è un mondo.
Un altro punto di convergenza raggiunto nella
recente Assemblea sinodale è la necessità di avere persone più formate per
aiutare la gente a confrontarsi con i mondi che cambiano.
Questi cambiamenti hanno un senso? Le
risposte che ai tempi nostri si danno in religione alla maggior parte della
gente sono insufficienti, in particolare quando ci si rivolge alle persone più
giovani, che hanno l’impellente problema di cercare di integrarsi in questi
mondi che cambiano. Nessuna meraviglia, così, che i più si allontanino presto.
Le nostre comunità religiose non sono più
organizzate per fare quel lavoro di formazione, per svolgere il quale non è
indispensabile essere parte del clero o di un ordine religioso. E’ qui che ci
si avvantaggerebbe di una maggiore collaborazione dell’altra gente. E tuttavia
si hanno tante difficoltà su questa via. E’ perché si tratta, in definitiva, di
cambiare un po’ anche i mondi religiosi. Tuttavia bisogna considerare che in
Italia veniamo da una tradizione secolare in quel senso, che si è un po’ offuscata
negli ultimi quarant’anni. Si tratterebbe di recuperarla. L’Opera dei Congressi
prima (dal 1874 al 1904) e la nostra Azione Cattolica (dal 1906 ad oggi) ne
sono stati esempi virtuosi. Il clero di
base vi ha avuto un ruolo centrale. Basti pensare che il Partito Popolare
Italiano (1919-1926), che ne fu un'altra espressione coalizzando rapidamente un
vasto consenso elettorale, ebbe tra i fondatori e come Segretario politico, un
prete, Luigi Sturzo. Sulla base di quell’esperienza fu riorganizzata, nel corso
della Seconda guerra mondiale, la Democrazia Cristiana (1943-1994), il partito
politico che collaborò con ruolo determinante nella costruzione della nuova
democrazia repubblica e poi diresse la politica nazionale fino al mondo nuovo sorto dalla caduta dei regimi
comunisti di stampo bolscevico nell’Europa Orientale (dal 1989).
Spesso in religione si guarda al passato per
trarne orientamenti per il futuro e non sempre questa è una buona via. Proviamo,
però, a farlo ora, su questo problema dei mondi che si succedono, con noi
dentro.
Riportiamoci alle origini più antiche, al
Primo secolo. E’ solo un battito di ciglia nel corso degli eventi che ci
portarono ad essere come siamo, ma a noi
quella è antichità. Ecco dunque: i cristianesimi non nacquero come religioni,
furono costruiti come tali in un processo che durò diversi secoli da allora.
All’inizio furono movimenti di riforma dell’antico giudaismo e presero piede nel
mondo nuovo creato dall’immigrazione giudaica nel mondo ellenistico. Ricevemmo
il Nuovo Testamento scritto in greco antico: questo è un importante indizio per
capire come andarono le cose. Nel corso del di quel Primo secolo l’antico
giudaismo fu duramente colpito, anche dal punto di vista propriamente
religioso, ad opera degli eserciti mandati da un imperatore romano. I romani
tentarono di soppiantare il culto giudaico con i loro. Il giudaismo di allora,
quindi, si rivolse al passato, alle sue antiche tradizioni, guidato dal movimento
dei farisei. Si aprì allora un duro scontro anche tra le comunità che si rifacevano
agli insegnamenti del Maestro, parte delle quali volevano seguire quella via.
Ve ne è traccia negli Atti degli apostoli e negli scritti del Nuovo Testamento
attribuiti a Paolo di Tarso. Prevalse l’idea dell’attesa fiduciosa che tutte le
cose fossero fatte nuove, vedendovi non una catastrofe ma un destino santo e,
insieme, il senso del nostro stare insieme. Ad esempio l’idea di una nuova
Gerusalemme, la città veramente santa perché scesa dal Cielo, nella quale
ogni lacrima sarà asciugata. E’ con questa grandiosa visione che si chiude la nostra
Bibbia.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli