La fede e l’Universo
Sto continuando a leggere il libro dell’astronomo Philip Plait, Sotto cieli alieni. Una guida turistica dell’Universo, Bollati Boringhieri 2023, anche in e-book e Kindle, e mi sono chiesto se si potrebbe integrare meglio la mia, la nostra, fede con tutte le informazioni scientifiche delle quali ormai disponiamo ampiamente anche mediante testi divulgativi. Ci descrivono un Universo destinato a durare molto dopo che il nostro sistema solare sarà tornato ad essere una nube cosmica, e che dunque non esiste solo per noi. Non è detto che l’umanità ci sia ancora quando le cose si metteranno davvero male con il nostro Sole, che in progresso di tempo sembra destinato a inglobare il nostro pianeta. Ci vorranno, si stima, circa cinque miliardi di anni per arrivare a tanto. Si tratta però di tempi lunghissimi e noi siamo organismi che evolvono molto più rapidamente. Si pensa che oggi si sia più o meno come siamo adesso da non più di 200.000 anni. Si crede che i nostri progenitori abbiano iniziato a girare il mondo circa 60.000 anni fa.
Nella voce Evoluzione del genere Homo [redatta nel 1998] dell’Enciclopedia Treccani on line,
https://www.treccani.it/enciclopedia/evoluzione-del-genere-homo_%28Frontiere-della-Vita%29/
gli autori
Daniel E. Lieberman
(Department of Anthropology Rutgers University New Brunswick, New Jersey, USA)
Steven E. Churchill
(Department of Biological Anthropology and Anatomy Duke University Durham, Carolina del Nord, USA)
scrivono:
Il genere Homo si è evoluto come parte di un generale evento di radiazione degli ominidi alla fine del Pliocene. Le prime specie di Homo, compresi H. habilis, H. rudolfensis, H. ergaster e H. erectus, sono tipicamente, ma non sempre, caratterizzate da un cervello più grande in rapporto alle dimensioni del corpo, una faccia piccola e una serie di adattamenti per la locomozione bipede. Presumibilmente, alcuni di tali adattamenti permisero a H. erectus (forse H. ergaster) di migrare fuori dall'Africa, attraverso il Vecchio Mondo, e colonizzare gli habitat temperati. Eventi evolutivi successivi diedero luogo a una varietà di taxa con cervello di dimensioni maggiori, attualmente raggruppati sotto il nome di Homo sp. indet. arcaico, del quale la tassonomia e le relazioni evolutive restano oscure e ampiamente dibattute. Testimonianze fossili e testimonianze genetiche indicano che a un certo punto, tra 100 e 200 mila anni fa, in Africa o in Medio Oriente si è evoluto il moderno H. sapiens, che ha sostituito in gran parte i taxa di Homo preesistenti con tempi diversi in luoghi diversi.
[…]
Finora nessun H. sapiens moderno più vecchio di 40 ÷ 60 mila anni è stato mai rinvenuto in Europa o in Asia centrale e orientale. Resti di H. sapiens compaiono tra le testimonianze fossili dell'Europa centromeridionale: forse possono essere datati a più di 43 mila anni fa quelli della grotta di Bacho Kiro in Bulgaria, e tra 34 e 36 mila anni fa quelli di Hahnöfersand in Germania, di Velika Pecina in Croazia e di Mladec nella Repubblica Ceca (Smith et al., 1989). I primi H. sapiens moderni, determinati con certezza e rinvenuti in Europa occidentale, sono quelli di Cro-Magnon in Francia, che risalgono a circa 30 mila anni fa.
E’ chiaro che gli scritti biblici ci raccontano un’altra storia. In genere i teologi cattolici contemporanei non negano il suo carattere mitico, anche se in passato, anche recente, andò diversamente. Ma molte persone cristiane confidano ancora che sia andata esattamente com’è scritto nella Bibbia. Chi fa più affidamento nelle scienze contemporanee consiglia di considerare le narrazioni bibliche solo belle favole. Anche le correnti positiviste che iniziarono a svilupparsi dalla metà Ottocento erano di quest’idea.
Tuttavia i miti ci sono indispensabili per costruire le nostre società. L’organizzazione sociale è diventata una struttura molto complessa, dalla quale dipendono le vite delle circa otto miliardi di persone che popolano la Terra. Abbiamo bisogno di dare un senso emotivo al nostro sistema di relazioni sociali.
Idee forza fondamentali come democrazia e uguaglianza hanno carattere mitico. La mitopoiesi, vale a dire la costruzione sociale dei miti, è incessante.
Un mito è una narrazione che ha acquisito persistenza in una cultura sociale e che serve a rendere il senso del vivere insieme. Può avere elementi fantastici o non. Ciascuna persona costruisce un mito su sé stessa per presentarsi in società. Allo stesso modo agiscono le società. Quello della nazione è, ad esempio, un mito ancora molto attuale.
Viviamo in ecosistemi che appaiono essere stati fatti per noi. E noi ci siamo adoperati per renderli sempre più adatti a noi. Piccole variazioni delle loro caratteristiche ci creerebbero molti problemi. Le storie bibliche della Creazione rendono bene il senso di tutto ciò. Nella spiritualità personale e nelle liturgie vanno bene.
Nel Medioevo europeo si cercò con successo di integrare miti religiosi e conoscenze delle dinamiche naturali. Questo sistema entrò in crisi tra il Cinquecento e il Seicento proprio sui fatti astronomici. Ricordiamo i guai ecclesiastici che ebbe l’astronomo Galileo Galilei (1564-1642) con le autorità ecclesiastiche cattoliche. Di questi tempi si ripubblicano alcuni suoi testi famosi. Scrisse in latino, come gli scienziati europei del suo tempo, ma anche in un ottimo italiano. L’editore Rizzoli ha pubblicato nello scorso settembre Il saggiatore del Galilei (uscito nel 1623), disponibile anche in e-book e Kindle. Il saggiatore era una bilancia di precisione per l’oro: Galilei, in polemica con un suo collega, esortava a essere precisi nella descrizione dei fatti della natura, proprio come quando si valuta quel metallo prezioso.
Noi in religione pratichiamo il mito perché ci è indispensabile, ma, ad un certo punto della nostra maturazione, dobbiamo acquisire consapevolezza che di mito si tratta e distinguerlo dai fatti della natura. Definisco natura ciò che esiste ed evolve indipendentemente da noi e dalle nostre società. In noi esistono le due dimensioni: siamo fatti naturali e, insieme, gente capace di creare culture sociali e quindi società. Antropologia e sociologia si occupano di noi in entrambi gli aspetti. Filosofia e storia sono più centrate sulle culture sociali, cercano di rendere il senso per noi di ciò che accade.
Non sempre ci è indispensabile, per la nostra vita, distinguere mito e natura. Ma a volte lo è. Ad esempio se vogliamo guidare un’autovettura: non va a preghiere. E, quando attraversiamo la strada, guardiamo a destra e a sinistra come ci è stato insegnato. Però mia moglie, quando partiamo in macchina per un viaggio, recita una preghiera e, quando si attraversa la strada, si spera sempre nella protezione superna, perché non si sa mai veramente che ci accadrà, nonostante un comportamento prudente.
La religione ha senso solo dove siamo noi. E quindi le belle narrazioni bibliche vanno benissimo. Inutile pretendere di più da esse. Ma inutile anche pretendere di farne a meno. Ci vuole un equilibrio che in Europa occidentale sembra diventato difficile da conseguire. Allora accade di pensare di fare a meno dei miti religiosi, confidando di poter addirittura fare a meno di ogni mito, e invece si cade purtroppo, fatalmente, in altre mitologie di scarsa affidabilità.
La nostra religione non si è formata da un giorno all’altro: ha richiesto processi di interazione sociale molto lunghi e sofisticati, molte e sofferte esperienze di vita vissuta, e, soprattutto, è la risultante di un dialogo, mediato dagli scritti biblici, tra generazioni vissute anche in tempi molto lontani tra loro sul senso della nostra vita sulla Terra. Si pensa anche che l’essenziale ci sia stato rivelato, non sia quindi farina del nostro sacco. In effetti ci viene da fuori.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli