Coscienza e società
Negli ultimi vent’anni le neuroscienze hanno fatto
grandi progressi nel capire le basi biologiche della mente umana.
Qualche tempo fa ne ho appreso qualcosa
leggendo di Anil Seth, Come il cervello crea la nostra coscienza, Raffaello
Cortina editore 2023, anche in e-book e Kindle.
Un modello interpretativo utilizzato è che la
nostra mente, che è la base delle manifestazioni della nostra psiche e dunque anche
della coscienza, sia una interfaccia del
nostro organismo, diciamo del nostro corpo. Sotto questo profilo, la
formula del filosofo francese seicentesco René Descartes, “Cartesio”, “Penso, dunque
sono” non è realistica e andrebbe rovesciata in “Sono, dunque penso”.
Il nostro organismo biologico ha quindi una parte nel produrre la nostra mente
di quella che le filosofie e teologie fino ad epoca recente erano disposte ad
attribuirgli. E’ ciò che si è intuito nella bioetica a sfondo religioso
cristiano quando ci si propone di prendersi cura anche di chi non manifesta più
una mente capace di interazioni sociali.
La sviluppo
della nostra mente è stato un grandissimo vantaggio evolutivo, rendendoci
capaci di sofisticate forme culturali, tra le quali anche le religioni. Su
questa base abbiamo costruito società molto più complesse di quelle degli altri
primati, ma anche dei primi ominidi. Abbiamo reso possibile la vita di ormai
circa otto miliardi di persone sul pianeta e abbiamo cominciato ad avvertire un senso di responsabilità per il
destino della Terra, anche se esso non dipende solo da noi e, in un certo
senso, è segnato dalla natura. Nei tempi antichi questo ci avrebbe fatto
considerare dei semidei.
Siamo cercando di emulare la mente umana costruendo
sistemi informatici, per potercene servire per potenziare le nostre, piuttosto limitate dalla connessione
con la nostra biologia. La nostra mente nasce e muore con ciascuno di noi e il
nostro corpo non è fatto per vivere per
sempre e neanche a lungo. Se ne ebbe consapevolezza fin dall’antichità ed essa
si manifesta anche negli scritti biblici
Gli
anni della nostra vita sono settanta,
ottanta
per i più robusti,
e
il loro agitarsi è fatica e delusione;
passano
presto e noi voliamo via.
[dal
Salmo 90, versetto 10 – Sal 90,10]
Una
mente artificiale potrebbe durare molto di più e soprattutto essere utilizzata
su scala molto più grande di quella di
un organismo che pesa in media 70 chilogrammi e alto circa un metro e sessanta.
E’ ciò che accade nei sistemi di guida autonoma di veicoli o in Google maps
o in Google translator. Infatti siamo già divenuti capaci di costruire
menti artificiali.
In
progresso di tempo, anche se c’è chi ne dubita, ad esempio Luciano Floridi in Etica
dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, Raffaello Cortina
editore 2022, anche in e-book e Kindle – un libro che vi raccomando caldamente
-, probabilmente giungeremo a costruire menti non umane, non più artificiali:
succederà quando potremo integrarle in un organismo non umano nel quale
infonderemo la volontà di mantenersi integro, e allora sarà come dargli vita.
Organismi del genere non avranno necessità di essere confinati in dimensioni e
forme umane e potranno raggiungere dimensioni molto rilevante e manifestarsi manovrando
molti tipi di terminali, alcuni dei quali potrebbero avere forme umane ed
essere, dunque, androidi. Se una colonizzazione dell’universo oltre la
fascia degli asteroidi, che c’è tra Marte e Giove, si farà, probabilmente sarà
affidata a organismi non umani di quel tipo, che porteranno qualcosa di noi
dove noi non potremmo mai arrivare. Quelle forme di vita non umane non avranno
più necessità di formare società e questo sarà l’aspetto che più li distinguerà
da noi. Ma si tratta di cose sicuramente molto di là da venire e che ora sono
più che altro materia della letteratura fantascientifica (che però ha anticipato
molte delle conquiste scientifiche e tecnologiche che oggi sono state raggiunte).
La
nostra mente serve per renderci
capaci di formare società e va addestrata per questo lavoro. Non si
tratta di una capacità innata. E’ per questo che gli esseri umani vengono considerati
adulti molto tardi nelle società più evolute. Non si tratta solo di consentire
lo sviluppo della biologia fisiologica che sorregge la mente, ma di rendere la
mente capace delle interazioni sociali necessarie. E’ a questo che servono i
sistemi scolastici. Ma l’addestramento della nostra mente non si fa solo in
quell’ambito. Praticando l’interazione sociale, facendone quindi tirocinio, si
sviluppa la mente.
Non
basta quindi leggere e assistere, bisogna anche prendere parte. La
partecipazione, però, è un potente fattore di evoluzione della società: bisogna
averne consapevolezza. Pensare di riprodurre una società tale e quale nonostante
il trascorrere delle generazioni che vi partecipano non è realistico. Non
accade mai. E, tuttavia, le società che non consentono una reale partecipazione
diventano rapidamente inutili e vengono sostituite. La partecipazione, poi,
comporta una contaminazione culturale, vale a dire che si apprende gli uni
dagli altri e le rispettive culture, venendo a contatto, si integrano e,
integrandosi, cambiano. Storicamente si sono rivelati sempre inutili gli sforzi
per impedirlo.
La sfida
della sinodalità, come oggi la si vorrebbe realizzare, consiste proprio in
questo: produrre un cambiamento mediante
l’estensione della partecipazione, e quindi mediante tirocini di interazione
sociale che coinvolgano molta più gente, mantenendo integro l’essenziale, che abbiamo
distillato nel corso di una lunga e sofferta storia.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli